«Strumenti del diavolo». Il cancelliere del ducato di Modena e Reggio e il parroco di Santa Vittoria sono d' la musica e il ballo a cui si abbandonano braccianti e contadini a fine giornata sono pericolosi. Fomentano appetiti sconvenienti del corpo. E soprattutto eccitano gli animi e le teste del popolo. Che tra una polca e una mazurca magari si fa venire strane idee. Meglio vietare, limitare. E, se necessario, punire. Quando Enrica si imbatte in Arturo, e ben presto si innamora di lui, il ragazzo sta appunto fuggendo per non farsi sequestrare il prezioso violino, che gli dà da mangiare. Se glielo prendono è finita. Siamo in un angolo d'Italia dove Dio ha lasciato terra e acqua troppo mischiate e un formicaio di braccianti, scariolanti, contadini sta lavorando alla bonifica, un'impresa immensa e dura. Sono tutti poveri e tutti sfruttati dai caporali. Ma trovarsi a ballare a tempo di musica allevia la stanchezza. Ed è vero che divertendosi vien da pensare che svagarsi è un diritto. È metà Ottocento e qualcosa si mette in movimento a Santa Vittoria, il paese dove quasi tutti hanno un violino e che ha fatto la rivoluzione a tempo di musica e di ballo liscio. E lì che contadini e braccianti capiscono che l'unione fa la forza, che aiutandosi a vicenda si può trattare alla pari con il potere, che si può vivere meglio e dare un futuro ai figli, magari facendogli studiare musica e avere successo al di là dei confini. Ed è sempre lì che, nel 1911, i contadini si comprano la terra e fondano una delle prime e più grandi cooperative agricole d'Italia. Diventano padroni di loro stessi. Un racconto corale, dall'Ottocento a oggi, dove la grande storia delle guerre, della rivoluzione russa, delle battaglie socialiste, si intreccia a quelle di Enrica e del suo Arturo, dei loro tre figli, della battagliera Favorita, dei Carpi e dei Bagnoli che hanno dato origine a famose stirpi musicali. Mani che lavorano, che faticano, che si stringono nel ballo e nell'amore e si tengono insieme per essere più forti, al suono di cento violini.
La conduttrice e autrice bolognese Syusy Blady ci catapulta nel periodo storico dell'Ottocento nel paesino di Santa Vittoria di Gualtieri situato nella verdeggiante Pianura Padana. Ed è proprio in questo luogo che vengono narrate le vicende dei suoi abitanti, delle loro speranze e ideali che ritrovano nelle inconfondibili e armoniose note musicali. Note che fluttuano nell'aria, che si diffondono attraverso le onde sonore e che arrivano all'udito donando sogni e diversivo dalla vita. Si intrecciano in un ritmo via via sempre più crescendo le lotte e il sangue contro l'oppressione, contro un regime autoritario che proibiva la musica e il ballo e che sequestrava gli strumenti musicali perché considerati strumenti del diavolo. Sullo sfondo di questo spaccato d'Italia, che un po' rappresenta l'Italia di oggi, spicca la magia di quei luoghi e la figura femminile intesa nella sua forza, nel suo coraggio, nella voglia di lottare ma anche nell'ironia e nell'amore per la storia della loro terra. La musica racchiude una parte fondamentale dell'opera ma non rappresenta la predominante; sulla stessa linea si muovono le vicende dei paesani, della solidarietà contadina, della cooperazione e dell'unione delle forze per un fine comune. Le vite di Ivonne, Favorita ed Enrica e dei loro mariti si intrecciano per dar vita ad una storia vera di tre donne coraggiose, temprate dal tempo e dagli eventi, che a tempo di musica e balli non hanno mai smesso di lottare, di far valere i loro diritti e la loro libertà e di sperare in un futuro migliore per le generazioni successive. Il paese dei cento violini è un romanzo forte, che ricalca i problemi e le difficoltà di un'Italia ottocentesca, dalla presa di coscienza dei suoi abitanti, alle lotte fino ai giorni nostri dove Ivonne, discendente dei Carpi e dei Bagnoli, narra dai racconti di suo nonno la storia del nostro Paese. La penna dell'autrice si sofferma sulla storia e sulla gente che ha costruito la nostra Italia, dà voce alle loro speranze, ai loro ideali e lo fa con una maestria eccezionalmente unica. I protagonisti della sua storia sono figure che con il giusto spirito e coraggio hanno significato molto negli anni del 1800. Dovremmo infatti ispirarci un po' di più a loro.
Questo e' un romanzo corale, in cui vediamo scorrere la vita degli abitanti di Santa Vittoria di Gualtieri, un paesino della provincia di Reggio Emilia. Ci racconta la Storia (si, quella con la "s" maiuscola, quella che abbiamo studiato sui libri) a partire dal 1840 circa e ce la racconta attraverso gli occhi e la vita dei braccianti e dei contadini che vivono in queste terre. Vediamo l'Italia diventare unita, la nascita del socialismo, la prima e poi la seconda guerra mondiale. Vediamo i personaggi nascere, crescere, invecchiare ed anche morire (vorrei vedere, in piu' di 100 anni di storia...). Il filo conduttore del romanzo e' tuttavia la musica: le possibilita' che saper suonare uno strumento (il violino, in questo caso) puo' dare ai figli dei braccianti, ai braccianti stessi, sono molteplici. Infatti attraverso la musica e' possibile elevare la propria condizione, guadagnare abbastanza soldi per mandare i figli a scuola e farli crescere piu' istruiti; suonare e ballare sono poi un modo per svagarsi per un po' e dimenticarsi quanto la vita sia dura; le feste ed i concerti sono, inoltre, una trasgressione, una ribellione a quei poteri forti che vorrebbero avere il controllo di ogni aspetto della vita dei contadini e dei braccianti. Attraverso poco piu' di 300 pagine attraversiamo piu' di 100 anni di storia, storia densa di ebventi e di cambiamenti. Eppure chi li vive, pur sapendo che quello che accade e' importante e' sempre e comunque mosso dagli stessi valori e principi che muovono tutti noi: e' giusto o sbagliato cio' che sta accadendo? Come posso migliorare la vita mia e dei miei figli? Questo e' un romanzo corale, difficile dire chi sia il protagonista: lo e' ciascuno dei personaggi, lo e' la terra acquitrinosa su cui si svolge, lo e' la musica che muove e smuove le coscienze, lo e' la Stria stessa, che si snoda implacabile nelle citta' e nei piccoli paesi. Leggendo queste pagine, non sempre facili, emerge un linguaggio colloquiale e l'uso (in minima parte) del dialetto contribuisce a renderlo simile ad una trascrizione di un racconto orale, una di quelle miniere d'oro che ci venivano offerte dai nostri nonni e che cominciavano con "sai, quando ero piccolo io...". Consiglio questo libro a tutti quelli che hanno voglia di rivivere quegli anni di storia dal punto di vista di un paesino della provincia reggiana che ha la musica nel sangue, nonostante le mani sporche di terra e la schiena spezzata dal lavoro. Lo consiglio pero', in particolare, a chi in quelle terre c'e' nato perche' si sente davvero l'aria di casa.