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The Bonfire of Berlin: A Lost Childhood in Wartime Germany

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Vienna, 1971. In un appartamento nel cuore della città una giovane donna sta per incontrare sua madre. Non si vedono da trent’anni. Helga era bambina quando, in una Berlino già sventrata dalle bombe, la madre aveva abbandonato il marito e i figli per entrare volontaria nelle SS. Ora, dopo pochi formali abbracci, la conduce verso un armadio dentro al quale è riposta una perfetta uniforme nazista. Sospira, nostalgica. E Helga scappa, corre per le scale, si allontana per sempre da lei e da quella implacabile fedeltà.
Passeranno altri vent’anni prima che Helga Schneider si decida a ripercorrere la sua infanzia. Ne è nato un libro diversamente implacabile, dove la memoria, anziché stendere un velo di pietà o di perdono, sembra liberare una rabbia troppo a lungo taciuta; un libro che ci fa rivivere i morsi della fame, la solitudine dei collegi, le angherie di una matrigna, la paura dei bombardamenti, la voce del Führer che echeggia nel bunker della Cancelleria, la lunga reclusione in una cantina: fino al giorno in cui i primi soldati russi avanzano in una Berlino ormai completamente distrutta.

224 pages, Paperback

First published January 1, 1995

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About the author

Helga Schneider

35 books53 followers
Nasce nel 1937 in Slesia (territorio tedesco che dopo la seconda guerra mondiale sarà assegnato alla Polonia). Nel 1941 Helga e suo fratello Peter, rispettivamente di 4 anni e 19 mesi, con il padre già al fronte, vengono abbandonati a Berlino dalla madre, che arruolatasi come ausiliaria nelle SS diverrà guardiana al campo femminile di Ravensbruck e successivamente di Auschwitz-Birkenau.
Helga e Peter vengono accolti nella lussuosa villa della sorella del padre, zia Margarete (dopo la guerra morirà per suicidio), in attesa che la nonna paterna arrivi dalla Polonia per occuparsi dei nipoti. La donna accudisce i bambini per circa un anno nell'appartamento situato a Berlin-Niederschönhausen (Pankow), dove i piccoli avevano vissuto in precedenza con i genitori.
Durante una licenza dal fronte, il padre conosce una giovane berlinese, Ursula, e nel 1942 decide di sposarla. Ma la matrigna accetta solo il piccolo Peter e fa internare Helga prima in un istituto di correzione per bambini difficili, e poi in un collegio per ragazzi indesiderati dalle famiglie, o provenienti da nuclei familiari falliti.
Dal collegio, che si trova a Oranienburg-Eden, presso Berlino, nell'autunno del 1944 la zia acquisita Hilde (sorella della matrigna) riconduce Helga in una Berlino ormai ridotta a un cumulo di rovine e macerie. Dagli ultimi mesi del 1944 fino alla fine della guerra, Helga e la sua famiglia sono costretti a vivere in una cantina a causa dei continui bombardamenti effettuati dagli inglesi e dagli americani, patendo il freddo e la fame.
Nel dicembre del 1944 Helga e suo fratello Peter, grazie alla zia Hilde collaboratrice nell'ufficio di propaganda del ministro Joseph Goebbels, vengono scelti, insieme a molti altri bambini berlinesi, per essere "i piccoli ospiti del Führer", null'altro che un'operazione propagandistica escogitata da Goebbels, che li porterà nel famoso bunker del Führer dove incontreranno Adolf Hitler in persona, descritto dalla scrittrice come un uomo vecchio, dal passo strascicato, con la faccia piena di rughe e la stretta di mano molle e sudaticcia.
Nel 1948 Helga e famiglia rimpatriano in Austria stabilendosi in un primo momento ad Attersee, accolti dai nonni paterni. Dal 1963 Helga vive in Italia dove ha pubblicato molti libri.
Nel 1971, venuta a sapere dell'esistenza ancora in vita della madre che l'aveva abbandonata, sente il desiderio di andarla a visitare a Vienna dove la donna vive. Scoprirà che la madre, dopo 30 anni, non ha rinnegato nulla del suo passato, di cui conserva orgogliosamente come caro ricordo la divisa di SS che vorrebbe che Helga indossasse e alla quale vuole regalare gioielli, di dubbia provenienza. Stravolta da quell'incontro, tuttavia Helga vorrà, con non diversi risultati, tornare a trovare la madre nel 1998. Da questo secondo incontro negativo e traumatico a causa della fede irriducibile della madre nell'ideologia nazista nasce il libro Lasciami andare, madre, uscito in Italia nel 2001.

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11 (<1%)
Displaying 1 - 30 of 181 reviews
Profile Image for Michela De Bartolo.
163 reviews88 followers
June 16, 2018
Non vi parlerò dei personaggi e non vi racconterò la storia narrata tra le pagine di questo libro , ben descritta già dal titolo . Non vi racconterò di Helga e del piccolo fratello Peter , e del nonno acquisito Opa , l’unico in grado di dar amore a questa bambina . Non vi descriverò le molteplici vicissitudini e la loro sofferenza. Non è facile parlare di questa guerra , devastante, che non ha fatto né vincitori né vinti . Non vi mostrerò attraverso le mie parole la loro fame , la loro sete , la loro paura . Voglio che leggiate questo libro per avere sempre più coscienza e perché queste cose non accadano mai più .
“ Mi strinsi nelle spalle e mi chiesi se Dio esistesse , se in quel momento mi vedesse e provasse un po’ di pietà . Gli uomini potevano distruggere Berlino o forse tutto il mondo , ma il sole avrebbe illuminato tutti gli Orrori e infine scaldato di nuovo la vita . “‘
Profile Image for trovateOrtensia .
240 reviews269 followers
October 31, 2018
Sono un po' dibattuta sulle 4 stelle: in realtà la Schneider non mi è parsa una ottima scrittrice, e alcune caratteristiche della sua prosa (uso eccessivo dei punti esclamativi a sottolineare stati d'animo, frasi piuttosto semplici, paratassi frequente, descrizioni un po' stereotipate) mi hanno lasciato alcune perplessità, di natura però estetica, per dir così. Di contro, gli argomenti trattati, la violenza degli eventi cui assiste in prima persona, il valore documentale di quanto narra e la mia convinzione che di questa nostra storia europea così recente bisogna in ogni modo tener viva la memoria, tutto ciò aggiunge valore al libro, del quale mi sento anzi di consigliare le lettura.
Profile Image for Grazia.
504 reviews218 followers
January 27, 2020
La guerra non è degna degli uomini


Sono stata a Berlino due estati fa.
La cosa che maggiormente colpisce di Berlino sono gli spazi vuoti e le gru super operative.
Ancora nel 2018 la città era in ricostruzione (e immagino lo sia tuttora) dopo i bombardamenti che la rasero completamente al suolo nel 1945.


Sono gli occhi di una ragazzina, Helga, l'autrice del testo, con cui vediamo e viviamo le vicende di quegli anni.
La fame, la sete, la sporcizia, la vita come topi rintanati in cantina, l'impossibilità di far fronte a qualunque bisogno primario.


Sfiorai con lo sguardo lo spazio vuoto dove avevamo vissuto gli uni sugli altri ammassati come bestie, imponendo al prossimo il nostro odore, il nostro malumore, il nostro egoismo. Eravamo andati oltre il sopportabile, oltre il vivibile, oltre l'immaginabile, oltre le nostre forze, oltre l'umano. Eppure in seguito dovetti imparare che la nostra sofferenza non era stata nulla in paragone a quella che era toccata agli ebrei massacrati nei campi di concentramento.


E poi la fine della guerra e la speranza, annientata dai russi ubriachi e violenti che come bottino di guerra non si accontentano degli orologi ma stuprano le donne, davanti ai loro cari, umiliati per violenza e impotenza.


Una lettura forte. La guerra è il male.
«Devi promettermi che da grande non permetterai che ci sia un'altra guerra» disse il vecchio.


«Perché?» fece Peter pizzicandosi le guance.


«Perché la guerra non è degna degli uomini».
Profile Image for Dolceluna ♡.
1,265 reviews155 followers
August 11, 2017
Il fumo delle macerie, il silenzio spettrale della morte e masse di abitanti ridotti a fantasmi, costretti alla fuga e al nascondiglio. E' questa la Berlino degli anni '40 in cui vive Helga Schneider, una delle più note testimoni del periodo della seconda guerra mondiale raccontato da un punto di vista forse meno noto: quello dei civili tedeschi, che, anche loro malgrado, si sono ritrovati nel baratro distruttivo della guerra tanto voluta dal loro Fuhrer. Abbandonata dalla madre, che decide di arruolarsi nelle SS (e diventerà guardiana di un campo di concentramento) e dal padre, che parte al fronte, Helga viene affidata a un matrigna giovane e insensibile la quale non esita ad abbandonarla a sua volta in un istituto per orfani per poi riprenderla con sè e vivere con lei, e col fratello minore, all'interno din un buker sotterraneo, gli ultimi terribili mesi dell'assedio della capitale tedesca da parte delle truppe alleate. La storia personale dell'autrice si fonde dunque con la storia della sua città, una città fantasma, annientata, sgretolata, ripiegata in se stessa ma non per questo meno fiera, battagliera e arrendevole, fino all'ultimo, ultimissimo istante. Helga Schneider ci ha lasciato una viva testimonianza di grande pathos e intensità, narrata con una lucidità e una drammaticità sorprendenti: attraverso i suoi occhi di bambina spaventata e sola assistiamo al crollo di una città, viviamo attimi di attesa e angoscia, proviamo pena, dolore, miseria. Ed entraimo pure, in punta di piedi, nel bunker sotteraneo di Hitler, in cui Helga viene condotta, insieme al fratello e ad altri bambini, nel dicembre 1944, in visita al Fuhrer stesso. Da leggere per tremare, ricordare e capire quanto la guerra, da qualsiasi fronte venga battuta, e la violenza, siano un male per tutti.
Profile Image for Amaranta.
588 reviews261 followers
March 24, 2018
L’atrocità della guerra, vista dagli occhi di una bambina. Abbandonata dalla madre, rifiutata dalla matrigna, un’ombra per il padre ed il fratello si ritrova a combattere doppiamente: per la sua salvezza fisica e mentale.
Prova su se stessa la fame nera, la sete che fa delirare, la paura così forte da non poter dormire. In una cantina della Lothar-Bucher-Strasse vive orrori indicibili mentre fuori Berlino brucia, in uno spettacolo apocalittico, con i suoi cieli rossi di fiamme e sangue, l’aria irrespirabile dall’odore di cadaveri e in cui una margherita sembra un miracolo. Helga racconta la sua vita, come il nazismo le ha fatto perdere tutto, descrive la sua visita nel Bunker della Cancelleria del Reich, a conoscere quell’omino dalla mano molle e sudaticcia che teneva il mondo in una morsa. E solo lei si stupisce di questo?
La guerra cambia l’uomo che diventa solo istinto. Istinto di sopravvivere a qualunque costo.

“Eravamo andati oltre il sopportabile, oltre il vivibile, oltre l'immaginabile, oltre le nostre forze, oltre l'umano” .

Madri che ammazzano per qualche riserva di cibo, lei che diventa un’animale per un pezzo di pane raffermo, mentre non si sa come coltivare ancora la speranza perché la speranza ancora esiste negli occhi di una piccola che si rende conto di non avere avuto nulla dalla vita.

“Voglio un cielo azzurro, non attraversato dagli uccelli neri. Voglio respirare un'aria che non sappia di cadaveri e notti che non esplodano sopra la mia testa. Voglio un Dio che fermi la guerra! Voglio vedere il mare. Dicono che è grande, azzurro e puro”.

Eppure piange quando lascia Berlino, una città in cui ha vissuto solo orrori. Piange perché si rende conto che le sue radici rimangono lì, in mezzo a quell’orrore che ha vissuto, a quei ricordi drammatici che non vuole dimenticare, a quelle assenze che diventano parte della sua vita.
Helga ci regala un altro pezzo della sua storia personale disincantato ma con l’innocenza dello sguardo di tutti i bambini del mondo.

Profile Image for Gattalucy.
380 reviews160 followers
February 23, 2020
Gli avevo dato subito dopo la lettura 4 stelle, ma alla fine gliene ho tolta una. le riflessioni sugli ultimi giorni di Berlino sono quelli di una bimba, con una discreta freschezza, nonostante il tema, ma mi sono mancate riflessioni sul mondo adulto, che non fossero quelle della mancanza d'amore che lei stava vivendo. Da una scrittrice adulta che ricorda forse avrei voluto un po' più di approfondimento. Mi spiego meglio con un esempio: dalla zia che lavorava nel bunker di Hitler possibile che non esca nemmeno una riflessione, ma solo che alla fine cambia lavoro grazie alla sua conoscenza di molte lingue? Ecco, qualcosa manca in questo libro, anche se, la fine tragica di Berlino e dei suoi sopravvisuti abitanti è descritta benissimo.
Profile Image for The Frahorus.
996 reviews99 followers
March 4, 2025
Era da tempo che sentivo consigliarmi questo libro e finalmente sono giunto a poterlo leggere anche io (prima o poi ci arrivo anche io, abbiate pazienza ma ho solo una vita!).

Ci troviamo di fronte a un libro autobiografico e la scrittrice, Helga, ci narra della sua infanzia, purtroppo non molto felice visto che si trova a fuggire e a nascondersi da una Berlino bombardata. Del suo difficile rapporto con la matrigna (sua madre ha abbandonato lei e il suo fratellino più piccolo e il padre era in guerra) la quale, non sopportandola la manda in un collegio psichiatrico e poi in un altro istituto. Alla fine ritorna da lei a Berlino ma vivrà in una situazione drammatica: la città è continuamente sotto attacco e sotto bombardamento e tutti gli abitanti si rifugiano nella cantina umida, patendo la fame e la sete.

Morte, fame, tristezza, bombardamenti sono all'ordine del giorno, tanto è vero che i cadaveri che restano sulle strade e in mezzo alle macerie iniziano a puzzare. Un racconto crudo e reale, sincero e forte della vita che facevano i sopravvissuti di Berlino che rischiavano tutti i giorni di morire, perché bisognava andare alla fontana a prendere l'acqua o si cercava del cibo per non morire di fame. Drammatico l'episodio dello stupro da parte di alcuni soldati russi nei confronti di due ragazzine che si trovavano nel rifugio, una delle quali, traumatizzata dalla violenza subita, perde sangue e morirà.

Ci sarà anche un incontro della protagonista con Hitler in persona, che ci descrive come incurvato e stanco, a differenza di come si vedeva nei quadri dove era più giovane.

Credo che libri di questo genere dovrebbero essere letti, soprattutto per far capire a certi asini che comandano che le guerre portano solo distruzione, orrore, traumi, povertà, perdite, insomma, chi fa le guerre è un pezzo di m.
Profile Image for giomustdie┆saw mcr :).
118 reviews
February 7, 2023
"𝘐 𝘢𝘮 𝘩𝘶𝘳𝘵 𝘢𝘯𝘥 𝘱𝘰𝘸𝘦𝘳𝘭𝘦𝘴𝘴. 𝘛𝘩𝘦 𝘵𝘳𝘶𝘵𝘩 𝘪𝘴 𝘵𝘩𝘢𝘵 𝘮𝘺 𝘣𝘳𝘰𝘵𝘩𝘦𝘳 𝘥𝘰𝘦𝘴𝘯'𝘵 𝘭𝘰𝘷𝘦 𝘮𝘦. 𝘔𝘺 𝘭𝘰𝘯𝘨 𝘢𝘣𝘴𝘦𝘯𝘤𝘦 𝘩𝘢𝘴 𝘦𝘳𝘦𝘤𝘵𝘦𝘥 𝘢 𝘸𝘢𝘭𝘭 𝘣𝘦𝘵𝘸𝘦𝘦𝘯 𝘶𝘴, 𝘩𝘢𝘴 𝘦𝘳𝘢𝘴𝘦𝘥 𝘢𝘯𝘺 𝘪𝘯𝘴𝘵𝘪𝘯𝘤𝘵𝘪𝘷𝘦 𝘢𝘧𝘧𝘦𝘤𝘵𝘪𝘰𝘯 𝘪𝘯 𝘩𝘪𝘮, 𝘢𝘴 𝘵𝘩𝘰𝘶𝘨𝘩 𝘩𝘦 𝘩𝘢𝘴 𝘣𝘦𝘦𝘯 𝘥𝘳𝘢𝘪𝘯𝘦𝘥 𝘣𝘺 𝘵𝘩𝘦 𝘨𝘳𝘢𝘷𝘦 𝘢𝘯𝘥 𝘵𝘩𝘳𝘦𝘢𝘵𝘦𝘯𝘪𝘯𝘨 𝘦𝘷𝘦𝘯𝘵𝘴 𝘢𝘳𝘰𝘶𝘯𝘥 𝘶𝘴. 𝘛𝘩𝘦 𝘸𝘰𝘳𝘭𝘥 𝘤𝘢𝘯 𝘨𝘪𝘷𝘦 𝘮𝘦 𝘯𝘰𝘵𝘩𝘪𝘯𝘨 𝘯𝘰𝘸 𝘣𝘦𝘤𝘢𝘶𝘴𝘦 𝘪𝘵 𝘩𝘢𝘴 𝘢𝘭𝘳𝘦𝘢𝘥𝘺 𝘵𝘢𝘬𝘦𝘯 𝘦𝘷𝘦𝘳𝘺𝘵𝘩𝘪𝘯𝘨 𝘢𝘸𝘢𝘺: 𝘮𝘺 𝘤𝘩𝘪𝘭𝘥𝘩𝘰𝘰𝘥, 𝘮𝘺 𝘮𝘰𝘵𝘩𝘦𝘳, 𝘮𝘺 𝘧𝘢𝘵𝘩𝘦𝘳, 𝘮𝘺 𝘨𝘳𝘢𝘯𝘥𝘧𝘢𝘵𝘩𝘦𝘳, 𝘮𝘺 𝘣𝘳𝘰𝘵𝘩𝘦𝘳. 𝘞𝘩𝘢𝘵 𝘢𝘮 𝘐 𝘭𝘦𝘧𝘵 𝘸𝘪𝘵𝘩? 𝘏𝘶𝘯𝘨𝘦𝘳, 𝘵𝘩𝘪𝘳𝘴𝘵, 𝘧𝘦𝘢𝘳, 𝘤𝘰𝘭𝘥, 𝘭𝘰𝘯𝘦𝘭𝘪𝘯𝘦𝘴𝘴."

The Bonfire of Berlin (original title: Il Rogo di Berlino) provides us with a perspective from a point of view most often left aside and not so well known: that of German civilians. Germans... people like any other who have found themselves in the destructive abyss of the war so much desired by their Führer.
Whoever thinks that during the war, the whole of Germany agreed with the Nazi regime is wrong. That's what I thought too, for a long time, at least until I read this book. Often in school, you are not taught everything you should know. Books are a great resource to learn what we are missing. The author makes it clear more than once that part of the German population did not support the Führer, and they, like others, had to pay the price due to the power of this figure, exalted by a remarkable propaganda that compared him to a God.

"𝘏𝘦 𝘩𝘢𝘴 𝘢 𝘱𝘦𝘯𝘦𝘵𝘳𝘢𝘵𝘪𝘯𝘨 𝘨𝘢𝘻𝘦 𝘵𝘩𝘢𝘵 𝘮𝘢𝘬𝘦𝘴 𝘮𝘦 𝘷𝘦𝘳𝘺 𝘶𝘯𝘦𝘢𝘴𝘺. 𝘏𝘪𝘴 𝘱𝘶𝘱𝘪𝘭𝘴 𝘨𝘭𝘦𝘢𝘮 𝘴𝘵𝘳𝘢𝘯𝘨𝘦𝘭𝘺, 𝘢𝘴 𝘵𝘩𝘰𝘶𝘨𝘩 𝘵𝘩𝘦𝘳𝘦 𝘪𝘴 𝘢 𝘨𝘰𝘣𝘭𝘪𝘯 𝘥𝘢𝘯𝘤𝘪𝘯𝘨 𝘪𝘯𝘴𝘪𝘥𝘦 𝘵𝘩𝘦𝘮. 𝘛𝘩𝘦 𝘍𝘶𝘩𝘳𝘦𝘳'𝘴 𝘨𝘳𝘪𝘱 𝘪𝘴 𝘸𝘦𝘢𝘬, 𝘢𝘯𝘥 𝘐 𝘢𝘮 𝘱𝘦𝘳𝘱𝘭𝘦𝘹���𝘥. 𝘊𝘢𝘯 𝘵𝘩𝘪𝘴 𝘳𝘦𝘢𝘭𝘭𝘺 𝘣𝘦 𝘵𝘩𝘦 𝘩𝘢𝘯𝘥 𝘰𝘧 𝘵𝘩𝘦 𝘮𝘢𝘯 𝘨𝘶𝘪𝘥𝘪𝘯𝘨 𝘵𝘩𝘦 𝘧𝘢𝘵𝘦 𝘰𝘧 𝘎𝘦𝘳𝘮𝘢𝘯𝘺?"
----
"𝘖𝘱𝘢 𝘰𝘣𝘴𝘦𝘳𝘷𝘦𝘴, « 𝘛𝘩𝘢𝘯𝘬𝘴 𝘵𝘰 𝘎𝘰𝘦𝘣𝘣𝘦𝘭𝘴, 𝘱𝘦𝘰𝘱𝘭𝘦 𝘪𝘮𝘢𝘨𝘪𝘯𝘦 𝘵𝘩𝘢𝘵 𝘵𝘩𝘦 𝘍𝘶𝘩𝘳𝘦𝘳 𝘪𝘴 𝘴𝘵𝘪𝘭𝘭 𝘪𝘯 𝘵𝘩𝘦 𝘣𝘦𝘴𝘵 𝘰𝘧 𝘩𝘦𝘢𝘭𝘵𝘩. 𝘕𝘢𝘻𝘪 𝘱𝘳𝘰𝘱𝘢𝘨𝘢𝘯𝘥𝘢 𝘪𝘴 𝘥𝘦𝘷𝘪𝘭𝘪𝘴𝘩𝘭𝘺 𝘦𝘧𝘧𝘪𝘤𝘪𝘦𝘯𝘵. »"

Nazi propaganda was indeed devilishly efficient. From an early age, the message that circulated was that being Jewish and being around them was dangerous. Similar to a contagious disease, they had to be eliminated. This was what Germans were educated already in their childhood.

"𝘖𝘯𝘦 𝘰𝘵𝘩𝘦𝘳 𝘵𝘰𝘱𝘪𝘤 𝘵𝘩𝘢𝘵 𝘰𝘣𝘴𝘦𝘴𝘴𝘦𝘴 𝘗𝘦𝘵𝘦𝘳, 𝘢𝘭𝘵𝘩𝘰𝘶𝘨𝘩 𝘪𝘯 𝘢 𝘳𝘢𝘵𝘩𝘦𝘳 𝘤𝘰𝘯𝘧𝘶𝘴𝘦𝘥 𝘸𝘢𝘺, 𝘪𝘴 𝘵𝘩𝘦 𝘑𝘦𝘸𝘴, 𝘢 𝘴𝘶𝘣𝘫𝘦𝘤𝘵 𝘵𝘩𝘢𝘵 𝘸𝘰𝘳𝘳𝘪𝘦𝘴 𝘮𝘦 𝘵𝘰𝘰. 𝘖𝘶𝘳 𝘤𝘩𝘪𝘭𝘥𝘩𝘰𝘰𝘥 𝘸𝘢𝘴 𝘩𝘢𝘶𝘯𝘵𝘦𝘥 𝘣𝘺 𝘣𝘳𝘶𝘵𝘢𝘭 𝘢𝘯𝘵𝘪-𝘑𝘦𝘸𝘪𝘴𝘩 𝘱𝘳𝘰𝘱𝘢𝘨𝘢𝘯𝘥𝘢, 𝘢𝘯𝘥 𝘸𝘦 𝘸𝘪𝘵𝘯𝘦𝘴𝘴𝘦𝘥 𝘦𝘹𝘱𝘳𝘦𝘴𝘴𝘪𝘰𝘯𝘴 𝘰𝘧 𝘢𝘯𝘵𝘪-𝘚𝘦𝘮𝘪𝘵𝘪𝘴𝘮 𝘦𝘷𝘦𝘳𝘺 𝘥𝘢𝘺. 𝘌𝘷𝘦𝘯 𝘢𝘴 𝘷𝘦𝘳𝘺 𝘴𝘮𝘢𝘭𝘭 𝘤𝘩𝘪𝘭𝘥𝘳𝘦𝘯, 𝘸𝘦 𝘩𝘢𝘥 𝘴𝘦𝘦𝘯 𝘵𝘩𝘦 𝘴𝘩𝘢𝘵𝘵𝘦𝘳𝘦𝘥 𝘸𝘪𝘯𝘥𝘰𝘸𝘴 𝘰𝘧 𝘑𝘦𝘸𝘪𝘴𝘩 𝘴𝘩𝘰𝘱𝘴, 𝘵𝘩𝘦 𝘴𝘩𝘶𝘵𝘵𝘦𝘳𝘴 𝘴𝘤𝘳𝘢𝘸𝘭𝘦𝘥 𝘸𝘪𝘵𝘩 𝘵𝘩𝘦 𝘸𝘰𝘳𝘥 𝘑𝘶𝘥𝘦. 𝘗𝘦𝘰𝘱𝘭𝘦 𝘶𝘵𝘵𝘦𝘳𝘦𝘥 𝘵𝘩𝘪𝘴 𝘸𝘰𝘳𝘥 𝘤𝘢𝘶𝘵𝘪𝘰𝘶𝘴𝘭𝘺, 𝘵𝘪𝘮𝘪𝘥𝘭𝘺, 𝘸𝘪𝘵𝘩 𝘦𝘮𝘣𝘢𝘳𝘳𝘢𝘴𝘴𝘮𝘦𝘯𝘵 𝘰𝘳 𝘧𝘦𝘢𝘳, 𝘢𝘴 𝘵𝘩𝘰𝘶𝘨𝘩 𝘪𝘵 𝘳𝘦𝘧𝘦𝘳𝘳𝘦𝘥 𝘵𝘰 𝘢 𝘤𝘰𝘯𝘵𝘢𝘨𝘪𝘰𝘶𝘴 𝘥𝘪𝘴𝘦𝘢𝘴𝘦 [...]"

The smoke of ruins, the ghostly silence of death, inhabitants forced to flee and hide, the smell of corpses... Berlin is nothing but a city reduced to pieces and inhabited by ghosts. Helga, who is already going through a very complicated family relationship, also witnesses tragedies and episodes that a child should never experience. Abandoned by her mother and father, the only person who can provide her with the slightest comfort is her grandfather, Opa, her only anchor.

I enjoyed the book and the different perspective from which it is narrated. In my opinion, it is always a good thing to see different points of view on the same historical situation, in order to give a better framework to the events. What keeps me from giving this book a full 5 stars rating is the author's writing style, often overflowing with exclamation points and a lexicon that can be improved (it has nothing to do with the translation, I read it in the original language). I noticed with amazement that H. Schneider never stepped back when it came to talking about what she, herself, was experiencing as a child. This is a very honest, direct, and often gruesome work that in no way tries to sugarcoat or embellish the situation, which makes it heartbreaking and, at times, burdensome.

4.5
Profile Image for Martinis.
422 reviews89 followers
June 9, 2022
Laggiù c’è qualcosa che chiama.
Perché là sotto, fra i tetri resti dell’immenso rogo ormai spento, fra le crepe e dell’asfalto scoppiato, nell’umida cantina della Lothar-Bucher-Strasse e fra le pieghe gentili del cappotto sgualcito di Opa, forse là sotto rimangono le mie radici. Stupide, testarde radici aggrappate là dove hanno sentito battere con maggior disperazione il mio cuore.
Addio, Berlino.
Profile Image for Arybo ✨.
1,468 reviews176 followers
June 26, 2018
🇮🇹Mi sarei aspettata un maggior numero di descrizioni di Berlino distrutta dalla guerra, oltre alla citazione generica di piazze deserte e muri crollati, buche causate dalle bombe e porte sfondate dai ladri. Non pensate che non mi sia interessata la storia personale dell’autrice, ma il titolo è un po’ fuorviante. Si tratta, in fondo, di una narrazione asettica degli eventi: vediamo quello che accade prima della fine della guerra a Berlino con gli occhi di una bambina. Penso che le cose che ha passato la protagonista siano state così forti da lasciare un segno indelebile nella memoria, permettendole di scrivere tutto come se fosse appena accaduto. Sennò non si spiega la buona memoria (io non ricordo niente che non sia avvenuto prima dei miei otto/dieci anni). Proprio la precisione dei ricordi, però, a volte contrasta con la “freddezza” della narrazione: in molte scene l’autrice descrive i propri sentimenti di paura, frustrazione, impotenza, rassegnazione, terrore, ma questo sentimenti non raggiungono il mio cuore. Forse è a causa della precisione quasi critica della narrazione, come un bel quadro di Ingres è asettico in confronto alla Zattera della Medusa di Gericault. Insomma, ho apprezzato l’idea di testimoniare i dolori e le privazioni che hanno passato i cittadini di Berlino durante i bombardamenti, siano essi stati pro o contro Hitler. La guerra ha distrutto la vita di milioni di persone, anche di bambini che sono nati poco prima del suo scoppio e che non hanno mai sentito veramente un giorno di libertà in vita loro. La vita nella cantina deve essere stata estenuante ed è bene che qualcuno ne parli.

Ps. Come può Peter essere così viziato? Chissà cosa ne pensa il fratello dopo anni di vita...


——
🇬🇧 I was expecting more descriptions of destroyed Berlin, in addition to the general discussion of deserted plazas and collapsed walls, holes caused by bombs and doors broken by thieves. Don’t get me wrong, I did care about the author's personal story, but the title is a little misleading. Basically, this is an aseptic narration of events: we read about what happens before the end of the war in Berlin with the eyes of a child. I think that the things that the protagonist lived were so strong that they left an indelible mark on the memory, allowing her to write everything as if it had just happened. Otherwise the good memory can not be explained (I don’t remember anything that did not happen before I was eight / ten years old). the accuracy of the memories, however, sometimes contrasts with the "coldness" of the narration: in many scenes the author describes her feelings of fear, frustration, impotence, resignation, terror, but these feelings do not reach my heart. Perhaps it is because of the almost critical precision of the narrative, as a fine picture of Ingres is aseptic in comparison to the Raft of the Medusa by Gericault. Anyway, I appreciated the idea of ​​describing the pains and deprivations that the citizens of Berlin experienced during the bombings, whether they were for or against Hitler. The war destroyed millions people’s live, even children who were born just before its outbreak and who have never really felt a day of freedom in their lives. Life in the cellar must have been exhausting and it is good that someone talks about it.

Ps. How can Peter be so spoiled?
Profile Image for Maral.
290 reviews71 followers
October 3, 2022
No han pasado cien años de esa guerra que se llevó por delante la vida de millones de personas y parece que nos hemos vuelto inmunes al dolor de las otras personas, esas que hoy salen en los medios de comunicación en la guerra de Ucrania y como no en muchas otras antes que esa.
Este libro es un relato del dolor, de la vida, de la supervivencia de una niña y la gente que la rodea en ese medio hostil.
No valoro este libro a nivel literario, sino como testimonio vivo de una aterradora experiencia.
Profile Image for Silvia.
254 reviews35 followers
July 28, 2023
Drammatico eppure bellissimo, Il rogo di Berlino è un racconto spietato di un'infanzia nella Berlino degli ultimi mesi di guerra. Un'infanzia già di per sé complicata da abbandoni, rifiuti, troppo poco amore, ma che in aggiunta si snoda a lungo in una cantina umida, dove ci si barcamena tra la fame più disperata, una paura costante e paralizzante, una comunità raffazzonata, affetti sfilacciati, una perenne sensazione di impotenza e di fine imminente. Le luci sono pochissime, la speranza è flebile. Il lessico però è affilatissimo, studiato, dà l'impressione di una profonda ricerca e che nessuna parola sia stata scelta a casaccio. La consapevolezza di star leggendo una storia vera acuisce il senso di angoscia e claustrofobia.
Profile Image for La Lettrice Solitaria.
174 reviews295 followers
May 6, 2018
Bellissimo. Questi sono i romanzi di cui non farei mai a meno. Storie di vita vera, come lo è quella della scrittrice che, con sapiente distacco costruito dopo anni di sofferenze, riesce a raccontare la sua infanzia vissuta in una Berlino dilaniata dalla guerra. Si legge spesso di narrazioni nei campi di concentramento o nei ghetti ebraici, ma questo romanzo è la necessaria controparte: la storia di una ragazza tedesca - o meglio austriaca ma vissuta a Berlino durante l'infanzia - e del suo sguardo sugli eventi, con un occhio amaro su rapporti famigliari disgregati, sul cinismo disperato che si risveglia tra gli uomini in tempi di stenti, e sull'impossibilità e la non volontà dichiarata di dimenticare ciò che si è vissuto e visto. Per fortuna di noi lettori, Helga Schneider non si limita a ricordare, ma è anche una bravissima narratrice, delicata e poetica nel descrivere la felicità come il dolore.
Profile Image for Cristina.
481 reviews75 followers
October 26, 2018
Impresiona la historia de la Helga niña enfrentada a una época cruel y dura.
Impresiona lo que cuenta y cómo lo cuenta, aunque a veces la madurez de la narradora hace que pierda un poco la verdad de la visión infantil.
Esa niña que no entendía que su madre la abandonara, que su padre no estuviera, que su madrastra no la quisiera y que el mundo que la rodeaba fuera un caos y se limitara a las cuatro paredes de un refugio en una ciudad abocada a la ruina.
Algunas partes son duras, pero ciertas atrocidades también han de ser recordadas.
Recomendable, aunque no para todo el mundo.
Profile Image for soulAdmitted.
290 reviews70 followers
Read
July 8, 2018
“C’era un’atmosfera di sinistro incanto [...]. Trascorsi qualche istante a compatirmi per essere condannata a sopravvivere [...].
Il sole era incorruttibile”.
Profile Image for Guendalina Ferri.
168 reviews
October 25, 2023
Non si può recensire “Il rogo di Berlino” di Helga Schneider. Recensire un libro significa fondamentalmente giudicarne la storia, analizzare ciò che succede, darne un giudizio. Come si fa, dunque, a recensire una storia vera? È inutile dire che l’intreccio è poco originale, noioso, o al contrario interessante: le cose sono andate proprio così. Non è giusto dare un giudizio su questa o quella decisione dei personaggi: è una scelta vera, compiuta per davvero, che è irrispettoso e sbagliato giudicare.
Recensire una storia vera significa recensire l’esistenza di una persona – di più persone – e non ho intenzione di farlo. Non voglio parlare del romanzo a livello tecnico, non voglio giudicare il modo di esprimersi e di raccontare di Helga – scrivere di sé è così intimo, così diverso dallo scrivere racconti o romanzi, che commentare la scelta di far emergere una determinata emozione, di concentrarsi su un certo episodio, mi sembrerebbe sterile e superficiale – né tantomeno voglio dare un giudizio sui personaggi e le loro vicende.
Voglio però parlare di come ho vissuto “Il rogo di Berlino”. Di come l’ho vissuto io, in modo del tutto soggettivo. Ho iniziato a leggerlo con scarso entusiasmo: le edizioni Adelphi di solito trascinano dietro di sé quella patina da lettura impegnata, e nel periodo in cui ho cominciato a leggere il libro della Schneider non avevo affatto voglia di letture impegnate. Ho iniziato a leggerlo una notte alle due e una notte alle due l’ho terminato, con gli occhi e il cuore pesanti. C’è voluto poco perché “Il rogo di Berlino” mi prendesse come un libro non mi prendeva da settimane: dopo i primi capitoli ho cominciato a provare per Helga un’empatia incredibile, accentuata dal fatto di sapere che era una storia vera, che era tutto vero. Ho detestato la matrigna, ho provato il desiderio di tirare due ceffoni a Peter e un profondo affetto per Opa. Ho condiviso la paura di Helga nella cantina, ho letto col fiato sospeso le pagine sui soldati russi e sui bombardamenti, ho provato un senso di nausea nel bunker di Hitler.
Perché questo è un libro che, volente o nolente, non lascia passivi. Non si lascia leggere e basta. Osserva la cosa più atroce del mondo con il mezzo più limpido del mondo: osserva la guerra con gli occhi di una bambina. E negli occhi dei bambini tutto si amplifica: l’orrore dei bombardamenti, l’ingiustizia di una punizione, l’affetto di un nonno che non è neppure un nonno vero e proprio. Ed è tutto vero. Gli occhi di Helga sono gli occhi di una bambina tedesca: tedesca, in un mondo in cui “tedesco” implicava solo colpevolezza e cattiveria. “Il rogo di Berlino” ribalta questa concezione, ancora troppo radicata: al di là di ideologie e politica, in quella cantina, accanto a Helga e a Opa e a Peter, c’è solo tanta paura. È una storia vera che mostra la Storia vera, quella fatta di gente normale con vite normali che vengono stravolte senza tanti complimenti. Gli occhi di Helga analizzano tutto: i legami tra le persone, le parole, l’orrore, la tenerezza, lo sconcerto, il disgusto, la speranza, la rabbia, il dubbio, i se, la meraviglia. E tutto amplificano.
Non si può recensire “Il rogo di Berlino” perché è una storia vera. Ma proprio perché è una storia vera riesce a coinvolgere e a sconvolgere come pochi romanzi sono in grado di fare.

Profile Image for Gauss74.
465 reviews93 followers
August 22, 2017
"Sotto il nazismo ero qualcuno, adesso non sono nessuno".
C'è da restare basiti e sconvolti come Helga Schneider se cercando la propria madre a trent'anni dal rogo di Berlino dell'Aprile 1945, trent' anni dopo una separazione che forse in realtà è stata un abbandono, venissimo salutati in questa maniera. La ormai adulta Helga espelle sdegnata la madre snaturata dalla propria vita, e scrive questo libro di ricordi come uno sfogo. Sono i ricordi dell' assedio di Berlino, dell'incubo, degli uomini ridotti a topi e della vita senza alcun valore.
Se leggessimo questo libro come se fosse stato scritto da uno storico, sarebbe molto lontano dalla sufficienza: lo stile traballa, non mancano incongruenze temporali anche gravi, tutto sembra denunciare un sostanziale dilettantismo.
Ma non bisogna dimenticare che tra queste pagine è la Helga Schneider bambina che viene fuori, e scrivendo questo racconto mi accorgo che si può pensare a "Il rogo di Berlino" come all'immagine speculare del "Diario" di Anna Frank. Anche qui abbiamo una bambina alla quale la guerra ha strappato via prima l'infanzia e poi la libertà: cinicamente abbandonata dalla madre e consegnata ad una matrigna che non lo vuole (il padre è al fronte), con un fratello sbruffone e viziatissimo che è il vero e proprio nazista in fieri, Helga dovrà imparare a sopravvivere ad una vita da topo di fogna, sotto i bombardamenti dell'aviazione alleata prima e dell'artiglieria russa poi; dovrà imparare a nutrirsi di carne marcia ed a convivere nella stessa stanza con persone che non si lavano da mesi; conoscerà la paura della vendetta sovietica e l'orrore dello stupro di gruppo perpetrato davanti ai suoi occhi.
Vero è che Helga Schneider sopravvivrà per raccontarlo, Anna Frank no. Il che è molto, ma non necessariamente solo in senso positivo, se l'esperienza dell'incontro con la madre è stata quella descritta.
Resta un pensiero affascinato, nelle parole delle piccole Anna e Helga, una vittima e l'altra segnata per sempre dalla guerra. La capacità della vita di avere la meglio su tutto, l'ostinazione dell'infanzia di cercare sempre nuove possibilità, di irradiare sempre nuovi raggi di luce, di dare priorità alle piccole cose del loro mondo dell'infanzia piuttosto che al tenebroso orrore degli adulti.
Ovviamente sono ben lontano dal pensare che le sofferenze del popolo tedesco alleviino anche solo di un capello le sue colpe storiche di creatore e sostenitore della follia nazista. Ma poter leggere questo libro dopo il "Diario" di Anne Frank ("Il rogo di Berlino" NON vale il "Diario", sia chiaro) mi ha dato un'idea ancora più precisa e tristemente consapevole di cosa è stata la guerra per i bambini di tutti i paesi belligeranti.
Non è poco, forse è troppo.
Profile Image for Marina.
898 reviews186 followers
June 10, 2017
Helga Schneider nasce in Slesia nel 1937, trascorre l'infanzia a Berlino e, dopo aver vissuto in Austria, dal 1963 risiede in Italia e ha adottato l'italiano come sua lingua letteraria.

La piccola Helga viene abbandonata dalla madre, insieme al fratellino Peter, nel 1941. La madre è una fervente nazista che decide di dedicare la sua vita al Führer e alla causa nazista. Andrà a "lavorare" a Birkenau, dove fa la guardiana, e dopo la guerrà verrà condannata a sei anni di carcere. Quando Helga decide di incontrarla per la prima volta dopo l'abbandono, nel 1971, la madre non fa che parlare della sua "bella" vita sotto il nazismo, per concludere dicendo che a quell'epoca era qualcuno, e ora non è nessuno.

Helga e suo fratello vengono lasciati dapprima con la nonna, in seguito il padre si risposa e i bimbi andranno a vivere con la matrigna, mentre il padre viene mandato al fronte. La matrigna non sopporta Helga e non perde occasione per maltrattarla, mandandola prima in un istituto di correzione simile a un lager, poi in un collegio dove invece la piccola si troverà bene. Il collegio è appena fuori Berlino e sembra di stare in una sorta di oasi felice, mentre Berlino è sottoposta ai pesanti bombardamenti sovietici. Nonostante questo Hilde, la sorella della matrigna, va a riprendere Helga per riportarla a Berlino.

Qui Helga, suo fratello, la matrigna, Opa (ovvero il nonno acquisito) e Hilde quando non è al Ministero della Propaganda dove lavora, sono costretti a vivere in una cantina per ripararsi dai pesantissimi bombardamenti che ridurranno la città in un cumulo di macerie e cenere a causa dei roghi continui. I due bambini sono violentemente privati della loro infanzia, non vedono che morte, devastazione, violenza e terrore intorno a sé, e non conoscono praticamente altro.

By Bundesarchiv, B 145 Bild-P054320 / Weinrother, Carl / CC-BY-SA 3.0, CC BY-SA 3.0 de, https://commons.wikimedia.org/w/index...

Man mano che i mesi passano, gli abitanti della cantina, e in realtà tutti gli abitanti di Berlino, scenderanno in una spirale di orrore: niente o quasi più cibo, code inverosimili per riempire le taniche di un'acqua sempre più rara finché non sarà necessario bere quella del fiume che attraversa la città, malattie, denutrizione, sete, cadaveri ovunque, allarmi aerei, bombardamenti senza preallarme. Le persone, inevitabilmente, si abbrutiranno sempre più finché pian piano sembrerà ormai impossibile mantenere anche un briciolo di dignità: per cui non esitano a uccidere per procurarsi del cibo, ad avventarsi l'uno sull'altro per un tozzo di pane, e così via. La discesa in questo orrore sembra essere velocissima, il che probabilmente è dovuto al fatto che il libro è molto corto, appena 229 pagine, perciò il racconto è succinto per forza di cose.

Poi, a un certo punto, arriva improvvisa la pace, con i russi che occupano la città e che, in generale, sembrano essere buoni con gli abitanti della cantina, ma quando ubriachi non esitano a stuprare brutalmente donne e ragazze.

Helga Schneider ha dovuto vedere tanti di quegli orrori che mi domando come sia potuta rimanere sana di mente, ma poi mi dico che la sua è stata la sorte di tutti coloro che hanno vissuto la guerra, e probabilmente moltissimi di loro ne sono stati gravemente traumatizzati, mentre gli altri sono sopravvissuti mentalmente indenni forse perché sono riusciti ad aiutarsi a vicenda in mezzo a tanto orrore. Eppure, dice Helga, quello che loro hanno vissuto non è niente a confronto di quello che, scoprono a guerra finita, hanno dovuto subire milioni di ebrei nei campi di concentramento.

Helga vuole ricordare, lo dice più volte nel corso del libro, lei anche da bambina vuole guardare tutto, anche le cose più orribili come la morte di una ragazza tisica stuprata da un soldato russo, perché per lei fin da subito la memoria è importantissima. Tanto che per lei sarà difficile staccarsi da Berlino quando nel 1947 se ne andranno per seguire il padre tornato in Austria (la famiglia è di origine austriaca). E credo che questo libro sia stato scritto proprio con l'intento di dare voce a quella memoria, a quella storia.

All'inizio sembra un libro volto a esaminare l'abbandono di Helga da parte della madre e la conseguente vita con la matrigna, ma inevitabilmente questa vita con la matrigna si intreccia alla storia del rogo di Berlino, e perciò man mano il libro diventa il racconto dei bombrdamenti subiti da Berlino, visti con gli occhi di una bambina che è dovuta crescere più in fretta della sua età. È perciò un libro straziante, prima per le angherie subite da Helga, poi per il racconto di ciò che i berlinesi hanno dovuto subire sotto le bombe. Ed è, io credo, un libro che va letto, da tutti, e poco importa se molti ritengono che l'autrice non sappia scrivere (cosa che a mio parere, tra l'altro, non è affatto vera): al di là della maestria o meno dell'autrice, è un libro importante, e sarebbe bene che fosse conosciuto da molte più persone.

By No 5 Army Film & Photographic Unit, Wilkes A (Sergeant) - This is photograph BU 8604 from the collections of the Imperial War Museums (collection no. 4700-30), Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index...
Profile Image for Caro.
369 reviews79 followers
September 29, 2022
Una autobiografía de la autora que de niña vivió los últimos días de la caída de Berlin, es una historia dura, triste, desoladora, una niña despojada del amor de su madre, un padre ausente por la guerra, una madrastra que la rehúye, el único consuelo entre tanto horror, bombardeos, hambre, falta de agua, de condiciones mínimas de salubridad, encerrada con desconocidos en un sótano para evitar el caos con el avance de las tropas soviéticas y el constante bombardeo de los bandos, aliados, nazis y soviéticos, es el padre de su madrastra, un hombre honesto, empático y cariñoso que hará un poco más llevadero el horror.
Profile Image for Sonia  .
116 reviews23 followers
November 17, 2021
Il mondo non ha più nulla da offrirmi perché mi ha già preso tutto: l'infanzia, mia madre, mio padre, la nonna, mio fratello. Cosa mi resta? La fame, la sete, la paura, il freddo, la solitudine.
Profile Image for María Greene F.
1,153 reviews241 followers
April 11, 2017
Uf. Éste sí fue un viaje... muy crudo, muy sincero. Muy bien escrito, y también entretenido, pero durísimo. Hay que tener guata. No sé si se lo recomendaría a todo el mundo, aunque sí lo haría a quienes hoy promulgan las guerras, porque definitivamente explora el lado desgradable y poco glorioso de ellas, y eso ayuda a quitar "el glamour". Es especialmente interesante que sea una autobiografía, más encima de una niñita en plena Guerra Mundial II.... más encima, del lado de los nazis (aunque, más que ella, su familia).

Algo que me gustó de este libro es su sinceridad. Solo cuenta, y no intenta moldear los sentimientos de la Helga niña tras una mirada adulta y no da excusas... simplemente muestra lo sucedido y cómo cada uno debió lidiar con ello.

Una parte especialmente interesante es cuando, al final, la autora cuenta cómo, una vez pasada la guerra, quienes tuvieron que vivir hacinados juntos en el refugio, en vez de acercarse, se rechazan... por ser un recordatorio viviendo de lo que había pasado. Tal hecho va fuera de toda tónica hollywoodense, y es que LA GUERRA NO ES HOLLYWOODENSE. Es un ejercicio vacío. Muchos mueren por el nombre de muy pocos. Diría yo.

Es bueno que haya libros que lo recuerden. Hay parte muy morbosas, muy gráficas, muy terribles. Pero la guerra es así. También hay partes dulces (no muchas) y es que la gente siempre lleva su corazón a todos lados. Aún en el pasaje más desolado puede existir bondad.

Y eso es todo lo que tengo para comentar. Gracias a la autora por contar su experiencia. Y AMÉ A AL ABUELO. Gracias por su labor, dulcísimo señor.
Profile Image for fdifrantumaglia.
208 reviews49 followers
July 2, 2023
Dopo Lasciami andare, madre un'altra importante testimonianza di Helga Schneider.
Profile Image for Roberta Castelli.
Author 5 books15 followers
July 6, 2018
Non ci sono stelline che possano rendere giustizia a una storia così tragica. È da leggere, non credo sia necessario aggiungere altro.
Profile Image for Danilo De rossi.
176 reviews9 followers
September 1, 2019
Helga Schneider, Il rogo di Berlino, Adelphi.

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Il rogo di Berlino è un libro di cui non è facile parlare, sostanzialmente per due motivi: il primo è che non si tratta di un romanzo puro, nel senso che non ha nulla di inventato, anzi si pone come assoluto punto di incontro tra la macro Storia, quella dei grandi eventi, quella con la S maiuscola, e la micro storia, quella dei singoli individui, quella con la s minuscola. In seconda battuta non è facile esprimerne un giudizio senza farsi condizionare emotivamente, perché il punto di intersezione tra quelle due diverse declinazioni di “storia” va a coincidere esattamente con il vissuto dell’autrice. Triste, tragico, che non si può non compatire, nel senso di rendersi partecipi dello stesso
dolore, di condividerlo.
Si tratta di un romanzo duro, potente più sul piano delle immagini che non su quello delle parole. Una narrazione in cui il racconto delle conseguenze della politica hitleriana finisce col tradursi nell’urgenza di denunciare un’infanzia negata e mai risarcita, con cui la stessa Schneider non ha smesso di fare i conti neanche da adulta. È una storia di privazioni, affettive prima ancora che materiali, in cui viene messa a nudo la fragilità dell’essere umano, la sua vulnerabilità, la sua corrutibilità. È la storia di una madre che ha barattato l’amore per i figli con l’adesione totale all’ideologia nazista; ma è soprattutto la storia di una figlia che ha dovuto sopravvivere agli orrori della guerra senza l’affetto della famiglia, finendo col trovare un punto di riferimento in un nonno putativo, padre di una matrigna da cui non si è mai sentita accettata.
È un romanzo che non lascia indifferenti, in cui più volte ci si chiede “ma io cosa avrei fatto al posto di Helga?” Ecco, magari avrei tentato anche io di trovare della risposte a delle domande che avrebbero finito col tormentarmi, avrei voluto sapere anche io il motivo dell’abbandono, ma poi sarei stato capace di perdonare una madre che a me figlio ha preferito la “carriera” in un campo di sterminio? E ammesso e non concesso che fossi stato in grado di scindere le responsabilità di questa madre nei confronti di me figlio da quelle relative ai crimini di guerra, avrebbe avuto senso un perdono a metà? Perché perdonare per le sofferenze proprie si può, ma per quelle degli altri no. Quindi un perdono a metà è realmente un perdono? Probabilmente no. Provo solo ad immaginare la croce che si porta addosso questa donna e già solo per questo ha il mio massimo rispetto. A lei però va anche il ringraziamento per averci ricordato come sapere e ricordare siano necessari per non vivere con la memoria dei pesci rossi. Come sapere e ricordare servano per non vivere in un eterno presente, senza ieri, senza domani. Come ancora servano per guidare il mondo nella direzione che vogliamo.
Profile Image for Lorenzo Berardi.
Author 3 books266 followers
August 2, 2009
This book is basically built around one peak moment: the young protagonist meeting Adolf Hitler in the Reich Chancellery bunker during the dark days of the so called Battle of Berlin.
One may say I'm underrating the importance of "The Bonfire of Berlin" while writing this, but actually I do think this is the main reason that led editors to publish this book.

Don't take me wrong. I was really interested in this story and particularly happy when I found it midprice. Then I literally devoured the 240 pages wrote by Helga Schneider. Yet sometimes quickness in reading is not to take as a good signal. I guess how most of the times people devour bestsellers, rather than brilliant and insightful books just to read what happens next. As for me, I read the "Da Vinci Code" in a single afternoon but I do think it's crap. Personally a slow reading is more involving and makes me wonder more about story, plot, characters and the message behind a book.

What disappointed me in "The Bonfire of Berlin" has very much to do with both: style used by Helga Schneider and her attempt to write a self-biographical book based on her childhood experiences.

Chapter One: style.
I didn't understand why Schneider switches from present to a literary past tense (at least in the Italian edition) from chapter to chapter and even inside the same chapter without a logic. I mean it's not about flashbacks or reminiscences of the young Helga, it's just random. Moreover, my impression is that the whole book has been written in one week or something, without caring that much of a re-reading process. I reckon how this aspect may be a quality, looking like a spontaneous need of narrating a story long time kept by the author, but I didn't appreciated it as maybe someone else did. Schneider language is very direct but oozes too much with victimism: basically young Helga is the only good and honest person around the collapsing Berlin, while everyone else is, depending on circumstances, selfish, arrogant, spoilt (her little brother, portrayed as a blond little creep) or double-dealing. I found this vision a little bit disturbing.

Chapter Two: autobiography
One may wonder how is possible that 50 years later, Schneider is able to recall what she felt as a seven years old girl, reconstructing whole dialogues and situations with such accuracy. She never mentions about having a diary while living that awful experience and even if she tries to explain this precision with frequent references towards the end of the book to the importance of "looking around for remembering it all" I have some doubts about it. But I guess how this "power of memory" is a common problem while talking about autobiographic novels.

Given this, there are still many good reasons for reading this book, especially if you're interested in a different account of the final days of Germany in World War II seen (and felt) from the side of the defenceless population. But "The Bonfire of Berlin" is still very far from perfection.
Profile Image for Valeria.
185 reviews14 followers
March 17, 2024
Mia cara Helga non conoscevo la tua storia, mi hai straziato il cuore.
Una storia autentica, cruda e dolorosa della vita di una bambina tedesca durante la seconda guerra mondiale: un infanzia perduta, fame, sete, violenza, solitudine, mancanza d’amore e una Berlino completamente distrutta sotto un sole indifferente che illumina le macerie, i cadaveri e i prati.

“Voglio un cielo azzurro, non attraversato dagli uccelli neri. Voglio respirare un’aria che non sappia di cadaveri e notti che non esplodano sopra la mia testa. Voglio un Dio che fermi la guerra!
Voglio vedere il mare. Dicono che é grande, azzurro e puro. Voglio vedere una spiaggia. [..] Dicono che in tempo di pace la gente va in vacanza. Voglio andare in vacanza! Voglio andare al mare!”
Profile Image for Frannie.
509 reviews221 followers
December 4, 2018
Agghiacciante e dolorosissimo, come solo le storie vere sanno essere, Il rogo di Berlino è il resoconto senza filtri di un’esperienza diretta della guerra. La voce è quella di Helga Schneider, abbandonata all’età di 4 anni insieme al fratello minore da una madre fanatica, arruolatasi nelle SS naziste. Il padre, risposatosi con una donna più giovane, parte per il fronte lasciando la bambina con una matrigna che la disprezza e che tenta in tutti i modi di allontanarla, riversando tutto il proprio amore solo sul fratellino e crescendolo come se fosse suo figlio.

Gli orrori della guerra arrivano presto a sconvolgere la vita della narratrice, che come molti civili tedeschi appartenenti a quella razza ariana prediletta da Hitler, si trova costretta a riparare in una cantina maleodorante e scarsamente illuminata, dove il rumore dei bombardamenti arriva ancora più amplificato dalla fame, dal freddo e dalla paura.
Quello della Schneider è un racconto asfissiante, claustrofobico, che rivela tutta la bestialità di una guerra che non soltanto ha spazzato via ogni speranza, a prescindere dal lato in cui si decideva di combattere, ma che ha svuotato gli uomini dell’essenza stessa dell’umanità. Il cambiamento, seppur temporaneo, del fratello della protagonista, è emblematico: da bambino prepotente e chiassoso a creatura apatica, taciturna, indifferente a tutto ciò che lo circonda. Un guscio vuoto.

Credo di poter avvicinare questa lettura soltanto a quella di Se questo è un uomo di Primo Levi, ormai risalente a molti anni fa, ma che ricordo ancora con grande chiarezza. Un orrore così immenso da far tremare l’anima. Ma anche un viaggio che, per quanto doloroso, abbiamo il dovere di compiere.
Profile Image for Padmin.
991 reviews57 followers
February 28, 2021
Indicazioni editoriali
Vienna, 1971. In un appartamento nel cuore della città una giovane donna sta per incontrare sua madre. Non si vedono da trent’anni. Helga era bambina quando, in una Berlino già sventrata dalle bombe, la madre aveva abbandonato il marito e i figli per entrare volontaria nelle SS. Ora, dopo pochi formali abbracci, la conduce verso un armadio dentro al quale è riposta una perfetta uniforme nazista. Sospira, nostalgica. E Helga scappa, corre per le scale, si allontana per sempre da lei e da quella implacabile fedeltà.
Passeranno altri vent’anni prima che Helga Schneider si decida a ripercorrere la sua infanzia. Ne è nato un libro diversamente implacabile, dove la memoria, anziché stendere un velo di pietà o di perdono, sembra liberare una rabbia troppo a lungo taciuta; un libro che ci fa rivivere i morsi della fame, la solitudine dei collegi, le angherie di una matrigna, la paura dei bombardamenti, la voce del Führer che echeggia nel bunker della Cancelleria, la lunga reclusione in una cantina: fino al giorno in cui i primi soldati russi avanzano in una Berlino ormai completamente distrutta.

Ma non è un capolavoro. Ci sono tanti modi per testimoniare gli orrori della guerra (la Schneider la racconta coi suoi occhi di bambina), eppure non ho trovato il pathos che mi sarei aspettata. Per restare in ambito berlinese, quanto è più profondo "L’Antigone di Berlino" di Rolf Hochhuth...
Profile Image for Costanza.
46 reviews6 followers
May 5, 2024
Il ritratto di una storia meno ricordata, la disfatta di Berlino. Una narrazione, uno stile e un lessico che mi ha inebriata…sono rimasta davvero colpita dalla scrittura di Helga Schneider.
Ci sono tante scene di questo libro che mi sono rimaste impresse e anche tanti interrogativi. Sono tuttə colpevoli? I civili che ruolo hanno davvero avuto nella guerra? La sofferenza può riportare la serenità?
Titolo perfetto! Il rogo di Berlino. L’inferno.
Profile Image for Profumo Di.
117 reviews12 followers
March 15, 2020
Bel libro ma letto nel momento sbagliato. La storia (autobiografica) è quella di una bambina e del suo fratellino abbandonati dalla madre che si è arruolata nelle SS e costretti a vivere, o meglio, sopravvivere, chiusi in uno scantinato insieme ad altre povere anime come loro mentre tutto intorno imperversava la follia. Mi rendo conto che nel periodo di coronavirus tutto avrei dovuto leggere tranne una storia di reclusione forzata, diversa ok, ma il senso di claustrofobia, di dolore, di rabbia che normalmente si possono provare leggendo di lager e di rifugi bombardati si sono riversati su di me accentuando l'ansia e causando una sorta di rigurgito emotivo. Ho faticato a portare a termine questa lettura benché, ripeto, io l'abbia apprezzata e mi dispiace perchè mi rendo conto che in un momento diverso lo avrei apprezzato di più.
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