Una storia religiosa del sud, un'indagine etnologica che spiega perché il momento magico sia sopravvisuto nella vita culturale meridionale e come questa abbia partecipato consapevolmente alla grande alternativa tra "magia" e"razionalità" da cui è nata la civiltà moderna. De Martino esplora le sopravvivenze lucane di rozze pratiche di magia cerimoniale, quali fascinazione stregonesca, possessione, esorcismo, fattura, analizzando la struttura delle tecniche magiche, la loro funzione psicologica, il regime di esistenza che ne favorisce la riproduzione.
Ernesto de Martino (1 December 1908 – 9 May 1965) was an Italian anthropologist, philosopher and historian of religions. He studied with Benedetto Croce and Adolfo Omodeo, and did field research with Diego Carpitella into the funeral rituals of Lucania and the tarantism of Apulia.
Ernesto de Martino was born in Naples, Italy, where he studied under Adolfo Omodeo, graduating with a degree in philosophy in 1932. His degree thesis, subsequently published, dealt with the historical and philological problem of the Eleusinian Gephyrismi (ritual injuries addressed to the goddess) and provides an important methodological introduction to the concept of religion. Clearly influenced by reading Das Heilige by Rudolf Otto, de Martino preferred to emphasize the choleric nature of the believer, overturning the German scholar's thesis and making it capable of being applied to relations with gods in polytheistic religions and spirits in animist religions.
Attracted by the ideological stance of the regime, for several years de Martino worked on an essay interpreting Fascism as a historically convenient form of civil religion. However, the attempt was insubstantial and the work, still unpublished, was gradually rejected by the author, who subsequently approached left-wing ideas and after the war became a supporter of the Italian Communist Party. At this time, which we now call the "Neapolitan" period, lasting until 1935, de Martino fell under the spell of the personality and work of an archaeologist who was particularly open-minded concerning the ancient history of religions.
De Martino has also been a very charismatic mentor and teacher. From 1957 to his death he taught ethnology and history of religions at Cagliari's University.
Anche questo, come già Il mondo magico, è copia conservata religiosamente (magicamente?) attraverso i decenni, piena di sottolineature e note e chiose, parte del mio esame di antropologia culturale, che apprezzai e mi divertì particolarmente, anche perché mi dette l’occasione di uscire dal mio centralissimo istituto per andare in una delle belle pseudo periferie fiorentine (in questo caso, via Bolognese). Pseudo perché sono per lo più periferie molto ben tenute, piene di fascino.
Una delle foto riportate in appendice: durante la festa di santo patrono a Serra San Bruno di Calabria una donna entra in stato di possessione. Si tenta di esorcizzarla facendole baciare un’immagine del santo, ma non funziona.
Anche questo corredato di ghiotte foto. Ma, sulla prima pagina di questo librino campeggia una lunga citazione a mano dall’altro testo fondamentale di Ernesto de Martino, quello citato sopra, che mi piace riportare anche qui: Attraverso la fattura e la controfattura il rischio di non esserci e il relativo riscatto riceve una ulteriore umanizzazione e intensificazione. L'uomo ora controlla tutti i momenti del dramma magico, non soltanto la sua lisi, ma anche la produzione del rischio. E il rischio non è più una semplice insidia demoniaca che insorge al di fuori di ogni controllo umano, nel corso di solitarie peregrinazioni, durante la notte tenebrosa, in cospetto del cadavere, in occasione della meteora, e in generale per ogni rottura del consueto, per ogni meraviglia o stupore: attraverso la fattura l’iniziativa magica ricomprende anche l’inizio del dramma, e si fa centro di malie. Il fatto che un mago possa intenzionalmente fare la fattura e un altro mago possa disfarla dà al dramma esistenziale magico il carattere di un agone nel quale riporterà la vittoria la presenza più forte. In tal guisa, attraverso la fattura e la controfattura come istituti storici, come complesso di figurazioni e di esperienze, di pratiche e di contropratiche consolidate in tradizione, tutta la comunità è trascinata in agone, sospinta a ciò da una necessità cui non è dato sottrarsi.
Fattucchiera di Colobraro in Basilicata, che all’epoca si chiamava perlopiù Lucania. Anche questa foto è nel libro.
Da una parte la magia e dall’altra la razionalità? Sentimento contro ragione?
Un saggio che già dalla sinossi è interessantissimo, scritto da uno dei più importanti antropologi italiani.
Purtroppo per me è un chiaro esempio di come un qualcosa di così curioso ed interessante possa essere reso noioso da una scrittura fredda e didascalica.
Non mi stupisco che venga utilizzato per gli esami di antropologia culturale nelle università, poiché mi è sembrato di leggere qualcosa da studiare piuttosto che qualcosa capace di rapirmi, nonostante i contenuti - ripeto - siano davvero interessanti!
De Martino, con "Sud e Magia" non si limita a un'analisi etnografica delle usanze magiche della Puglia più profonda (o, del Sud Italia in genere). La prima parte, fondamentalmente aneddotica, è utile nel rappresentare il panorama magico di queste zone e a come ottima serie di esempi per quello che De Martino definisce l'azione protettiva della magia (ovvero, detto alla spicciolata, la magia, in questi casi, non serve a curare o a risanare, non ha, cioè, funzione attiva, quanto di rendere sopportabile la crisi, di "fingere" che sia già passata o che stia passando. Cioè, la magia è un'espediente per rendere controllabile ciò che non lo è). Comunque. Ciò che sta veramente a cuore a De Martino non è la semplice enumerazione o spiegazione psicologica di questi fatti (che c'è, ma appena accennata), quanto la dimostrazione che uno studio serio che voglia veramente comprendere questi eventi, o qualsiasi fenomeno culturale in genere, non si può limitare alla semplice etnografia, ma deve abbracciare una vera e propria analisi culturale, storiografica a tutto tondo. Ecco così, che molte pagine della seconda parte sono dedicate non più alla magia della Puglia, quanto alla storia del Sud in sè. Ovvero: studiare un fenomeno, richiede sempre chiedersi il perché quel fenomeno avvenga lì e non da un'altra parte. Perché proprio lì (De Martino non rifiuta ogni universalismo, ma per quanto riconosca l'universalità dei gesti, sottolinea la specificità dei significati). E, inevitabilmente, chiedersi il perché porta anche a prendere una posizione. Sia per la ragione che per la magia, che ovviamente non sono quasi mai unicamente ragione, o unicamente magia.
Non mi è piaciuta affatto la maniera con cui De Martino parla. Argomenti così complessi che sondano la psiche umana vanno trattati con un linguaggio comprensibile e mirato, e ciò non si traduce con l’intento di studio da parte dell’autore. L’antropologo crede che questo saggio venga letto da accademici come lui, da studiosi, da antropologi, eppure dimentica di pagina in pagina - in special modo quando il testo smette di essere ricettacolo di usi lucani e diventa critica letteraria - che un lettore non è necessariamente uno studioso, e viceversa.
La prima parte è affascinante, è impeccabile nel modo in cui l’autore spiega il folklore del sud. La seconda parte è un panegirico di cazzate, sembra di leggere un altro libro. Gran parte di quest’ultima “ricerca” (che cessa di essere antropologica, visto che parliamo di Byron e di letteratura) non è una ricerca sul campo. Mi ha deluso.
Gireremo di paese in paese (...) e di ritorno da ogni città comunicheremo quelli che abbiamo visto e ascoltato. Renderemo pubblico questo dimenticato regno degli stracci, faremo conoscere a tutti le storie che si consumano senza orizzonti di memoria storica nel segreto dei focolari domestici. Pagheremo noi, in prima persona, l'immenso debito verso questi uomini dalla società e dalle classi dirigenti.
il 99% del libro è una brillante e leggera analisi (alzo le mani) dei fenomeni magici nell'italia meridionale - ancor più interessante e consigliata per chi, come me, viene dal sud (vedi i tre capitoli sulla iettatura). a far crollare il mio giudizio è l'epilogo fanaticheggiante, che difende in maniera irrazionale la razionalità. sia chiaro, è un mio giudizio ideologico contro chi pur di demistificare tutto dimentica di demistificare le proprie convinzioni altrettanto fondamentaliste. tanto per, ci aggiungo un brano da una lettera di cesare pavese a ernesto de martino: "studiare i primitivi per scoprire un valore nelle loro magie e fantasie, o per meglio averli in mano e marxistizzarli (sistema funzionalistico anche questo)? io tengo per il primo corno, ma non so quanto sia accettato da quei signori."
Interessantissimo e ben esposto. De Martino si propone di indagare il rapporto tra il razionale e la magia a Napoli, città che vanta grandi intellettuali e anche grandi superstizioni.
De Martino, grande studioso della cultura meridionale e della civiltà lucana, rende visibile un mondo sconosciuto ed altrettanto ricco di simboli e significati. Le credenze popolari, il folclore, le superstizioni, il mondo religioso e la bassa magia cerimoniale trovano in De Martino lo spazio necessario a spiegare il rapporto tra "razionalità" ed elemento magico, i due elementi fondanti della civiltà moderna.
Analisi davvero interessante del folklore lucano, in un orizzonte di confronto tra cultura egemonica e cultura subalterna. Una realtà che, specie nei paesini di provincia (ma non solo), è per certi versi ancora presente.
È un peccato che De Martino non abbia raccolto materiale anche sul folklore materano in particolare.
Not a polished work, but an important one nonetheless. The exegesis lacks balance, beginning with a somewhat dull and repetitive ethnographic report on the various superstitious practices of the backward region of Lucania, which mostly refer to rites and rituals to do with birth and death and childrearing. The author here expounds the theory of binding, of people being subject to an outside force against which they must iterate various sayings or perform practices to dispell. Later the author develops the theory of this more, explaining how the magical element is a way of both explaining the dislocation of self that occurs in periods of negativity and by projecting those forces onto the mythic level help the subject regain presence and self-hood. Essentially when one is out of sorts, one is "acted upon" by another, and this needs countering. The magical, ritual element connects with a timeless dimension. This practice is sustained even if it is less effective than practical measures (such as medicine) because it provides something more. The author then goes on to a more general historiographical study of magic in relation to Catholicism and its own debates with Protestantism, before proceeding to examine the phenomena of the jettetore in Naples. Much of interest here although there is a certain obscurity to the language that makes the text almost impenetrable at times. I feel some of this is due to an awkwardness in translation, although the author is probably mostly to blame. These later sections do help us reflect on the magical core within christianity as much as its theology would like us to believe it is negated. Jesus is, after all, an exorcist, someone who dispells bad spirits and heals the sick much in the same way that the village witch doctor, or Zio Giovanni, does in Lucania. There is nuance here I cannot do justice to, but suffice to say that the author handles the historical materiality of the questions well. The evil eye and jetturata persist in Naples, and are respected in all social strata because the englightment comes from outside, and the social structures - the arbitariness of justice for example - have not yet developed to meet the promised organising force of reason. Hence, whim and chance are more easily attributable to people who project a curse, to magical forces, than on deliberate individual action. A worthy but difficult text.
Una documentazione etnografica di spessore ed una capacità analitica autentica non possono sopperire un approccio,alla luce delle premesse razionalistiche (non solo in senso idealistico) del libro e del tempo in cui viviamo, fuorviante. Si è detto che De Martino sia stato un antropologo che per primo ha fatto esperienza delle sue spedizioni, che si è mischiato con la gente del posto e sopratutto che ha patito le condizioni a suo dire “retrograde” del Sud da cui egli proveniva. E sia ma se sull’altare dell’analisi si è disposti a sacrificare tradizioni proprie in nome di un illuminismo illeggittimabile, se non alla luce del suo (di lui) materialismo storico, il risultato non cambia. Il libro coglie l’evidenza di questo portato e abbaglia in dei momenti con acutezza sorprendente: si pensi a quando si parli di magia come reintegrazione della presenza e non come una dialettica oppositiva riguardo i momenti della civiltà. Ma se da quest’evidenza non nasce una consapevolezza più profonda dell’inestimabile valore culturale e non solo di queste pratiche allora ecco che l’analisi risulta nulla. La magia è il Sud, il sud arroccato nel suo complesso di inferiorità, nel suo prolungare il tempo della sua resistenza, nel suo insorgere dinanzi ai venti della modernità con la certezza del nostro dispiacere, del nostro ritrarci un’altra volta certi del nostro dolore. E non è affatto vero che gioia e sud sono ossimori. Nel rantolo disperato della miseria, come ricordava Longanesi, si nasconde l’ultima briciola di umanità.
“Sud e Magia” written in 1959 by the Italian anthropologist, philosopher and historian of religions Ernesto de Martino is one of the classics of Italian ethnography. This new translation “Magic: A theory from the South” translated and annotated by Dorothy Zinn, finally allows English speaking scholars to know one of the most original thinkers in this field and his innovative and ground-breaking masterpiece, which revolutionised the studies of folklore. Based on the notable de Martino’s ethnographic fieldwork on magic, witchcraft and ritual in rural Southern Italy from 1950 to 1957, the book reveals the author’s engagement with the dynamics between dominant and subaltern cultural forms and practices in a context of precarity and marginality, showing the specific cultural intersections between Catholicism and magic. His perspective is still illuminating our understanding of magical thinking as specific forms of knowledge and practice. In the first part of the book de Martino focuses on peculiar “magic” practices as binding, treatment of illness, existential ideas of crisis, risk and “loss of presence”, while the second part is dedicated to the relationships between Catholicism and hegemonic culture.
Il tema trattato è molto interessante, ma non è un libro di narrativa dalla facile digestione. Mi spiego, sembra formato da due parti, anche linguisticamente. Nella prima troviamo racconti su usi ed "incantesimi" tra loro anche collegati, la storia dietro di essi, le ragioni, il motivo del loro uso rinchiusi nella cornice dell'epoca. Questo permette di avere un occhio completo della relazione tra magia e persone. La seconda parte del libro cambia quasi dialettica e le parole si trasformano in un linguaggio accademico che per chi non è del mestiere potrebbe leggere con fatica. Questo cambio di registro, personalmente, mi ridotto la volontà di concludere lettura. Sono arrivata in fondo, ma con fatica...ed ero partita molto entusiasta.
Il volume di De Martino è a mio avviso una delle opere di antropologia culturale, che affronta il tema della magia, più importanti mai prodotte in Italia. Lo studio basato su diverse testimonianze provenienti dalla Lucania degli anni '50 è divenuto un volume imprescindibile per chi si occupa di questi temi. Se ti interessa sapere chi sono le macare, cosa è la medicina popolare e il complesso delle pratiche magiche che hanno caratterizzato la storia dell'Italia meridionale, questo è il testo giusto. Ben scritto e anche abbastanza facile da leggere anche per chi non è un addetto ai lavori.
Un'indagine sulle tradizioni del sud, che De Martino analizza prendendo spunto anche dall'opera di Levi "Cristo si è fermato a Eboli" (seppur utilizzando un approccio diverso).
De Martino cerca spiegazioni razionali per una tradizione legata al magico che ancora negli anni Cinquanta era fortemente presente in Lucania. E le trova parlandoci della funzione protettiva della magia, in un mondo esposto al negativo quotidiano, che teme più di tutto una perdita della coscienza di sé. L'autore colloca i contadini in un piano metastorico, al di là della storia,dove la magia ha una vera efficacia psicologica. E ci parla anche del collegamento innegabile della tradizione cattolica con questi riti pagani.
La prima parte del saggio si affronta bene, mentre la seconda è un po' più noiosa.
La fascinazione, i legamenti, le prefiche, paesi che non possono essere nominati, le fatture, i filtri e altre incredibili fantasie popolari che vengono enunciate con taglio scientifico da uno dei più grandi intelletuali d'Italia. Il pensiero antropologico, senza questo testo, è monco
Saggio molto interessante che non si limita a raccogliere vari riti e formule della magia del sud (in particolare lucana), ma che ne studia i rapporti con la storia, la religione, la società. Forse appena più noiosi i capitoli sulla jettatura.
Un libro meraviglioso, che racconta dell'Italia meridionale cristiana e pagana contemporaneamente, dei suoi riti propiziatori e della fede nei santi. Una dialettica unica, discorsiva, che accompagna il lettore come Pasolini durante le riprese dei suoi film. Toccante.
Estremamente interessante. La prima parte in particolare, sul finale mi ha (personalmente) interessato meno. Preziosa la prefazione di Umberto Galimberti.
De Martino ci mostra un'attitudine popolare che per certi aspetti sembra più sfociare nella superstizione che appartenere al mondo Magico con la M maiuscola. Formulette, semplici rituali, credenze naif, sono le componenti principali di quell'universo ingenuo che la civiltà postmoderna ha chiuso a chiave nel dimenticatoio. Eppure in quell'atmosfera onirica, semplice e contadina, si muovono tutta una serie di manifestazioni psicologiche che plasmano la realtà quotidiana in un continuo andirivieni tra storia e metastoria -per dirla con De Martino-, ossia tra il mondo ordinario e quello non ordinario (extra-ordinario). La ragione si oppone a questi processi che sembrano rasentare la psicosi, però nel fondo dell'anima giace il riconoscimento que quell'universo è patrimonio inestimabile di tutta l'umanità e potrebbe affiorare in qualsiasi momento, perchè fa parte della sua (ovvero nostra) eredità, è qualcosa che l'ha accompagnata per lungo tempo nel suo trascorrere evolutivo e solo da relativamente poco è stato in parte abbandonato.
Avete presente i miti greci, quelle storie in cui le fattucchiere creavano magici filtri d'amore utilizzando elementi (spesso) non proprio ortodossi? Beh. Tutto ciò in un presente remoto e quasi dimenticato esiste ancora. Ci sono le maghe, ci sono gli incantesimi, le maledizioni, le vittime... Ora come allora. Suddividerei il libro in due parti: la prima in cui vengono analizzati questi incantesimi, la seconda in cui viene esposta come, in letteratura, abbia origine la jettatura. Ho trovato molto interessante e coinvolgente la prima. Meno la seconda. Decisamente meno.