Nel 2006 Michela Murgia viene assunta nel call center della multinazionale americana Kirby, produttrice del «mostro», l'oggetto di culto e devozione di una squadra di centinaia di telefoniste e venditori: un aspirapolvere da tremila euro. Mentre per trenta interminabili giorni si specializza nelle tecniche della persuasione occulta, l'autrice apre un blog, dove riporta in presa diretta l'inferno del telemarketing con le sue tecniche di condizionamento, le riunioni motivazionali, le premiazioni e i raggiri psicologici, i salari e i castighi aziendali. Divertente come una sitcom e vero come una profezia, Il mondo deve sapere riesce nel miracolo di indignare e far ridere. Perché a dieci anni di distanza dalla sua prima pubblicazione tutti devono sapere che, nel tritacarne del mondo del lavoro, poco o niente è cambiato.
Michela Murgia è nata a Cabras nel 1972 ed è stata a lungo animatrice in Azione Cattolica. Ha fatto studi teologici ed è socia onoraria del Coordinamento teologhe italiane. Ha pubblicato nel 2006 Il mondo deve sapere che ha ispirato il film Tutta la vita davanti e nel 2009 il bestseller Accabadora, vincitore del Premio Campiello 2010.
”Tutta la vita davanti” è il film che Paolo Virzì ha tratto dal libretto della Murgia nel 2008.
L’argomento è interessante: sguardo interno al mondo dei Co.Co.pro., dei call center, del lavoro a tempo determinato e del precariato a tempo indeterminato. Mente acuta e arguta la Camilla-Michela. Anche spiritoso l’approccio.
Isabella Ragonese
Ma: Camilla-Michela è irritante, non riesce a trattenere il suo senso di superiorità su tutto e tutti - non solo i datori di lavoro, ma anche i colleghi, anche le presunte vittime (gli eventuali acquirenti) (tuttavia, secondo me, le vere vittime sono le telefoniste e i venditori ambulanti) – mai un briciolo di empatia, un momento di cedimento umano. Tetragona nella sua infinita concezione di sé, trasforma la narrazione in un sentiero di spine.
Sabrina Ferilli molto in forma in questo ruolo che sembra esserle cucito addosso.
Ma: 123 veloci paginette sono perfino troppe, delle ripetizioni si perde il conto, i motti arguti reiterati diventano stantii, si procede a rilento e con fatica.
Ma: vorrebbe essere esaustivo, ma mancano aspetti del problema (i viaggi premi, gli incontri venditore-cliente…) e se ne sente la mancanza.
Ma: lo stile blog non mi appassiona, dopo un po’ stanca, è ripetitivo anche questo.
Aggiungo che conosco il Kirby in questione, ho avuto modo di vederlo in azione, perfino di toccarlo (non è pesante, neppure pesantissimo: è di più), ho goduto del privilegio di una dimostrazione chez moi. Ha ragione Camilla-Michela, è un oggetto brutto, assordante, ingombrante, vecchio, assurdamente costoso – sarebbe perfetto in un film di fantascienza degli anni ’50.
Massimo Ghini e Valerio Mastandrea.
Ha meno ragione quando descrive i venditori: sono facilmente arginabili, non è difficile farsi ‘igienizzare’ il tappeto o il materasso senza acquistare il mostro elettrico, non è imbarazzante rifiutarsi di continuare la catena fornendo nomi e telefoni di amici.
Forse, anche per questo, il Kirby non esiste più, è uscito di scena. Mentre invece il malefico Folletto imperversa ribaldo. O no?
Micaela Ramazzotti, fu la sorpresa più bella del film. Purtroppo la sorpresa ha smesso molto presto di ripetersi.
Da un paio di giorni ha finalmente smesso di piovere. Dopo due settimane di latitanza s'è intravisto un sole tiepido, che mi ha invogliato spesso ad aprire la finestra e a leggere seduto nella figura squadrata e luminosa che crea sul pavimento. Ho anche ripreso a camminare - e quindi a fare ordine, ovvero a rinchiudere l'agitazione nello spazio scandito dai passi. Ho ripreso la lotta con i chili di troppo, il corpo anchilosato, la rabbia: sono uscito dal letargo. Fuori, ad aspettarmi, ho trovato fiori bianchi sui prati e magnolie voluttuose d'un fucsia sfacciato. Non ricomincio solo io, in questo periodo. È per questo che non potrò mai vivere in città. Non so dirti perché all'improvviso mi ha preso quella strana malinconia: ha fatto capolino come il sole, prima non c'era poi sì. Dico strana, perché ha un nome e un cognome, ed è una qualche forma di lutto di cui davvero non riesco a darmi ragione e che sfugge ai miei tentativi di razionalizzazione. C'è e basta, ho imparato a conviverci. Il colpevole, io credo, è l'algoritmo dei miei social, che mi ripropone Murgia a tradimento. Nell'ultimo periodo, per esempio, ritrovo spesso lo stesso video, spezzone di un'intervista più lunga che non ho visto, e che ogni volta mi spezza un po' il cuore [rese grazie e lo spezzò].
"Gli amici che ti fai quando hai 16/17/20 anni hanno una qualità, hanno una specialità che nella vita poi sarà irripetibile. Avrai altre amicizie, anche molto qualificate. Ma qualcuno che ti fosse testimone, quando potevi ancora essere tutto... quello non si ripete"
Non è solo il contenuto di queste frasi, a ferirmi, ma anche quella commozione che si rabbuia repentina nel suo sguardo, su quel "potevi ancora essere tutto". Mi sento finito e isolato e sterile, a trent'anni. Quando guardo questa registrazione mi convinco che deve averla vissuta anche lei, questa condizione. L'ha superata, però: per lei gli amici si sono schierati, la gente è scesa in piazza. Vorrei poterle chiedere come si fa, ma non si può. Resta solo l'ennesima conferma che aveva spesso dalla sua una ragione feroce, a volte persino visionaria, oltre al talento degli artisti di saper dare tangibilità a ciò che non si sa dire. M'immalinconisco.
Allora ho deciso di tornare alle sue parole. Ho aperto la sua bibliografia e mi sono appuntato cosa mi resta da leggere. È sempre meno, purtroppo, perché in questo lungo lutto che segue i flussi delle stagioni, da quella morte asfissiante in mezzo all'estate, mi sono spesso rivolto alla sua scrittura in cerca di conforto - me ne ha dato tanto. Alla fine ho optato per il suo esordio, perché ricominciasse in questa primavera, nell'astrazione meteorologica che Valerio si è augurata per lei. L'ho trovata grezza, sgraziata, brusca, feroce. Ho riso di questo suo essere così irriverente e sboccata, quasi fosse un'amica con cui mi stavo ritrovando a bere in un bar per dimenticare il lavoro. Sempre identica a sé, ma in una fase precedente a quella ricerca umana e intellettuale che l'ha resa poi così sfaccettata e affilata e precisa. Aveva in sé già tutta sé, come una gemma su un ramo: mi chiedo se valga anche per me e cosa questo significhi e in cosa fiorirò o se sono già appassito.
E quindi esco in strada, aspetto schiarisca e metto un piedi avanti affidandomi allo slancio per portarmi dietro anche l'altro. La voce di Morgana mi fa compagnia.
Non so perché ero così decisa a leggere la Murgia (anche se inizialmente volevo prendere Accabadora, mentre ora non mi ispira più nemmeno quello). Comunque Il mondo deve sapere è il resoconto, inizialmente pubblicato sotto forma di blog, dell'esperienza lavorativa dell'autrice presso un call center della famigerata Kirby (una specie di aspirapolvere, anche se sembra che chiamarla così sia un insulto dato che ti può igienizzare pure il gatto!).
Onestamente mi sembra un librino inutile. Si legge, a volte diverte e a tratti indigna, però non è un libro necessario. Da una parte perché i tempi sono cambiati, forse quando la Murgia scriveva sul suo blog, e poi quando l'hanno pubblicata, aveva un senso svelare al mondo come funzionano certi orripilanti lavori, mentre oggi purtroppo siamo tutti molto più blasé. Ci sono altri due aspetti da considerare, però.
Il primo è che l'autrice fin da subito si pone come investigatrice. Non lo dice mai chiaramente, e forse non è nemmeno vero, ma si rimane con la forte impressione che Michela Murgia abbia cominciato a lavorare per la Kirby non perché era disoccupata e aveva bisogno di soldi, ma perché voleva indagarne i misteri e scrivere un reportage. Non ci sarebbe nemmeno nulla di male, se non fosse per il perenne atteggiamento di superiorità, con il quale ci vuole comunicare che lei non ha nulla a che fare con le sue colleghe vittime delle manipolazioni psicologiche dei loro superiori.
Il secondo punto è che Il mondo deve sapere non è un romanzo organizzato. Ci sono molte ripetizioni, sembra la trascrizione del dialogo tra due impiegate che a fine giornata si lamentano dei colleghi e dei capi davanti allo spritz. Non c'è riflessione, non c'è elaborazione, si promette un confronto tra la fintamente sottomessa Michela Murgia centralinista e i superiori psicopatici che non avviene mai, e all'improvviso c'è il licenziamento ma nessun commento finale sull'esperienza.
Libro tragicomico (nato come blog) sull'esperienza della Murgia come telefonista della Kirby, marca americana di aspirapolvere rivale del più celebre Folletto. L'argomento è molto interessante tra precariato, organizzazione interna simile a quella di una setta e tecniche di approccio di telefoniste e venditori. Michela Murgia racconta la sua breve permanenza all'interno di questo folle mondo di frasi motivazionali, mobbing, infernali rumorosissimi aggeggi dallo stile anni Ottanta e viaggi premio in Florida in modo lucido e divertente. E allora perché 3 stelle? Lo stile semplice con capitoli brevissimi è probabilmente più adatto alla forma originaria, il blog. Inoltre, la voce narrante si erge un po' troppo spesso a unico essere superiore e i suoi strali colpiscono tutti -capi, colleghe e le fantomatiche casalinghe (il principale target della Kirby)- senza mostrare mai un minimo di empatia. Un libro carino e frizzante, sebbene l'autrice dimostri un po' troppo quel fastidioso atteggiamento di superiorità che, per quel poco che ho visto, tende ad avere anche di persona. In futuro proverò a leggere il più famoso Accabadora perché dopo aver letto Il mondo deve sapere posso dire che mi sembra un'autrice promettente.
Divertentissimo resoconto di un mese di lavoro dell'autrice presso un call center, con doverose descrizioni di tutte le peggiori tattiche di vendita usate dalle telefoniste, nonché del mobbing subito a lavoro dai colleghi, spiegate e smascherate con tagliente ironia. Bellissimo il frasario usato dall'autrice, dalle casalinghe descritte come "miniere abbandonate dove c'é ancora l'oro" fino a "E questo incompreso Klondike suscita turbe nello zio Paperone che c'é in ogni uomo", qui sono quasi morta dal ridere! La cosa più godibile di questo libro é il sarcasmo e le espressioni che usa. Mi ha ricordato quando anche io facevo la centralinista, più o meno il clima e i turlupinamenti mascherati da affaroni erano gli stessi. Gli do 5 stelle per le risate che mi sono fatta leggendolo, di sicuro recupererò anche altri libri dell'autrice in futuro, scrive molto bene, non sembrava nemmeno che i capitoletti in origine fossero dei post scritti per un blog nel 2006. Ho visto che molta gente ha preso veramente sul serio il piglio di superiorità espresso dall'autrice: io l'ho visto solo come un espediente narrativo, una sorta di osservatore super partes che smaschera i meccanismi psicologici e ci ride sopra, non l'ho trovato affatto esagerato (poi non ho capito cosa c'entri il fatto che la Murgia sia femminista/religiosa/di sinistra con un libro che parla di aspirapolveri da 3000 € e raggiri telefonici, ma vabbeh).
Molto veloce, molto giovane, molto vero...contemporaneo e reale. Davvero nato d'impulso, come un diario, nella interessante postfazione l'autrice commenta se stessa e la sua consapevolezza di essere giovane e precaria...e come lei migliaia. Fortunatamente il talento e l'ironia non sono mai a tempo determinato.
Geniale. Spassosissima. Fa sorridere come racconta una realtà che davvero esiste. È cosi.
Chi lavora o ha lavorato come call center e ha un ottica critica, sa cosa ha vissuto a livello personale e Michela Murgia lo descrive in una chiave ironica che solo lei sa farlo.
Libro molto scorrevole anche se profondamente episodico. Da leggere per scoprire i meccanismi malati che si nascondono dietro la promozione del mostro Kirby. Da regalare a tutti quelli che, anche se per breve tempo, hanno lavorato presso un call center di qualsiasi tipo. Mi ha fatto scoprire la parola 'turlupinare'. Edizioni Einaudi sempre meravigliose.
Divertente e sagace! A tratti ti trovi a leggere con in testa la sua voce ed è meraviglioso ☺️ Sicuramente se lo avessi letto anni fa sarebbe stato tutto più nuovo, ma comunque d’intrattenimento !:) Consiglio!
Non so in che termini sia stato concluso il rapporto lavorativo, ma fatto sta che il poveraccio quando è uscito era talmente sconvolto che ha avuto un collasso nervoso ed è stato necessario chiamare l'ambulanza per soccorrerlo. Quanto deve arrivare a sentirsi una merda un povero cristo perché non vende abbastanza aspirapolveri? E mi sembra di vederli alla finestra dell'ufficio a guardare fuori, mormorando tra sé che quella è la fine che fanno i perdenti. Alla ragazza nuova che stava vicino a me ho detto: «Guarda bene. Se resti non permettergli mai di ridurti a pensare che vali solo quello che ti pagano».
3 ⭐️ Michela Murgia si fa assumere nel call center della multinazionale americana Kirby, produttrice del «mostro»: un aspirapolvere da tremila euro. L’autrice per 30 giorni si specializza nelle tecniche della persuasione occulta e apre un blog dove riporta in presa diretta l'inferno del telemarketing con le sue tecniche di condizionamento.
Brillante, strappa molte risate dolceamare e racconta la genesi di un sistema di precariato che oggi non è molto diverso, e dei meccanismi del marketing relazionale tanto affascinanti quanto inquietanti
Orrenda nota di demerito al commento di Murgia sulla capa telefonista malvagia "Scommetto che ha la terza media", che ci mostra che meno istruito = ignorante = cattivo come nel peggiore stereotipo che non possiamo perpetrare. OK che Murgia era giovane quando ha scritto questo blog e ora non si può più dire niente, ma si poteva eliminare questa frase, aggiungere un disclaimer, insomma fare qualcosa per eliminare l'idea dell' "ignoranza" come colpa che aleggia in tutto il libro e che in altri punti è giustamente problematizzata.
Questo libro mi incuriosiva da tempo perché è il primo lavoro di Murgia e perché nasce da un blog - e del blog ha i pregi (l'efficacia immediata, sequenze brevi che bruciano come stoccate) e i difetti (i paragrafi sono un po' ripetitivi, e poi il libro si conclude bruscamente come bruscamente chiudi un blog perché non hai più niente da dire)
"Il mondo deve sapere" racconta in modo chiaro e diretto come funziona il lavoro nei call center. L'autrice ci mostra le tecniche di persuasione usate per convincere i clienti e come, dietro le telefonate, ci sia una spersonalizzazione totale dei dipendenti. Il libro fa riflettere su quanto il lavoro possa diventare alienante e su come, in certi settori, le persone vengano ridotte a numeri.
Risate si, ma amare La storia è nota, è quella da cui Paolo Virzì, nel 2008, ha liberamente e magistralmente tratto, il film Tutta la vita davanti. La Murgia ci racconta in prima persona la sua avventura di lavoro in un call center svelandoci molti dei retroscena che sono alla base del telemarketing. La drammaticità della storia raccontata riguarda entrambe le figure che nelle telefonate vengono in contatto. Dentro il libro c'è lo spaccato della nostra società crudele, che con una logica perversa di mercato si approfitta dei soggetti più deboli sfruttando le necessità di lavoro dei giovani.
... Siamo davvero così manipolabili, è evidente. Perchè mentre noi non pensiamo minimamente a quello che diciamo, c’è chi dall’altro lato del telefono ha già pensato a tutte le possibili obiezioni e sa come prevenirle con abili dribbling verbali. ...
Spassosissimo. È il mio primo approccio al mondo Murgia e mi inchino di fronte a questa sagace maestria nell'uso delle similitudini ironiche, alla fantasia nei nomi dei vari personaggi ed ai siparietti esilaranti davvero ben raccontati.
Terzo libro della Murgia che leggo e che, pur essendo un collage di aneddoti legati al suo temporaneo lavoro da telemarketer per la Kirby, svolto quando non era ancora una scrittrice affermata, conferma le sue doti di narratrice arguta e sagace, consapevole e mai scontata. Ella pur utilizzando un linguaggio colloquiale e a volte un po' volgare (inusuale per me che fatico a immaginarmela a dire parolacce) riesce a far emergere, oltre al lato comico delle sue esperienze, anche il suo eloquio forbito e puntualmente preciso, tagliente, sintetico e diretto, come solo chi ha le idee particolarmente chiare sui concetti che può e vuole esprimere, usa. Il suo non è solo il racconto delle tragicomiche vicende di un'operatrice di call center, ma la disamina perfetta di un'impresa "setta", dove le pratiche di PNL sono adottate alla lettera per turlopinare i probabili acquisitori dell'elettrodomestico démodé rappresentato dal Kirby (la versione americana, più pesante e rumorosa del Folletto). È chiaro quanto la Murgia si sia "amaramente divertita" nel raccontare questa esperienza lavorativa; "amaramente " perché, nell'ironica descrizione dei metodi di induzione all'acquisto e nella disquisizione sulle metodiche di aggancio delle operatrici nei confronti degli ignari potenziali clienti, emerge tutto il biasimo della scrittrice sia verso il lavoratore precario (consulente telefonico o di vendita) che pur di mantenere il posto di lavoro è costretto a mentire e irretire il prossimo attraverso tecniche di manipolazione più o meno note, sia verso i capi che godono nel creare un'atmosfera di perenne competizione tra i dipendenti, inducendo psicologicamente chi centra pochi obiettivi a ritenersi un perdente e chi tanti a sentirsi isolato dai colleghi invidiosi. Uno spaccato disincantato della realtà lavorativa degli anni 2000 in cui si accettavano anche questi impieghi frustranti e precari pur di dire "sono occupato"," ho un lavoro" ...e che purtroppo fino a prova contraria, rimane perennemente di attualità!!!
Tutti noi in un modo o nell’altro abbiamo avuto a che fare con un call center, da vittime di un marketing feroce o da carnefici ignari, alla ricerca di una fonte di reddito che permettesse di arrivare a fine mese. Michela Murgia suo malgrado ci finisce dentro e ha deciso di raccontarne gli aspetti più nascosti ponendo luce su un sottobosco di attività che sfrutta giovani inconsapevoli e clienti facilmente raggirabili. Le sue esperienze finiscono per diventare il suo primo libro. A metà tra il comico e il tragico, la Murgia racconta senza mezzi termini le sue avventure esponendo ciò che succede in questa sedicente azienda che vuole vendere una costosissima aspirapolvere che ne vale molti meno con metodo e calcolo. Il lettore si ritrova a vedere una sfilata di espedienti e manipolazioni che gli esperti rivenditori mettono in pratica per accaparrarsi almeno un appuntamento se non addirittura una vendita, che farà pentire lo sciagurato cliente per tutto il resto della sua vita. Lo stampo è lo stesso per mille di queste aziende, fotocopia l’una dell’altra di una idea di vendita a porta a porta che fa sorridere ma allo stesso tempo lascia l’amaro in bocca per tutte quelle persone che perdono la ragione in un sistema che premia il più persuasivo. Il mondo del lavoro nella nostra epoca e soprattutto dopo la crisi del 2008 è una jungla in cui sopravvivere, per accaparrarsi un impiego che sembra donare una sottospecie di sicurezza, ci si arrangia come si può. Contratti improbabili, impieghi dalle ore infinite, stipendi irrisori e la sensazione costante di non valere niente, di non farcela mai, di non uscire mai più. Mandare curriculum e non ricevere mai risposta, pregare in tutte le lingue del mondo per un posto che fornisca i mezzi base per sopravvivere. La Murgia disegna i confini di una trappola che sembra stringere sempre più il proprio cappio fino a che non sopraggiunge un cambiamento insperato.
L'agente vendite Michela Murgia lavora un mese nel callcentre della Kirby e mette su un blog, sotto lo pseudonimo di Camilla.
La storia: Michela/Camilla viene assunta per lavorare nel covo di esaltati svitati che ruotano intorno al business del Kirby, un aspirapolvere venduto come futuristico ma che di alieno ha solo il prezzo. Impara subito qual e' il suo posto e che tipo di approccio l'azienda si aspetta dalle sue telefoniste, arrivando in meno di tre settimane a diventare una delle top-seller del gruppo. Nel frattempo, la sera, Michela/Camilla redige aggiornamenti per il suo blog, in cui parla della sua viat alla Kirby's Dream Land. Appena un mese dopo aver dato il via alle telefonate, Michela/Camilla decide che basta, quella vita non vuole farla piu' e se ne va. E li' finisce anche il libro.
La lettura scorre veloce, facendo abbozzare un sorriso qui e la'. Al contrario di quanto asserito da molti, non ho trovato il libro ripetitivo, ne' troppo lungo. Non bisogna dimenticare che questo e' un blook, alla fine. Qualche ripetizione puo' capitarci, eppure non mi e' sembrato questo il caso. In alcuni punti l'autrice riprende ed espande concetti anticipati o menzionati in precedenza, ma l'ho visto piu' come un passaggio necessario al fine di spiegare tali concetti senza concentrarli tutti in un unico, indigeribile polpettone da due pagine per ciascun topic.
Nota negativa: un vero e proprio epilogo non ci sarebbe stato male...
Il libro è il risultato dell'unione delle pagine del blog scritto dall'autrice durante la sua esperienza di lavoro in un call center come venditrice di un elettrodomestico. Tematiche molto interessanti sono affrontate con ironia dall'autrice che cerca di vivere la sua esperienza con distacco, conscia di non appartenere a quel mondo. E' un libro apparentemente leggero ma che porta a riflessioni sul mondo del lavoro e che lascia chiaramente molto amaro in bocca. Ho avuto modo di entrare nell'ambiente callcenter e di viverlo da vicino, per questo ritrovo alcune dinamiche descritte e ho trovato così interessante la lettura. Consiglio comunque la lettura di questo libretto, scritto molto bene e che permette di addentrarsi in un mondo che purtroppo esiste ma che molto spesso è taciuto.
Mi sembra bello citare una frase detta dalla protagonista ad una ragazza appena assunta, sempre un bel consiglio, in qualsiasi ambito: " se resti non permettergli mai di ridurti a pensare che vali solo quello che ti pagano."
Questa lettura serve a capire come funziona dall'interno un call center,in questo caso vendono una specie di aspirapolvere con l'inganno di una visita a domicilio per avere un parere su un macchinario strabiliante,proveniente dall'America, che svolge più di 70 lavori domestici (???),meglio di tutti gli elettrodomestici che abbiamo in casa. Vengono sventagliate anche tutte le probabili tipologie di persone che rispondono al telefono,ma alla fine,i concetti sono sempre ripetuti,quasi a voler costruire per forza un libro di 100 pagine. Però mi è servito a capire che le telefoniste dei call center hanno un iter di parole da seguire durante la telefonata,un vero e proprio terrorismo psicologico nei confronti di chi sta dall'altra parte e che,anche mandandole a quel paese e riattacando subito la cornetta,alla fine ti senti un po' in colpa. Ci sono anche un po' di scenette comiche del venditore a domicilio,ma niente di particolarmente divertente.
È giunto il momento di dire cosa è il Kirby. Per farlo mi metterò nei panni di una casalinga. Dietro questo nome innocente che suggerisce immagini rassicuranti a metà tra Bambi e i Puffi birichini, si nasconde un aggeggio infernale dai mille accessori, in acciaio cromato «pressofuso» in un unico blocco. Devo ancora scoprire perché questo costituisca un pregio, della serie che se si scassa, come cazzo lo apri per aggiustarlo?
Forse non il libro adatto per conoscere la Murgia scrittrice, ma comunque dà un'idea della mente brillante, sagace, autoironica di questa donna che ha fatto tanto parlare di sé. Il fulcro del libro è interessante, potremmo definirlo il "lato oscuro dei call center" e ancora più interessante è che l'autrice ci racconta un suo vissuto, quindi anche autobiografico. Forse, dopo la lettura provo più empatia verso le "telefoniste" che chiamano negli orari più impensati per propinarci abbonamenti, cambi tariffari o forniture di prodotti biologici perché mi rendo conto che sono sottoposte a una sorta di terrorismo psicologico e a un addestramento rigoroso che manco l'FBI. Un mondo al limite dello sfruttamento, dove, per poter emergere devi darti a una competizione cattiva, sleale. Non un romanzo vero e proprio, più un reportage, molto diretto, a tratti ironico, ma dà tanto da pensare.
che delusione. a parte che, vedendo il contenuto, 150 pagine sono anche troppe, questo libro non mi ha detto niente e non mi ha lasciato niente; l'ho trovato piatto, privo di empatia e anche un po' arrogante. sarà perché ho fatto anche io la telefonista presa appuntamenti il fatto che ciò che è stato raccontato non mi è nulla di nuovo. l'ho finito perché era relativamente breve, altrimenti l'avrei abbandonato (l'unica parte bella è stato il capitolo finale).
Divertente e interessante. Il difetto per me sta nel modo in cui è scritto. Si nota troppo che è la trasposizione di un blog. Avrei preferito un rifacimento più "romanzesco". In ogni caso, questo è il mio primo libro di Michela Murgia. E mi ha conquistato.
il fatto che io adori i memoir (lo definirei così, per quanto particolare sia questo libro) e Michela Murgia influisce sul mio indice di gradimento. Mi sono divertita moltissimo, e credo che sia uno di quei libri che leggi per un pomeriggio spensierato, sebbene nasconda una mentalità e una realtà piuttosto inquietante di fondo, che viene però ammantata da un'ironia citazionistica sorprendente.
(The English review is placed beneath the Russian one)
Самым удивительным является то, что эта книга была переведена только на русский язык (оригинал на итальянском). Я согласен с мнением одной читательницы, что такая книга точно должна быть переведена и на английский, ведь главным действующим лицом является американская корпорация, пусть и итальянское её представительство.
Интересно, что перечитав эту книгу, я решил проверить, а существует ли Кирби? Каково же было моё удивление, но Кирби не только существует и не только в России, но даже люди, что в России сталкивались с этой компанией, пишут слово в слово то, о чём пишет автор и этой книги! Т.е. за последние годы не слишком-то много изменилось в деятельности Кирби, т.е. их подход к ведению бизнеса. Хотя, казалось бы, после стольких лет одурачивания людей и после выхода такой книги, деятельность Кирби точно должна была бы пойти ко дну. Но нет, ничего этого не произошло. Такое ощущение, что мир не заметил ни жалоб людей, которые сталкивались с этой фирмой ни самой этой книги. Это удивительно, учитывая, что нам постоянно говорят, что Интернет способен в мгновение ока потопить репутацию любой фирмы и любого бренда.
Я дважды читал эту книгу и оба раза я смеялся, ибо у автора великолепный язвительный и острый юмор. Возможно, не каждому он придётся по душе, но мне определённо доставило наслаждение читать язвительные замечания о деятельности таких вот компаний как Кирби. Я думаю, это самое мало, что они заслуживают. Хотя я и не являюсь леваком и даже наоборот поддерживаю капитализм и невмешательство государства в экономику, но есть ситуации, когда важно дать отпор наглости (неэтичности) корпораций. И по отношению к Кирби, это справедливо на все 100% (также как и по отношению к такой компании как Herbalife).
Итак, книга выглядит как собрание множества длинных постов в блоге. В этих постах (главах) автор описывает, в своей неподражаемой манере, свои наблюдения того, чем была непосредственным свидетелем, т.е. своей опыт работы в компании Кирби. Разумеется, ждать всеохватывающего анализа деятельности Кирби во всём мире от этой книги не стоит, ибо книга даёт персональный взгляд, личные наблюдения автора всё то время что она работала в этой компании. Я не сомневаюсь, что описанное автором имело место и что автор в точности всё описала, ибо, как я сказал, спустя многие годы после выхода этой книги, всё то, что написала автор, подтвердили русскоязычны клиенты этой компании. Плюс, учитывая способы продажи своих товаров, эта практика Кирби известна многим людям, разрешивших компании оказать, как пишет автор, «добрую услугу».
Я не буду пересказывать всю книгу, ибо это невозможно, но скажу, что в книге речь идёт о компании, которая с помощью телемаркетинга пытается уговорить людей согласиться принять их представителей, чтобы те продемонстрировали работу продаваемого этой компанией пылесоса. Вся прелесть этого способа продажи заключается в том, что этот пылесос стоит больших денег. На момент написания книги, сумма составляла от 2000-3000 евро. В России их пылесосы продаются по цене пары сонет тысяч рублей, если мне не изменяет память. Как видим, цена очень существенная. А учитывая, что эти пылесосы продаются с помощью персональных продаж, нужно быть настоящим виртуозом, чтобы обеспечить компании прибыль. И вот именно об этом, т.е. как компания достигает этих недостижимых, с первого взгляда целей, и посвящена книга. И тут мы находим настоящих магистров социальной психологии, мастеров манипулирования о которых писал Роберт Чалдини в своём знаменитом бестселлере «Психология влияния». Многие способы такого влияния мы находим на страницах и данной книги. Это особенно примечательно, учитывая, что такие методы всё ещё работают и работают независимо от государственных границ. Я думаю, это является главной ценностью этой книги – продемонстрировать, как психологические уловки работают в реальности и к чему они могут привести. В том смысле, что такие мастера психологии влияния способны всучить пылесос, чья стоимость в разы превосходит обычные пылесосы.
The most surprising thing is that this book has been translated only into Russian (the original is in Italian). I agree with one reader's opinion that such a book should be translated into English as well, since the main subject is an American corporation, albeit an Italian branch of it.
Interestingly, after rereading this book, I decided to check if Kirby exists. What was my surprise, that Kirby not only exists, and not only in Russia, but even people who have dealt with this company in Russia write word for word what the author of this book writes about! That is, not much has changed in recent years in Kirby's operations, i.e., their approach to doing business. Although, it would seem that after all these years of fooling people and after a book like this, Kirby's business should have gone downhill for sure. But no, none of that happened. It feels like the world has not noticed the complaints of people who have dealt with the firm or the book itself. This is surprising since we are constantly told that the Internet can sink the reputation of any firm or brand in the blink of an eye.
I read this book twice, and both times I laughed because the author has great sarcastic and sharp humor. It may not be to everyone's liking, but I enjoyed reading the sarcastic remarks about companies like Kirby. While I'm not a leftist and even support capitalism and government non-interference in the economy, there are situations where it's important to fight back against the arrogance (unethicality) of corporations. And with regard to Kirby, this is 100% true (as well as with regard to a company like Herbalife).
So the book looks like a collection of many long blog posts. In these posts (chapters), the author describes, in her inimitable manner, observations of what she witnessed firsthand, i.e., her experience at Kirby. Of course, one should not expect an all-encompassing analysis of Kirby's activities around the world from this book because the book gives a personal view and personal observations of the author during the time she worked for this company. I do not doubt that what the author described has happened and that the author has described everything exactly, for, as I said, many years after this book was published, everything the author wrote has been confirmed by Russian-speaking clients of this company. Plus, given the way Kirby sells its products, this practice is known to many people who have allowed the company to do, as the author writes, "a good favor."
I won't retell the whole book because it's impossible, but I will say that the book is about a company that uses telemarketing to try to get people to accept their representatives to show them how the vacuum cleaner it sells work. The beauty of this way of selling is that this vacuum cleaner costs a lot of money. At the time of writing, the amount ranged from 2,000-3,000 euros. In Russia, their vacuum cleaners are sold for a couple hundred thousand rubles, if I remember correctly. As you can see, the price is very substantial. And given that these vacuum cleaners are sold through personal sales, you have to be a real virtuoso to ensure that the company makes a profit. And this is exactly what the book is about, i.e., how the company achieves these unattainable, at first glance, goals. And here we find the real masters of social psychology, the masters of manipulation that Robert B. Cialdini wrote about in his famous bestseller Influence: The Psychology of Persuasion. Many of the methods of such influence we find in the pages of this book as well. This is especially noteworthy given that such methods still work and work regardless of national borders. I think this is the main value of this book--to demonstrate how psychological tricks work in reality and what they can lead to. In the sense that such masters of influence psychology are capable of selling a vacuum cleaner whose value is many times greater than that of ordinary vacuum cleaners.
Non voglio scrivere una stroncatura, ma neanche una recensione eccessivamente entusiasta. La scrittura è spigliata e semplice, proprio ideale per un blog. Il libro è divertente e volendo lo si legge tranquillamente in una giornata. L'ironia caustica è il carburante degli episodi narrati. Adoro questo tipo di scrittura. Cosa non mi piace? La personalità della narratrice, che descrive così le sue colleghe: L'età media è sui venticinque anni. L'istruzione media è bassa, si capisce da tante cose. E fin qui niente di male, potrebbe essere una descrizione oggettiva. Peccato che poi la narratrice insinui un'altra volta che le sue colleghe siano limitate, questa volta con meno grazia: La capotelefonista [...] ha buon gioco, un sottovaso ha più personalità di queste ragazze, povere loro. Magari le sue colleghe sono effettivamente delle persone molto semplici, ma già quel povere loro sembra sottintendere che la narratrice, invece, è una sgamata, furba, a lei non la si fa. Può però essere un'impressione sbagliata, mia personale... Finché non leggo questo. Le altre telefoniste mi guardano [...] Poverine. Io le salverò, ma non lo sanno ancora. Oh benedetta Vendicatrice delle Telefoniste, aiutaci tu! Va benissimo essere ironici o sarcastici per animare la narrazione, per evidenziare i comportamenti negativi, per smorzare la gravità delle situazioni. Ma se, per ipotesi, la frase dell'ultima citazione l'avesse detta un uomo riferendosi a delle colleghe donne, si sarebbe scatenato il pandemonio, in nome della parità di genere. Se invece la dice una donna riferendosi ad altre donne, allora va bene? No. La saccenza è la medesima, non deriva dal sesso della narratrice... Che però saccente rimane. È una frase brutta in bocca a chiunque. Le "povere" (leggi: stupide) telefoniste-sottovaso hanno trovato il loro Robin Hood! Mi si perdoni il sarcasmo, ma il senso di superiorità, il sentimento del "sono l'unica in grado di, meno male che ci sono io" espresso così mi irrita. E questo atteggiamento rimane il medesimo per tutto il libro.
Quindi, in poche parole, scrittura promossa, argomento promosso, narratrice bocciata.
L’altro giorno aspettavo un amico in libreria curiosando fra i libri. Questo mi ha attratto, forse per il contrasto fra il titolo altisonante e l’immagine di copertina, un anonimo aspirapolvere. Così ho cominciato a leggerne qualche pagina e mi sono sbellicata dalle risate – cosa molto opportuna in questo momento, dunque l’ho comprato.
L’ho letto in un pomeriggio, e devo dire che già il giorno dopo faceva molto meno ridere di quando l’avevo sfogliato in libreria. O meglio, fa effettivamente ridere, ma è un riso amaro, che si accompagna spesso alla riflessione su una condizione ormai endemica in Italia, che è non solo quella del precariato ma anche quella dei lavori orribili e sottopagati. Alcune scene fanno tutt’altro che ridere, come quella in cui il venditore appena licenziato si ritrova in strada a piangere e vomitare.
Questo è stato il primo libro di Michela Murgia, pubblicato da Isbn nel 2006 sulla traccia di un blog (e si sente) e ora ristampato nella collana Reprints. Racconta con toni diretti e per nulla pacati il mese che l’autrice ha trascorso come telefonista in un call center della multinazionale Kirby, dove era pagata per vendere aspirapolveri. O meglio, per chiamare le casalinghe ignare regalando loro un fantomatico “buono omaggio”, ovvero introducendo in casa delle poverette un astuto venditore, confidenzialmente chiamato Shark. La Murgia racconta dunque come si svolge la telefonata tipo, le possibili obiezioni, la tipologia di bersagli contattati, le tecniche motivazionali che mirano più che altro alla distruzione della dignità della persona.
Tutto questo è tanto più interessante, se letto a metà tra due colloqui in call center dediti alla vendita telefonica, conclusisi ovviamente con un diniego da parte mia perché c’è un limite a tutto. Ed è interessante anche per chi con i call center non ha mai avuto a che fare, perché a volte uno non ci pensa che esistano certi lavori così schifosi.