Per Franco Arminio l’organo della vista sono le parole, molto prima degli occhi. Le parole sanno posarsi su dettagli che fino a un minuto prima erano invisibili, illuminandoli. Nascono nel silenzio, ma ridanno voce ai paesi spopolati. Sanno di essere fragili, ma non temono il “lupo nascosto dietro lo sterno”.
In una perenne oscillazione tra uno scrivere che cerca la vertigine e uno scrivere che dà gloria all’ordinario, Arminio si muove senza tregua tra i due poli della sua poesia: l’amore e la Terra, il corpo e l’Italia, la morte e lo stupore. Si tratta di festeggiare quello che c’è e di cercare quello che non c’è. Fedeli ai paesaggi, seguendo la strada di una poesia semplice, diretta, non levigata, questi versi sono una serena obiezione al disincanto e alla noia. La politica, l’economia, le cosiddette scienze umane, sono gomme lisce nella neve. Solo la poesia ha le catene.
Si sta vicini per fare miracoli non per ripetere il mondo che già c’è che già siamo
Franco Mario Arminio (1960) è un poeta, scrittore e regista italiano, autodefinitosi come «paesologo».
È documentarista e animatore di battaglie civili, battendosi, ad esempio, contro l'installazione delle discariche in Alta Irpinia e contro la chiusura dell'ospedale di Bisaccia.
Nel 2009, con Vento forte tra Lacedonia e Candela. Esercizi di paesologia ha vinto il premio Napoli.
Roberto Saviano lo ha definito «uno dei poeti più importanti di questo paese, il migliore che abbia mai raccontato il terremoto e ciò che ha generato».
Nel luglio 2011, con Cartoline dai morti ha vinto il premio Stephen Dedalus per la sezione "Altre scritture". Con Terracarne, edito da Mondadori, ha vinto il premio Carlo Levi e il premio Volponi. Nel 2013 è uscito il suo ultimo libro di prosa Geografia commossa dell'Italia interna.
Nel 2015 fonda la Casa della paesologia a Trevico (AV).
Ho un’immagine di me che non parla. Risale a qualche anno fa. Sono ferma su uno spartitraffico, di quelli con cinquanta cm di erba attorno per darti l’illusione di essere Kevin Costner che gode nel passeggiare con le sue Valleverde su una lingua di terra tra due corsie. Insomma, sono lì, e sono talmente spaventata che non riesco a spostare manco lo sguardo. Le macchine sfrecciano davanti e dietro di me, ed io non riesco a muovermi. Né avanti, né indietro, né di lato. Ho le mani ficcate dentro le tasche di un cappotto blu, e dopo un tempo che per me è interminabile, riesco a tastare la sagoma del cellulare, e una volta tastata a tirarlo fuori e a comporre il numero di un’amica che non sento da molto e che non vedo da moltissimo. Una scena tragica eppure ridicola, io che ferma al duello di un mezzogiorno di terrore, estraggo con lentezza esasperante la mia unica arma. Con la cover giallo canarino. Anni dopo, a una bambina (non ricordo manco dove e quando) che mi chiederà cos’è la poesia, io le risponderò come da manuale, Chiedilo alla maestra. Una risposta pigra, per non dovermi sforzare di dirle che per me la poesia si racchiude in quell’istantanea di una me più giovane, ferma a uno spartitraffico, unico soggetto decentrato e messo a fuoco nell’attimo in cui sente una voce amica rispondere all’altro capo del filo. Un po’ difficile da spiegare a una bambina che non sa cosa siano gli attacchi di panico. Eppure per me, da quel giorno, la poesia sta lì. Ha delle coordinate precise nella mappa dei miei ricordi, nel folto di quel mattino in cui un “Pronto?” mi ha regalato la salvezza e allo stesso tempo la gratitudine, la luce e il conforto. La bellezza dentro il dramma della vita. Visconti forse pensava a una cosa del genere quando girò Ludwig.
Oggi però, ho finito di leggere questo libro. E non lo so se anche Arminio è rimasto inchiodato dentro un’isola pedonale ad aspettare un salvifico usbergo dal mal di vivere. So però che ha dato questa definizione di poesia, anzi ne ha dato diverse, ma questa è quella che più mi fa pensare, che quel giorno a scattare il mio fermo immagine, sia stato lui, e che talentuoso come io non saprò mai essere, l’abbia così sintetizzato:
“La poesia è una lucciola alle due del pomeriggio”.
Se è dal vissuto personale che si pescano le argomentazioni migliori per persuadere qualcuno a leggere qualcosa che ci è piaciuto, io potrei, già così, ritenermi soddisfatta dello sporco lavoro svolto. Ma memore di quanto insegna Carlos Drummond de Andrade quando dice che “di tutto, terribile, rimane un poco, a volte un bottone, a volte un topo”, aggiungerò che oltre i canti, ciò che resta alla fine di questa panacea, sono due convinzioni finali e definitive.
- Che il dono della sintesi non appartiene alle donne. O quantomeno non a me. - E che se volete essere abbracciati senza sentire il peso della stretta, questo è il momento per conoscere Arminio e offrirgli da bere. Magari dopo esservi spostati dallo spartitraffico.
Prima volta che leggo una silloge di Franco Arminio. Un’urgenza, un bisogno costante di scrivere: questa la prima impressione.
Suddivisa in sette sezioni, la raccolta è una geografia non solo di paesaggi montani in cui la vista coglie la forma di una pianta o la sagoma di un animale, qui l’autore scava negli animi di persone ed oggetti e ci consegna immagini che appartengono ad impressioni profonde ed intime.
Operazione non certo facile. Tutti possiamo avere un attimo in cui la visione di una scena così come di un singolo oggetto ci riporta a sensazioni apparentemente slegate ma cogliere, decifrare e condividere questi momenti è il dono prezioso del poeta.
In queste pagine sono custodite immagini veramente preziose. Una gamma di emozioni di ogni colore.
La gioia colta in quei momenti in cui è più viva (”La gioia è un fatto), l’amore come continua meraviglia ma anche l’ansia, la paura di morire e la nostalgia (tanta) per un tempo in cui la vita era più semplice.
Un tema fondamentale è quello dell’emigrazione che ha creato un’"anoressia demografica” e nei paesini regna ora "il silenzio di chi se n’è andato".
Raccolta di diverse raccolte di poesie, divisi per aree tematiche: il ricordo del passato che vive nel presente, i rapporti sentimentali e carnali, le passioni, ciò che è e sarà. La penna è delicata, evocativa ma ben ferma, senza sbavature arriva dritto al punto, parlando all'animo più che alla mente come ogni opera poetica che si rispetti. Per certi versi mi ha ricordato Guccini, così legato alla sua terra, in un mondo proiettato nel futuro ancora sentire le radici e vederle pulsare nonostante tutto ancora vive anche se a rischio di essere dimenticate o per lo meno considerate superate. Si respira l'aria di casa, e allo stesso tempo si viene provocati. Personalmente ho preferito la parte iniziale della raccolta, con cui sono entrata maggiormente in sintonia, ma ogni parte nella sua peculiarità offre qualcosa, una parte della visione del poeta. Non vi si trovano solo poesie ma anche brevi prose, non racconti ma frammenti di discorsi
Prima volta che leggo una raccolta di poesie per cui il mio giudizio è sicuramente da contestualizzare. Alcune le ho dovute leggere e rileggere per poterle comprendere, altre sono state evocative fin da subito. I temi sono molteplici: i componimenti che ho preferito trattano amore, morte, ansia e nostalgia per qualcosa che fu.
Arminio ha l'aria di uno che potrebbe capire chiunque dalla sua poesia preferita. Ne ho adorato la delicatezza con cui tratta ogni cosa, dall'ansia ai lavoratori notturni, dal silenzio alle urla.
Ho amato moltissimo questa raccolta poetica, così come amo profondamente questo poeta al quale mi sono avvicinata particolarmente nell’ultimo periodo, nonostante avessi già letto qualcosa di suo in passato. Franco Arminio possiede un’anima poetica molto forte e molto sensibile, è un poeta che sente tanto l’esigenza e l’importanza della parola stessa, al punto da considerare “organo della vista le parole, molto prima degli occhi”, in quanto “le parole sanno posarsi su dettagli che fino a un minuto prima erano invisibili, illuminandoli”. Si tratta di una raccolta delicatissima, di una sensibilità disarmante, in cui Arminio si muove tra i due poli della sua poesia: l’amore e la Terra, il corpo e l’Italia, la morte e lo stupore. Raggiunge il nostro cuore con le poesie dedicate all’amore, scavandoci dentro fino a toccare le emozioni più profonde e autentiche. Inoltre, vivendo io in Irpinia - e Franco Arminio è proprio un poeta irpino, originario di Bisaccia - sento con tanta potenza anche il versante più “terreno” della sua poesia ovvero la cosiddetta poesia paesaggistica, quella poesia capace di ridare voce ai paesi spopolati, a quei paesi che vanno “salvati con gli occhi, guardati come un uomo giovane guarda una donna bellissima”. La sua scrittura, pur essendo semplice e lineare, è diretta ed estremamente tenace e arriva così tanto, proprio dove deve arrivare! Una scrittura brillante di questo poeta che definisco magico, sensibile, terreno e che adoro profondamente!
"Vorrei prendere tra le mani l’universo come si prende un pettine e con tutto l’universo tra le mani accarezzarti i capelli."
La poesia affonda le mani dentro ognuno che presta ascolto, squarcia la nostra mente fino a raggiungere le emozioni e i sentimenti più veri, più profondi.
Arminio, a parer mio, dà il suo meglio nelle poesie d'amore e parlo di ogni sua sfaccettatura; le sue poesie sono emozioni allo stato puro, "bestiale" come immagino direbbe lui.
Piano piano inizio a conoscerlo meglio, ci sono alcuni temi ricorrenti come l'amore, la passione, i paesi e persino la morte:
"Io sono impazzito dal giorno in cui ho scoperto che si muore, da allora prendo a pugni ogni minuto, voglio estorcere alla vita un bacio, uno sputo, e non mi fermo mai, non mi do pace, prendo a calci il cuore, mi squarcio l’ombelico, cerco una via dove non c’è"
L'incanto e la vera essenza delle sue composizioni fanno colpiscono il lettore in pieno, strappano il velo della quotidianità e richiamano il bambino dentro di noi. Costringe ad un risveglio.
Nel complesso le poesie di Arminio contenute in questa raccolta mi sono piaciute, perché le ho trovate concrete, terragne. Le più belle sono secondo me quelle che raccontano il suo amore per i paesi.
✨«Che sia un amore dolce e lieve, un amore che può stare su una ragnatela senza paura di cadere.»
Ho comprato questo libro mesi fa, con la promo 1+1 di Bompiani, e ancora non sapevo che avrei scoperto un poeta così tanto nelle mie corde, così capace di farmi emozionare. A volte è proprio il caso a condurci ad autori che impariamo ad amare. Il mio primo approccio con la scrittura di Franco Arminio è stato sconvolgente. È difficile ritrovarsi in tutte le poesie contenute in una raccolta, ma molte di queste, con la loro semplicità, mi hanno lasciato una piacevole sensazione, mi hanno portata tra i miei ricordi, cullandomi tra mille pensieri. Ho preferito la prima parte della raccolta, composta da poesie brevi, come quella che ho citato. Nella seconda parte sono presenti poesie e riflessioni più approfondite e molto profonde. Con le poesie vado a momenti. Ci sono periodi in cui non sento la necessità di leggerle, ma quando sono in un momento di blocco mi aiutano a riprendere con la lettura e, poche per volta, sono un ottimo modo per rilassarsi prima di dormire. Ho già recuperato altri libri dell’autore e non vedo l’ora di leggerli. Se avete qualche consiglio sono pronta ad ascoltarvi. PROMO BOMPIANI: attualmente e fino ad esaurimento scorte trovate nei negozi ed online una selezione di libri Bompiani venduti in coppia per 9,90€. Tra questi sono presenti due libri di Franco Arminio.
Ho apprezzato di più la prima parte, mentre la seconda – sull’assenza, il lutto, gli spettri dei paesini abbandonati – non mi ha coinvolta come avrei voluto. Le poesie che mi sono piaciute sono semplici, ma non banali.
”Non ho mai capito perché una storia deve essere grande. Il nostro è un sentimento piccolo e vago, buono per passare nella cruna di un ago.”
"Adesso non ho nulla da chiederti per il tempo della vita. Ti chiedo qualcosa per il tempo della morte. Vorrei essere bruciato e vorrei che tu tenessi una parte delle mie ceneri. Mi calma e mi rende tristemente lieto affidare a te il mio corpo. Nelle ceneri non si distingue quello che era un occhio, una gamba, una mano. Sento che tu puoi farla questa distinzione, puoi vedere anche nella cenere i miei occhi, le mie mani. Tu puoi passare per un paese e salutarlo al posto mio, sederti su una panchina, dare qualcosa ai cani, guardare il cielo che promette pioggia, entrare in un bar a bere una camomilla. Non ti posso e non ti voglio chiedere più niente per come sono adesso. Non mi interessa che tu metta ancora i tuoi pensieri dietro di me. Mi interessa affidare a te il mio silenzio, la mia assenza. So che ne farai buon uso. So anche che fino a quando sarai viva penserai all'amore che ti è mancato, al male che ti ho fatto. Io vivo i miei giorni sperando di riuscire a sentire il tuo dolore da lontano, visto che non sono riuscito a sentirlo da vicino. Vivo questi miei giorni cercando di sentire qualcosa, il problema non è più avere abbracci, soddisfazioni. Non c'è più nessuna battaglia da vincere, nessun nemico da combattere. Ho fatto tutto quello che ho potuto con la vita che non ho vissuto. Se fossi veramente arrivato al mondo, se davvero una volta fossi riuscito a baciarti, se almeno una volta avessi creduto nella tua mano stretta alla mia, adesso sarei vivo. E invece sono un fantasma. Tu invece sei ancora pietra, erba, luce. L'universo in te ha sistemato quasi tutte le sue cose, bufere e silenzi, buio e calore. Di me resteranno parole a cui possono avvicinarsi solo altri fantasmi. Tu continuerai a vivere quando un uccello si staccherà dal ramo, quando la mucca metterà il muso nell'erba, quando la rondine fabbricherà il suo nido. Non so come, non so dove, ma tu continuerai ad esserci anche quando l'universo sarà finito. Io non ci sono mai stato. La mia vita si è composta solo sulla pagina. La realtà non è mai riuscita veramente a impigliarmi in essa. Ero sempre fuori misura, troppo impaziente, poco attento, troppo egoista. Il tempo che mi resta da vivere voglio passarlo senza nessuna ambizione. Non ho mete da raggiungere, non nulla da difendere. Mi piace l'idea che ci sei e che c'è la poesia. Quello che abbiamo fatto non è servito a noi e non servirà a nessuno. Abbiamo provato a passare intensamente il nostro tempo utilizzando la finzione che il tempo sia nostro. Apparteniamo al tempo come un lampo appartiene al cielo."
Franco Arminio è il poeta che racconta, in un modo un po' strano (a mio avviso) la terra in cui sono nato e cresciuto. Racconta, con le poesie di questo libro i paesi morenti d'Italia. Racconta le realtà della notte tra le strade di Bisaccia, di Paternopoli, di Calvanico, di tutti quei borghi dell'Appennino che si stanno spopolando. Racconta l'Irpinia d'oriente, la Lucania, l'Italia. Un racconto tetro, di morte, ma anche amore, ricordo, radici. Non amo la poesia in modo particolare, solo pochi autori mi hanno colpito. Questo libro passa. Mi resta la sensazione di tornare a Paternopoli, alla mia infanzia. Al dolore di una terra ormai lontana, al pensiero di casa chiusa, di nonno scomparso, della voce di nonna chiamarmi dal balcone, l'odore dei carciofi indorati e fritti (che sale dalle pagine commuovendomi), il profumo degli anziani avanti ai portoni, le stelle d'estate e la neve d'inverno. Non l'ho amato, ma mi ha riportato a casa.
Secondo me il miglior libro di Arminio. Colmo di esistenzialismo, di profondo dolore, di attimi di morte e di istanti di vita. Arminio sa cogliere tutto, renderlo comprensibile, dipingerlo di colore, colmarlo d’amore. Le sue poesie, queste ancor di più, ti parlano, ti conducono, ti accettano, ti danno consiglio, sono un abbraccio, sono uno sfogo senza rabbia, sono «lucciole alle due del pomeriggio».
Una raccolta poetica delicata, semplice e nella sua semplicità, disarmante, innocente e pura. Un mezzo per imparare a sentire ciò che si vede: una casa abbandonata, un paese di migranti, una scomparsa fulminea, la voce del fanciullino. Il senso melanconico crea una nuova visione. La profondità ha molteplici forme, della vita e della morte.
"Non si tratta di stampare le parole ma il respiro." (p. 96)
"Il poeta è uno che si espone. Ai versi bisogna affidare cose che ancora non abbiamo confidato a nessuno. Altrimenti si fanno ombrelli, merendine." (p. 152)
Ho apprezzato abbastanza il contenuto, ma spesso non mi ha convinto la forma. Questa raccolta si è rivelata essere al di sotto delle mie aspettative, ma penso sia comunque una buona lettura da fare alle 3 del pomeriggio.
Alcune poesie molto belle e che fanno pensare, ma secondo me non la migliore raccolta di poesie di Franco Arminio. Il poeta resta comunque molto fedele ai suoi temi e questa resta la sua forza e lo rende allo stesso tempo d’attualità.