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Dal profondo di me stesso

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Sono le quattro di notte e Hauke è sveglio. Ha ventinove anni e da tempo convive con l’insonnia, che gli impedisce di riaddormentarsi. Così si alza e, nel silenzio del suo appartamento vuoto, inizia a scrivere un diario − o una confessione – sull’anno appena trascorso, cercando di mettere in ordine i numerosi pensieri che continuano a tormentarlo.
Attraverso le pagine del diario, racconta la sua vita fatta di routine, solitudine, amici perduti, rapporti familiari difficili e insoddisfazioni per una laurea sprecata. Un’esistenza anonima, complicata da forti tendenze masochistiche e feticistiche che l’hanno sempre fatto sentire diverso e malato. Ed è proprio della sua malattia che comincia a parlare, non solo quella fisica che lo costringe a rivolgersi a un medico, Sergio, ma soprattutto quella dell’anima, che lo porta a essere irresistibilmente attratto da quell’uomo, riconoscendo nel suo sguardo e nei suoi modi un essere a lui complementare.
I due instaurano una relazione sessuale sadomaso, complicata e senza apparente futuro, poiché Sergio si dichiara da subito fidanzato e non interessato a Hauke se non come sottomesso.
Lungo il diario, passato e presente si alternano, ricordi dell’infanzia e dell’età adulta si richiamano a vicenda, e, a volte, risulta difficile distinguere ciò che è sogno da ciò che è reale. Ma, in un momento di lucidità, Hauke trova la forza di confessare a se stesso una verità scomoda, anche se incontestabile: “Io non sono mai stato lo schiavo di un altro uomo. Sono sempre stato schiavo di me stesso.”

306 pages, Kindle Edition

Published April 23, 2018

6 people want to read

About the author

Edoardo B.

9 books9 followers
Classe '89, veneto, laureato in Psicologia Clinica.
Dal 2014 pubblico racconti e romanzi ambientati in Italia con protagonisti LGBT*.
Sono un lettore lento e non ho un genere preferito, perché per me i bei libri non hanno genere.
Gli autori di cui ho letto più opere sono Stephen King, Murakami Haruki, Terry Brooks, Alessandro Baricco e Andrea De Carlo.

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Author 12 books22 followers
October 22, 2020
Come ho detto in altre occasioni, credo che la bravura di un autore stia nel far piacere argomenti e/o stili che normalmente non si apprezzano, e premetto subito che questo è uno di quei casi.

Sono in difficoltà perché conosco l’autore, lo seguo da tempo, il che mette la recensione a rischio di accuse di faziosità. Di norma, infatti, evito di farne per colleghi che conosco, ma, come attesta una mia vecchia recensione a un altro lavoro dell’autore, mi reputo una persona obiettiva e lascio che lo dimostrino le mie argomentazioni.

STORIA: attraverso le pagine di una confessione simili a quelle di un diario, Hauke narra la propria storia. È un ragazzo il cui nome è dovuto alle origini tedesche della madre e che vive nel nord Italia, in un paese imprecisato. È laureato in filosofia, ma lavora come operaio in una fabbrica perché non ha trovato nessun altro sbocco che gli consenta di sfruttare il titolo accademico. A causa di un malessere, Hauke incontra Sergio, un medico consigliatogli da una collega, e con lui scatta qualcosa dal primo momento. Hauke ha tendenze masochistiche e feticistiche, e inizia dapprima a fantasticare su Sergio per poi arrivare a intrecciarvi una relazione. Il medico è tuttavia impegnato e prossimo al matrimonio, per cui la loro relazione sembra destinata a finire, una relazione in cui Sergio assume il ruolo di Padrone e Hauke di sottomesso. Ma le cose non sono come sembrano.

FORMA E STILE: avevo già conosciuto lo stile dell’autore in un libro precedente, “Migliori amici: ripetizioni di matematica”, e già lì aveva dato prova di notevoli capacità. Avevo appuntato, ai tempi, una densità di contenuto eccessiva e alcuni passaggi dal registro forte che poco avevo apprezzato. Qui, invece, il registro è sempre dello stesso livello – alto –, e lo stile dell’autore dà il suo meglio in un libro introspettivo più che narrativo, come ho avuto modo di dirgli personalmente.

Il libro si snoda su due binari narrativi: i fatti recenti vissuti da Hauke – il trasferimento nella nuova città per il lavoro di operaio, l’incontro con Sergio e la loro storia – e quelli della sua infanzia. Ogni due capitoli della sua vita adulta ce n’è uno sull’infanzia, che permette di conoscere Hauke bambino con le sue fantasie, le paure, i primi turbamenti nella famiglia e con gli amici, nel sesso e con la propria immagine. Questa struttura mi è sempre piaciuta molto, l’ho trovata in altri libri (vedasi “Volevo essere la tua ragazza” di Meredith Russo) e la trovo potente ed efficace, soprattutto quando si affrontano temi psicologici. Nel settore LGBT direi che sono un plus importante: la sessualità e l’identità di genere affondano le radici anche nella propria infanzia, che non è causa ma vetrina di dinamiche interiori indipendenti. Nell’infanzia di Hauke emergono molti dettagli che ci aiutano a inquadrarlo: il rapporto con la famiglia e gli amici, da cui lui viene escluso; i turbamenti verso Roberto, il suo migliore amico; la paura verso alcuni luoghi della casa; l’immagine distorta che ha di se stesso.

Il registro è raffinato. Confesso che non sono amante del feticismo e lo trovo, per quanto mi consideri di ampie vedute, un terreno per me fertile di resistenza; ma la bravura dell’autore, come detto nelle prime righe, è tutta qui. Riesce a fare entrare in queste pratiche con una eleganza strabiliante. Spiega le fantasie, racconta le scene, dipinge il dolore e il piacere con una penna raffinata, e perfino chi – come me – nutre delle resistenze verso talune pratiche non può che restarne affascinato. Il punto è che, quando si ha capacità, si può parlare di ogni cosa a tutti, perfino farli ricredere. In questo riescono pochi, e lui ci è riuscito.

Lo spessore psicologico è notevole; il livello di psicologizzazione del sesso altissimo. Conferire questa dimensione al sesso è appannaggio di pochi. Spesso, viene affrontato in modo meccanico, come mezzo d’intrattenimento, e non di approfondimento del personaggio. Il che, se il libro non ha altro fine, va bene; io, personalmente, apprezzo di più l’uso funzionale delle scene erotiche, ossia devono veicolare un messaggio o dirci qualcosa della storia, dei personaggi, delle relazioni che li legano. Qui c’è. E attenzione: l’autore non commette il grossolano e diffuso errore di imputare a qualche “esperienza” le preferenze sessuali di Hauke. Hauke è così. È nato così, con certi desideri, certe tendenze; non c’è alcun trauma o evento esterno a causare le sue tendenze che, oggigiorno, non sono più considerate patologiche o perverse. Ci sono, al più, eventi definibili “trigger”, che innescano e fanno emergere quei desideri già insiti in lui; esattamente come lui innesca quei desideri in Sergio. Lui è il trigger di Sergio, che, pur avendo sperimentato esperienze simili in precedenza, è con Hauke che scopre completamente ed esperisce fino in fondo il piacere della dominanza. Una sottigliezza importante, che evita la faciloneria e la superficialità del ridurre una persona – inclusi desideri e pulsioni – a qualcosa che le è successo, uno dei luoghi comuni più radicati e diffusi nelle comuni convinzioni.

A proposito di questo, c’è una cosa che mi ha colpito, per quanto riguarda il discorso di sesso e psicologia. Premetto una cosa: le preferenze sessuali non sono spiegate, come ho detto su, da quel che accade a una persona. Al più sono innescate, portate a coscienza, ma già parte di noi. Le persone non si possono mai spiegare, nonostante la psicologia abbia sempre ambito a farlo; però molto il sesso può dire di una persona. Perché, se le tendenze feticistiche e masochistiche di Hauke non sono imputabili a qualcosa al di fuori di se stesso, se non alla sua interiorità, loro invece ci dicono molto di lui. Ed è quello che intendo quando affermo che l’erotismo può assumere un ruolo altamente funzionale per farci conoscere i personaggi. Se per sentire qualcosa Hauke deve cercare il dolore, significa che di norma vive in uno stato di vuoto (peraltro da lui spesso affermato, anche fra le righe); se prova piacere in quel dolore, significa che trova un riscontro alla sua idea svalutativa. Gode nell’essere usato, umiliato, ferito, perché lui per primo si ferisce; e tutto ciò che conferma l’idea che noi abbiamo di noi stessi, ci fa piacere. È questo, semplicemente, alla base del suo masochismo (dico “suo” perché non esiste un’accezione assoluta, ogni persona vive la sessualità in modo differente). Nessuna malattia o patologia – cosa di cui Hauke infatti non è consapevole, definendosi “malato” e “anormale” –, ma il solo assecondamento dell’immagine che ha di se stesso. Gode nel dolore e nell’umiliazione perché lui per primo si disprezza, come emerge dalle memorie infantili, e trova in quelle pratiche una conferma alla percezione distorta del suo sé.

Quel che mi aveva colpito, dicevo, è legato al feticismo di Hauke. Ha una passione intensa e morbosa per le mani e i piedi. Ma nell’esprimere quella passione, l’autore è prodigiosamente bravo: dà quasi un senso, una spiegazione, una razionalità a quella fissa del personaggio. Riporto: “La maggior parte della gente non capisce quanto le mani possano rivelare le abitudini, i vizi e i segreti più intimi di una persona, e nemmeno sa apprezzarle a dovere. Il dottore era di sicuro appartenente alla piccola cerchia di uomini che riserva alle mani la stessa cura che in genere si riserva ai capelli o alla pelle del viso”. Qui emerge cosa significano le mani per il protagonista. E quando subito dopo afferma di immaginare di leccare per ore quelle di Sergio, c’è una perfetta coerenza logica. Se quelle righe non fossero state presenti, il lettore potrebbe storcere il naso e non capire, trovare quel desiderio malato o, semplicemente, irrazionale; eppure viene prima introdotto. Il sesso non si spiega e lo ribadisco, questa non è una spiegazione, ma una introduzione, uno squarcio sul pensiero di Hauke che permette, a mio parere, di comprendere il suo feticismo senza tuttavia pretendere di spiegarlo. Ancora, e forse è ancora più bello, un passaggio di quando Hauke è bambino: c’è un momento in cui si sofferma a descrivere le mani di Roberto, il suo amico, e quelle righe sono magiche. Cito: “[…] erano le sue mani a farmi ammattire, perché da esse scaturiva buona parte di ciò che Roberto era: scrivevano, sfogliavano le pagine di un libro, suonavano il piano, colpivano le biglie, indicavano quel che catturava il suo interesse, tenevano la cornetta durante le nostre chiacchierate al telefono, mi prendevano per mano, mi accarezzano” (NdR: ultimo verbo correttamente al presente). Ed ecco un altro bellissimo squarcio di quell’amore per le mani che esiste in Hauke da sempre. Mani dalle quali scaturisce buona parte di quel che era Roberto per lui, e una cascata di immagini e ricordi che accendono in Hauke bambino quell’amore per Roberto. Non so se questo passaggio nella memoria infantile sia stato studiato dall’autore apposta per richiamare il feticismo o se lui non se ne sia nemmeno accorto; non ne ho idea e, a onor del vero, nemmeno importa scoprirlo per un semplice motivo: se studiato, è di immensa raffinatezza intellettuale e dimostra tecnicismo psicologico; se non studiato e quindi inconsapevole, è di immensa raffinatezza umana ed emotiva.

PERSONAGGI: il protagonista è Hauke. Conosciamo i suoi pensieri, le sensazioni e le memorie fin dalla sua infanzia, di cui narra alcuni ricordi. Hauke è un ragazzo solitario, chiuso, che giocava per conto proprio e con un solo vero amico – Roberto. Appare da subito – sottolineo, appare – un ragazzo fragile, difficile, lontano dagli altri e soprattutto da se stesso, incapace di amarsi nonostante da bambino si dichiari il contrario. Hauke non si ama e non c’è niente che gli piaccia di sé. Quando si descrive, è sempre sprezzante, negativo, nonostante la sua famiglia sia affettuosa e presente. Ha un bel rapporto coi genitori e con sua sorella Hanna, nonostante qualche dispetto. Tuttavia vive in guerra con se stesso, e anche questo non per eventi esterni; è così. È nato con queste inclinazioni alle quali non c’è alcuna spiegazione né rimedio. E questo verme interiore si manifesta anche nelle sue tendenze sessuali: ha bisogno di soffrire per riuscire a sentire, di essere umiliato, maltrattato, usato. C’è, nel vivere questi dolori, la massima realizzazione di piacere per Hauke. Solo così riesce infatti a provare qualcosa, a sentire piacere, a trovare riscontro alla forte svalutazione che ha di se stesso. Nemmeno le tenere attenzioni di Jacopo, un ragazzo con cui si frequenta durante un momento di lontananza da Sergio, gli forniscono un’alternativa. Jacopo non ha tendenze sadomaso né di controllo, e questa incongruenza fa finire la loro storia.

Sergio, al contrario, si scopre un amante della dominazione. Mi è piaciuto molto come personaggio. Sembra freddo, approfittatore, distaccato; eppure, pagina dopo pagina, si rivela l’esatto contrario. Ed è qui la bellezza di questi personaggi. Se, inizialmente, può sembrare che Hauke – anche in quanto masochista e sottomesso – sia la parte “debole” e bisognosa e Sergio sia quella forte, invero è l’esatto contrario, e lo si scopre col progredire della storia: Sergio è fragile, esitante. Ancora non si conosce bene e solo attraverso la relazione con Hauke inizia a scoprire parti di sé che lo turbano e destabilizzano fortemente. I suoi comportamenti, a volte duri e altre teneri, tradiscono la sua paura. Non sa bene chi è, cosa desidera, a un certo punto chiede perfino a Hauke se lo stato d’animo che prova sia “normale” in certe esperienze. Si fa guidare da lui in quel mondo. Verso la fine, la cosa viene esplicitata: Sergio prende del tutto coscienza del fatto che, fra loro, sia Hauke quello che “comanda” e governa la relazione.

Hauke stesso si rivela, in realtà, molto forte. È un personaggio molto consapevole di sé; conosce i suoi limiti e le sue debolezze. E, senza svelare il finale, dimostra proprio nelle ultime pagine una gran forza, facendo crollare la fittizia idea che ci si possa fare di lui all’inizio. Ecco, questa rivelazione dei personaggi è stata magistrale.

Gli altri non sono meno resi: ho amato Jacopo, seppure una comparsa, per la sua dolcezza e il suo romanticismo; il padre di Hauke, un uomo qualunque con i suoi difetti umani tipici dell’età e della vedovanza; Hanna, la sorella di Hauke, che anche da bambina viene dipinta in modo vivido e realistico; Roberto, il compagno intelligente che turba Hauke fin da bambino; Karl, amico di Sergio e poi di Hauke, un personaggio simile a un secondo padre. Anche se marginali, sono tutti umani e reali, e, a modo loro, colpiscono e si fanno volere bene. Tranne Andrea, ma vi lascio il piacere di scoprire chi è. Fortunatamente una comparsa anche lui. E non dimentichiamo Flick, dolcissimo coinquilino di Hauke a quattro zampe che ogni proprietario di gatti vedrà simile al proprio: ozioso, grasso e con la tendenza a stendersi sempre nei punti più di passaggio, “come se desiderasse essere calpestato”.

In definitiva:
– Eccellente psicologia e caratterizzazione dei personaggi, perfino dei secondari. Si ha una full immersion in Hauke, ma Sergio e gli altri sono comunque ottimamente resi;
– rappresentazione di una piccola parte – perché è un mondo ampio – del BDSM, in termini fini e profondi. Una scelta eccelsa per avvicinarsi a queste sfumature dell’eros umano;
– rapporto tra sessualità e psicologia notevole, che nulla ha da invidiare ai grandi autori;
– bella l’ambientazione – per la quale non ho speso parole in quanto credo vada più assaporata che recensita. Ma è di spicco la scelta dei boschi trentini e della realtà operaia italiana. L’ambientazione è, comunque, un altro cavallo di battaglia dell’autore perché avevo amato molto anche quella di “Migliori amici”. Apprezzo che l’autore offra spaccati della realtà nostrana, un merito che va riconosciuto e premiato.
– Egregi il registro, lo stile e la capacità introspettiva. Mai pesante né noioso, anzi, trascina e incuriosisce a ogni capitolo.
– Bello il finale. Non facile, ma rientra nel mio gusto e qui non voglio pronunciarmi per evitare spoiler. Di sicuro non è un finale scontato e, soprattutto, si presta all’interpretazione, permettendo a ogni lettore di immaginare una conclusione differente.

Lo consiglio agli amanti del BDSM ma, soprattutto, ha chi ha delle resistenze verso questo mondo. Perché se non riescono alcuni autori a fare scorgere il fascino dei temi ai quali siamo resistenti, non so chi potrebbe. Lasciatevi condurre per mano da Hauke e da Sergio in questa storia che di sesso ha poco, ma ha moltissimo erotismo.

E, per capire la differenza, non resta che leggerlo.
Profile Image for Giacomo Assennato.
Author 17 books28 followers
April 25, 2023
Grazie, Edoardo, per avermi fatto conoscere il meraviglioso cuore malfermo di Hauke, e di avere permesso che fosse proprio lui a parlare, senza intermediari, perché solo in prima persona le parole potevano essere così intense e dirette. Di Hauke ho sentito la voce. E grazie per avermi fatto entrare nella sua testa, nei suoi sbalzi dal presente al passato, perché è così che si vive, in effetti, ed è così che ci si fa conoscere. Hauke, schiavo di sé, prima che degli altri. Ancora grazie per avere esplorato in modo così vero e sensibile il suo modo di amare o di essere amato, il suo bisogno di essere dominato, senza fronzoli, senza leather e pinze, che sarebbero stati orpelli narrativi di una cosa diversa e non la vera essenza del bisogno di Hauke. Quella sì che è forte.
«C’è qualcosa di te che non odi, Hauke?»
«Pare che sappia fare solo questo, nella vita. Massacrare me e chi ho intorno.»
È stato un viaggio bellissimo, un libro meraviglioso. E ti sono grato, per quanto infantile sia nel dirlo, per il post scriptum, col punto di vista di Flick, che mi ha messo in pace il cuore.
Profile Image for Mara Ambrosini.
32 reviews
December 18, 2021
Libro intenso e molto coinvolgente, non fatevi fuorviare dall'idea che la particolarità della relazione tra i due protagonisti sia l'aspetto centrale della storia perché è solo ciò che dà il via ad una storia d'amore totalizzante per entrambi. Mi è piaciuto molto il post scrittum finale che "apre" il finale a varie interpretazioni.
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