Quando gli immigrati eravamo noi, espatriavamo illegalmente a centinaia di migliaia, ci linciavano come ladri di posti di lavoro, ci accusavano di essere tutti mafiosi e criminali. Quando gli immigrati eravamo noi, vendevamo i nostri bambini agli orchi girovaghi, gestivamo la tratta delle bianche, seminavamo il terrore anarchico ammazzando capi di Stato e poveri passanti ed eravamo così sporchi che ci era interdetta la sala d’aspetto di terza classe. Quando gli immigrati eravamo noi, ci pesavano addosso secoli di fame, ignoranza, stereotipi infamanti. Quando gli immigrati eravamo noi, era solo ieri. In questo affresco, aggiornato e rivisto anche nel sottotitolo perché gli “albanesi” presi allora a modello dei pregiudizi razzisti si sono poi inseriti meglio di altri dimostrando quanto questi pregiudizi possano essere sbagliati, Gian Antonio Stella ricostruisce con fatti, personaggi, avventure, documenti, aneddoti, storie ignote, ridicole o sconvolgenti, l’altra faccia della grande emigrazione italiana. Quella che meglio dovremmo conoscere proprio per capire, rispettare e amare ancora di più i nostri nonni, padri e madri, spesso “perdenti” che partirono. Quella che abbiamo rimosso scegliendo di ricordare solo gli “zii d’America” arricchiti e vincenti. Una scelta fatta per raccontare a noi stessi, in questi anni di confronto con le “orde” di immigrati in Italia e di montante xenofobia, che quando eravamo noi gli immigrati degli altri, eravamo “diversi”. Eravamo più amati. Eravamo “migliori”. Non è esattamente così.
L'esercizio della memoria è sempre utile, per ricordarci che quelli (gli stranieri, profughi, extracomunitari) che oggi disprezziamo sono lo specchio di quello che noi (italiani) eravamo ieri. Interessante l'approfondimento sugli anarchici italiani negli Stati Uniti. Avvilente. Non per le quattre pezze al culo che come italiani abbiamo portato in giro per il mondo, e neanche per l'infimo grado di considerazione che gli altri Paesi ci hanno sempre dedicato quando emigravamo (negli USA eravamo due gradini sotto agli Irlandesi e ai Polacchi), quanto per la constatazione che oggi giustifichiamo i noi stessi passati e presenti con la motivazione-madre-di-tutte-le-motivazioni "si, ma noi ci andavamo per lavorare". Dimenticando che siamo stati esportatori prima e imprenditori poi del nostro prodotto più conosciuto e popolare dopo la pizza, la mafia.
La feccia dei pianeta, questo eravamo. Meglio: così eravamo visti. Non potevamo mandare i figli alle scuole dei bianchi in Louisiana. Ci era vietato l'accesso alle sale d'aspetto di terza classe alla stazione di Basilea. Venivamo martellati da campagne di stampa indecenti contro «questa maledetta razza di assassini». Cercavamo casa schiacciati dalla fama d'essere «sporchi come maiali». Dovevamo tenere nascosti i bambini come Anna Frank perché non ci era permesso portarceli dietro. Eravamo emarginati dai preti dei paesi d'adozione come cattolici primitivi e un po' pagani. Ci appendevano alle forche nei pubblici linciaggi perché facevamo i crumiri o semplicemente perché eravamo «tutti siciliani».
DOVREBBERO RENDERLO TESTO SCOLASTICO NELLE MEDIE E SUPERIORI
L’Orda di Gian Antonio Stella racconta l’odissea dei migranti italiani nell’ultimo paio di secoli. Un viaggio in pezzi di storia dimenticati, quando non occultati. Un libro che consiglio a tutti. In particolare a quella “brava gente” che non manca di provare senso di indignazione e disprezzo nel vedere inserita nella propria comunità persone di altre etnie, altre culture, o che credono in un Dio diverso. Lo consiglio a quella “brava gente” che all’occasione non manca di sputare sentenze e stereotipi idioti contro intere comunità: «Incivili, ladri, violentatori, terroristi dentro. Tutti uguali!». Infine lo consiglio ai seminatori di odio, quella “brava gente” che non disdegna di cavalcare il delirio xenofobo per la propaganda elettorale e per accaparrarsi brandelli di potere.
Cito dall’introduzione:
«Nessuna confusione. Una cosa è la legittima scelta di un paese di mantenere la propria dimensione, le proprie regole, i propri equilibri, un’altra giocare sporco sui sentimenti sporchi dicendo come Umberto Bossi che «nei prossimi dieci anni porteranno in Padania 13 o 15 milioni di immigrati, per tenere nella colonia romano-congolese questa maledetta razza padana, razza pura, razza eletta». Una cosa è sbattere fuori quei musulmani che puntano al rovesciamento violento della nostra società, un’altra spargere piscio di maiale sui terreni dove dovrebbe sorgere una moschea. Una cosa irrigidire i controlli sugli albanesi che ormai rappresentano un detenuto su tre fra gli stranieri rinchiusi nelle carceri italiane, un altro dire che tutti gli albanesi sono ladri o papponi. Vale per tutti, dall’Australia alla Patagonia. Ma più ancora, dopo decenni di violenze e stereotipi visti dall’altra parte, dovrebbe valere per noi. Che dovremmo ricordare sempre come l’arrivo dei nostri emigrati coi loro fagotti e le donne e i bambini venisse accolto dai razzisti locali: con lo stesso urlo che oggi campeggia sui nostri muri. Lo stesso urlo, la stessa parola. Quella che prende alla pancia rievocando i secoli bui, la grande paura, i barbari, Attila, gli Unni con la carne macerata sotto la sella: l’orda.»
I finally finished this book written in Italian. As a student of Italian, some of my Italian friends suggested I read it. Since my grandparents were all Italian immigrants of the era described in the book it seemed a good idea.
I don't question the scholarship of Sr. Stella but I must say his book became quite repetitive after a while. He tends to come back to the same incidents in history over and over again (from different perspectives but they are the same incidents) which make the book tiresome at times.
Furthermore, he describes in vivid detail the stereotypes of Italians and Italian immigrants to various countries but never brings to the table anything which would disprove or discount those stereotypes. Perhaps, if you are an Italian reader, some of the background today would be more obvious but to a foreign reader, there is nothing presented which counterbalances the negatives. Plus, his appendices only make matters worse but focusing on the negatives about Italians at the time. It is difficult to understand what his intent was. If it was only to catalogue the hate and killings and discrimination against Italians of the exodus, he might have done it. If he wanted to show the stereotypes were wrong, he didn't do that.
It was a good book but I ended up a little disappointed in the book.
Un libro che racconta l’odio feroce con cui sono stati accolti gli italiani all’estero ma anche di con che facilità siamo stati allo stesso tempo vittime e carnefici di noi stessi, vendendo i nostri bambini a sfruttatori, predatori sessuali, crumiri. Un saggio sicuramente crudo e crudele per molti aspetti , da leggere a più riprese. Anche la famosa cucina italiana che sbandieriamo sempre come oggetto di invidia qui diventa un elemento svilente, caratterizzato da zaffate di aglio che rendono l’aria irrespirabile. Un libro che molti dovrebbero leggere, soprattutto quelli che ora utilizzano lo stesso disgustoso atteggiamento verso chiunque non sia “italiano vero”. Dimenticando come pochi decenni fa non fosse assolutamente considerato un vanto al di fuori dei nostri ristrettì limiti geografici e mentali.
Umiltà. E prima di giudicare i disperati che approdano sulle nostre coste, voltarsi a guardare e ricordare i pogrom americani e australiani contro le comunità di immigrati italiani nell'800. Il lavoro durissimo e malsano in miniere e saline. I bambini nelle vetrerie belghe, che tornavano tisici dopo anni di sfruttamento. La tratta delle bianche, con le italiane nei bordelli d'Egitto. I clandestini che migravano illegalmente passando le Alpi. I pregiudizi sugli italiani, soprattutto se meridionali: tutti sanguinari dal coltello facile, analfabeti e lombrosianamente idioti. I quartieri miserabili e sporchi, i giacigli sui transatlantici infestati di insetti.
Tutto ciò da cui prendiamo le distanze, a volte con le accuse: l'abbiamo già vissuto. ERAVAMO NOI.
Un libro che avrebbe molto da insegnare.. Soprattutto in periodi come questi, non dovremmo mai dimenticare che anche noi siamo stati "gli altri". Non accettati, allontanati, ghettizzati, per colpa delle nostre abitudini e delle nostre tradizioni. Riusciremo ad essere migliori?
Uno dei migliori libri dell'autore. Libro che fa pensare, fa arrabbiare e da emozioni. Contiene dati storici importanti alcuni di questi nascosti dai vari paesi dove avvenivano i delitti. Un testo che non ha tempo ed andrebbe letto nelle scuole per insegnarci a rispettare gli stranieri.
Un'interessante inversione di prospettiva rispetto al fenomeno migratorio. E quando i migranti eravamo noi? Interessante l'intento, ma a volte un po' troppo mistificante.