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Il gioco dei regni

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Un grande romanzo di famiglia, che raccoglie e intesse frammenti di memoria, istantanee, documenti privati e pezzi di storia collettiva con la pazienza e l’amore che solo una donna può mettere nel ricucire gli strappi, nel portare a nuova bellezza ciò che il tempo ha logorato. Clara Sereni ha percorso a ritroso la vita della straordinaria famiglia in cui si è trovata a nascere, e lo ha fatto con la lucidità della storica – che cerca con tenacia ogni traccia – e con il coraggio della scrittrice, che rivive per noi pagina dopo pagina le speranze, le tragedie, le immense passioni che hanno animato ognuno dei protagonisti di questa storia. Dalla Rivoluzione russa alle due guerre mondiali, dalle leggi razziali ai campi di sterminio, dal Ventennio alla Costituente, dal sogno sionista a quello i passi della famiglia Sereni si intrecciano inestricabilmente con quelli del Novecento, il secolo di cui tutti siamo figli e, forse, irrimediabilmente orfani. Nel riproporre oggi questo suo libro fondamentale, Clara Sereni scrive che le donne ne sono, a dispetto di tutto, le vere «perché il loro spazio nella scrittura e nei ricordi era sempre in secondo piano, taciute, interpretate come sorta di protesi degli uomini cui erano accanto». E riconosce che queste pagine sono destinate a lavorare dentro l’animo di chi le legge, a «suscitare domande», perché narrando «la Storia attraverso singole storie, facendo entrare il lettore e la lettrice nel cuore degli eventi dal basso e non dall’alto» ci emozionano, ci commuovono, ci gridano che ogni bilancio sul passato è presuntuoso e vano se non considera l’ardore con cui i nostri padri hanno vissuto, lottato e amato.

544 pages, Kindle Edition

First published January 1, 1993

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About the author

Clara Sereni

19 books7 followers
Clara Sereni was born in Rome in 1946 and she is currently living in Perugia.
Her published works are: Sigma Epsilon (1974), Casalinghitudine (1987), Manicomio primavera (1989), Il gioco dei regni (1993), Eppure (1995), Taccuino di un'ultimista (1998), Passami il sale (2002), Le Merendanze (2004), Il lupo mercante (2007) e Una storia chiusa (2012). Ha curato anche le raccolte di testimonianze intorno al tema della disabilità e della diversità: Mi riguarda (1994), Si può! (1996) e Amore caro (2009). Dirige per l'editore Ali&no la collana "le farfalle".

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Profile Image for LauraT.
1,386 reviews94 followers
October 3, 2023
Ricordo che quando mia mamma, amica più che conoscente di Clara, mi diede in mano questo libro mi piacque molto. Di pancia. Ma, come per tutti i libri importanti, una sola lettura non basta. E averlo riletto già due volte me ne ha fatto apprezzare ancor di più le varie sfumature - anche perché io non sono mai stata amica di Clara, al massimo una conoscente. Ma l'averla conosciuta aiuta. E molto.
Questo libro è una storia, è un romanzo, ma parla anche di Storia (quella con la S maiuscola). E parla, senza filtri, senza veli, di quanto la Storia, quella del secolo scorso, sia stata impietosa. Con la gente, con i popoli, e con i singoli. Ma come, in parallelo, l'utopia abbia sostenuto quella stessa gente, quegli stessi popoli, e soprattutto quelle stesse persone, supportandole in scelte e decisione che, a guardarle oggi (come fa notare il grande Marino Sinibaldi nella sua introduzione) "in un’epoca che in Occidente vede il dominio della retorica dell’individuo e dei suoi diritti, primo fra tutti proprio quello all’intangibilità della «vita privata» hanno dell'incredibile.


Leggere a crepapelle: con un gioco di parole dei suoi, Ermelinda ironizzava (ma sotto sotto compiaciuta) sull’ingordigia di libri che attraversava la casa come un vento.

«D’accordo», acconsentì Xenia, e da allora nemmeno il nome fu più suo, la pronuncia e la grafia russe che aveva conosciuto e amato cancellate via dalla decisione presuntuosa di un ometto dai baffi sottili, le dita ingiallite dalla nicotina, le mezze maniche: un paradigma di mediocrità, sul quale era affatto sconsigliabile ironizzare.

Solo i libri possono riempire il grande vuoto che Mimmo si sta scavando dentro: fatto di eliminazioni progressive, di nodi troppo dolorosi per essere sciolti e che dunque non si può che tagliare di netto.
Con una lama fatta di parole.

Sionismo, comunismo. Parole che hanno assunto negli anni significati e sfumature diversi: e per chi ha oggi vent’anni il sionismo viene identificato con l’ideologia mortifera della Grande Israele, e il comunismo nel disordine sanguinoso di cui l’Unione Sovietica li ha fatti eredi.
I vent’anni di Enzo e di Mimmo, i febbrili vent’anni di chi era nato con il secolo, trovavano in quelle e in altre parole un denominatore comune: la speranza di un mondo diverso, più giusto ed umano.

Ma per chi cercava un sogno da vivere, per chi voleva essere parte attiva della forza che porta avanti il mondo, una scelta si imponeva comunque: fra potenti e umiliati, fra vittime e carnefici, fra oppressi ed oppressori. Quale che fosse il nome che si dava agli oppressi, quale che fosse l’ambito in cui si identificavano gli oppressori.
In ogni scelta, entrarono per ciascuno inclinazioni e sentimenti, esperienze patite e nodi psicologici irrisolti, passioni e timori: ma di questo ben poco è dato sapere, perché chi allora scelse di agire usò le parole per cambiare il mondo, e non per raccontare di sé.

Ma ad un tratto, sopra il fragore del treno, che incomincia a muoversi, mi giunge un canto. È soffocato dalle porte sprangate, ma lo riconosco lo stesso: «Avanti, avanti! il gran partito / Noi siamo dei lavoratori...».
È come uno schiaffo: io qui a fare la sentimentale, e loro tutti, incatenati, infreddoliti, con le mani gonfie e paonazze, buttati come bestie in quel cellulare, cantano la loro fede.
Ora il treno è lontano, non li sento più, ma l’inno canta dentro di me, con le sue parole semplici e appassionate...

Troppo laico per acquietarsi in speranze di aldilà, per ricomporre la morte di Enrico dentro alla vita Enzo cercò fra i suoi scritti...

Per Mimmo la verità è – non può che essere – una. Per respingere i grigi, per mantenere ben contrastata la sua religione del mondo, è disposto a molte acrobazie intellettuali, a molte rinunce affettive

Xenia non aveva voce, Clara aveva imparato a leggere sulle sue labbra le parole. Però l’assenza di suoni la inquietava, così chiacchierava senza interruzione per coprire il silenzio: raccontò a sua madre delle bambole e del pianoforte, dei giochi in giardino e dell’asilo di villa Paganini.

La morte di Loletta, la fine di Stalin: la rete nella quale aveva voluto avvolgere il mondo mostrava buchi vistosi, voragini. Mimmo lavorò di rammendo perché, per lui, non c’era altra scelta.
Volle credere ancora alla salvezza nelle parole, per tutti e per il suo dolore. Volle credere che le maglie di quella sua rete fossero intercambiabili.
Sbagliava, ma cominciò a dirselo solo moltissimo tempo dopo, e intanto poté sopravvivere.

Continuò a pensare che il sogno dell’Unione Sovietica – non la realtà ormai senza veli anche per lui – fosse ancora indispensabile per portare avanti il mondo, per resistere all’onda reazionaria che schiacciava minuziosamente, uno per uno, i poveri, i diseredati, tutti quelli che con loro e per loro speravano in un mondo più giusto

Poi ci sono le testimonianze: a libro uscito negli anni me ne sono arrivate molte, spesso confliggenti tra di loro. Perché anche la memoria personale è qualcosa che si modifica in continuazione, così come si modifica quasi ciascuna delle “verità” che ci raccontiamo.
Profile Image for Gianni.
391 reviews50 followers
May 15, 2020
Quando scrissi un breve commento su La vita gioca con me, di David Grossman, riportai una frase da Il gioco dei regni che avevo ascoltato in un brano del libro letto in una delle poche puntate del programma Ad alta voce che avevo seguito. Associai immediatamente quella frase, ”In ogni scelta, entrarono per ciascuno inclinazioni e sentimenti, esperienze patite e nodi psicologici irrisolti, passioni e timori: ma di questo ben poco è dato sapere, perché chi allora scelse di agire usò le parole per cambiare il mondo, e non per raccontare di sé.”, al libro di Grossman.
Molte cose accomunano a mio avviso il libro di Grossman a quello della Sereni, scritto nel lontano 1993: una storia famigliare raccontata innanzitutto attraverso una linea di discendenza al femminile; un impegno civile, politico, intellettuale professati con rigore e intransigenza; la capacità di sacrificare il personale e i sentimenti in nome di valori ideali alti e universali; l’intreccio fittamente intessuto della vicenda individuale con quella collettiva della Storia del proprio tempo e con una scelta di campo portata al limite estremo; l’amore e l’affetto vissuti pienamente, con lealtà e fedeltà assoluti, senza possesso, che si manifestano in toto tra compagni, ma in modo più freddamente distaccato nei confronti dei figli.
Ancor più che nel libro di Grossman, qui risaltano maggiormente i nodi irrisolti, le lacerazioni negli affetti famigliari e una sorta di ripensamento laico che non è abiura, ma ricostruzione di una identità, e a ben ragione si può riportare il seguito di quella frase, ”Più o meno visibili, restano oggi gli effetti che quelle scelte produssero. E i molti errori, che tutti commisero: perché - come dice un proverbio popolare - chi non fa, non sbaglia. Gli anni erano spietati, il nemico appariva invincibile: nell’affrontarlo a viso aperto, nel decidere della propria vita tutta intera ci fu chi seppe mantenersi laico, e chi mutuò dalla religione il senso dell’unità  indissolubile, e del dogma.”
La storia ruota attorno alla figura complessa di Emilio Sereni, intellettuale, antifascista, dirigente comunista, saggista, anche ministro della Repubblica nell’immediato secondo dopoguerra, e della sua famiglia, di origine ebraica ed estrazione borghese, imprenditrice, ma anche sionista (il fratello di Emilio, Enzo, fu una figura di spicco nel sionismo internazionale). E, attorno ma non di contorno, le figure di spicco che hanno originato questa pezzo di Storia corale, raccontata attraverso storie più piccole. Non ci sono, apparentemente grandi eroi a cui dedicare indiscutibili monumenti, ma grandi uomini e donne che hanno fatto della loro partecipazione e presenza, della loro giovinezza, il motore di un’epoca e che sono stati anche messi da parte, ”per chi cercava un sogno da vivere, per chi voleva essere parte attiva della forza che porta avanti il mondo, una scelta si imponeva comunque: fra potenti e umiliati, fra vittime e carnefici, fra oppressi e oppressori.”
A chiusura del libro Clara Sereni, figlia di Emilio, ne ricostruisce la genesi e insieme la ricerca documentale e lo scavo anche e soprattutto dentro di sé e nella propria collocazione all’interno di questa grande e ramificata famiglia e in quel pezzo di Storia; ne viene fuori, quasi, un libro nel libro e possono essere adatte le parole di Grossman pronunciate nel corso di una presentazione del suo libro a Torino, ”parlare del passato è parlare della nostra storia della quale siamo i narratori. A volte vorremmo sopprimerla o dimenticarla, ma ciò non è possibile e ci si deve fare i conti. La narrazione della propria storia è il momento in cui si racconta la ‘storia ufficiale della nostra vita’ e si vorrebbe che gli altri rendessero giustizia., ma siamo noi che ci costruiamo la nostra storia, ci costruiamo un biglietto da visita. E se sentiamo che la nostra storia ufficiale, quella che ci siamo costruiti, non ci rappresenta più? Imparare a narrarsi significa far già dei passi avanti, ma non sufficienti, perché di fronte a noi ci dovrebbe essere qualcuno che ascolta. Se si rivela un buon ascoltatore il suo punto di vista libera dalla tirannia della storia, di tutta la storia, compresa quella dei Paesi, e ci fa sentire più liberi.”
Profile Image for Emanuela.
762 reviews39 followers
November 30, 2023
Purtroppo è finito.
Dopo la prima parte che è stata un po’ una sofferenza, in cui si faceva fatica a capire bene chi facesse cosa e distinguere tutti i vari membri della famiglia, ora mi sento orfana. Mi dispiace averli lasciati insieme alle loro avventure e disavventure.
Diciamocelo, l’autrice ha deciso di partire da molto molto lontano e così incontriamo due donne tutte di un pezzo: Alfonsa, capostipite di un gruppo molto numeroso, e Xena, rivoluzionaria terrorista russa, e le seguiamo nell’evolversi delle loro esistenze finché poi si incontrano e si uniscono a un certo punto.
Protagonisti designati diventeranno Mimmo e Xeniuska con le loro scelte.
In particolare ciò che mi ha conquistata sono gli ideali che, anche se un po’ utopistici e, oggi sappiamo, fallimentari nelle conclusioni, si rivelano protettivi nei confronti delle grandi tragedie di quegli anni.
Così assistiamo da un lato al sionismo e alla divulgazione di questo in Palestina, dall’altro alle persecuzioni e alle leggi razziali; da un lato all’affermazione degli ideali comunisti, dall’altro all’affermazione dei regimi totalitari tra cui nazismo, fascismo, ma anche il governo di Stalin.

Decisamente azzeccata la scelta di intervallare la narrazione con citazioni di scritti e lettere dei protagonisti, aspetto che serve sicuramente ad avvicinare di più agli avvenimenti.
Ho avvertito tutto il tempo, mio malgrado, una sensazione di fastidio verso il comportamento di Xena nei confronti della madre e mi sono chiesta più volte come abbia potuto compiere certe scelte senza pentirsene nemmeno per un istante e votare interamente la sua vita a una causa che non era nemmeno la sua e che poi inizialmente condannava tanto nelle sue scelte.

In particolare è stato per me toccante leggere l’ultimo capitolo in cui l’autrice spiega come si sia riavvicinata alla storia della sua famiglia anche con innegabile fatica e ricerche estenuanti, e soprattutto come abbia rivalutato la nonna, ricevendone un’immagine discordante da quella ricevuta da sua madre.
Credo comunque che la scrittura avrebbe potuto essere migliore ma adesso consiglio la lettura di questo libro a chi vuole leggere un pezzo di storia meno inflazionato e oggi attualissimo, ma anche affezionarsi ai componenti di una famiglia particolare, i cui componenti hanno lasciato segni sulla storia del nostro paese ma di cui si parla sempre troppo poco.
3 reviews
November 21, 2020
"Gli incontri, i colloqui alla grata, invece erano difficili: vedeva i suoi lineamenti tirati, la fatica di una vita che non le concedeva requie; e l'amore era meno costretto quando, puntinando i libri, il loro colloquio si aggrappava alle parole, che non quando si stringevano le dita sotto gli occhi del secondino.
Le notizie di fuori - quelle delle persone e non della politica - Mimmo le ascoltava malvolentieri, e solo per dar sollievo alle responsabilità di Xenia: per sé, avrebbe preferito il silenzio, tuffarsi intero dentro i libri e le discussioni e la politica per non sentire il dolore di tutta quella vita che se ne andava"
"Con la nuova compagna Mimmo ebbe altri 20anni sui quali nessuno avrebbe scommesso, altre felicità, altre parole. [...] Attorno a lui il mondo intero, inesorabilmente, cambiava: per inciampi, per evoluzione, per catastrofi. Non ammise mai di aver smesso di credere. Non nel '56, quando il grande ritratto di Stalin sparì dal suo studio per un trasloco; quando l'Ungheria fu invasa, e solo molto in privato si disse confuso fino alla disperazione, poi tornò all'obbedienza, con gli allontanamenti e le cesure che ne derivarono. Non smise di credere nel '67, quando la guerra in Medio Oriente gli deflagrò dentro, e scelse posizioni più radicali del Partito negandosi alle ragioni degli affetti. Non nel '68, quando anche in casa le passioni del comunismo si delinearono diverse, e intanto i carri armati occupavano Praga: quando quasi tutti, nel Partito, si limitavano a un vecchio a frasario, bollando ogni spinta al nuovo come estremismo, malattia infantile del comunismo, cercò di interpretare, con gli strumenti che gli erano propri, le ragioni del movimento. Non lo ammise mai, forse perché nessuno affrontò il disagio di chiederglielo: stupiti del suo progressivo ammutolire tutti, perfino i compagni che gli erano stati più vicini, senza domande si ritrassero, per rispetto e per opportunità. [...] Quando gli strappi alla sua rete, sommandosi, gli resero irriconoscibile il mondo, si separò da tutti i suoi libri, se li allontanò: e fu come farsi cieco. [...] Attorno a lui metri e metri e metri di librerie svuotate, deserte; sui muri, i segni di quello che non c'era più. Polvere, sporcizia, e i residui di una vita: la musica, il ritratto di Xenia, i giornalini dei Regni.
Privo del muro di carta che per tanti anni lo aveva rinchiuso e difeso fu ad un tratto vecchio, assai più degli anni che aveva.
Silenzio.
Ordine e disciplina comandamenti vuoti, via via più staccati da un progetto. Una dolore che dilagava, una solitudine feroce, Fino all'ultimo."
"Resto convinta però che quel mondo e quella storia vadano ancora indagati, certamente non cancellati o rimossi. Cosa che spesso accade, credo per pigrizia e ignoranza più che per scelta deliberata. Ad esempio la Storia del paesaggio agrario italiano di Emilio Sereni è tuttora libro di testo in diverse facoltà universitarie, ma quasi nessuno - non solo fra gli studenti - sa più chi lui fosse. E ancora: nelle varie commemorazioni e ricostruzioni (quelle intorno agli anniversari del 25 aprile, per citare solo un caso) il nome di Sereni è citato poco o niente, malgrado fosse, insieme a Valiani e Pertini, membro del triumvirato che da molano decretò e guidò l'insurrezione nazionale. Fino a qualche tempo fa, attribuivo questa sorta di damnatio nominis a questioni interne al PCI, e qualcuno mi ha parlato del resto di dissensi interni al gruppo dirigente e di un suo allontanamento per stalinismo (ma chi non fu stalinista, in certi anni?), ed è probabile che, per un certo periodo, questa fosse la causa dei silenzi. Ma oggi, adesso? Mi sono convinta che ormai la questione sia molto più banale, soprattutto per quanto concerne i giornalisti e una certa svagata sciatteria: se nessuno ti ha citato ieri o l'altro ieri, oggi non ti citerò, e ancor meno domani. Come i movimenti del '68 e del'77 vengono appiattiti in un unico giudizio sommario, secondo il quale furono una cosa sola, il cui prodotto si ridusse agli anni di piombo (e anche questo ho tentato di contrastare, raccontandoli), così la storia del PCI sembra tornata ad essere quella secondo cui i comunisti mangiavano i bambini, e si nega qualunque apporto alla civilizzazione e al processo dell'Italia. Se questo libro potesse aiutare qualcuno a leggere come più articolate e complesse la Storia e le singole storie, allora per me varrebbe la pena e la fatica di averlo scritto. [...] Suscitare domande in una generazione che, non per proprie responsabilità, ha perso il senso della Storia, e dell'importanza che questa ha per interpretare l'oggi e immaginare il domani, forse anche per questo ne vale la pena. il tentativo di raccontare la Storia attraverso singole storie, di far entrare il lettore e la lettrice nel cuore degli eventi dal basso e non dall'alto è qualcosa che torno a sperimentare adesso sperando che le emozioni raggiungano chi legge più narrativa che saggi."
This entire review has been hidden because of spoilers.
Profile Image for Fabiola Parmesan.
217 reviews
May 25, 2021
La storia della famiglia Sereni, raccontata da Clara, figlia di Mimmo e Xenia, che inizia agli albori del novecento e si estende per tutto il secolo, con come sfondo i fatti storici.
In questo libro i veri protagonisti sono i personaggi della famiglia-Alfonsa e la sorella, Mimmo e la moglie, Xenia la madre, i fratelli di Mimmo-, la storia non è altro che sfondo, importante per lo snodo del racconto ma non essenziale proprio perché le microstorie familiari compongono la grande storia. Non viceversa.
Un libro consigliato a tutti perché non è necessaria una grande conoscenza storica per capirlo, ma al termine della lettura stimola alla conoscenza e alla memoria.
Profile Image for Stefania Saviane.
189 reviews6 followers
July 13, 2020
10/40 Saga familiare - Il racconto, un po’ romanzato è un po’ basato su documenti storici, della famiglia Sereni. L’ho trovato godibile, ben scritto, con una curiosità verso ciò che i documenti non svelano, un esempio se volessi scrivere la storia della mia famiglia.
Parte dai primi del Novecento e lo attraversa fino a raccontare la Prima Repubblica...
Profile Image for Simone.
66 reviews1 follower
September 4, 2025
Una lettura difficile, soprattutto in un momento storico quale il presente, dove c'è un genocidio in atto da parte di uno Stato, Israele, che rappresenta il culmine di quanto indegno, meschino e malvagio può essere l'essere umano, come singolo e, ancora di più, come collettività.

Il Gioco dei Regni è la storia di diverse generazioni di una famiglia ebrea e ripercorre diversi avvenimenti storici, dalla Rivoluzione Russa alla Seconda Guerra Mondiale.
Come da ammissione della stessa autrice, gli eventi storici sono accennati, sono lo sfondo e, infatti, a differenza della stragrande maggioranza dei romanzi storici, gli avvenimenti influiscono poco o niente sulle vicende.

Una storia dal piccolo, una storia degli individui.

E vediamoli questi individui:

Nonno capitalista, agiato borghese, che quando gli operai si mettono a scioperare per chiedere condizioni migliori e chiudono le fabbriche, si chiede cosa dovrebbe farsene ora di tutto il materiale, il primo istinto naturale è rispondere che può ficcarselo tutto sù per il *censured*

Da questo ramo spuntano, inaspettatamente, una caterva di nipotini comunisti o sionisti, o entrambi. Sono nipotini avezzi a fare questo "gioco dei regni" dove immaginano - si descrive abbastanza bene da solo - di essere sovrani di regni dove decidono tutto, combattono, fanno economia, politica, scambi.

Ecco, la pesantezza di questo libro - doverosa, storica- sta proprio nel leggere la dimensione banale e naturale del sionismo, di quel movimento di coloni alla ricerca di un'identità, che partono per la Palestina, con rivendicazioni politiche, sogni euforici, entusiamo giovanile.
Ma tu, lettore di oggi, devi leggerlo ora, sapendo tutto il male che il sionismo porterà nel mondo.

Mi provoca lo stesso fastidio di leggere un libro sul nazismo, sul fascismo.
Allo stesso tempo, leggere da questa prospettiva sionista - che non è la prospettiva dell'autrice, che comunque sta parlando di suoi parenti - ti permette di capire che Israele non inizia con uno schiocco di dita delle Nazioni Unite nel 1948, ma che già prima c'era una miriade di giovani ebrei insediati in ogni parte d'Europa, principalmente russi, che senza NEMMENO CONOSCERE L'EBRAICO, si mobilitavano per essere coloni in Palestina, nella speranza di una vita migliore, di un'identità che non potevano più avere nelle nazioni che le ospitavano, perché le stesse nazioni europee stavano cavalcando l'onda del nazionalismo dilagante, in cui le nazioni cominciavano a identificarsi con una sola etnia.
Ed ecco il sionismo, che nasce come tentativo di nazionalismo senza nazione, di questa gioventù ebraica che ha casa, che si sente italiana, russa, tedesca, ma allo stesso tempo si sente e viene fatta sentire altro.

Vorrei mettere un 3 e mezzo, perché gli spunti ci sono e sono interessanti, ma non metterò mai 4 stelle.
L'introspezione è dilagante, a discapito dell'azione. Ogni cosa è spunto per riflessioni, soprattutto emotive o di relazioni familiari.

Xeniushka che passa la prima metà del libro a odiare la madre e il suo coinvolgimento con la politica, a risentirla visceralmente, per poi diventarne l'esatta fotocopia, dire di comprenderla finalmente e tutto, ma che la tiene comunque alla larga è deprecabile.
Mimmo salva il libro, staccandosi dal sionismo fraterno e offrendo almeno una parvenza di distacco - sarebbe troppo dire condanna.
Profile Image for La Biblioteca di Eliza.
590 reviews89 followers
May 24, 2017
Sono 3 stelle e mezzo!

http://labibliotecadieliza.blogspot.i...

Iniziando a leggere questo libro pensavo di trovarmi davanti alla storia di un famiglia. Secca, concreta, pensavo al racconto di vite che hanno camminato insieme nel corso degli anni, legate da legami di sangue e di affetto. Ebbene, c'è questo ma anche di più. Clara Sereni ha voluto rivivere la storia della propria famiglia dandogli però un valore aggiunto, dandogli quel senso di Storia tale da renderlo un prezioso documento del periodo che abbraccia le due guerre mondiali.
Amori, affetti, tragedie, nascite e abbandoni, niente è stato risparmiato alla famiglia dell'autrice, nata dall'unione di due vite nate lontane, la madre Xenia, figlia di due rivoluzionari russi, e il padre Mimmo, figlio terzogenito di una famiglia ebrea romana. Attraverso la quotidianità di questa grande famiglia viviamo i grandi eventi storici, sentendone il rumore, guardandoli attraverso gli occhi ora dei bambini, ora delle donne. E proprio le donne sono il cuore pulsante del romanzo, protagoniste spesso taciute, testimoni silenti di eventi enormi, ma quasi sempre anche vittime di quello che accadeva. E così conosciamo Xenia, bimba nata e cresciuta nel mondo rivoluzionario russo, che prima si sente sopraffatta dal modo di vivere della madre e che invece si ritrova ad abbracciare la causa e a portarla avanti; o Alfonsa, madre severa e giusta, donna decisa, colonna portante del suo piccolo mondo.

E' un romanzo corposo e intenso, che non si può leggere alla leggera, anche se devo dire che scorre bene, nonostante qualche parte un po' troppo poetica, che in genere mal digerisco. Certo, lungo è lungo e magari qualche pagina in meno sarebbe stata meglio per dare maggiore ritmo, ma comprendo anche che certi argomenti abbiano bisogno del proprio tempo. Racconti, lettere, tante lettere che ci testimoniano il passaggio del tempo ma anche le immense distanze che separavano ora questo, ora quel personaggio: la Parigi di inizio '900, fucina di idee e rifugio di esiliati; la Roma del primo fascio, maestosa e rigida, la Palestina già punto di scontro. Sono proprio le lettere a darci la portata del romanzo, negli affetti ma anche nei litigi, a darci quella realtà che spesso i libri un po' ci fanno dimenticare.

In conclusione, è un romanzo tosto, che va letto con il giusto tempo ma che ci fa anche presto affezionare a questa grande famiglia, che ci mostra un passato non così lontano nel tempo ma forse oramai lontanissimo negli ideali, in cui la passione, la giustizia, il sentirsi parte attiva di un mondo sono ancora forti e intensi.
Profile Image for Fatdaddy.
212 reviews
April 2, 2019
Yawn!
Eterno.
Non finiva più.
Alla fine, inevitabilmente, muoiono (quasi) tutti.
In me resta la speranza che l’aver sopportato stoicamente l’interminabile ascolto di questo strazio abbia contribuito almeno in parte ad espiare il karma negativo accumulato in questa e nelle mie disdicevoli vite precedenti.
Profile Image for Cristiana.
40 reviews
January 14, 2024
Un'accurata biografia familiare. L'autrice porta alla luce la figura di Emilio Sereni, suo padre e di Xenia Silberberg, sua madre. È apprezzabile l'accuratezza con la quale Clara ricostruisce la sua genealogia.
Profile Image for Maria Pia.
117 reviews
December 2, 2024
L'incredibile storia (vera!) della famiglia protagonista del novecento italiano.
Alla fine mi mancheranno tutti.

Letto magistralmente da Monica Piseddu.
Profile Image for Paola Yocheved.
12 reviews1 follower
January 29, 2025
Una storia familiare. Un libro che ho ADORATO leggere. Mi capita raramente di commuovermi et di affezionarmi tanto ai personaggi.
Displaying 1 - 14 of 14 reviews

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