«Passiamo ore così, a fissarci e a non sapere che fare. Mi viene da dirle, Ma che vuoi da me. Io non ti merito. E lei mi guarda. Perché sa che in qualche modo la merito, anche se non sa come dirmelo». Alle tre di notte, mentre la città riposa, la madre e la figlia sono sul divano. Una ha due mesi e urla come un'ossessa, l'altra ha trent'anni e fissa la parete, coi piedi scalzi, cercando di ricordarsi com'era vivere quando di notte si dormiva. La scrittura materica e sensuale di Rossella Milone ritrae con esattezza la battaglia di emozioni che accompagna la nascita del primo figlio. Questo romanzo riesce in un'impresa impossibile: raccontare l'accidentato e recalcitrante processo che trasforma una coppia in una coppia di genitori. «Le madri e i padri posseggono millenni di esperienza alle spalle, ma nessuno in tutta l'evoluzione umana è mai diventato un genitore perfetto». Perché un figlio è prima di ogni altra cosa una rivoluzione cognitiva, e quando è troppo presto per parlare d'amore forse è proprio il momento giusto per farlo.
Titolo ambiguo, “Cattiva”: lo è la madre, cattiva, con i propri pensieri disperati che urlano silenziosi, o la figlia, con i suoi pianti improvvisi senza apparente motivo? O forse lo sono in egual misura entrambe, ciascuna portatrice a suo modo, seppur a livello inconsapevole, di bisogni egoistici? Attraverso una scrittura intima, inquieta, priva di edulcorazioni di sorta, a tratti anzi quasi sfrontata e coraggiosamente schietta, si anima la vicenda narrata nel nuovo romanzo di Rossella Milone, edito da Einaudi. Una piccola storia che si rivela grande come non può che esserlo ogni volta il miracolo della vita che si rinnova e si affaccia inerme e incosciente al mondo. Una coppia di genitori, Emilia e Vincenzo, da un lato, una bimba di appena due mesi dall'altro. Con sensibilità e delicatezza tutte al femminile, viene posta al centro di queste pagine l'esperienza della maternità e, in particolare, la nascita del primo figlio, vera e propria rivoluzione nella vita di una donna che, per ovvi motivi, risulta sempre maggiormente coinvolta (e sconvolta) da un evento come questo rispetto a ciò che invece succede alla figura paterna. Un groviglio di sentimenti, emozioni, sensazioni, capitolo dopo capitolo, trova precise e intense descrizioni, mentre a poco a poco emerge il convincimento che nella cura della prole ci sia qualcosa di ancestrale, istintivo, addirittura “animalesco”; e allora non ci si stupisce neanche più pensando di essere una lupa o qualsiasi altra bestia di cui sopravvive appunto l'istinto nella parte più recondita delle nostre cellule. Del resto, come l'autrice ben sottolinea, non vi è niente di razionale nei primi mesi di vita di un bambino, semmai è tutto molto illogico, imprevedibile, profondamente materico e corporeo.
“E allora mi chino su di lei, le accarezzo la fronte, le ficco la mia gola sul viso, una preda che si arrende e mostra la giugulare. Voglio che qualche parte di me che non conosco – i pori, il modo unico in cui si compongono le mie particelle invisibili di acqua e urea – sappia cosa si fa, sappia come calmarla, darle la sicurezza che pretende. Io non lo so. Ci sarà qualche parte dentro di me che ancora tiene le pinne, o la coda, che ancora tiene il sangue freddo dei rettili da cui provengo, che ancora si ricorda come si fa a tenere a bada un cucciolo che frigna, […] quella parte di me che sta assopita nel mio tempo perduto, sepolta come un fossile – saprà come si fa?”
La linearità della storia s'intreccia a ricorrenti e ampi flashback che ripercorrono talvolta l'infanzia, talaltra episodi dell'età adulta della protagonista, mentre il ricordo delle varie fasi del parto si snoda in parallelo con il proprio carico di ansia e dolore. Facendo ricorso a un io narrante davvero emozionante e coinvolgente, la penna della Milone ci consegna il ritratto di una giovane donna che cammina lungo il non facile percorso da seguire per diventare madre, pericolosamente in bilico tra feroci notti insonni e voglia di normalità, tra timore di allontanarsi troppo dalla propria figlia e inconfessabile desiderio di fuggire; su tutto, pesanti come macigni, incombono un senso di inadeguatezza ad affrontare la nuova situazione postnatale e quello di solitudine che sfocia spesso violento nelle forzate veglie notturne e permea fin da subito anche la vita di chi nasce.
“Quando uno nasce, nasce per sé, ed è in quel momento lì che l'individuo mette al mondo la propria solitudine: quando nasci, quando muori, il resto non conta, ché la fatica di nascere e di morire è la fatica di contenere tutto quello che c'è al centro, e gli altri non possono fare nulla, in quegli attimi fortissimi tutto quello che ti rimane è quello che sei.”
“I pescatori rimangono. Il mare rimane. C'è un pezzo di città che sta sveglio con me. A sentirmi meno sola non mi sento, la notte ha un suono troppo robusto, quasi ingombrante, ché anche se stiamo svegli – io e quegli uomini – ciò che condividiamo non è la veglia, ma una specie di isolamento.”
Particolarmente suggestive le immagini di Napoli e della sua costa in versione notturna, quella città di mare dove “[...] il sonno, si è perso nei vicoli strettissimi” e sulla quale aleggia sempre la presenza rassicurante del suo vulcano. Un bel romanzo originale incentrato sull'estrema fragilità femminile in un momento certamente unico e speciale nella vita di ogni donna, ma non per questo privo di sofferenza e sentimenti contrastanti che finiscono per provare psiche e corpo. Pagine che parlano dell'immensità di quell'amore che fa sì, quando viene al mondo una nuova vita, che chi è madre rinasca per buona parte una seconda volta.
«Ogni scusa è buona per non pensare a lei, perché la sola cosa a cui penso da due mesi è lei. Non serve farmi sentire con le mie, di grida, con le mie, di lacrime, con i miei Basta. Nemmeno l'odore la può saziare, e nemmeno il latte, che mi tira via in abbondanza. Vuole qualcosa che io non le so dare, ché anche io, come lei, sono nuova da poco, e il fatto che io abbia le parole, abbia piú tempo e capelli, piú pelle, piú cervello e vista, piú peli e anche piú grasso, che io sia la madre e lei la figlia, non serve a niente, non significa niente. Significa solo che buona parte di me deve rinascere da capo. »
4,5 ⭐️ Attenzione: libro ad alto contenuto di verità e di amore. Può causare pianti.
È un libro che fa respirare tutti i pensieri che le mamme fanno e non sempre hanno il coraggio di tirare fuori. Un libro che aiuta a capirsi, a guardare le proprie fragilità senza rancore, ma con dolcezza, quasi si potessero accarezzare. È un libro per volersi bene anche se ci si sente continuamente non all'altezza. Fa bene come uno schiaffo d'acqua fredda. L'ho letto in poco tempo e finito giorni fa, ma sono ancora nelle sue pagine. Immersa nei pensieri che sento più miei. Nella fatica e nella bellezza di questa rivoluzione non senza ferite che è la maternità.
"Cattiva" è il racconto disperato una neomamma incompresa nella società contemporanea, con tutti i suoi pensieri (spesso anche distruttivi) che balenano nella sua testa. I capitoli si alternano tra i ricordi del travaglio e del parto e il periodo difficilissimo e delicato del post partum, in cui i pianti continui della piccola si alternano a quelli di sconforto della madre, sempre alle 7 di sera. Un bel romanzo sulla maternità che fa riflettere.
Non sono una madre, non ho ancora mai vissuto né l'esperienza del parto nè la maternità che sono gli argomenti principali di cui tratta la Milone, ma non è il primo libro che leggo sull'argomento e l'ho trovato doloroso e veramente per niente edulcorato. Un'esperienza vera, dolorosa e totalizzante come penso che sia la maternità nella sua cruda realtà
Anche se non ho figli, ho percepito tutte le sfumature di angoscia della protagonista, che vive l'ansia dei primi mesi da mamma, certa di non essere all'altezza del suo ruolo. L'ho letto in una sera, perciò è una lettura molto scorrevole che cattura. E sì, fa venire un'angoscia tremenda, ma è esattamente questo l'obiettivo del romanzo. Mi è piaciuto :)
Una giusta disamina della prima volta che ci si confronta con la maternità. Tutto il dolore, l'attesa, la paura condensati in poche righe con la benedetta signora Gargiulo che con la sua aspirapolvere da un poco di pausa alla paura e il senso di inadeguatezza.
Finalmente qualcuno che scrive le cose come stanno, a proposito di questa storia dei figli. Bellissimo sapere di non essere sola, con le lacrime automatiche e la voglia di scappare, ma poi non so, sembra manchi qualcosa.
In questo libro ho trovato scritte alcune cose che non riuscivo nemmeno a dire a me stessa. Bello, forte, profondo, doloroso ma necessario. Il puerperio nella sua difficoltà.
Mi era stato consigliato come romanzo sulla vera maternità, senza retorica. Così è stato, ma con uno stile inaspettato e appassionante. Finirò per regalarlo, già lo so
Questo breve romanzo offre una narrazione molto spesso taciuta, ma forse non così poco diffusa, del parto e dei primissimi mesi di una mamma. Vengono raccontati lo sconforto, la stanchezza, lo stravolgimento della propria vita e identità. Cattiva è il titolo di questo libro, e così ci si sente non corrispondendo all'idea che da sempre accompagna l'esperienza della maternità. Un pó angosciante, ma sicuramente una lettura molto interessante.
"Mi pare che tutti sappiano guardarmi e l’unica a non vedermi sia io."
Breve romanzo che racconta la maternità e l'essere genitori in tutte le sue sfaccettature, senza offrirne una versione edulcorata e idilliaca, ma descrivendone anche le rinunce, le notti insonni, il corpo che cambia e i sensi di colpa. Pur non essendo madre, penso ci sia davvero un gran bisogno di più libri come questo.