Cheope è stato un sovrano determinato, ambizioso, giusto eppure spietato. Figlio di secondo letto, per diventare faraone ha dovuto dimostrare di possedere il Ka degli eletti. Ha conquistato terre, annientato avversari, schiavizzato popoli. Dopo migliaia di anni, la Grande piramide di Giza, unica delle sette meraviglie del mondo antico sopravvissuta fino ai giorni nostri, testimonia intatta la sua grandezza. Ma i templi edificati, il porto di Wadi al-Jarf sul Mar Rosso, l’apertura dei commerci al di fuori dell’Egitto non sono stati sufficienti a placare la sua brama di potere. Nella sua vita c’era un tassello mancante: svelare il segreto del Santuario di Thoth. Solo così sarebbe stato consacrato dio tra gli dèi, solo così sarebbe stato davvero immortale...
Ho iniziato questo libro sperando di trovarmi davanti a una serie tipo quella di Guild de L'Assiro e Ninive in chiave egizia. Mi sbagliavo. Il libro si lascia leggere, ma non mi ha tanto entusiasmata. Purtroppo, pur trattandosi di un romanzo, mi ha lasciato un'idea di Cheope negativa, sebbene un po' più particolareggiata di come lo conoscevo prima. O il romanzo è scritto male e non è riuscito a cogliere la personalità di questo faraone oppure l'unica cosa interessante su Cheope è stata proprio la costruzione della piramide e basta. Non ne so abbastanza per prendere posizioni, da qui il mio giudizio neutrale. L'ho letto pensando che poi avrei subito voluto leggere anche gli altri e, anche se li voglio leggere ancora, non ho più la fretta di prima.
Possono esserci dei piccoli spoiler sulla trama in generale.
Cheope era un mezzo drogato (continuava a far uso di infusi ed erbe) ed era un arrogante topo da biblioteca che si credeva una divinità e voleva convincere (o imporre) agli altri che lo fosse. Se non fosse stato per la piramide credo che sarebbero in molti meno quelli che conoscerebbero il suo nome. Non aveva carisma, non era amato dai sudditi, non era abile in battaglia. Fin da piccolo è sempre stato arrogante e, più che un grande faraone, è stato un grande studioso ossessionato prima dai papiri di Imhotep e poi dalla scoperta del tempio di Thoth affinché tutti credessero che fosse una divinità vivente.
"Cheope - L'Immortale" - primo romanzo della serie dedicata ai grandi Faraoni d'Egitto - narra la vita, i sogni, i timori e le gesta del, credo, più famoso tra i Faraoni dell'Antico Egitto, e lo fa con rispetto verso la sua figura e verso i lettori.
Devo dire che già dall'incipit mi sono trovata a mio agio, ma ho seguito con molta facilità l'intera storia, pur, praticamente, non sapendo dell'Antico Egitto nulla di più di quanto avessi studiato a scuola. Lo stile efficace, le descrizioni limpide e chiare, la coerenza delle espressioni dei personaggi e dei dialoghi, veloci e accurati, e la contestualizzazione riuscita dei termini tecnici propri del periodo, mi hanno catapultata in mezzo a battaglie e intrighi di corte, offrendomi un viaggio, a mio parere, di buona fattura.
Ho accompagnato il futuro faraone lungo la crescita; l'ho visto trasformarsi da tenero bimbo, che osserva sbigottito il lato cruento del suo mondo, a fanciullo emotivo e irruente che deve dimostrare di meritare il titolo, a uomo, un re, con un occhio rivolto al divino e al proprio sogno-missione. Molto bello il rapporto tra Cheope e Nefermaat, come la grande considerazione di Cheope verso gli studi di Imhotep. Le visioni di Cheope, peraltro ben rese e introdotte, aggiungono fascino e magia alla sua figura. Si intuisce inoltre il buon lavoro di documentazione alla base della stesura del romanzo. Non dev'essere stato facile calarsi in un'epoca così distante dalla nostra. È un romanzo, tra l'altro, adatto anche come lettura estiva. Lo si può portare in vacanza e leggere sotto l'ombrellone. Ho davvero gradito leggerlo e proseguirò con il secondo libro della serie.
Nota: Io ho preso l'ebook per mancanza di spazio nella mia libreria, ma, avendo assistito alla presentazione del romanzo al Salone del Libro di Torino, ho potuto costatare di persona che la versione cartacea è molto bella, sia da vedere che da toccare.
Ammetto di aver letto Cheope l’immortale tutto d’un fiato. Avrei potuto centellinarlo, invece la storia mi ha presa molto e l’ho divorato. La storia è un susseguirsi di azione, colpi di scena, in una trama ben congegnata che mi ha tenuta incollata. Un po’ più difficile seguire talvolta i personaggi secondari per via dei nomi, ma in genere sono riuscita a ricollegarmi in poche righe agli avvenimenti precedenti. La seconda parte l’ho trovata appena più lenta rispetto alla prima, più centrata sugli intrighi di potere. In sostanza l’ho trovato un ottimo libro e ho già preso Akhenaton l’eretico. Consigliato!
Dunque devo dire che ho iniziato questo libro un po’ spiazzata, nel senso che lo immaginavo più romanzato ed invece è proprio la narrazione di tutta la vita dalla nascita alla morte di questo grande faraone. Non ho letto tanti di questi libri e ci ho messo circa cinquanta pagine per entrare nell’ottica ed abituarmi alla storia che scorreva senza altro filo logico che quello appunto della storia, quindi senza una vicenda particolare a parte quelle che riguardassero lui. Però una volta successo ciò devo dire che ho letteralmente divorato questo libro. Scorre via che è un piacere e mi ha fornito tutta una serie di informazioni e conoscenze sulla storia dell’Egitto e il periodo delle grandi dinastie di faraoni che non avevo proprio. Tante di queste informazioni mi hanno spiazzata ma altre mi hanno decisamente affascinata e conquistata. Innanzitutto Cheope è nato come figlio illegittimo, dallo stupro ad opera di Snefru che non era il faraone designato ma che poi per questo lo diverrà, della sorella del faraone, cioè la figlia del futuro faraone Nefermaat, che questi avrebbe dovuto sposare. Sì perché la linea della discendenza reale era matriarcale e non patriarcale come da noi (erano già avanti) e quindi i figli maschi dei faraoni sposavano le sorelle per acquisirli e diventare essi stessi regnanti. In seguito ad uno stupro la donna, soprattutto se precedentemente vergine, era costretta dagli dei a sposare l’uomo che lo aveva effettuato. Hetpheres diventa così quindi la regina madre. Cheope nasce con un difetto estetico al labbro superiore che gli causa da subito angherie da parte dei fratellastri Ranefer e Rahotep, con i quali si troverà poi a lottare tutta la vita. Fin da ragazzino inoltre soffrirà molto per l’atteggiamento ostile o incurante del padre nei suoi confronti ma, a causa del suo carattere impulsivo e focoso, si scontrerà innumerevoli volte con lui, fino ad essere allontanato dal Regno e confinato a studiare ad Eliopoli al grande tempio, dove conoscerà Bennu, il sacerdote che sarà il suo padre “spirituale” e lo guiderà verso la formazione necessaria per sviluppare l’innata abilità di parlare con gli dei, che possiede. In questa ricerca si imbatterà in un cofanetto contenente preziosi papiri di Imhotep, antico studioso di scienze e arti magiche, che lo porterà a sviluppare un vero e proprio culto nei suoi confronti e a portare nella sua vita i suoi insegnamenti e scoperte sensazionali, alcune in maniera eccezionale come nel caso della costruzione della fantomatica piramide a Giza, per costruire la quale darà fondo alla gran parte delle risorse del regno inimicandosi i sacerdoti, altre in maniera devastante, fino a diventarne dipendente e a portarlo a rinchiudersi in un suo mondo fatto di apparizioni, in cui trascorrerà gli ultimi anni della sua vita. La madre resterà la sua preziosa consigliera fino alla fine dei suoi giorni, insieme alla sorella e moglie Henutsen, “unica in grado di placare i suoi demoni”. Sia in occasione della successione a suo padre Snefru che in occasione della sua, verranno orditi inganni e trame oscure e sanguinarie pur di permettere a successori diversi dall’erede naturale di ambire al trono. Ed è proprio in queste occasioni che da un lato mi sono trovata ad innervosirmi e fremere affinché Cheope e i suoi si rendessero conto di quel che stava succedendo, peraltro a mio parere abbastanza evidente e comprensibile, in modo da smascherarli ed evitare tante morti, dall’altro a confermare la mia idea secondo cui la poligamia sia stata abolita non tanto per una questione di religione o civiltà ma solo perché noi donne sappiamo essere terribili e, se già in una accanto ad un uomo, siamo in grado di scatenare vere e proprie guerre per invidia e competizione, tanto più tra diverse concubine sarebbe inevitabile che ciò non accadesse scatenando una lotta a chi debba essere realmente “la prima”, come la storia in questo caso ci insegna. Nefermaat fratello di Cheope è stato il personaggio della dinastia che ho apprezzato di più nella sua pacatezza e saggezza profonde, ma i personaggi che veramente mi hanno conquistata sono stati i secondari, cioè tutti quei servitori come Kagemni, Hasuni e Pal che si sono rivelati realmente persone di cuore senza secondi fini, interessi personali nè alcun grado di cupidigia, come invece nella famiglia reale tutti, nessuno immune, hanno mostrato nella loro vita. In particolare me li ha fatti davvero apprezzare il fatto che non si comportassero mai nè fossero mai trattati comunque come dei semplici domestici ma che invece diventassero una sorta di padri putativi e veri amici del faraone e dei membri della famiglia reale, tanto da acquisire da morti un posto al suo fianco nella piramide, o vedere comunque realizzati i desideri espressi per il rito funebre, nonostante l’immensa tristezza per averli persi da parte di Cheope. Nefertar, nonostante tutto, mi ha strappato una lacrima di pietà nella fine che ha scelto, per il suo pentimento sconosciuto ai più. Rakhetra si è rivelata molto più perfida ed avida di lei, rinnegando persino chi le aveva sempre fatto del bene. Meritetes è stata davvero sfortunata e comunque non solo è stata presa di mira da persone spregevoli ma non mi sembra possibile che nessuno sia riuscito a rendersi conto davvero di ciò che le stava succedendo. Chefren mostra già da ragazzo lo spirito che poi la storia gli riconosce di faraone saggio e ragionevole, con la capacità superiore anche allo stesso Cheope di pensare al bene del popolo. Credo che in fondo ciò che abbia condotto davvero Cheope alla rovina, prima ancora delle dipendenze, sia stato il suo aspirare a essere una divinità pari al suo Toth. Penso che oggi tutto questo sarebbe potuto essere facilmente riconosciuto come un qualche grado di patologia psichica che lo abbia portato allo sfrenato narcisismo che poi lo ha condotto alla chiusura e ad allontanarsi sia dalla cura di sè che di chi gli stava intorno. Abbandonare alla fine del libro questa famiglia mi ha lasciato una sensazione di nostalgia come se avessi lasciato un mio caro. Credo proprio che proseguirò la lettura di questa collana sui faraoni egizi perché sento già tanto la mancanza di quel mondo, pur con tutte le sue contraddizioni.
Ambizione faraonica Il collettivo di Valery Esperian esce dai cliché e dalle banalità per raccontare una storia interessante, concreta e ricca di personaggi ben curati che ci trasporta sulle rive del Nilo più di 4500 anni fa. Il romanzo si struttura sul carattere affascinante ma controverso del protagonista, ma dà un’ampia visibilità ai vari comprimari e antagonisti che, essendo motore di storie sentimentali e giochi di potere, danno corpo e sostanza alla narrazione. Un libro che evita volutamente un giudizio morale sul personaggio, presentandolo con pregi e difetti in piena vista, dà prova di ambizione, ma anche della capacità di soddisfarla.
Ho acquistato questo libro insieme a quello dedicato ad Akhenaton al Salone del libro di Torino. Affascinante la storia del faraone Cheope a partire dalla sua adolescenza fino alla morte. Sono rimasta molto soddisfatta: la vicenda umana del faraone Cheope, a me noto finora solo per la grande piramide, mi ha colpito molto: il rapporto con le sorelle, l'amore profondo per la madre. Il tutto narrato con una scrittura avvincente e avvolgente che ci fa immergere senza alcuna difficoltà nella vita dell'Egitto di più di 4000 anni fa.
Primo capitolo della serie del collettivo di scrittori Valery Esperian. La storia dell'imperatore Cheope viene narrata in chiave romanzesca, accompagnata dalle suggestioni della religione. Cheope è destinato per diritto di nascita alla gloria, ma la sua ascesa al potere sarà tutt'altro che semplice, a causa degli intrighi di palazzo. Il libro è interessante e ben articolato, con una buona caratterizzazione dei personaggi. Il linguaggio, estremamente scorrevole, è adatto anche a chi non è molto avvezzo alla cultura egizia.
abbastanza appassionante, scrittura fluida e incisiva. Mi hanno fatto ribrezzo le tante scene erotiche tra fratelli. Cheope risulta un bravo faraone ma troppo fanatico e un po' troppo arrogante e poco umile. Bel ritratto dell'Egitto, a parte tutto questo.