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Le stelle fredde

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Roma, Edipem, 1973, 8vo legatura editoriale in balacron con fregi dorati, pp. XXVIII-186, timbro al frontespizio.

240 pages, Paperback

First published January 1, 1970

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About the author

Guido Piovene

71 books8 followers
Appartenente a una famiglia nobile, costituita da Francesco e Stefania di Valmarana, conseguì la laurea in filosofia all'Università degli studi di Milano, dove conobbe tra gli altri il filosofo Eugenio Colorni. Si avviò alla carriera giornalistica da subito, incomonciando da Il Convegno e Pegaso, ricoprendo il ruolo di inviato fin dalla sua prima assunzione per il quotidiano L'Ambrosiano, dalla Germania. Passò successivamente al Corriere della sera, per cui lavorò da corrispondente estero a Londra e Parigi: presso la testata lombarda conobbe Dino Buzzati, Orio Vergani e Indro Montanelli. Fece scalpore al tempo la recensione entusiastica che il giornalista, noto osservatore del mondo comunista, scrisse per il libello antisemita "Contra Judaeos" di Telesio Interlandi: questo fatto gli costò l'amicizia con Colorni. Nell’articolo uscito sul Corriere della Sera, Piovene tentò di instillare nel pubblico una “coscienza razziale”, affermando che:

« Gli ebrei possono essere solo nemici e sopraffattori della nazione che li ospita. Di sangue diverso, e coscienti dei loro vincoli, non possono che collegarsi contro la razza aliena »
(G. Piovene, Contra Judaeos, in Corriere della Sera, 1º novembre 1938)

Piovene non condannò mai il regime fascista e fu un acceso sostenitore della campagna per la difesa della razza[1]. Tuttavia, Ernestina Pellegrini asserisce che il Piovene partecipò alle ultime fasi della lotta partigiana, dandone diretta testimonianza in un articolo dal titolo "Non furono tetri", uscito sulla rivista romana "Mercurio" di Alba De Céspedes[2]. Collaborò più avanti con Solaria, Pan, Il Tempo, La Stampa, con la quale proseguì la sua attività di inviato dapprima in America e successivamente a Mosca.

Nel 1931 pubblicò i suoi primi racconti ne La vedova allegra, stampato dai fratelli Buratti. Ci vollero dieci anni perché Piovene desse alle stampe la sua seconda opera, Lettera di una novizia, romanzo epistolare che mette in luce l'indagine psicologica su cui lo scrittore indugia per far risaltare gli aspetti più cupi e concentrazionari della società vicentina, dominata dal moralismo religioso oppressivo e sospettoso. All'analisi fatta da Piovene degli ambigui tormenti esistenziali della giovane Rita si aggiungerà, negli anni cinquanta, Il prete bello di Goffredo Parise, anch'esso ambientato nel Veneto cattolico e bigotto della prima metà del secolo ma caratterizzato da un realismo venato di dissacrante ironia.

In un secondo momento, la produzione di Piovene si soffermò sui reportage di viaggio, che diede alla luce il De America nel 1953, seguito a ruota da Viaggio in Italia (1957), una delle sue opere più famose. Ritornò alla narrativa nel 1963 con Le furie, romanzo-saggio che è la cronaca di un ritorno a Vicenza e del confronto con i personaggi-fantasmi ("furie" appunto) del proprio passato. A dieci anni di distanza dal Viaggio in Italia pubblicò anche Madame la France e La gente che perdé Gerusalemme. Nel 1968 fu presidente della giuria della Mostra internazionale del cinema di Venezia. Il massimo conseguimento della mai dimenticata introspezione psicologica dei personaggi lo ottenne con il romanzo del 1970 Le stelle fredde, in cui una trama striminzita fa da sfondo ad un'abilissima analisi della morale. Il libro venne insignito del premio Strega. Nel giugno del 1974 appoggiò Indro Montanelli nella fondazione de il Giornale Nuovo. Cinque mesi dopo morì in una clinica neurologica a Londra, città nella quale si trovava per il lavoro come corrispondente.

Se esiste uno denominatore comune che salda tutti i romanzi di Piovene, questo si può rintracciare nella focalizzazione delle cause e delle conseguenze delle tendenze al male, alla negatività, alla distruzione, del singolo individuo, dei nuclei e della società.

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24 (14%)
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9 (5%)
Displaying 1 - 21 of 21 reviews
Profile Image for Patrizia.
536 reviews164 followers
October 6, 2019
Un uomo recide ogni legame con la vita che ha sempre condotto e torna nella casa di campagna in cui è cresciuto. Il suo è un distacco graduale dalla realtà che lo disgusta, da cui l'essere umano è sparito, "Ne restano i simulacri, esseri umani finti ma condannati a credere che esista ancora. Sorpresi dall’avvento delle stelle fredde, inaspriti dal gelo in cui stanno morendo i loro ultimi avanzi.” Recarsi in un luogo conosciuto, ma lontano dal mondo in cui fino a poche ore prima si è mosso, è la prima tappa di un viaggio verso una nuova, possibile (?) forma di vita e di felicità. Un viaggio durante il quale il protagonista va man mano spogliandosi della propria identità esteriore per immergersi totalmente nella natura, che va assumendo, pagina dopo pagina, un ruolo di primo piano.
Il linguaggio è quello della poesia, in un lungo soliloquio interrotto da dialoghi con persone sempre meno reali. Sembra di entrare in un universo parallelo, fatto di luci, silenzi, osservazioni accurate, in cui lo spartiacque/portale è un magnifico ciliegio, ultimo contatto col mondo reale.
"era la cosa vivente che amavo di più in casa mia, che avevo spesso ricordato, e da cui mi piaceva essere ricevuto dopo una lunga assenza. Emanava una grande, quasi smisurata energia, trasmetteva una vibrazione invisibile come le onde eteree che giungono fino alle stelle; era l’energia degli dei, dei grandi animali e dei morti".
Quando il padre lo farà abbattere, anche quell'ultimo pezzo di realtà verrà risucchiato nel nulla. Rimarrà il protagonista con le sue visioni, le sue riflessioni sulla morte e sull'aldilà, veicolate da un risorto e disincantato Dostojewski, insieme a un poliziotto filosofo di nome Sergio. Due alter ego del protagonista? Non ha molta importanza. Sono molto belle le pagine in cui lo scrittore russo parla del suo risveglio nell'altro mondo. Viene spontaneo il paragone con "Il sorriso eterno" di Pär Lagerkvist. Anche lì i morti camminano apparentemente senza meta, un lungo andare quasi meccanico. Ma mentre in Lagerkvist sono ancora legati alla vita terrena, che ricordano e rimpiangono, nel romanzo di Piovene camminano, in un paesaggio che cambia impercettibilmente, in attesa di svanire. Forse per completare la morte, forse per rinascere ancora.
L'attenzione alla natura mette in risalto la luce. A volte morbida e liscia, a volte strana, "come se vi fosse mischiata la luce di varie sorgenti, di mare e di montagna, di sole e di luna”, altre instabile al punto da rendere indefiniti i contorni delle cose.
Sarà Sergio a riportare il protagonista in una sorta di nuova realtà, non la nostra, non quella di prima. Una realtà fatta di oggetti in cui immedesimarsi, in cui catalogare l'esistente con cura, trasformando l'io in "pensiero delle cose sopra se stesse, seconda faccia delle cose”.
Da qui l'ultimo passo, la scoperta che negli oggetti, nei paesaggi, nelle case, sopravvive la memoria.
"la stessa idea di ricordare si era modificata, non aveva quasi più senso. La sostituiva l’idea di guardare la cosa assente. Il presente e il passato avevano lo stesso grado d’immediata evidenza”.
E nella memoria, il "recupero dei morti". Fa da guida, la fotografia del ciliegio, immobile nel suo splendore, "apparteneva oramai a un’altra stagione rispetto a tutto quello che lo circondava”.
In questo suo vivere "dentro un movimento di soli – lune – alberi – piogge – esseri vivi e morti – eventi vicini e lontani – ma dalla loro parte", il protagonista riprende possesso di sé e di un possibile senso dell'esistenza.
Profile Image for eli.
159 reviews8 followers
December 24, 2023
Ho riletto questo romanzo a distanza di diversi anni e mi è piaciuto ancora di più della prima volta. È stato oggetto di studio per un esame universitario e rileggerlo a distanza di tempo mi ha permesso di apprezzarlo fuori dall’ottica strettamente tecnica e di godermelo da un punto di vista meramente letterario. La scrittura è scorrevolissima, seppure i temi trattati siano molto corposi e impegnativi.
Profile Image for dv.
1,401 reviews59 followers
June 2, 2020
Premio Strega nel 1970, questo libro è il primo di Piovene che leggo e ahimè non posso dire di essermici trovato in sintonia. L’avvio è promettente e parla di straniamento, di fuga, di mistero. La relazione con il padre e i luoghi natali, così come di nuovo il mistero che aleggia come minaccia, danno al libro corpo e ritmo. Poi, a un certo punto, tutto rallenta e si imballa, e da quando il protagonista incontra un personaggio che vuol farsi chiamare Dostoevskij, tutto si sfuma, perde eccessivamente di contatto con la realtà e, in definitiva, diventa noioso, senza che emerga più un filo narrativo dotato di sostanza. Peccato, probabilmente sono io a non averlo capito.
Profile Image for Il Pech.
353 reviews23 followers
November 15, 2023
⭐⭐⭐½

Premio Strega 1970. Un romanzo che è eufemistico definire originale.
È roba mattissima.

Insensatezza di vivere e nichilismo che sfociano nell'idea del mondo visto come un catalogo. Eh? Si.

La prima parte ha degli slanci poetici non indifferenti e in generale l'ho trovata pregna e travolgente, ma a lungo andare, purtroppo, aldilà della trama che si sfilaccia fino quasi a sparire, le pagine perdono ritmo e forza.
Ma forse l'autore voleva proprio questo.

Suggerisco come titolo alternativo:
DAL TRAMONTO AL SOGNO DEL VAGABONDO DELLE STELLE FREDDE CONTROCORRENTE MA IN UN FILM DI BERGMAN
Profile Image for Gustl.
107 reviews10 followers
February 1, 2015
" I cambiamenti che sembrano più gravi possono essere i più rapidi" Con questa citazione voglio celebrare una lettura senza la quale oggi sarei un po' diverso da ciò che sono. Romanzo manifesto del Piovene metafisico, narra di un uomo in fuga dalla vita, chiuso nel suo io e capace di incontri ultraterreni sempre sul filo che separa realtà da allucinazione.
Profile Image for ☮️⚧️ Pioggia d'estate Sole d'inverno '62 .
188 reviews13 followers
October 26, 2021
Il protagonista di Piovene è - tra quelli che ho incontrato leggendo – uno di coloro che meglio hanno saputo rappresentare la complessità delle inquietudini dell’uomo moderno, delle sue domande sul senso della vita, quando questo senso è da cercare dentro un’esistenza fatta di vuoti, di perdite e sconvolgimenti.

Quando tutto si spoglia della sua essenza – che siano l’amore, le relazioni, i valori morali, le passioni, ogni gesto quotidiano – è il momento di abdicare e disertare.

La sordità immaginaria di questo uomo è una corazza contrapposta al rumore, alla confusione; una cassa di risonanza dentro la quale si amplificano i suoi conflitti e le sue domande esistenziali che prendono il sopravvento sul caos del mondo.

In modo silenzioso ma determinato, la sua figura si stacca dalle pareti dell’oggettività, e abbandona una terra popolata da controfigure, carcasse di uomini simulatori, finti, illusi. Non a caso l’istinto lo riporta alle origini della sua esistenza, alle radici delle sue domande, alla casa dell’infanzia. Entra e si chiude in una dimensione incorporea di ancestralità, dove le voci si spengono e a guidarlo è il suo sguardo affidato a una natura dolce e potente, che avvolge la sua solitudine e la trascina in un’esperienza fantastica alla ricerca di risposte, verso incontri inaspettati e straordinari.

Un’analisi che non dà spazio a ulteriori illusioni, semmai disillude, non placa le angosce, non fa riemergere dalla solitudine, ma allo stesso tempo concede all’uomo uno sguardo benevolo e commosso. Un finale che apre uno spiraglio senza però liberarci dalla condanna dell’insensatezza del vivere.

Piovene, che avevo letto in “Viaggio in Italia”, è stato con “Stelle fredde” un’ulteriore grande scoperta per raffinatezza non solo dello stile ma anche del concepimento del testo e della forza introspettiva del personaggio.

Profondo, potente, esigente; un libro dal quale si esce come riemersi dal sottosuolo...
Profile Image for eri.
6 reviews
September 7, 2024
Cercare di categorizzare questo libro sarebbe come fargli un torto. Proprio come non sappiamo mai il nome del personaggio principale, non conosciamo i dettagli della sua vita, viviamo solo un anno di apatia, di non vita, di morte. E quindi la piattezza che se ne riscontra non è altro che un sintomo, un qualcosa di inevitabile, Personaggi fittizi come Fyodor non sono altro che un modo per punzecchiare il lettore, istigarlo. La stessa catalogazione di eventi, di memorie, di persone, non è invece che un modo di ricordare che una realtà esiste, ma non a noi, assolutamente. Questa è però una realtà più complessa, seppur scontata, piatta. Un tavolo, un morto, una donnetta, un ciliegio, hanno tutti lo stesso rilievo. Non è forse qualcosa da cui dovremmo imparare? Scrivo queste parole minuti dopo aver svoltato l’ultima pagina ed i miei pensieri sono ancora sconnessi, ma una cosa è certa: questo non è per niente un libro scontato, e non basta leggerlo per capirlo.
Profile Image for Isabella.
Author 3 books84 followers
December 15, 2021
Uno di quei libri che si presenta come un capolavoro, ma leggendolo non lo sembra molto e, anzi, fa sentire un po' stupido il lettore medio. Sicuramente carico dei suoi significati, non mi ha colpito, e non ho apprezzato l'introduzione dell'elemento "fantastico" del fantasma di Dostoevskij. Trovo che spezzi il flusso narrativo (ben tre capitoli di pippe filosofiche del grande autore). Avrei preferito continuare a leggere la storia del protagonista, senza l'ingresso di questa sottospecie di guida pseudo-filosofica, per raggiungere il finale attraverso altri espedienti.
Profile Image for людо.
2 reviews
January 25, 2025
La trama aveva del potenziale ma una pessima esecuzione. I primi cinque capitoli promettevano bene ma si è andato sempre di peggio con un finale insignificante, una soluzione quasi patetica e completamente monotona per tutta la durata del libro, mai mi sono sentita curiosa di continuarlo… Frasi scontate e una lirica a tratti quasi ridicola. Non amo il surreale nei libri e questo ne è da conferma. Personaggi e relazioni tra personaggi discutibili. Un libro discretamente inutile che finirà presto nel dimenticatoio .
4 reviews
February 5, 2025
Onestamente mi aspettavo un romanzo più lineare, ma il perdermi nella scrittura, nella sua scrittura, mi ha fatto apprezzare ogni pagina. Se si cerca un qualcosa di troppo chiaro e concreto, cambiare libro.
Mi è sembrato quasi di vedere un film di Sorrentino: estasiato dalle immagini, la trama viene meno, e ti abbandoni al bello. Delle riflessioni davvero interessanti, non banali.
Due frasi impresse, all’inizio e alla fine: «quelli senza ritorno sono gli unici viaggi veri» e «è gentile soltanto quello che esiste poco».
8 reviews
April 23, 2024
La trama è interessante, fino alla fine del libro accadono quelli che sembrano essere colpi di scena ma che non danno un vero e proprio risvolto alla vita del protagonista che rimane piatta. È molto descrittivo e riflessivo e ci sono elementi di cui non ne capisco il senso. Qualche frase mi ha colpita ma è un libro che, come parecchie serie TV, non dà un significato agli eventi che accadono e incuriosisce senza indagare a fondo sulle questioni.
Profile Image for Maurizio Manco.
Author 7 books131 followers
Read
November 1, 2021
"Nulla di più aggressivo dell'inesistente." (p. 8)

"Quelli senza ritorno sono gli unici viaggi veri." (p. 23)

"I dolori più forti [...] sono quelli che non si sentono. Sono arrivati così in fondo che hanno distrutto perfino la capacità di sentirli." (p. 126)
Profile Image for Giorgia.
3 reviews
November 28, 2023
Troppo poco realistico l'inserimento di Dostoevskij redivivo. Secondo me stride con il resto della narrazione. A parte questo, bel libro. La prima parte offre non poche poetiche riflessioni.
This entire review has been hidden because of spoilers.
1 review
February 28, 2024
Non so perché l'ho finito. Forse per la sua lingua impeccabile o forse per la mia mania di non lasciare i libri interrotti.
Profile Image for Andrea.
62 reviews2 followers
January 4, 2025
L'ho apprezzato più ripensandoci che leggendolo.
Profile Image for Chiara.
102 reviews
March 22, 2022
“Fino a quell’attimo non mi ero mosso dentro ma solo di fianco, in uno spazio separato, come quello in cui passano gli spiriti fiacchi dei morti che restano chiusi nel tempo in cui sono vissuti. Aspettavo un incontro.”
Profile Image for Jacques le fataliste et son maître.
372 reviews57 followers
October 16, 2011
Un catalogo di difficoltà comunicative: sordità, allucinazioni, fraintendimenti, menzogne… Un protagonista svuotato, senza intenzioni e in fuga dalla vita — non perché qualcuno o qualcosa muovendo da quegli spazi lo insidî (ché anzi la sua era una vita di successo), bensì per ritrarsi come da un’insensatezza, tornando addirittura nella vecchia casa, in campagna, dal padre, dove lo attendono le reticenze di quest’ultimo e, deciso a vendicarsi, l’uomo al quale ha portato via la compagna.
Quando la morte violenta dell’antico rivale costringe il protagonista, sospettato, a fuggire una seconda volta — non perché lo si voglia catturare, ma solo perché gli sono venute a noia le domande — la vicenda svolta verso il metafisico, il fantastico, infine il sovrannaturale — e si fa meno interessante, direi, con un Dostoevskij redivivo che racconta le proprie deludenti esperienze nell’oltretomba: un regno di ombre pudiche e incerte — a suo modo una prospettiva che dovrebbe raccogliere la simpatia del protagonista ma il cui racconto ben presto lo annoia; tanto che si accoglie — pardon: ho accolto con sollievo la scomparsa dell’ingombrante scrittore. Il romanzo si estingue nelle procedure di spersonalizzazione — queste sì interessanti — ideate dal protagonista nel tentativo, credo, di riagganciarsi alla realtà.
«Mi occorreva parlare, ma con una lingua diversa e ascoltatori diversi che nel passato. Nella mia carriera trascorsa la mia specialità erano i brevi aforismi pubblicitari: ne avevo derivato una piega mentale che mi portava a modellare i miei pensieri in quello stampo. Avevo allora l’abitudine di farmi preparare un mazzetto di schede (c’era nelle schede l’idea di una diligenza e di una precisione eccitanti) per passare dall’una all’altra la massima perfezionata, dal primo abbozzo ridondante alla forma definitiva. Immaginai di applicare lo stesso metodo per il mio nuovo scopo, ma non avevo carta. […] L’essere uscito subito dalla mia camera in cerca di fogli di carta […] mi aveva suggerito una serie di schede, forse più facile delle altre, su cui mi proponevo di farmi la mano. Era un censimento e una descrizione completa dei mobili e degli oggetti mancanti per le vendite di mio padre, ma indipendentemente l’uno dall’altro, una scheda ciascuno. […] Qualcosa cominciò a mutare nel mio catalogo. Gli oggetti, anche rimanendo tutti autonomi e pari, diventavano popolati. Ognuno conteneva una storia, fatti e persone, un evento della mia vita o delle vite altrui; anzi, se esaminati a lungo, contenevano tutto e tutti, benché in diversa prospettiva. Le stesse cose qui apparivano di faccia e in primo piano, lì in secondo piano e di sbieco, e altrove baluginavano appena in una lontananza incerta. Questa memoria degli oggetti non li portava però mai fuori del loro colore e della loro forma e non diminuiva l’autorità della loro presenza. Si fondeva con gli elementi della loro composizione, ne faceva una parte della morfologia del mondo.»
Profile Image for Margherita Dolcevita.
368 reviews38 followers
Want to read
November 15, 2010
Ho iniziato a leggerlo, pescato a caso nella collana dei Premi Strega curata dalla Bellonci. I libri di questa collana non hanno la quarta di copertina. Mi sono detta che sarebbe stato carino leggere un libro così, alla cieca (si fa per dire).
Ecco, l'ho iniziato, a pagina 36 ho iniziato ad avere i primi dubbi, così mi sono detta "Vado su aNobii, lo cerco e vedo un po' di che si tratta" e leggo qua e là sparsi per la trama vocaboli oscuri, strani e spaventosi, come:

il distacco dallo "stolto gioco della vita"
Fëdor Dostoevskij
il mondo dei vivi trabocca di esseri più simili ad astrazioni che a realtà
impassibile aldilà della scrittura
giallo metafisico


e ho capito che non fa per me.
Che cazz è un giallo metafisico?!?


Edito in data 15 settembre 2010.
Dopo un breve sondaggio fatto da me medesima tra i più intimi conoscenti (nonché unici) chiedendo appunto "Che cazz è un giallo metafisico?" nessuno ha risposto andando oltre la parolina "Boh", tranne il mio amico Daniel che mi ha fornito una risposta molto convincente.

Daniel: comunque ho capito cos'è un giallo metafisico
Margherita Dolcevita: cos'è?
Margherita Dolcevita: così edito la recensione e lo scrivo
Daniel: all'inizio pensavo si trattasse di una sfumatura vicina al giallo zabajone
Daniel: beh è un giallo... ok, che in qualche suo elemento, ambiente, personaggi, o trama, contiene elementi di fantasia del tipo david lynch suppongo
Daniel: mescola piani della realtà, o ci sono angeli e cagate così


Mi ha autorizzato a pubblicare questo stralcio di conversazione con la sua spiegazione (o "spiegasione" come diciamo noi), che sono sicura sarà un tassello importante nell'insegnamento della letteratura futura.
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