La virilità ha avuto un ruolo particolarmente importante nell'immaginario politico dell'Italia contemporanea. "Inventato" per proteggere la mascolinità tradizionale in un'epoca di grandi trasformazioni, dall'ultimo Ottocento il virilismo è stato un pilastro retorico delle culture nazionaliste, imperialiste, autoritarie e razziste. È anche grazie alla rilevanza politica della virilità, quindi, e alla sua associazione storica con i principi di gerarchia, forza e autorità, che se ne possono comprendere l'incisività e la persistenza straordinarie, soprattutto nella cultura italiana. Negli ultimi decenni, tuttavia, sempre più questo modello virilista è apparso evanescente e screditato. Ma è possibile considerare oggi davvero conclusa la sua storia?
Sandro Bellassai, docente di Storia sociale e culturale all'università di Bologna, esamina la virilità dal punto di vista storico, sociale e politico. Inizia dal rimodellamento in chiave moderna in atto alla fine dell'Ottocento per proseguire con la retorica virile propria del colonialismo e del fascismo, fino al declino irreversibile della tradizione patriarcale negli anni del boom economico. Dall'enfasi sull'aggressività e la forza si passa all'affermazione del maschio nell'ambito lavorativo, e la sua impronta si misura nel successo raggiunto. Un breve excursus nel cinema e nella letteratura degli anni Sessanta ci guidano verso le "agonie terminali" e la crisi vera e propria dell'ideale virile, sconfitto e integrato dal femminismo radicale degli anni Settanta, poi eclissato e minacciato dallo stereotipo della donna in carriera. Ed eccoci giunti all'oggi, dove il virilismo è tutto virtuale e pura messa in scena. Un saggio interessante, ma forse troppo schematico per i miei gusti.