Silvano Masoero, alias «Silver», es un púgil retirado, y también ex presidiario, que pese a haber pagado su deuda con la sociedad por un combate amañado, tal vez todavía no lo haya hecho con su propia conciencia. Tampoco en el plano emocional las heridas del pasado le permiten superar su viudedad e iniciar una nueva relación sentimental. Ahora, con sesenta años, es utilero de un equipo de fútbol de la Segunda División que se enfrenta, en la última jornada de la liga, a su partido crucial para lograr el ascenso de categoría. En él juega como estrella emergente su hijo Roberto; un hijo que, como él, se verá tentado por el dinero fácil de las apuestas ilegales. Sólo faltan unas horas para el partido, durante las cuales el protagonista va desgranando los episodios que componen una vida de errores y derrotas. Su voz es parte de su personalidad, por eso se expresa con un estilo seco, directo, contundente como los golpes recibidos y encajados, con notas de humorismo amargo y de ternura que van ganándose paulatinamente a quien lo escucha y lo acompañará hasta esa difícil decisión que lleva a un sorprendente desenlace. Tras vender quince millones de ejemplares en todo el mundo con sus anteriores novelas (desde Yo mato hasta Apuntes de un vendedor de mujeres), Giorgio Faletti apuesta ahora por una novela breve e intensa capaz de esbozar diversas melodías que se entrelazan con habilidad, como son la responsabilidad moral del individuo, la corrupción imperante en el fútbol como microcosmos de la sociedad, la problemática de una juventud sin futuro, el eterno conflicto generacional o la aparentemente apacible vida de provincias.
Artista poliedrico non ha mai smesso di dare prova della sua capacità di spaziare da un campo artistico all’altro. Come comico ha lasciato una forte impronta nel panorama della comicità creando una serie di personaggi indimenticabili protagonisti di alcune fortunate serie televisive come Drive In, Emilio e Fantastico 90.
Anche come musicista Giorgio Faletti ha ottenuto negli anni numerosi consensi. Ha cominciato pubblicando in proprio diversi album di successo. Nel 1994, con la canzone Signor Tenente, si è aggiudicato il secondo posto e il Premio della Critica al Festival di San Remo. Sono nate in seguito le collaborazioni con alcuni grandi artisti della musica leggera italiana: ha scritto canzoni per Mina, Milva, Gigliola Cinquetti e i versi di due album di Angelo Branduardi, Camminando Camminando e Il dito e la luna.
Il 2002 segna l’esordio in campo letterario. Il romanzo Io uccido balza immediatamente al vertice delle classifiche italiane e con oltre 3.500.000 di copie vendute diventa uno dei più clamorosi successi editoriali degli ultimi anni. Nel 2004 esce Niente di vero tranne gli occhi che conferma il talento letterario di Giorgio Faletti con oltre tre milioni di copie vendute. I suoi libri sono tradotti in 25 lingue e pubblicati con grande successo, oltre che in tutti gli stati d’Europa, anche in Sud America, in Cina, in Giappone, in Russia e a partire dal mese di marzo 2007 negli Stati Uniti e nei paesi di lingua anglosassone.
Nel novembre del 2005 Giorgio Faletti ha ricevuto dal Presidente della Repubblica il Premio De Sica per la Letteratura.
Nel frattempo non dimentica di essere un attore. Nel 2006 interpreta il prof. Martinelli in Notte prima degli esami, film campione di incassi con oltre 20 milioni di euro al botteghino. La sua interpretazione è stata premiata dalla critica con la nomination al David di Donatello come migliore attore non protagonista.
Il suo terzo romanzo, Fuori da un evidente destino ha venduto 1.500.000 copie.
Mi dispiace che questo libro mi abbia rovinato l'immagine positiva che avevo del Faletti scrittore. Purtroppo questa storia ha un enorme vizio di fondo che non la rende per nulla credibile. Il fatto che il protagonista si finga il mister utilizzando il suo telefonino è assolutamente assurdo. A nessuno viene in mente di fare una telefonata? A nessuno viene in mente di chiedergli perché si sta comportando in modo così incomprensibile? Prende decisioni discutibili in merito allo schieramento in campo, ma tutto viene applicato alla lettera, nonostante manchi un contatto diretto. Il ritmo c'è e ci sarebbero anche gli elementi per una buona storia, ma quella trovata inconcepibile su cui si basa tutto il dipanarsi della vicenda rovina la credibilità del libro.
I libri di Giorgio Faletti sono stati fin da subito oggetto di grandi discussioni.
Sarà forse invidia, sarà forse voglia di denigrare il lavoro altrui, certo è che da tempo nell’ambiente letterario italiano si è diffusa la voce che a scrivere i libri non fosse proprio lui, ma un cosiddetto ghost writer.
Circola anche un nome a tale riguardo.
In effetti esistono alcuni indizi che potrebbero supportare queste voci: le ambientazioni e lo stile, tanto per cominciare.
I primi romanzi sono perlopiù scritti e ambientati in luoghi e con vicende che ricordano il genere thriller cinematografico americano.
Forse comunque l’indizio più sottile è rappresentato da alcune espressioni tipicamente americane che nel nostro parlare quotidiano non trovano diretto riscontro e dunque quando capita di leggere l’espressione “girare attorno al cespuglio” oppure altre presenti in Io sono Dio.
Tutto ciò come dicevo, poterebbe a pensare a situazioni scritte direttamente in inglese/americano e poi tradotte in modo frettoloso nel nostro italiano.
Personalmente questa è una cosa che non mi crea problemi e nemmeno nervosismi.
Oltretutto se anche la cosa fosse vera, non mi stupirebbe più di tanto.
Credo che di ghost writers ( scrittori fantasma ) ce ne siano diversi in giro e in fondo a me non interessa molto alimentare questo tipo di polemiche.
La cosa che mi preme maggiormente è invece sottolineare il cambiamento netto che ho riscontrato nei due ultimi lavori di Faletti rispetto ai precedenti.
Una cosa a mio parere positiva.
Positivo il rendere la quotidianità del nostro vivere protagonista delle sue storie.
Positivo l’ingresso di un certo background cultural-popolare italiano in special modo in quest’ultimo lavoro.
Infatti questo Tre atti e due tempiscaccia via molti dubbi, ovvero se non li scaccia via per alcuni lavori passati, certamente non se li carica sulle proprie spalle.
Il racconto ed il pensiero dell’ex pugile Silver, protagonista del romanzo, è costellato da flashback della televisione italiana e dunque, tanto per fare una citazione, “il mio personalissimo cartellino” porta punti in favore dell’autore.
Questo lavoro è indubbiamente frutto di uno spettatore di trasmissioni sportive della nostra televisione e di un partecipante ai discorsi da bar dello sport della penisola.
Nota di merito dunque per queste considerazioni.
Scendendo nello specifico del racconto invece devo dire che ho trovato alcuni passaggi fondamentali che mi hanno lasciato piuttosto perplesso.
Un qualsiasi scritto, una qualsiasi storia, sia essa legata alla realtà quotidiana, al genere fantasy o anche alla fantascienza più spinta, deve comunque avere la caratteristica della credibilità.
La storia deve essere credibile.
Non importa che sia fantastica, è importante che all’interno del contesto scelto dall’autore le cose avvengano secondo uno scenario credibile.
Beh, in un paio di passaggi fondamentali di Tre atti e due tempi il buon Giorgio Faletti a mio avviso non è stato del tutto credibile.
Il presidente Martinazzoli chiama furioso più volte l’allenatore per avere spiegazioni sul cambio di formazione dell’ultimo secondo, ma nessuno risponde alla chiamata.
Poi arriva l’sms di Silver che con un escamotage riesce a convincere tutti che il mittente sia proprio il mister in persona.
E’ questo un passaggio fondamentale di tutta la storia; infatti è proprio grazie a questa accettazione dell’identità del mittente degli sms che tutta la vicenda resta un piedi e si sviluppa.
Il mio appunto è che in condizioni normali, nella realtà cioè, non sarebbe accaduto questo e soprattutto non sarebbe andata così liscia.
In una situazione credibile il presidente Martinazzoli, che oltretutto si scoprirà essere pure coinvolto in un giro alquanto losco, un secondo dopo aver ricevuto l’sms dal numero di telefono che fino a un minuto prima non rispondeva alle sue chiamate, non avrebbe fatto altro che ripetere per l’ennesima volta la chiamata per parlare di persona con il mister.
Invece si ferma con il telefono in mano e l’accertamento dell’identità del mittente viene fatta in modo non credibile.
Questo è ciò che fa cadere tutto l’impianto del racconto.
Il malscalzone intransigente che crea tutta una serie di complicate macchinazioni destinate a portare ad un risultato concreto solo se tutto gira per il verso giusto, è senza dubbio una figura intelligente e pericolosa, che però cade miseramente davanti ad una banalità inconcepibile: ma come? caro presidente Martinazzoli, sei appena uscito dagli spogliatoi dopo aver fatto un arrivo degno del Re Sole, hai sparso superiorità e hai chiaramente fatto vedere chi è il padrone e poi che fai? Ti accontenti di un sms? Non esiste!
Il vero padrone ha come caratteristica principale proprio quella di non accettare in modo passivo quello che gli dicono i suoi sottoposti. Anche quando sono buone idee, altrimenti farebbe l’imprenditore e non il padrone.
Ai padroni bisogna girare il discorso in maniera che si convincano di avere avuto loro l’idea.
In questo caso un personaggio presentato come il presidente Martinazzoli avrebbe chiamato, poi richiamato, e poi richiamato ed infine preteso di vedere in faccia il mister, il SUO mister.
Invece tutto questo non succede, gli sms vengono accettati e presi per buoni e il padrone si trasforma in pecorella…
A mio avviso manca credibilità in questo passaggio e siccome tutto il resto del romanzo viene come conseguenza, il mio parere non può che essere negativo.
Piuttosto mi chiedo come mai tutto questo possa passare sotto tutta una serie di controlli, verifiche e riunioni e poi arrivare alla pubblicazione.
Forse non si è data tanta importanza alla cosa ritenendo questo romanzo una specie di fiction televisiva di genere tutto sommato leggero.
In questo caso tutto va bene, ma voglio sperare che sia questo il motivo perchè altrinenti pensare che il lettore normale consideri credibile una cosa del genere mi pare quasi un offesa alla intelligenza del lettore stesso.
Da sam video knjigu na polici u nekoj knjižari nikad ne bih pomislio ni da pročitam sinopsis knjige, a ne da je kupim. Nisam fan fudbala. To je i razlog što i kad sam je kupio na ovaj način skoro dve godine sam odlagao njeno čitanje. Sada mogu da kažem da ova knjiga nije to zaslužila.
Jedan kratak roman (od oko 130ak strana) u kom je i sama priča sažeta, bez puno uvijanja. Ovo je jedna fina priča o odnosu oca i sina koji je postao napet u jednom trenutku. I način na koji otac uči sina da ne učini istu grešku koju je i on sam učinio. Takođe, govori se i o korupciji u fudbalu.
Iznenađujuće (možda) ali ovako kratka knjiga je dala nekoliko dobrih citata (bar koji su se meni svideli), dok nekad neke knjige od 500 strana nemaju tu neku rečenicu koja me oduševi. Naravno, broj strana i dobrih citata nije proporcionalan, ali bude čudno kad nema šta da se izdvoji, a ja obožavam kad naiđem na neki dobar citat.
Ovu knjigu bih rado preporučio svima. Nije ona toliko sjajna da će vas oboriti sa nogu, ali je priča dovoljno lepa da će vam prijati to jedno veče koje izdvojite za ovu knjigu. Verujem da će svi uživati.
Sono rimasto veramente senza parole. Deluso credo sia la parola giusta. E' il terzo libro di Faletti che leggo e i due precedenti li ho apprezzati molto. Questo.... è talmente brutto che a metà libro ho pensato che non lo abbia scritto lui, bensì qualcun'altro per conto suo o per conto della casa editrice. Talmente pessimo rispetto ai precedenti che non ci credo che sia lo stesso autore. A questo assommiamo che sono stato un calciatore (dilettante) e non mi sono per niente ritrovato nelle dinamiche dello spogliatoio descritte. Mi è sembrato molto superficiale anche il racconto di quel mondo.
Premetto che non mi aspettavo nulla da questo libro, semplicemente perché non sapevo nemmeno di cosa parlasse. Giorgio Faletti l'ho conosciuto con "Io uccido", uno dei miei primi libri, e l'ho amato senza leggere altro di suo. Quindi, quando ho trovato "Tre atti e due tempi" negli scatoloni dei libri della mamma, mi sono incuriosita e l'ho preso a prescindere. Ho letto al volo la trama e quando ho visto che avrebbe parlato di calcio mi sono un po' sconfortata perché è una di quelle cose di cui proprio non mi interesso. Però ho deciso comunque di iniziare e ora la prima frase dei ringraziamenti alla fine del libro mi sembra che rappresenti quello che ho pensato quando ho iniziato a leggerlo. Mi permetto di citarla: "Senza altro conforto che la mia incoscienza, ho deciso di scrivere una storia su uno degli argomenti di cui mi intendo di meno: il calcio". Nonostante le aspettative, questo libro non mi ha delusa. È stata una lettura interessante, che mi ha saputo prendere. È stata veloce, leggera, con una prima persona narrata al presente che non mi ha disturbata come succede di solito. Sono riuscita a capire Silver, ho seguito ogni sua azione prima con compassione, poi con la sua stessa ansia. Tutto sommato, sono soddisfatta della lettura.
Ομολογώ πως βαριέμαι το ποδόσφαιρο κι εκτός από αγώνες μεγάλης σημασίας (Champions League, Euro, Mundial) δεν το πολυπαρακολουθώ, οπότε είναι περίεργη η επιλογή ενός σχεδόν αστυνομικού βιβλίου με κεντρικό θέμα ένα στημένο αγώνα της Serie B.
Enter Giorgio Faletti, με τη γρήγορη και κινηματογραφική γραφή του για να ανατρέψει τα δεδομένα με 150 καλογραμμένες σελίδες όμορφης αφήγησης. Έντιμο.
citas y/o fragmentos subrayados en mi kindle: • “Es un mundo hecho de hierba, de pantalones cortos manchados de barro y verdín, de rayas trazadas con polvo blanco, de aceite para masajes, de calcetines sudados, de heridas y accidentes; de estallidos de alegría, de gritos de ánimo, de gritos de rabia; de palabrotas cuya intención se sabe a veces, pero cuyo significado no se entiende, porque las dicen en una lengua que no se conoce; un mundo en el que, pese a la mucha higiene, siempre flota un tufo a humedad y sudor. Esto es el fútbol en general.”
• “La experiencia es una tontería, no existe, es un beso que no despierta de ningún sueño. Ayuda a cambiar una bombilla, pintar una habitación o coger a un gato sin que nos arañe. En todo lo demás, es siempre la primera vez. La experiencia no sirve más que para saber cómo sufriremos o cuánto sufrirán los que nos rodean. Para darnos cuenta de que, como cuando nos afeitamos, estamos solos con la cuchilla ante el espejo. Hay heridas que, aunque sean pequeñas, nunca dejan de sangrar.”
• “Y si no vencemos, que nos quiten lo bailado. Los perdedores nunca salen con demasiado rabo entre las piernas.”
• “La palabra play-off suena a hamburger, a Coca-Cola y a popcorn. Ninguna de estas cosas me gusta. Será cuestión de gustos.”
• “Elena me había dicho siempre que los hijos son las únicas personas que pueden hacernos aceptar la idea de la muerte, porque ningún padre ni madre quiere sobrevivir a aquellos a quienes trajo al mundo.”
• “Siempre he sido un hombre solitario. Ahora soy un hombre solo. No pensé que con el tiempo sentiría la diferencia.”
• “Lo más difícil del mundo es encontrar a alguien que nos acepte como somos. Por lo general, la gente es tan superficial que se conforma con lo que cree que somos, y a veces se trata de dos personas distintas.”
• “Los muchachos están juntos, juegan a las cartas y a la Play Station, algunos leen un libro. Se los mima y protege, porque cuando se ha pasado la mayor parte de la joven existencia corriendo detrás de un balón, adulados a diario para que den el máximo, quizá se tiene mucha experiencia de juego, pero poca experiencia de vida.”
• “Ciertas cosas se descubren siempre de una manera banal. Y caen sobre nuestra vida como una gota de lluvia que creciera hasta el diluvio. Es la historia del caballo que perdió el clavo y después del clavo la herradura, con lo que el general perdió el equilibrio y el ejército al guía y el rey la batalla y al final la guerra. Una guerra perdida por culpa de un clavo. Cruces, combinaciones, malos propósitos, buenas intenciones, todo metido a hervir en el caldero del azar, que es tan grande que contiene todo el mundo y bajo el cual el fuego nunca se apaga.”
• “El tiempo nunca pasa como querríamos. A veces vuela, otras transcurre lentísimo. Otras sencillamente pasa, cuando querríamos detenerlo.”
• “Observo este lugar lleno de objetos que cuelgan inanimados. Son corazas antes de la batalla. Son hachas de guerra indias. Son escudos y yelmos de gladiador. Son colores conocidos, familiares, que ya damos por descontados. Pero son el símbolo de algo común, de un resultado colectivo conseguido día tras día, con esfuerzo y con sudor. Yo antes creía que sólo me había traicionado a mí mismo. Pero no era verdad. Lo comprendí luego, cuando, en mi celda, me tumbaba en la cama y pensaba mirando al techo. Por mi mente desfilaban las pancartas y la afición que me admiraba. Y me di cuenta de que tenía una responsabilidad con aquella gente. Aquí, hoy, está perpetrándose la traición de una idea colectiva, de un sueño que no es de nadie porque pertenece a todos. A los jugadores, al entrenador, al presidente del equipo, a los miembros del personal. Pero también a las personas normales, a esas gentes que nunca ganarán nada y por eso confían en que unos cuantos privilegiados lo hagan por ellos.”
• “El oficio de entrenador de fútbol es difícil. No se trata sólo de disponer a los jugadores en el césped. Hay que conocerlos personalmente y saber cómo tratarlos. Reprender en privado al susceptible, felicitar públicamente al que necesite estímulo, seguir de cerca al que aún no sabe lo que vale, anunciar con tacto una exclusión. He vivido en este ambiente lo bastante para saber cómo funciona la cosa. Cuando todo va bien, es mérito de los jugadores; cuando no, es culpa del míster. Imagino que pasa lo mismo en todos los ámbitos en los que hay alguien que paga por las malas rachas que tarde o temprano se abaten sobre cualquier terreno.”
• “Donde el ser humano no puede llegar, un golpe de suerte puede ayudar mucho. Así es el mundo y así es por tanto un partido de fútbol.”
• “Todos somos responsables de nuestras acciones y de los efectos colaterales que causan. La historia del mundo lo demuestra. Es más, esa es la historia del mundo.”
• “Hay personas que resultan invisibles. La gente está tan acostumbrada a su presencia que acaba considerándolas un mueble más. Y por tanto no las ven ni las oyen ni las recuerdan. Yo soy una de esas personas.”
Libro molto scorrevole, cattura sicuramente l'attenzione anche del lettore meno informato sull'argomento (come me). Trovato per caso, ma è stata sicuramente una lettura piacevole.
Quando una grande scrittura incontra la fiera dei cliché, puoi star certo di sfogliare un'opera di Giorgio Faletti. Malgrado uno stile che trovo impeccabile (pulito, essenziale, bellissimo), la trama annaspa tra buonismi da fiction e caratteri ficcionari che più ficcionari non si può. Dato il tema contemporaneo, speravo in una storia grigia, sporca e cattiva, non nella prevedibile parabola di una redenzione annunciata.
Después de vender 15 millones de novelas en todo el mundo, el escritor italiano Giorgio Faletti decidió ambientar su última obra de ficción en el mundo del fútbol. La corrupción, los conflictos generacionales, la falta de futuro de la juventud, los sueños que se convierten en frustraciones... diferentes temáticas que se dan la mano para un relato de frases cortas narrado en primera persona.
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La partita è cominciata. Una partita di calcio, ma non solo. Una partita determinante, per una classifica e per delle vite. "Questa volta non era una storia di forza o debolezza, solo una faccenda fra uomini. Anzi molto di più. Una faccenda fra padre e figlio." Faletti stavolta ha creato un personaggio, Silver, che rimane nella memoria con la sua storia dolce-amara.
Devo concordare con le valutazioni di molti su questo romanzo. Rispetto al Giorgio Faletti che conosco e ho apprezzato in libri come Niente di vero tranne gli occhi, Fuori da un evidente destino e Io sono Dio, questo romanzo è stato una delusione. Sembra che l’autore abbia perso parte di quella brillantezza che lo caratterizzava.
Il protagonista, Silver, racconta la storia in prima persona con un tono costantemente cupo, nostalgico e triste, rendendo la lettura pesante e poco scorrevole. Inoltre, molte frasi sembrano quasi "frasi fatte", inserite più per riempire spazi che per spiegare davvero le situazioni o sviluppare la trama.
La storia, che dovrebbe essere un giallo, purtroppo non riesce a coinvolgere. Mi è sembrata piatta e priva di tensione, al punto che leggere 150 pagine è sembrato come affrontarne 1000. Il ritmo lento e la mancanza di colpi di scena rendono il romanzo, nel complesso, piuttosto noioso.
L’unico elemento che mi sento di salvare è il finale, che è ben scritto e riesce a dare un senso compiuto alla narrazione. Tuttavia, questo non basta a risollevare l'intero libro.
Purtroppo non riesco a dare più di 2 stelle: una lettura che, a mio avviso, non è all’altezza del Faletti che ho sempre amato.
Ultima pubblicazione di Faletti. Mi sono promessa come obiettivo quello di leggere tutta la sua bibliografia, dato il mio esser stata completamente catturata dalla lettura di "Io uccido". Proprio per tale ragione, non ho sentito la necessità di leggere la breve sinossi, ma mi sono buttata tra le pagine a capofitto. Un po' delusa dalla tematica, non essendo io grande fan del calcio, e per un attimo mi sono chiesta: "Giorgio, ma se tu scrivi thriller, perché stiamo parlando di calcio? Chi uccide chi?"
Faletti, in questo caso, parla di mistero. Un racconto molto breve dove indaga una delle pratiche più diffuse nel mondo del pallone (e in generale, di tutti quegli sport che poi vengono seguiti in grande massa): le partite truccate.
Il suo stile rimane secco, l'ambientazione di una cittadina italiana appena accennata, così come le descrizioni dei personaggio: Faletti arriva sempre al dunque, rompendo la narrazione proprio dove va rotta così da far scaturire nel lettore la voglia di continuare. E continuare. E continuare.
È davvero un peccato che stia praticamente esaurendo la sua arte.
Iniziato e finito lo stesso giorno. Questo libro lo avevo in libreria da una vita, regalo di qualche catalogo di euroclub, mi aveva sempre attirato ma non avevo mai deciso di iniziarlo. Oggi non sapevo cosa fare. Ho letto le prime 3 pagine È stato amore a prima vista. Mi ha colpito da subito e non sono riuscita a metterlo giù. Sarà perché mi piace lo sport e in particolare il calcio, sarà perché riesco a immaginarmi benissimo l'ansia, l'eccitazione prima di una partita del genere, che unisce una città intera e il solo immaginare che un giocatore, una bandiera ancor di più, possa pensare di vendere una partita mi fa male, malissimo. Quella rivelazione al capitolo 2 mi ha steso. Mi ha fatto sentire come essere schiaffeggiata, prima a destra e poi a sinistra. Poi un crescendo, di adrenalina, ansia per quello che deve affrontare Silvano (grande personaggio, costruito benissimo in sole 140 pagine). E il finale, scioccante.
Ho sempre immaginato che Giorgio Faletti fosse un grande, ma non avevo mai letto nulla di suo. Rimedierò sicuramente.
Un breve racconto sul mondo del calcio, di cui l'autore non si dichiara appassionato, anzi, sceglie questo tema proprio come sfida verso se stesso. Un ex pugile, con un periodo di galera alle spalle, lavora ormai da anni come addetto ai materiali per una squadra di calcio di serie B. Nonostante la brevità i personaggi sono ben congeniati e del protagonista viene mostrato il lato familiare, la sua storia, la difficoltà nella vita dopo la prigione, a cominciare dal rapporto con il figlio. Tutto si svolge nel tempo di una partita, quella per la quale la squadra si gioca la promozione in serie A. Più che il gioco in se e l'adrenalina della partita e della sua importanza, lo sguardo è puntato sul marcio di questo sport, che ormai più che tale è una macchina per far soldi. L'autore non fa sconti, forse proprio grazie al suo poco amore, o meglio disinteresse, per il calcio. E' un racconto breve ma si legge con piacere; Faletti riesce a creare la giusta curiosità, adattando forma e parole ad un racconto molto lontano dai thriller cui ci ha abituato.
Premetto che è il primo libro di Faletti che leggo e quindi non posso generalizzare ma da un re delle vendite come lui mi aspettavo ben altro libro. Prima di tutto devo dire che se uno non è addentro al mondo del calcio non capisco perché decida di scrivere un giallo che in questo mondo si svolge. Già la trama è debole, se poi ci si aggiungono passaggi assolutamente inverosimili non può che emergerne una storia che nel calcio (e nella vita) mai e poi mai potrebbe esistere. E poi la scrittura, i dialoghi, i personaggi: tutto decisamente "povero", poco caratterizzato, con un linguaggio che a tratti sembra da libricino per le scuole medie. Tre stelle giusto perché risulta veloce da leggere ma i gialli sono un'altra cosa!
Più che un libro è un racconto che in tutta onestà avrei preferito trovare all'interno di una raccolta di racconti dello stesso autore. La storia è abbastanza semplice, tutto si incentra su una partita di calcio truccata, o meglio nel tentativo di truccare quella partita da parte di alcuni giocatori all'interno di una delle due squadre. Il racconto scorre facilmente e nel giro di due ore massimo lo si riesce a concludere. Scrittura semplice e comprensibile facilita la lettura stessa. In definitiva un peccato perchè ampliando alcune parti, il racconto poteva essere molto più interessante. L'unica cosa che mi è davvero piaciuta è la sensazione di cupezza mista a tristezza che il protagonista trasmette.
Aspetto positivo: è scritto decisamente bene. Pur non avendo ancora letto nulla di Faletti, me lo aspettavo vista la fama che lo precede. E le aspettative in questo sono state confermate. Le note dolenti riguardando la trama in sè e la sua costruzione. I toni vogliono essere molto seri ma in realtà la storia si presenta come molto semplice e il suo sviluppo come destinato a svolgersi in un tempo molto limitato (una partita di calcio, come poi si evince dal titolo). La pesantezza di cui viene caricata la narrazione e le tematiche che tratta (giri di scommesse) non trovano però a mio parere coerenza con l’evoluzione della storia dal momento in cui il protagonista prende il posto dell’allenatore e con il modo in cui poi si risolvono tutte le questioni centrali (si potrebbe dire a tarallucci e vino). Non è realistico quello che riesce a fare il protagonista così come non ha un vero senso, o quanto meno una fondatezza, il modo in cui tutto finisce per il meglio: uno degli aspetti principali, ad esempio, è la reazione del figlio: perché dacché minacciava il padre di non intervenire, nel momento in cui poi lui non lo ascolta e fa l’esatto opposto mandando a monte i suoi piani di arricchirsi, il ragazzo addirittura ringrazia il padre e torna a voler vivere con lui?? (voglio dire, ha venduto macchina e case per questo accordo… cosa fa cambiare il tutto??). Insomma vi sono secondo me diversi buchi di trama, corredati da un finale che pur di creare l’ultimo colpo di scena risulta come l’ennesima scelta narrativa forzata.
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Faletti cambia ancora genere, ma il modo di scrivere è lineare e chiaro, preciso che sa dove mirare, insomma a me piace. La cosa che mi ha fatto sorridere è stata che il protagonista mentre osserva la libreria di Rosa si scopre piacevolmente merivigliato che all'interno non ci sia nemmeno un thriller... vuoi che l'autore si sia pentito o stancato di questo genere? Forse perchè quando si ottiene tanto successo con un libro come lui ha ottenuto con "Io uccido", è difficile poi soddisfare le aspettative?
Durante le prime cinquanta pagine c'è un momento d assestamento dove devi capire l'andamento della storia, il ruolo dei protagonisti e la storia che gira intorno ad essi. Purtroppo con l'andare avanti della storia il possibile svolgimento che mi aspettavo non è arrivato. Credo che per unx appassionatx di calcio potrebbe essere un libro carino perché comunque come storia è abbastanza scorrevole, non consigliato per chi non interessa il genere romanzo-sportivo.
Continuo a fissare la foto e le parole di Fabio si perdono. La figura, quella faccia tesa e quell'urlo imprigionato nella carta sembrano ingigantireinsieme alle cose che mi porto dentro. Anche io ho un urlo in me che non potrà mai diventare suono. Quel giocatore, il simboli della squadra, il punto di riferimento in campo, oggi ha deciso di vendere la partita. E la cosa peggiore è che il grinta in realtà si chiama Roberto Masoero. Mio figlio.
This is the first book I've read from Italian author Giorgio Faletti. The story is about a local soccer club's senior low level staff, whose son happens to be the club's best player and hope to reach the 1st division ever. However, the father with a past haunting him must make difficult decisions to save his son from a life time mistake he's done in the past.
The story is straight forward, simple, quick and easy to read.
Semplice ma non banale. Lo svolgimento è efficace (anche se non necessariamente plausibile) e il personaggio principale è ben disegnato. Ho molto apprezzato l'edizione audio (pino Insegno) che contribuisce non poco al ritmo del racconto e alla profondità del protagonista. Le critiche mi sembrano un po' eccessive: non è un'opera eccelsa ma molto più che sufficiente lo è senz'altro
Lettura immersiva. Alcuni elementi, certo, tirati per i capelli, ma sono rimasto incollato dall'inizio alla fine. Se questo romanzo fosse un videogioco, sarebbe uno di quelli in cui la visuale è quella del personaggio che stai utilizzando, hai presente? Ecco, leggendo questo libro mi sono sentito così, nei panni del protagonista.
Ho comprato questo libro con molte aspettative, dopo aver letto “Io Uccido” non mi aspettavo di leggere un libro così scarso. Devo dire che la scrittura di Faletti a me piace e anche in questo caso ci sono stati momenti di piacere, ma la storia e gli avvenimenti che caratterizzando questo libro non li ho trovati sensati.
Come sempre i libri di Faletti non tradiscono mai, e anche questo si distingue per impianto, storia e modo di raccontare. Scritta magnificamente, la storia di Silver ti agguanta sin dalle prime batture per avvincerti fino alla fine. Bellissimo.