Quando si mangia la verdura è la storia del mondo che si inghiotte, in un unico ortaggio si incontrano la grande storia e la storia dei ricordi di ognuno di noi: le conquiste, la via delle spezie, l’apertura di passaggi marittimi, il commercio tra gli Imperi, l’economia, la diplomazia e la politica mescolati a storie di madri e padri, di nonne e nonni, cucine e dispense piene di sapori.
L'introduzione e il primo capitolo vanno saltati a pie' pari (inutili racconti della giovinezza dell'autrice). Seguono una serie di agili capitoletti dedicati a verdure più o meno praticate, preceduti da un incipit artistico (ovvero, si cita un quadro e lo si racconta in 3 righe, senza farlo vederlo. Una pratica che mi ha costretto a googlare più o meno tutte le citazioni). Il racconto scorre via veloce, tra citazioni letterarie (perlopiù di autori francesi), aneddoti storici, considerazioni sociali, riferimenti floro-vivaistici. La notizia più rilevante a me sconosciuta, di cui le sono grata perché ha sciolto un annoso interrogativo*, me l'ha fornita con il dettaglio che "pastinaca" e "carota" per secoli sono state confuse e scambiate tra loro.
Lettura tutto sommato non dannosa, ma irrilevante.
*in dialetto ferrarese le carote si chiamano pistineghe, sul cui etimo così distante e strano mi sono interrogata più volte.
Delightful little book that made me want to go back to France and bury my face in the dirt for a couple o' weeks. Also made me starving. Absurdly rude.
Only downside was the fact that apparently everything in the universe has sexual connotations. Ew Gross. I came here for vegetables.
Ho dato 2 stelle per il potenziale del libro più che per il libro in sé. L’idea di analizzare e raccontare la storia delle verdure la trovo brillante e originale, ma di fatto i capitoli non sono affatto organici nella narrazione. La storia è raccontata in maniera frammentaria e poco omogenea, vengono snocciolati elenchi interi di termini per indicare le verdure senza uno scopo reale, puramente a fini didascalici. Infine la prima metà del libro altro non è che dei capitoli qualunquisti sull’evoluzione della presenza delle verdure sulla tavola ma senza fornire al lettore nessuna nuova informazione.
Questo libro è scritto come le definizioni di un cruciverba quando cercano di essere divertenti; mi ha ricordato alcuni libri che ho dovuto studiare per un esame di geografia incentrato sul cibo.
E’ un libro carino e poco ambizioso, racconta la storia di alcune verdure e il loro ruolo (principalmente in Europa, e soprattutto in Francia), dove ogni verdura nominata viene collegata alla sua presenza nell’arte e nella letteratura francese. Molto scorrevole e di facile lettura.
Lettura interessante. Permette di viaggiare indietro nel tempo e scoprire curiose origini delle verdure che siamo abituati a trovare a portata di mano nei nostri mercati.
Brevissimo viaggio tra le verdure più consumate al mondo oggi: cavoli, patate, piselli, pomodori, zucche, fagioli, peperoncini…
Ognuna di queste ha origini diverse e, attraverso viaggi, esplorazioni e invasioni, si è diffusa in tutto il mondo.
Il libro non vuole essere un approfondimento, ma piuttosto offrire un assaggio di curiosità botaniche, usanze gastronomiche in diverse culture, con alcuni anedotti storici, linguistici, letterari e artistici legati a queste verdure.
“Quando si mangia una verdura, dunque, è la storia del mondo che si incorpora.”
Interessante, ma molto franco-centrico. Dato che l'autrice ama la Sicilia i riferimenti all'Italia e all'italiano sono maggiori che quelli di altre parti del mondo, ma mi piacerebbe un approfondimento più locale.
Ho letto altro sulla storia delle piante, commestibili o meno. Ammetto che questo non è il mio preferito.
kavramların bu kadar iç içe olmasına bir aşık olan ben değilimdir sanırım? siyasi ideolojilerin yemeklerin tarihiyle arkeolojiyle edebiyatla bağlantısını okumak inanılmaz zevkliydi
Interesting history of vegetables and their travels around the world's cuisines.
p.13 “Basil, always cautious, stays in its pot."
p.14 "mixing the history of the vegetable with that of taste, literature with botany, art history with the history of food...that vast intermingling of cultures, from the sources of civilization to the most recent findings in genetics, from people of the Neolithic to children of junk food...”
p.21 "Humans have tamed vegetables the way they have domesticated animals, by selecting plants and observing the effects of those plants on their bodies."
p.22 “vegetable, like anything that is grown, is associated with time, patience, the rhythm of the seasons. Gardeners know this through experience—an experience that has become a symbol of human existence, as highlighted in Ecclesiastes 3:2:”
p.28 "A transformation through flames in a quest for quintessence: cooking touches the very secrets of substance and life."
p.29 “powerful economic networks. Indeed, the exchange value of spices is the source of the French expression payer en espèces—literally “to pay in spices” or “in kind,” but now meaning “to pay in cash.”
p.32 "Our tastes define us. But there is no taste without distaste."
p.40 Thistle to Cardoon to Artichoke, from wild plant to cultivated to one developed by research. (I had found out about history of cardoons in December at Williamsburg speaking with gardener; then talked about them with my friend Ro)
I would give this slim volume about 3.5 stars because it is interesting and well-researched, but not a consistently lively read. It is, as the other reviews say, a collection of individual talks translated, so the author gives a French perspective on the history of vegetables. If you get the humor in this sentence--"Archaeozoologists ... teach us that contrary to what is believed, the Gauls ate less wild boar than domesticated beef and horse"-- then you will probably appreciate some of the more subtle cultural references in it. The first three essays are general musings on eating and taste, followed by ten pieces on individual vegetables. The first chapters on the ancient vegetables of the cardoon, Jerusalem artichoke, cabbage and parsnip are the best. The chapters on the bean and the pumpkin devolve into a mishmash of facts that are hard to understand because she bounces randomly between New World and Old World varieties grown for different purposes--the topics are too big for her small canvas. So I would give the book four stars for enlightening me about the mysterious cardoons that I have seen at the produce store, and for giving me greater respect for the cabbage in all its forms: did you know that Charlie Chaplin's walking stick in his movies was made from a cabbage stalk?
attenzione: libro orrendo! Mi incuriosiva il titolo e mi piaceva molto la copertina e l'ho comprato. Pensavo si trattasse di una storia che, prendendo le mosse, chessò, dal broccolo si legasse alla storia della sua produzione ed esportazione, alla storia dei popoli che ne hanno fatto un alimento o un bene di scambio o chessò io. O che parlasse di come le patate siano legate alla carestia irlandese. Invece è un libro atto a mostrare la spocchia della sua autrice (francese) che infila una citazione dopo l'altra andando a pescare in preziosi nomoni che con le verdure non hanno niente a che vedere(Zola, Proust...etc) ma che una volta hanno magari fatto un'affermazione sui cavolfiori e tac, scattano le virgolette e la citazione in bella mostra e poi sotto con la prossima. L'unico cenno alla produzione globale delle verdure e ai suoi paradossi è un accenno al fatto che coltivare fagiolini in Africa non rende un buon servizio a loro per il consumo delle risorse idriche, ma che questo avviene perchè coltivarli da noi avrebbe costi maggiori. Stop. Fine. A posto così. mi sfugge totalmente il senso di questa pubblicazione. la tesi di laurea di un ventenne sfaccendato sarebbe scritta meglio e avrebbe più senso di questo stupido "saggio".
So-so. It is a collection of essays (originally speeches) discussing some common vegetables such as tomatoes, parsnips, carrots and beans. Broad and rather whimsical in tone, it mentions everything from literary symbolism to genetics, but a little too quickly to awaken the imagination. Also marred by a lazy translation - song snippets only translated in notes, rather than on the page, and the bean chapter is confusing. In English, we are told the Romans had beans and that beans came from the New World, but if there is a difference in French between the types of beans, this remains unclear for most of the chapter.
I received this as a free ebook, and was entertained enough to finish it, but doubt it will leave a lasting impression.
Parti iniziali e finali inutili, irritante quando viene descritto un dipinto e poi non viene riprodotto, storia delle verdure interessante ma a volte confusionaria e comunque molto minimale e che risente nei riferimenti della francesità dell'autrice, ricette che dovrebbero essere inserite per tutti i capitoli o per nessuno.
Konu ilginç, kitap yetersiz. 3 ana bölümden oluşuyor. Giriş, kısa bir tarih bölümü ve 10 tane sebzenin anlatıldığı son bölüm. Kısa tarih bölümü merak uyandıracak kadar ilginç ama sanki bir konuşma metni gibi kısa kısa oradan oraya atlayarak yazılmış yani tatmin edici değil. Sebzeler ile ilgili bölümde sebzelerin anavatanından ve Avrupa’ya gelişinden bahsediyor ama net değil. Sürekli bir conquistador şurda karşılaştı, şuraya getirdi gibi bir açıklama var( ağırlık olarak tahılları ele almış olsa da Tüfek, Mikrop ve Çelik bu konuda çok daha iyi bir kitap) ayrıca adlarının kökeni ve farklı dillere geçişi ( daha çok Avrupa dilleri) karışık, eksik ve gereksiz uzun.
2 stelline perché l'argomento m'interessava molto: come le varie verdure si sono spostate geograficamente nel tempo e come sono state considerate ed utilizzate nelle varie epoche e regioni. Per il resto, da cestinare. Illeggibile.
L'argomento mi interessava moltissimo ma NO. Il tema è sviluppato male, non ci sono nozioni chiare e sono frammentate. L'ho trovato inconcludente e confusionario.
𝑨𝒏𝒂𝒕𝒐𝒎𝒊𝒂 𝒅𝒆𝒍 𝒍𝒊𝒃𝒓𝒐 I capitoli sono suddivisi per il tipo di ortaggio di cui si vuole approfondire la storia. Ogni capitolo tratta dell'origine geografica della verdura e di come questa, mediante conquiste, via delle spezie, passaggi marittimi, commercio tra Imperi, economia, diplomazia, politica e racconti si sono fatte strada nel mondo intero. È fluente nello stile di scrittura, non ci si perde durante la lettura e i diversi aneddoti, tutti ampiamente approfonditi, sono separati in paragrafi.
𝑭𝒊𝒔𝒊𝒐𝒍𝒐𝒈𝒊𝒂 𝒅𝒆𝒍 𝒍𝒊𝒃𝒓𝒐 Si tratta di un saggio di storia alimentare, e lo stile è narrativo-saggistico. Segue perfettamente le regole che appartengono a questi due stili: c'è un ottimo equilibrio tra narrazione e informazione, l'autrice fornisce gli aneddoti come se stesse parlando al lettore davanti a una tazza di tea alle 5 del pomeriggio, in modo amichevole, ma abbondante di ricerca e accuratezza. Il linguaggio, quindi, sebbene sia ricco è estremamente accessibile, comprensibile anche ai non-esperti. C'è un ottimo coinvolgimento sensoriale e, soprattutto, si fanno sentire la voce autoriale e lo stile personale di Evelyne Bloch-Dano, che crea con il lettore una connessione diretta. È rispettata, sebbene non in maniera concisa e schematica, la struttura tematica e cronologica. La cosa che ho apprezzato di più, personalmente, sono i riferimenti a tradizioni culinarie e ricette (riportate soprattutto alla fine del libro).
𝑩𝒊𝒐𝒄𝒉𝒊𝒎𝒊𝒄𝒂 𝒅𝒆𝒍 𝒍𝒊𝒃𝒓𝒐 Come ho accennato prima, il vocabolario, sebbene accessibile e calibrato, è estremamente ricco. Sono presenti numerosi riferimenti linguistici non solo francesi, ma anche italiani, sud americani, nord-europei... l'autrice non si è risparmiata nel non far mancare alcun aneddoto culturale. Sono rispettati i corretti tempi verbali della narrazione saggistica (passato remoto o imperfetto, presente storico e presente indicativo), utilizzo di forma sia attiva che passiva e di apposizioni e espressioni descrittive. Non si può che sottolineare ancora una volta che è ben attivo il ruolo autoriale di Evelyn Bloch-Dano che è, oltre che scrittrice, una giornalista (e si vede!)
𝑬𝒔𝒊𝒕𝒐 𝒅𝒆𝒍𝒍'𝒂𝒏𝒂𝒎𝒏𝒆𝒔𝒊 𝒆 𝒑𝒂𝒓𝒆𝒓𝒆 𝒑𝒆𝒓𝒔𝒐𝒏𝒂𝒍𝒆 Questo libro, a mio parere, non ha delle patologie. Ho letto in altre recensioni che è stato reputato eccessivamente franco-centrico, tuttavia non ho trovato così imponente la presenza della cultura francese. Vengono nominati spesso i riferimenti alla Francia, ma personalmente l'ho reputata una cosa normale, essendo che l'autrice è francese, e ci sta parlando di quello che conosce. Se si fosse trattato di un manuale sugli ortaggi avrebbero avuto ragione a trovarlo franco-centrico, tuttavia, si tratta di un saggio narrativo. C'è da dire però, che avendo un padre francese (e lui sì che è franco-centrico!) questo libro posso averlo trovato perfettamente equilibrato :D In generale, questo libro mi ha lasciato qualcosa di estremamente positivo. Molti aneddoti culturali (che apprezzo sempre tantissimo), una lettura leggera e piacevole (che ogni tanto serve) e un po' di voglia di mangiare verdure (che, da bravo futuro medico, non posso che dire essere un enorme traguardo).
Lo consiglio a tutti, anche a chi non nutre particolare interesse verso il mondo della botanica o della cucina. Chiudo con un'altra citazione, presente nel capitolo sulla carota:
Storia culturale delle verdure. L'autrice è più interessata a come le varie verdure vengono viste e interpretate da letterati (soprattutto francesi), pittori etc. che a valutazioni d'altro tipo. In alcuni casi interessante, anche perché dà informazioni come venissero percepite le verdure in questione o per ottenere qualche indizio sulla diffusione. L'operazione è più forte all'inizio del libro e va man mano scemando, solo che lasciano spazio ad osservazioni più confuse e generiche, incluse proprietà attribuite alla pianta (cosa che fa un po' articoletto) e qualche (fortunatamente, data la qualità) raro, vaghissimo e confuso commento in area socio/economica. Occasionalmente irritante, ha qualche spunto interessante, nel caso sentiate la necessità di sentire cosa ne pensasse (il sopravvalutato) Thoreau dei fagioli.
Breve saggio su come alcune verdure sono giunte sulle nostre tavole attraversando oceani e cavalcando mode o rischiando di soccombere ad essere e di come queste hanno influenzato il linguaggio: testa di rapa, avere il cervello grande come un pisello....Lo spunto è interessante, ma lo svolgimento l'ho trovato poco incisivo e, soprattutto, il testo e i riferimenti sono molto "francesi" dati dalla nazionalità dell'autrice che risultano essere un po' distanti dai miei riferimenti culturali. Interessanti le ricette al termine di ogni capitolo
I love food and so I was intrigued by this series of essays giving a summary on the role of vegetables and beans historically. Not a must read, but it was interesting learning how certain foods shifted from being perceived as gourmet to basic and then back to gourmet historically and in different countries. I haven't been reading anything or listening to books for a number of months and this was a perfect subject to shift me back into books.
A fun history of selected vegetables. I particularly liked the chapter on tomatoes, and I learned that the tomato is considered a vegetable due to a New York tax on vegetables that included tomatoes in the list of taxed foods. I also learned that carrots have often been used as blatant phallic symbols, though I probably could have guessed that.
Con questo libro, la Bloch-Dano ci racconta le verdure come se fossero i personaggi di un fabliaux francese, ne mescola i tratti biografici alle vicende linguistiche e folkloristiche che vi gravitano attorno. Un esperimento divertente e leggero, non un tomone di storia delle verdure, ecco. E va benissimo così!
Kitap üzerinde çok çalışılmış belli. Yiyeceğin tarihi üzerine bilgi yüklü. Ama okuyucunun bu kadar bilgiyi rahatça okuyabilmesi için bir düzen ya da kurgu oluşturulmamış. Ne yazık ki birbirinden kopuk bu bilgiler yığınını okumak bir öğrencinin ders notlarını okumak gibiydi.
Yemekler ve sebzeler hakkında genel bilgiler verilmiş, ilk nerede keşfedildi, diğer bölgelere nasıl yayıldı, edebiyatta yansımaları neler gibi sorulara cevap arıyor ama beklentimi karşılaştığını söylemem zor.
Di per sé l'idea di usare come filo conduttore le verdure in un viaggio spazio-tempo sembrava originale, nell'esecuzione l'ho percepito come un Massimo Montanari che non ce l'ha fatta.