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352 pages, Paperback
First published May 30, 2017
“…we both began to realize that storytelling itself—bearing witness, in vivid and clear language, to things personally seen and incidents encountered—has the power to engage the attention of people who, like us, have long since given up paying attention, or have simply given up.”The stories are absorbing and diverse and really give us an idea what life has been like, and is like now, for Palestinians. An international cast of writers, Geraldine Brooks, Colm Tóibín, Madeleine Thien, Dave Eggers, Anita Desai, among many others, have each looked, thought, and written their experience. It is exhilarating, infuriating, surprising, and meaningful. We learn new things. We see what they have seen. Injustices are recognized, spoken, acknowledged. And the writing, well, it is everything we anticipated.
“The soldier roused himself from his torpor long enough to shrug one shoulder elaborately and give Sam Bahour a look in which were mingled contempt, incredulity, and suspicion about the state of San’s sanity. It appeared to have been the stupidest, most pointless, least answerable question anyone had ever asked the soldier…[he] had no idea why he had been ordered to come stand with his gun and his somnolent young comrade at this particular fork in the road on this particular afternoon, and if he did, the last person with whom he would have shared this explanation was Sam…”Encountering the young soldiers completely derailed Sam Bahour and Chabon’s plans, apparently so common an occurrence that another incident of it just added to the indignities and humiliations suffered daily by Palestinians, even Palestinians who have gained some stature in the community. But look also what the circumstance has done to the Israeli soldiers. They are stupid with boredom at their post, and have learned to treat Palestinians as lesser beings. They are likewise suppressing their natural human dignity and are trashing the social contract humans have with one another. This isn't war, remember, or so they've told us.
‘In the end we will remember not the words of our enemies, but the silence of our friends.’
Martin Luther King
“I am speaking as a son of an Auschwitz graduate,” says Rami. “Seventy years ago they took my grandparents to the ovens in Europe. And the world did not lift a finger. And today, seventy years later, while we are massacring each other, the world keeps standing aside. This is a crime! I cannot say it loud enough. This war is a crime against humanity. And standing aside while this crime is being committed is also a crime. Now I don’t ask of people to be pro-Israeli, or to be pro-Palestinian. I demand of them to be pro-peace, to be against injustice, and against this ongoing situation in which one people is dominating another. My personal message is that as a Jew—a Jew with the utmost respect for my people, for my tradition, for my history—ruling and oppressing, and humiliating, and occupying millions and millions of people for so many years, without any democratic right, is not Jewish. Period. And being against the war is not anti-Semitism of any shape or form.”


«Breaking the Silence è formata da soldati israeliani che hanno prestato servizio nei territori occupati. Siamo combattenti che negli ultimi cinquant’anni hanno applicato le politiche dei vari governi israeliani nei territori occupati. Abbiamo messo in atto tecniche militari aggressive per controllare la popolazione. Abbiamo costretto con la forza milioni di persone a sottomettersi. Le abbiamo private dei loro diritti fondamentali, della loro libertà e della possibilità di decidere del proprio destino.
Rompere il silenzio è per noi una reazione inevitabile di fronte alla violenza e all’immoralità di cui siamo stati testimoni e protagonisti. È una protesta etica personale, una protesta civile. Rompere il silenzio, per noi, significa assumerci la responsabilità delle nostre azioni, significa chiedere a gran voce che le cose cambino. Ed è un’espressione di amore per la nostra patria e di profondo timore per il suo futuro.
La nostra lotta è iniziata nel giugno del 2004, quando più di sessanta ex soldati hanno organizzato una mostra di foto e di testimonianze che raccontavano il loro servizio nei territori palestinesi occupati, in particolare nella città di Hebron. La mostra suscitò una bufera in Israele e portò alla nascita dell’organizzazione Breaking the Silence, impegnata a combattere l’occupazione mediante la pubblicazione di testimonianze degli stessi soldati israeliani incaricati di gestirla sul campo. Si tratta sempre di esperienze in prima persona. Descriviamo le cose che abbiamo visto, le cose a cui abbiamo preso parte e la realtà quotidiana a cui abbiamo assistito, una realtà fatta di continue violazioni dei diritti umani e della libertà dei palestinesi residenti in Cisgiordania e a Gaza.
Negli ultimi dodici anni Breaking the Silence ha intervistato più di mille soldati che hanno prestato servizio nei territori occupati e ha pubblicato le loro testimonianze.*
Il silenzio riguardo all’immoralità congenita al regime di occupazione – che opprime la società palestinese e al contempo inquina la società israeliana – è diffuso in Israele israeliana e, in una certa misura, in tutta la comunità internazionale. Attraverso questo libro, scrittori di tutto il mondo hanno unito le mani e i cuori con Breaking the Silence in un atto di testimonianza, da una posizione di impegno condiviso rispetto ai valori di giustizia, moralità, uguaglianza e diritti umani. I saggi di questo volume si possono quindi considerare una collezione di testimonianze, storie sulla realtà dell’occupazione raccolte da chi l’ha vista di persona e ha scelto di non restare in silenzio.
Le testimonianze di questi autori e delle persone incontrate durante il loro soggiorno nei territori occupati sono naturalmente molto diverse da quelle che Breaking the Silence pubblica di solito.
Il progetto di Breaking the Silence di raccogliere anno dopo anno le testimonianze, e il tema della condivisione dei vissuti che percorre le pagine di questo libro, vengono da direzioni differenti: i testimoni della nostra associazione descrivono innanzitutto e soprattutto le loro esperienze personali di soldati incaricati di mantenere e applicare sul campo l’occupazione. Tramite queste voci facciamo luce sui metodi di azione delle Forze di difesa israeliane, l’istituzione che realizza la politica del governo di Israele nei territori occupati. Nel nostro libro, Our Harsh Logic: Israeli Soldiers’ Testimonies from the Occupied Territories, 2000-2010, abbiamo raccolto un’ampia serie di testimonianze, oltre a un’analisi dei metodi delle Forze di difesa e dei meccanismi per sostenere e consolidare l’occupazione.
I saggi raccolti in questo libro hanno natura diversa dalle testimonianze presenti in Our Harsh Logic. Sono opera di scrittori, personalità letterarie perlopiù estranee alla regione, molte delle quali avevano trascorso poco tempo nei territori occupati prima di questa visita, o che non ci erano mai state. Inoltre, durante la loro permanenza, gli autori si sono concentrati innanzitutto sulle storie delle persone che vivono sotto l’occupazione, anziché di quelle inviate per mantenerla. Ma questi saggi e le testimonianze di Breaking the Silence condividono l’obiettivo di raccontare la verità su ciò che sta accadendo nei territori occupati, di opporsi all’occupazione denunciando – attraverso un filo narrativo diretto e personale – le ingiustizie che stanno accadendo laggiù.
Come per le testimonianze raccolte da Breaking the Silence, consideriamo le storie comprese in queste pagine non come semplici resoconti, ma piuttosto come azioni a tutti gli effetti, azioni che hanno il potenziale per cambiare la realtà politica.
Non siamo degli ingenui. Ci rendiamo conto che l’occupazione israeliana è ben documentata fin dal principio o quasi e che l’informazione – comprese le migliaia di dichiarazioni rilasciate dai testimoni della nostra organizzazione – è disponibile a qualunque esponente della comunità internazionale dotato di un accesso a Internet. Eppure speriamo che questo libro e la raccolta di testimonianze che ne è il fondamento possano toccare e mobilitare i lettori, nella società israeliana e in tutto il mondo, per fare quanto necessario a na collezione di testimonianze, storie sulla realtà dell’occupazione raccolte da chi l’ha vista di persona e ha scelto di non restare in silenzio.
Le testimonianze di questi autori e delle persone incontrate durante il loro soggiorno nei territori occupati sono naturalmente molto diverse da quelle che Breaking the Silence pubblica di solito.
Il progetto di Breaking the Silence di raccogliere anno dopo anno le testimonianze, e il tema della condivisione dei vissuti che percorre le pagine di questo libro, vengono da direzioni differenti: i testimoni della nostra associazione descrivono innanzitutto e soprattutto le loro esperienze personali di soldati incaricati di mantenere e applicare sul campo l’occupazione. Tramite queste voci facciamo luce sui metodi di azione delle Forze di difesa israeliane, l’istituzione che realizza la politica del governo di Israele nei territori occupati. Nel nostro libro, Our Harsh Logic: Israeli Soldiers’ Testimonies from the Occupied Territories, 2000-2010, abbiamo raccolto un’ampia serie di testimonianze, oltre a un’analisi dei metodi delle Forze di difesa e dei meccanismi per sostenere e consolidare l’occupazione.
Siamo grati ai curatori di questo libro, Ayelet Waldman e Michael Chabon, a Mario Vargas Llosa, che ha dato il suo sostegno al progetto nella sua fase nascente, a tutti gli autori che vi hanno partecipato e alle molte persone – palestinesi e israeliane – che vi hanno contribuito, alcune delle quali sono citate nei saggi stessi o nei ringraziamenti, mentre altre no. Siamo grati a tutti coloro che si sono impegnati a testimoniare questa realtà, da vicino o da lontano, a rompere insieme a noi il silenzio, a sfidare l’occupazione e a lottare per un futuro migliore per israeliani e palestinesi.»
Breaking the Silence