Mentre vive, Vincenzo Malinconico cerca di capire come la pensa. Per questo discetta su tutto, benché nessuno lo preghi di farlo. Abilissimo nell'analizzare i problemi ma incapace di affrontarli, dotato di un'intelligenza inutile e di un umorismo autoimmune, si abbandona alla divagazione filosofica illuminandoci nell'attimo in cui ci fa saltare sulla sedia dal ridere. Malinconico, insomma, è la sua voce, che riduce ogni avventura a un racconto infinito, ricco di battute fulminanti e di digressioni pretestuose e sublimi. Puri gorgheggi dell'intelletto. Questa volta Vincenzo e la sua voce sono alle prese con due ordini di eventi: il risarcimento del naso di un suo quasi-zio, che in un pomeriggio piovoso è andato a schiantarsi contro la porta a vetri di un tabaccaio; e la causa di separazione di Veronica Starace Tarallo, sensualissima moglie del celebre (al contrario di Malinconico) avvocato Ugo Maria Starace Tarallo, accusata di tradimento virtuale commesso tramite messaggini, che Tarallo (cinico, ricco, spregiudicato e cafone) vorrebbe liquidare con due spiccioli. La Guerra dei Roses tra Veronica e Ugo coinvolgerà Vincenzo (appartenente da anni alla grande famiglia dei divorziati) molto, molto più del previsto. E una cena con i vecchi compagni di scuola, quasi tutti divorziati, si trasformerà in uno psicodramma collettivo assolutamente esilarante. Perché la vita è fatta anche di separazioni ricorrenti, ma lo stile con cui ci separiamo dalle cose, il modo in cui le lasciamo e riprendiamo a vivere, è - forse - la migliore occasione per capire chi siamo. E non è detto che sia una bella scoperta.
Diego De Silva, scrittore, giornalista e sceneggiatore, è nato a Napoli nel 1964. Il suo romanzo "La donna di scorta" (1999) è stato finalista del premio Montblanc, "Certi bambini" (2001) è stato selezionato per il premio Campiello e "Non avevo capito niente" (2007) ha vinto il premio Napoli ed è stato finalista al premio Strega. Da "Certi bambini", la crudele storia di un ragazzo di strada assoldato come killer dalla camorra, è stato tratto nel 2004 l'omonimo film diretto dai fratelli Frazzi, vincitore di numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali, fra i quali l'Oscar europeo e due David di Donatello. Molti suoi racconti sono apparsi in svariate antologie, fra le quali "Disertori e Crimini". Dal racconto "Il covo di Teresa", in particolare, nel 2006 è stato tratto un film tv interpretato da Lina Sastri per la regia di Stefano Sollima. Con Antonio Pascale e Valeria Parrella ha firmato lo spettacolo teatrale "Tre terzi", interpretato da Marina Confalone e diretto da Giuseppe Bertolucci. Tra i suoi ultimi lavori si ricordano i romanzi "Sono contrario alle emozioni" e "Mancarsi". Oltre a scrivere per il cinema, la tv e il teatro, De Silva collabora al quotidiano "Il Mattino". I suoi libri sono tradotti in Inghilterra, Francia, Spagna, Germania, Olanda, Portogallo e Grecia.
giuro che questa era davvero l'ultima volta. e le due stelle e mezzo sono prima di tutto per me che dico dico e poi ci ricasco puntualmente, e ben mi sta. è che tornava il personaggio di malinconico, e avevo voglia di sorrisi e arguzie sparse, e verso gli italiani (registi, scrittori, politici considerando che ancora mi ostino a votare) ho una buona disposizione che spesso sopravvive all'evidenza. e insomma diego i vorrei che tu vincenzo ed io. ma proprio no: l'incantamento che ci aveva preso s'è rotto parecchio tempo fa, e il divorzio sarà a questo punto il nostro ma con lo stile (ripetitivo) tuo. perché sono anche piacevoli le bislacche divagazioni sulla precarietà della vita, tirate su dall'avvocato - per l'appunto precario - più celebre del paese. ma vanno bene la prima, la seconda, facciamo pure la terza variazione sul tema. poi la consumata presenza di spirito diventa consumata e basta. leggendo non sono riuscita a non pensare a quegli uomini che hai amato per il fascino dell'incompiutezza e la disarmante ironia. e poi te li ritrovi a una cena anni dopo, e niente niente si sono scuriti i capelli e recitano il se stessi che erano. ecco questo è un romanzo coi capelli tinti. malinconico di fatto molto prima che di cognome. adieu.
Mi piace leggere avendo le labbra costantemente increspate da un sorriso. E più ancora quando il sorriso sconfina in una risata. Come p.e. quando, in riferimento al tema "amore", ecco il ripasso, dissacrante, di alcuni cantanti (e relative "canzonette", rock e pop) tipo i Queen, Ian Dury, Stefano Rosso, I Santo California, Il Giardino dei Semplici, Laura Pausini, Mina, Ornella Vanoni, Patty Pravo, Renato Zero... 🎶🎶🎶😂😂😂 ahhhh! Ironia allo stato puro, secondo lo stile ormai collaudato di De Silva, con situazioni e personaggi così paradossali da stentare a crederci, eppure così reali, così... veri. Il capitolo della rimpatriata degli ex liceali è semplicemente pura arte cinematografica!!! I personaggi, gli atteggiamenti, le movenze, le espressioni, i gesti, le parole, i dialoghi... una lunga e perfetta scena dopo un solo 🎬. E io lì a 😂😂😂. Ma ci sono anche delle chicche "serie", tipo: «L'amore è questa cosa qui, facile facile: rendere felici chi ami.», che ti alleggeriscono il cuore. Oppure: "Una giornata di sole ti ricorda che la vita è bella." (Sospiro... Ti prego, non mi fare il romantico, Vince'...)
E che carino leggere, quasi buttato lì a caso, un "velato" riferimento al «famoso commissario napoletano degli anni Trenta che sente le voci dei morti nell'ultimo istante di vita» (De Giovanni impera!).
La causa di divorzio? Beh... a volte le cose della vita si nascondono dietro un brindisi coi bicchieri pieni d'acqua...
E niente... Ora che l'ho finito, sento che Vincenzo Malinconico (colui che "funziona per contagio"), di professione avvocato, già mi manca. Ancora sorrido, certo... ma mi manca.
Un'ultima cosetta, poi lascio (è in quarta di copertina, ma mi piace assai e voglio fissarla qui): «Le volte in cui mi capita di avere ragione, sono sempre solo.» A chi lo dici...
È ufficiale: l'avvocato Malinconico non è più sfigato. Anzi, quasi quasi è diventato fortunato e apprezzato da (quasi) tutti, alla faccia di chi dice che è un perdente. Si ride parecchio come sempre, anche grazie ad altri personaggi di contorno altrettanto spassosi; ma a me piaceva un po' più prima...
Ho il sospetto di averlo già letto in passato ma, dalla precisina che sono, dovrei ritrovarlo già nel mio database, e così non è. Insomma, forse è lui che si ripete; forse è quell'insieme di situazioni presenti anche nei romanzi-guide-legali di Ester Viola. E' anche quell'onnipresenza del modulo piacione: i mobili Ikea chiamati per nome, la satira dell'alta borghesia napoletana, gli equivalenti narrativi del "succede solo a me?" (spoiler: ovviamente no), le donne "stupendissime" che corrono dietro al maschio complessato, la parola "cretino" ripetuta diecimilaquattrocento volte, fatto sta che speravo meglio.
Il primo libro di De Silva che leggo e, di conseguenza, il primo incontro con l'avvocato Malinconico. Un personaggio che mi ha conquistata sin dall'inizio per le sue ironiche e pungenti (auto)analisi. De Silva mantiene viva l'attenzione del lettore lungo l'intero romanzo non tanto grazie ai colpi di scena (la trama non è certamente il principale punto di forza del libro), bensì, puntando sull'eloquio e sulla brillante resa stilistica del flusso di coscienza del protagonista. Situazioni divertentissime descritte con un tono ancor più divertente. Corro a procurarmi gli altri!
Per non aver mai letto nulla di De Silva prima d'ora, questo libro si è presentato piuttosto brillante, ma già da pagina 50 ha iniziato a deludermi. La storia è quello che è, un avvocato un po' sfigato e maldestro se ne vede capitare di ogni, e ha tra le mani il caso del "divorzio del secolo", a lui affidato. Come non innamorarsi della neo-separata Veronica Starace Tarallo, bella come una dea... Troppi luoghi comuni per i miei gusti, dall'italiano dalla separazione facile, al mondo femminile sempre sospeso tra l'insoddisfazione e l'opportunismo, all'avvocato sempre di corsa e indaffarato in mille udienze. E poi troppe parolacce, del tutto superflue.
È tornato Malinconico, con la sua diciamo verve, la sua brillantezza, il suo sarcasmo, la sua ironia, autoironia e il suo culo sfacciato. Rispetto a “Sono contrario alle emozioni” e “Mia suocera beve”, finalmente, si rivede una trama che stavolta però non fa solo da bastone per i pensieri dell’avvocato. Evaso questo primo brevissimo parere, questo quarto volume mi riserva non solo una lieve tristezza finale, ma anche un po’ di invidia e mecojoni sparsi che vi spiegherò meglio dopo i due punti: ma è per caso possibile che ad un’ameba quale Vincenzo Malinconico piovano occasioni imperdibili anche se vive con le mani in mano? E soprattutto, se nel primo l’avvocato era il portabandiera di tutti poveri noi sfigatini a disagio con le emozioni, con il nostro futuro e con le figuracce, a questo giro rappresenta il liceale bruttacchiolo e ingenuo conscio dei suoi limiti e contento di quello che ha che però è palesemente e immeritatamente baciato da una dose di culo (come vuole l’ultimo avverbio) di cui noi poveri fan di “Non avevo capito niente” non godiamo mai.
Non vorrei peccare di troppo entusiasmo, ma questo nuovo incontro con l’avvocato Vincenzo Malinconico mi ha divertito molto. Disincantato, un po’ imbranato, sempre fuori tempo, filosofo di quella filosofia spicciola che ti fa chiedere il perché di tutti i comportamenti umani e dei fenomeni sociali, Malinconico è alle prese stavolta con una causa di divorzio dall’esito inatteso. Intorno a lui e all’affascinante Veronica “Basta” Tarallo, si muove una corte di personaggi al limite del surreale, tra cui spiccano il collega Benny e il coinquilino di studio Espe. Tra risate (ho riso davvero tanto e neanche fra me e me) e riflessioni, ho letto questo romanzo con la sensazione di avere a che fare con qualcuno che su molte cose la pensa come me (ad esempio sui messaggi vocali di whatsapp). Consigliato caldamente.
Sono stato indeciso tra le 3 e le 4 stelle, ma decido per il rating inferiore perché non è la prima volta che, pur trovando piacevole la lettura dei romanzi di Diego De Silva, quando li chiudo per l'ultima volta mi resta l'impressione che manchi qualcosa. È successo anche con questo "Divorziare con stile". Forse c'è troppa leggerezza, forse c'è troppa borghesia protagonista, forse c'è poca armonia tra lo scorrere della storia e le parti in cui De Silva si dedica a considerazioni meno banali... fatto sta che resto sempre un po' insoddisfatto. Per capirci, è la stessa sensazione che provi quando stai finendo le tue patatine fritte e qualcuno si accaparra le ultime tre: hai goduto, ma non fino in fondo.
Non ci posso fare nulla, a me Diego De Silva, piace moltissimo e ancora di più il suo personaggio storico " l'avvocato Malinconico". Mi fa ridere, ma proprio tanto, e trovare un libro che ti faccia ridere senza essere demenziale é veramente difficile. Va bene i libri che trattano i grandi temi della vita, va bene i libri che ti portano a riflettere, che ti mettono davanti tutte le cose importanti, filosofiche, psicologiche che ci cadono addosso come macigni sulle nostre già fragili spalle, ok ci sta. Ma trovare un libro che ti faccia ridere per la grande ironia, le idiosincrasie della vita, le cose dolci, le cose essenziali, appena lo trovo dicevo, non posso che sorridere e rilassarmi e affrontare meglio la mia lettura.
Prima riflessione. Leggere questo concentrato di vocaboli coloritissimi è senz’altro liberatorio per chi si sente in credito di insulti al mondo, ma teme le conseguenze delle sue sacrosante intemperanze.
Seconda riflessione. Benny Lacalamita bagna il naso aMalinconico in quanto a carisma lievemente decadente, con buona pace dello Sfigato protagonista che è troppo poco sfigato per potersi consolatoriamente confrontare con lui, da lettore.
Terza riflessione. Avrei dovuto solidarizzare con le protagoniste femminili, ma il tubino chic a fantasia tulipani e la tutina a pantaloncino corto truzzo-sexy sono al di là della mia abilità a empatizzare.
Morale. Tre stelle sono la media tra le 5 per le risate e le 2 per l’immedesimazione.
Provocatore, ribelle, sopra le righe come suo solito, l'avvocato Vincenzo Malinconico ritorna per farci sorridere, impegnato stavolta in una causa che, semmai la discutesse, rischierebbe di dare una svolta - non si sa se in positivo o in negativo - alla sua vacillante carriera. E anche alla sua vita amorosa, se non fosse che, per lo spirito di contraddizione che lo accompagna, Vincenzo si mostra, almeno nei fatti, impermeabile al fascino della bella che vorrebbe conquistarlo. Una volta entrati nello spirito di questo libro, goliardico e dissacratore, si apprezza la coerenza dell'autore nel volerci scuotere, sorprendere e ricordare che la vita non va presa troppo sul serio.
Fin dalla prima pagina De Silva strappa un sorriso. Un contesto intelligente, leggero ma profondo. Non manca mai la pagina divertente né mai una riflessione su quanto paradossali possano essere alcune situazioni. I racconti dell'amico Gaviscon, sempre molto tristi, vengono sdrammatizzate dall'opinione schietta e realista di Vincenzo Malinconico. Un personaggio controverso perché nonostante sia dipinto come quello sfortunato e incapace si rivela invece, attraverso la sua storia e le sue riflessioni, capace e coraggioso. Dotato di sensibilità e allegria riesce a dare forza ed essere punto di riferimento per amici e famiglia.
Si ritorna assolutamente in vetta! Il presente romanzo, nonché quarto volume che racconta le avventure di Vincenzo Malinconico, regge il confronto con il primo volume (che già avevo amato) e addirittura lo supera in qualità. Il nostro avvocato è più divertente e adorabile che mai. Lo amiamo? Lo amiamo. Non so perché mi affascina così tanto, ma la sua "normalità", e a tratti la sbadataggine, l'ingenuità e il senso dell'umorismo, ormai mi tengono inchiodata. Grazie Vince'.
Questo romanzo non si limita a raccontare una storia, ma dipinge con maestria il modo di essere dell’avvocato Vincenzo Malinconico. Un personaggio che conquista con la sua umanità e ironia, rendendosi irresistibile per il lettore. Malinconico riflette, in modo autentico e spesso sorprendente, pensieri e sentimenti che appartengono anche a noi, creando un legame profondo e naturale. È un libro che mi ha regalato molti sorrisi, lasciandomi più leggera e, allo stesso tempo, arricchita.
Buona la storia. Buoni i momenti di ironia sulla nostra quotidianità. Peccato per lo stile: un sarcasmo esasperato ricercato molto spesso attraverso insulti e volgarità verso tutto e verso tutti in ogni situazione che non tralascia nemmeno la caduta nel luogo comune dell'uomo cafone predatore e della donna preda.
Una bocca d’aria fresca, un libro che vi farà ridere, pieno di contraddizioni ironiche e di riflessioni quotidiane ma profonde. Letto al momento giusto può svoltare la settimana... perché questo è il tempo di lettura delle sue 370 pagine circa. Lo consiglio a tutti, sopratutto a quelli con uno spiccato senso dell’umorismo.
Bah, non so, il romanzo è pieno di spunti che però non vengono sviluppati, come se l'autore fosse un po' svogliato. Il protagonista è sempre accattivante, ma la trama mi pare latiti. Consigliato solo agli amanti dell'avvocato Malinconico.
A tratti geniale, si compiace un po' troppo nelle tirate pseudo storico esistenziali. Alcune lunghe e un po' prolisse. Ma Malinconico resta un personaggio per.cui provare empatia sembra essere inevitabile.
Forse non é il mio genere o forse non é il momento giusto: protagonista antipatico, pagine e pagine di forzato umorismo di cui avrei fatto volentieri a meno, trama trovata prolissa, dispersiva e inconsistente al punto da iniziare a saltare dapprima qualche pagina per poi saltare capitoli interi..
Una nuova avventura dell’avvocato Malinconico, raccontata con ironia. È un piacere leggere un libro ridendo con il protagonista. Molto carino! Raccomandato per passare qualche ora in leggerezza insieme ad un avvocato un po’ strampalato