Le parole che usiamo ogni giorno possono ferire, ma possono anche essere scialuppe in un mare in tempesta; ponti invisibili verso destini comuni. Nella nostra quotidianità siamo continuamente chiamati ad ascoltare le speranze e le angosce degli altri. Ma come possiamo trovare le parole giuste per rispondere; le parole che salvano e creano relazioni vere? Eugenio Borgna in queste pagine ci indica una via da seguire per entrare realmente in contatto con gli altri. Per fare in modo che le loro parole non cadano nel vuoto e che le nostre servano davvero; mettendo in gioco nel dialogo tutte le emozioni di cui siamo capaci. Perché comunicare non significa rispondere a una mail o a un messaggio, ma condividere la nostra intimità con quella di altri. Solo in questo modo la comunicazione non resterà un gesto tra tanti, ma diventerà un gesto di cura. Un gesto che mai come oggi è tanto necessario e urgente fare.
Il rapporto con gli altri è complesso, in tutte le sue dimensioni, e responsabilità e speranza sono due parole chiave che l'autore di questo saggio/guida mette bene in evidenza. Il problema è forse il troppo ottimismo, che fa bene, sì, ma fino a un certo punto. Con gli anni, l'esperienza ci insegna che se in un rapporto (coppia, amicizia, genitoriale) una delle parti è caricata di troppa colpa, è anche perché l'altra parte è abile a spostarla, evitando la responsabilità, spesso con consapevolezza camuffata da fragilità o ingenuità. Il pensiero del male incombe e il dubbio che chi lo perpetra lo faccia sempre per via di un "errore involontario", di una sua fragilità interiore, non corrisponde sempre alla realtà, lo sappiamo, o meglio, lo impariamo con il tempo. La vita insegna che c'è chi tradisce perché vuole tradire, c'è chi ferisce perché vuole ferire, c'è chi agisce male perché sceglie il male. C'è speranza per tutti? Sì, dice l'autore del libro, scegliendo una via di calma e riflessione, di equilibrio, di parola. Ma a volte parlare è inutile, purtroppo, e forse manca un po' questa dimensione nel libro, o almeno a me è sfuggita.
Quanto sono importanti le parole? Ruota intorno a questo concetto il bellissimo saggio di Eugenio Borgna: Le parole che ci salvano. Borgna in questo suo ultimo lavoro raggruppa le precedenti pubblicazioni in un unico volume dando modo al lettore di avere una visione completa sulla sua opera. La nostra vita è rappresentata dalle parole, e spesso dimentichiamo quanto esse siano importanti e quanto, le parole, siano uno schiaffo o una carezza, ma soprattutto di come permettano di entrare nel mondo altrui, un mondo non sempre roseo ma che spesso racchiude sofferenze e dolore. L’autore ci fa riflettere su quanto le parole possano influenzare il cambiamento degli stati d’animo e della situazione. Borgna si sofferma moltissimo sull’importanza delle parole in alcune professioni, soprattutto quella medica, dove ne evidenzia il valore proprio perché sono professionisti che si avvicinano alla persona/paziente in un momento di profonda fragilità: l’oncologo francese David Khanati dove sottolinea l’importanza psicologica e umana delle parole che si rivolgono ai pazienti, e che ne rispettano, o ne lacerano, la dignità e la fragilità...
Un libro pesantissimo e scritto male. Raramente ho faticato tanto a proseguire e a tenere il filo nella lettura. La psichiatria umanistica di Borgna è un malloppone di moralità, ridondante e ripetitivo fino allo sfinimento.
Come diceva Michele (Nanni Moretti) in Palombella Rossa:" Le parole sono importanti". Proprio per questo è estremamente faticoso trovare quelle giuste, quelle "leggere e profonde, gentili e assorte, fragili e sincere", quelle che nascono dal cuore, insomma. Ricercare le parole giuste, quelle che salvano (come recita il titolo), e che curano, è ancora più difficile per la figura del medico. Quest'ultimo ha una serie di doveri e di responsabilità nei confronti dei pazienti, dei quali deve rispettare il dolore, le angosce che derivano dalla malattia, le richieste di aiuto e talvolta i silenzi. Deve prescrivere esami, fornire diagnosi e cure, certo, ma senza mai trascurare l'importanza del dialogo, senza mai smettere di considerare la malattia "come un processo di vita". Come trovare, allora, le parole giuste? Stando in silenzio e ascoltando attentamente. Questo libro è un invito alla ricerca dell'interiorità e di una solitudine che non è isolamento ma raccoglimento. Tutti momenti che sono fondamentali per riconoscere le proprie fragilità ed emozioni, accettarle ed essere così pronti ad aprirsi e accogliere quelle del prossimo. Un libro ricchissimo di spunti e citazioni (se mai lo acquisterete sappiate che la vostra wishlist crescerà a dismisura), con l'unica pecca di ripetersi un po', anche nella scelta dei termini.
Ho molto gradito leggere questo libro. Certamente non è una classica e tranquilla lettura serale, è un saggio e, visti gli argomenti trattati, per cogliere concetti e tesi dell’autore (psichiatra) è necessario farsi coinvolgere emotivamente. L’autore offre moltissimi spunti di riflessione e per farlo spesso cita altri autori, poeti, filosofi, figure religiose… Questo libro è forse più adatto a coloro che devono confrontarsi con dei pazienti, come ad esempio medici e psicologi, ma io lo consiglierei a tutti per come sono trattati gli argomenti e per come vengono messe in luce positiva alcune caratteristiche umane considerate “fragilità”.
Lettura non facile. Non è certo un libro da portare sotto l'ombrellone. Pur non essendo uno psicologo e pur non lavorando in strutture sanitarie (ritengo che quei due siano i target del libro) non ho trovato grandi spunti di riflessione se non una serie di ovvietà e una serie di pressoché inutili riferimenti a gente che si è tolta la vita. Sinceramente un libro che mi ha lasciato nel cuore tanta tristezza e delusione. Penso che non lo consigliero' ad alcuno
Sembra una raccolta di articoli, non un saggio sulle parole che, come fa aspettare il titolo, curano. Mi sono chiesta troppe volte leggendo, quale fosse il tema portante e a chi fosse rivolto. È certamente ricco di spunti interessanti e dimostra la grande cultura dell'autore ma mi aspettavo altro.
Il connubio tra letteratura, poesia e psicologia/psichiatria è stupendo e meraviglioso, tuttavia il pensiero si fa ripetitivo e quindi poco originale man mano che si va avanti nel libro. Ho fatto fatica a finirlo e non me lo aspettavo.