In un futuro dai confini incerti, in un paesaggio che assomiglia al Far West ma che è invece la pianura a volte nebbiosa, altre assolata, fra l’Emilia e la Romagna, tutto è cambiato. Siamo attorno all’anno 6.000 quando avviene la Grande Devastazione: un’invasione aliena ha distrutto le città lasciando dietro solo rovine, un’incredibile onda d’urto ha raso al suolo ogni sporgenza, ha fatto ribollire gli oceani, la popolazione umana è decimata ed è rintanata in case cubiche simili a termitai. Sono sopravvissuti però i sistemi industriali costruiti nel sottosuolo che continuano a produrre droidi, robot intelligenti che provvedono a ogni cosa e vivono assieme agli esseri umani. La tecnologia è al potere: governa, gestisce, organizza. Gli uomini sono liberi da ogni occupazione e lasciati al lassismo, all’obesità, alle strane manie che li afferrano, vivendo in aree urbane desolate e deserte. I coniugi Vitosi, fra i superstiti, passano il tempo collezionando grucce, oggetti vecchi e intrattenendosi con due robot da compagnia quasi erotica, una Dafne e un Piteco.
Ma quando, a poco a poco, si sparge la voce che i robot immortali che avevano creato e amministrato questo nuovo mondo si sono ritirati, offesi dal carico delle incombenze e dalla mancanza di gratitudine a loro dovuta, il caos si propaga e inizia la vera catastrofe. Nuovi, improvvisi incendi sconvolgono le città, i robot domestici cominciano a delinquere, a darsi al brigantaggio e anche la Dafne e il Piteco decidono di scappare, preoccupati dai pericoli crescenti. Da giorni i notiziari riportano inoltre l’allarmante annuncio della fuga di un robot ritenuto molto pericoloso, uno Xenofon, che la Dafne e il Piteco saranno destinati a incontrare sul loro cammino. Su quello dei coniugi Vitosi e degli altri pochi umani sopravvissuti incombe invece un’altra minaccia, sotto forma di insetti giganti. Riusciranno a sopravvivere a questa nuova invasione aliena?
Tra funamboliche citazioni mitologiche e vicissitudini spassose, e deliranti, Ermanno Cavazzoni ci risucchia nella sua fantascienza ironica, sfrenata e surreale, dove il futuro ci appare sospetto e un po’ inquietante, un posto stranamente famigliare.
Ermanno Cavazzoni, nato a Reggio Emilia nel 1947, vive a Bologna. È autore di vari libri di narrativa: Le tentazioni di Girolamo (1991), I sette cuori (1992), Le leggende dei santi (1993), Vite brevi di idioti (1994), Cirenaica (1999, riedito come La valle dei ladri, 2014), Gli scrittori inutili (2002), Storia naturale dei giganti (2007), Il limbo delle fantasticazioni (2009), Guida agli animali fantastici (2011), Il pensatore solitario (2015), Gli eremiti del deserto (2016). Per La nave di Teseo ha pubblicato La galassia dei dementi (2018), vincitore del Premio Campiello – selezione Giuria dei Letterati, e Storie vere e verissime (2019) e Il poema dei lunatici (nuova edizione 2020). Nel corso degli anni ha collaborato con musicisti per i testi e per piccoli spettacoli, ha scritto testi teatrali, trasmissioni radio e film (sceneggiatura di La voce della luna di Federico Fellini, il documentario La vita come viaggio aziendale del 2006 finalista al festival di Amsterdam, la regia di Vacanze al mare 2014). È stato, con Gianni Celati e altri, ideatore e curatore della rivista “Il semplice”.
Immaginate un’umanità obesa, del tutto annullata a livello intellettivo e motorio: uomini e donne che collezionano oggetti di dubbio valore, la cui sfera sessuale è delegata a dei robot pronti a soddisfare le loro voglie. Siamo nell’anno 6000, una grande devastazione ha fatto tabula rasa delle città e la tecnologia detta legge; al centro della vicenda troviamo i coniugi Vitosi e i loro robot da compagnia, Dafne e Piteco, i quali decidono di fuggire da casa in reazione a un pericolo fattosi sempre più crescente: le macchine hanno preso a delinquere; inoltre, un altro robot, lo Xenofon, è evaso e semina il terrore, mentre la terra si prepara a una nuova invasione aliena.
Strano a dirsi, ma questa trama appartiene all’ultimo romanzo di Ermanno Cavazzoni, che qui si cimenta con la fantascienza, mischiando il post-umano alle celeberrime leggi di Asimov, declinando il tutto secondo la sua poetica. Gli sterminati paesaggi che troviamo nella Galassia dei dementi somigliano a una versione apocalittica di quelli già visti nel Poema dei lunatici, e i personaggi paiono usciti da una delle Vite brevi di idioti. Cavazzoni continua a raccontare l’inadeguatezza e la stupidità umane, con piglio ironico e leggero, supportato da un’ottima scrittura; ma il problema di questo testo risiede però nella lunghezza e nella ripetitività: quasi settecento pagine sono troppe per una storia filtrata dall’umorismo sui generis dell’autore emiliano, il quale ha sempre funzionato meglio, spesso in modo eccellente, in forme più o meno brevi. Un peccato, perché c’erano tutti i presupposti per fare qualcosa di unico.
È possibile scrivere in un buon italiano, fluente, perfettamente comprensibile e non dire nulla per centinaia di pagine? Si! Questo libro ne è la prova lampante. Gli ingredienti per un gran romanzo di fantascienza c'erano tutti: tempo futuro remoto, una (o forse due) invasioni aliene, guerre di ogni tipo, collasso e degenerazione abulica della società umana, robot e droidi come nostri possibili successori ed anche incamminati verso percorsi di autocoscienza. Eppure, il libro a me pare vuoto e la storia, senza costrutto, dice poco o nulla, con continue ripetizioni ed un vagare monotono per lunghe pagine. È chiaro il tentativo di una scrittura surreale (scrittura non materia) e dal tono stupefatto e stupefacente che mi ha ricordato nello stile molti libri di Vance o alcuni di Dick (cronache del dopobomba, innanzitutto). Ma nel primo, avventure esplosive riempivano le pagine e nel secondo ogni capitolo introduceva concetti provocatori e mordaci. Qui, assisto ad un vorrei, ma non ci riesco. Altrettanto chiara è l'intenzione di dare un taglio umoristico, ma siamo lontani anni luce da libri fanta-umoristici come Terra di Benni, dove in molti capitoli si rideva e si ride a crepapelle. Qui non si sorride nemmeno. Forse una prova intellettuale e a tavolino di un opera di fantascienza, prova che secondo me non è riuscita affatto. Ad maiora.
Volume ponderoso che potrebbe scoraggiare per la mole. Ma visto che dalla quarta di copertina si preannunciava come un distopico con venatura satirica, mi ci sono tuffata.
Ed è stato uno spasso. Droidi che cercano di capire come sopravvivere, condizionati dalla loro programmazione, umani ridotti a obesi egoisti concentrati solo sui loro piccolo capricci e i loro indispensabili servitori robotici. E fra una disavventura e l'altra c'è il tempo per riflettere su chi siamo veramente, su ciò che ci tiene in vita, ciò a cui aspiriamo. E criticare i venditori di aria fritta, i venditori di promesse e anche un certo tipo di impostazione estetica, e di nozionismo storico fine a se stesso.
Chi vince alla fine? chi è degno di sopravvivere alla catastrofe? La risposta, forse, è ben dopo l'ultima pagina...
Simpatico, peccato per quelle 500 pagine di troppo
Ho retto per un centinaio di pagine, poi basta. Capisco la satira, la parodia della fantascienza, la critica sociale e tutto quanto. Interessante, a tratti persino un po' divertente, ma quasi 700 pagine così? Scherziamo?!? Ne avesse avute 200 (o meno) forse sarebbe stato un gioiellino, se poi avesse anche avuto una trama da portare avanti, meglio ancora! Ma di trama ne ho trovata ben poca in 100 pagine (cento, non dieci o venti), è tutto un girare intorno alle stesse cose, con una dovizia di inutili dettagli che rende l'esperienza stucchevole. Peccato, so che l'autore ha un suo seguito e si capisce che è uno che ha qualcosa da dire, ma probabilmente non con questo libro.
Un romanzo fantascientifico ambientato fuori Bologna (o quella che un tempo era Bologna). Il mondo degli uomini è in crisi ma nessuno se ne accorge perché è tutto automatizzato. Le persone sono obese e passano le giornate in collezioni inutili come grucce e bottoni e hanno rapporti sessuali con gli androidi. Gli androidi... Uno spunto per descrivere quello che ci rende umani in termini di programmazione. In questo mondo allo scatafascio, gli androidi si danno alla macchia e le vicende sono seriamente esilaranti. Mi ha ricordato molto Guida galattica per autostoppisti. È un romanzo geniale, ma non il mio genere e in questo momento non ho voglia di impegnarmi. Lo riprenderò in futuro!
Sono quasi 700 pagine, troppe per un'avventura comico-picaresca in un futuro distopico dove i tanti personaggi sono in maggioranza droidi specializzati (nella guerra, nel sesso, nelle faccende domestiche, nello zuccherare il caffè). Spesso mi sono chiesta perché continuare a leggere, però l'ho finito e pure in fretta, mah.