Come può essere un quartiere di Torino che si chiama Barriera di Milano? Un avamposto verso il resto del mondo. Infatti, da roccaforte operaia si è trasformato in una babele multietnica. È qui, in una lavanderia a gettoni gestita da un magrebino, che Contrera riceve i suoi clienti. Accanto a un piccolo frigo pieno di birre che provvede a svuotare sistematicamente. I suoi quarant'anni li ha trascorsi quasi tutti per quelle strade. Faceva il poliziotto ma si è fatto cacciare per una brutta storia di droga, ora fa l'investigatore privato senza ufficio ma non senza fantasia. Ha una Panda Young da un quinto di secolo: e quello è «il rapporto più duraturo che abbia mai avuto nella vita». La sua ex moglie lo detesta e la figlia adolescente si rifiuta di rivolgergli la parola. Ad amarlo restano giusto la sorella e i due nipoti, divertiti dalla sua eccentricità. Quando Mohamed, il proprietario della lavanderia, gli chiede di aiutare un ragazzo che si è indebitato con una banda di albanesi, Contrera non può certo tirarsi indietro. Ma come in ogni poliziesco che si rispetti, le cose sono molto più complicate di quanto sembri a prima vista: e quando salta fuori il primo cadavere, Contrera capisce di essersi ficcato in un pasticcio nel quale finirà per rischiare non solo la pelle.
Un personaggio piuttosto incasinato questo Contrera, ex poliziotto corrotto che ha abbandonato la carriera, la moglie e la figlia per una crisi di coscienza, e adesso si trova a vivere a casa della sorella Paola e del cognato Ermanno (un direttore di banca che non vede l'ora che tolga le tende, anche se i suoi due figli stravedono per lo zio). Il proprietario della lavanderia a gettoni magrebino in cui Contrera ha il suo ufficio (e un frigorifero pieno di Corona), lo incarica di aiutare il nipote Driss, che si è indebitato con una banda di albanesi, ma all'improvviso il capo degli albanesi viene ritrovato morto nel suo ufficio e, naturalmente, è proprio Driss il primo sospettato. Contrera si darà da fare per scovare il colpevole, malgrado il suo ex amico e collega De Falco, titolare dell'indagine, cerchi in ogni modo di mettergli i bastoni fra le ruote (senza però condurre a sua volta delle indagini con tutti i crismi, come sarebbe d'obbligo). E non so se Contrera mi piaccia, perché, malgrado la sua accattivante autoironia, è il genere di uomo che di solito considero uno st@@@@o!
Si presenta usando solo il cognome questo investigatore privato dal passato buio e dal presente non proprio roseo, un po’ alla Colombo, solo che lui non indossa un impermeabile ma delle giacche alquanto discutibili alle quali, però, è parecchio affezionato. Contrera, con questa sua prima indagine, raccontata in “Fa troppo freddo per morire“, mi ha fatto appassionare alla sua storia, merito della penna di Christian Frascella, ironica ma anche parecchio pungente ed emozionante.
Contrera è il classico personaggio pieno di sfaccettature che non si riesce mai a inquadrare perfettamente. Capace di gesti generosi, ma anche di alcuni veramente orribili, è in grado di suscitare nel lettore pena, simpatia, oppure disgusto. Un personaggio complesso che in questo primo libro si concede, si racconta e il lettore non può che rimanere incuriosito e catturato dai suoi pensieri, anche se ho avuto l’impressione che mi sia sfuggito qualcosa, che ancora non sia riuscita ad afferrarlo del tutto. Forse perché è solo il primo libro a lui dedicato e magari ci sarà tempo per definirne meglio i contorni. Posso dirvi che sicuramente l’autore mi ha incuriosita a continuare.
Verso la fine del romanzo c’è un momento davvero toccante mentre ricorda il padre. Non anticipo nulla, solo un piccolo passaggio: “Non c’è mai stato entusiamo in me, solo paura, la grande paura di esistere”. E allora forse Contrera cominci a capirlo, anche perché è lui a confessare che gli si spalanca un baratro davanti quando gli succede qualcosa di buono. Ma perché?
[RECENSIE: https://www.readabook.nl/2020/06/chri...] Het is een goed geschreven boek met leuke plotwendingen, een beetje humor en een vleugje spanning. Aanrader om te lezen in de tuin deze zomer!
Questo libro è ben scritto, la trama è carina e ricorda un po’ una fiction italiana. La parte mistery è ben costruita, anche se non prende talmente tanto da voler finire il libro per scoprire cosa succede.
Il grande problema di questa storia per me è il protagonista, questo tal Contrera. Ci viene presentato subito con tutti i suoi difetti e non può che risultarci antipatico. È un uomo che faceva il poliziotto ma poi ha dovuto lasciare il lavoro perché è passato dalla parte dei criminali, aveva una moglie e una figlia che ha abbandonato, aveva una casa che ha dovuto lasciare per mancanza di soldi. Fa l’investigatore privato ma non ha un suo ufficio personale, si appoggia nella lavanderia di un uomo che non gli chiede nulla in cambio.
D’impatto quindi non è un uomo che dà una buona impressione, pian piano che lo si conosce si inizia ad avere un po’ di pena per lui. Non sono riuscita ad empatizzare con il suo personaggio, e quando questo non accade non riesco ad entrare a pieno nella storia. Ammetto che nella prima parte del libro sono rimasta anche infastidita dai continui appellativi dati a persone straniere, per indicare che certe zone erano abitate dall’una o l’altra etnia.
La storia però non mi è dispiaciuta, così come i personaggi secondari. Per questo motivo do 3 stelle e leggerò il secondo della serie, anche perché ce l’ho già cartaceo.
Contrera odia il freddo. Ha l'ufficio nella lavanderia a gettoni di Mohamed. È un ex poliziotto, ha un ex moglie e una figlia dai capelli verdi e dall'arrabbiatura facile come tante adolescenti, o forse di più. Porta dentro un dolore che non vuol raccontare, la disillusione di chi ha toccato il fondo, il senso di una colpa antica che lo schiaccia. Parte di lui è fatta di buio, di quella zona di Barriera di clandestini, di bruttezza e di sconfitta; ma c'è anche una parte di luce, di insospettabile umanità. È quella che lo spinge ad indagare sulla morte di Oskar e a non cedere alla tentazione di incolpare Driss, giovane marocchino e perfetto capro espiatorio per tutti : per la Polizia, per Manduri che fa capo alla malavita calabrese e per Jontar e Lidia. Il ragazzo aveva debiti di gioco, scommesse andate male. Si era rivolto agli strozzini e non aveva pagato: un regolamento di conti:semplice,no? E tutti contenti. No, per Contera no. Né per Mohamed che gli chiede di scagionare Driss. Le indagini, fatte in modo non convenzionale (d'altronde nemmeno Contrera è un eroe convenzionale, par più un antieroe), lo porteranno ad una donna dai capelli rossi e ad un dodicenne geniale e strano, ad un vecchio amico delle medie, al dover dire addio alla sua macchina, a scoprire un tradimento - più di uno, a dirla tutta- e a capire che "la verità non ha più nulla a che vedere con la giustizia" . E trovarerà le risposte che cerca e anche di più. Scoprirà che non è poi così male come investigatore privato e che Barriera non è solo un quartiere malfamato, ma la sua seconda famiglia. Noi lettori, però, non sapremo qual è il nome di Contrera e sul suo passato avremo alzato solo un velo, intravedendo i fantasmi che l'hanno reso chi è: Contrera che odia il freddo, beve Corona e nasconde il cuore buono sotto quello "cattivo"(che come canta Lugabue : "i duri hanno due cuori. Col cuore buono amano un po' di più (...)col cuore guasto odiano sempre un po' di più" E forse più che odiare, lui si odia un po' di più.) Contrera. Che o si ama o si detesta. Io gli ho voluto bene.Tanto. Chissà voi!
È il mio battesimo con il genere hard boiled e devo dire che sono contenta. Non entusiasta, ma c'è qualcosa in questo romanzo che mi ha lasciato un senso di appagamento. Perché amo le storie dove non è tutto bianco e nero, tutto netto e definito. Qui il marcio c'è tanto tra i "buoni" quanto tra i "cattivi" e che quello che può far o meno la differenza è "da che parte si guarda la verità",citando il protagonista che (come il genere comanda) racconta in prima persona. È un romanzo ruvido, che sa di sgualcito, di barba che punge e odore di sigaretta. Amaro e duro. Ma anche tenero, giusto quella puntina che serve mantenere umano Contrera, che altrimenti diventerebbe un De Falco qualsiasi. Io che l'hard boiled l'avevo sfiorato grazie alla saga di Anita Bo di Alice Basso e immaginavo di buttarmi su Marlowe, grazie alla challenge invece mi sono buttata nelle notti e per le strade uscite dalla fantasia e dalla penna di Fascella. E come dicevo poco fa, ne sono felice. È il primo di una serie, forse proprio quella di Contrera. Per questo mio voto è 4 stelle. Ma giusto perché non è il mio genere e ci ho messo un po' ad entrarci dentro.
Una premessa penso sia doverosa: non sono un’amante dei gialli, me ne piacciono davvero pochi, e amo forse ancora meno i noir. Eppure Contrera ha fatto breccia. Contrera si è infilato nel mio cervello ha continuato a venirmi in mente anche mentre il libro se ne stava appoggiato sul tavolino, intanto che stavo facendo altro. e quando un personaggio resta incastrato nel labirinto del pensiero del lettore credo che l’autore possa considerarsi soddisfatto. Il libro ti conquista con la copertina (che per quanto mi riguarda è semplicemente spettacolare, complimenti all’illustratore Riccardo Falcinelli), ti acchiappa con il titolo e poi si lascia docilmente legge tutto d’un fiato. La storia scritta da Frascella è una macedonia nella quale si incontrano giallo, noir, hard boiled, il tutto rinfrescato da una succosa spruzzata di ironia che strizza quasi l’occhio alla commedia, senza mai però sfociare in una risata vera. Si limita a un sorriso sulle labbra qua e là, che subito si ricorda dell’amaro che giace sul fondo. Contrera è un uomo dell’ex: ex-marito, ex-padre, ex-figlio, ex-poliziotto, forse quasi ex-criminale. È l’uomo della disperazione, delle ombre nere, dello sfacelo interiore. È l’uomo dal quale dovresti, e vorresti, stare alla larga: non sembra avere un futuro (forse neanche un presente), ha tutte le carte in regola per entrare nella popolatissima categoria dei falliti, indiscutibilmente qualche birra di troppo, capacità di valutare il rischio parecchio ridotta, un po’ troppo spaccone, una serie di grossi errori che pesano sulle sue spalle. Ma è anche l’uomo del coraggio. Il coraggio di non sedersi in fondo al pozzo nel quale si è calato, di non perseverare nelle profondità torbide. La forza di cercare di aggiungere un pizzico di grigio a quel mondo nero che lo circonda e lo penetra. È un uomo in grado di fare un’analisi lucida di se stesso, di guardarsi allo specchio e di non negare quello che vede riflesso dietro di sé, quello che fa capolino alle sue spalle. è l’uomo della compassione verso gli altri e (poca verso se stesso), della disillusione e dello spicchio di speranza dimenticato in qualche tasca della sua giacca militare, La versione torinese dei vari Montalbano (che detesto con tutta me stessa), Schiavone e Coliandro. L’impianto giallistico non è, probabilmente, tra i migliori in assoluto. Non raggiunge vette di squisita fattura, di mistero intricato, di deduzione arguta, ma la storia personale di Contrera e il contesto sociale della periferia urbana sono talmente ben costruiti che, uniti a una scrittura semplice ma non sempliciotta, precisa e affilata, creano un mix davvero godibilissimo. Quanto di questo fa parte dei cliché? Molto. Ma Frascella ha la capacità di far raccontare a Contrera tutto ciò in modo del tutto personale.
La prima cosa che mi viene in mente ripensando a questo romanzo è che noia! La storia, infatti, non mi è piaciuta ed in generale ho trovato il romanzo lento e soporifero, senza dei veri colpi di scena, nonostante si trattasse di un giallo. Nella seconda metà, in realtà, il libro si è un po’ ripreso, ma comunque non è diventato nulla di eclatante. Nel complesso ho trovato il caso abbastanza banale, con gli unici spunti interessanti legati ai diversi perché dietro alle azioni di certi personaggi, ma gran parte di questi vengono comunque spiegati ben prima di arrivare alla fine del romanzo stesso.
Per quel che riguarda i personaggi, in particolare il protagonista, devo dire che non mi è piaciuto per niente. Immagino che l’autore abbia voluto renderlo un personaggio il più vero possibile, riempiendolo di difetti più che di pregi, ma nel complesso l’ho trovato solo estremamente antipatico e a tratti anche opportunista, una di quelle persone che è meglio perdere che trovare. I pochissimi accenni al suo passato, poi, mi hanno sì messo curiosità, ma il fatto che niente abbia ricevuto risposta mi ha solo innervosito moltissimo. Ho inoltre avuto moltissimi problemi anche con i personaggi secondari: non ne ho trovato uno che si salvi, nemmeno i bambini.
Nel complesso un romanzo davvero deludente, che proprio non mi ha lasciato niente.
Frascella sicuramente legge meglio di quanto scriva: tra ispirazioni prese da Raymond Chandler, citazioni di Faulkner, omaggi al giovane Holden di Salinger, si capisce quanto ami la buona narrativa. L'eroe del suo noir, l'investigatore privato di cui si conosce solo il cognome, vuole probabilmente essere un anti.eroe, una sorta di Marlowe più cattivo, più amaro. A me, tuttavia, non è arrivato così: soprattutto, non ho trovato un tratto del suo carattere che me lo rendesse simpatico, o al limite interessante. Riguardo al resto, devo ammettere di non aver ritrovato Torino nelle descrizioni, e anche riguardo alla trama e ai personaggi di contorno ho alcune perplessità. In generale, e mi sembra che questo sia un difetto comune a tutti gli esordienti e anche a qualcuno più esperto, pare quasi che sia più importante costruire un protagonista figo piuttosto che focalizzarsi sulla qualità del romanzo. Ma Frascella migliorerà in futuro, o almeno glielo auguro.
***1/2 Bel giallo, scritto bene. Tiene l'atenzione lungo tutte le pagine e non stufa; voglio continuare la serie! P.S. Ho letto tutto il libro - complice il titolo e nient'altro - con questa canzone in testa. Grande Sergio... "E' troppo tardi per partire, troppo tardi per morire, siamo troppo grassi Comandante" https://youtu.be/rfjoRuNjD34
Un noir dal bel ritmo, con un'ironia azzeccata che stempera quasi sempre i momenti di tensione. Trama articolata, si va avanti volentieri fra i brevi capitoli per cercare di risolvere il giallo (anche se, forse, la soluzione non è poi così difficile agli occhi del lettore più attento).
Più ingannevole che mai mi fu questa copertina". bellissima eh, anche se non centra niente con la trama. L' unico anello di congiunzione è che il protagonista Contrera investigatore privato spiantato, esercita la sua attività in una lavanderia a gettoni presa a prestito da dei musulmani. Piaciuta la critica sociale velata e sottile contro l' intolleranza verso gli immigrati nel nostro paese, e il pretesto tramite un noir di dar voce ad un Mohamed laureato, che in Italia si ritrova fare lavoretti del cavolo per guadagnare una miseria. L' inizio è abbastanza coinvolgente, e più o meno realistico, mi piaceva anche il tentativo vago di riportare un po' le strade di Torino , il tagliente sarcasmo in Contrera, e che fosse anche un po' sfigato, corrotto e antieroe, peccato che non viene spiegato perché Contrera decide di spacciare droga e mandare a rotoli la sua carriera diligente da sbirro. È un libro da uso e consumo, uno di quelli con serializzazione, che sinceramente detesto. Inoltre, presenta delle criticità surreali, per esempio: Il protagonista non ha un nome perché non se lo ricorda più, perché il padre lo aveva chiamato con il nome di un super campione della Juventus che poi si è scoperto coinvolto nello scandalo partite truccate, e così ha smesso di chiamare il figlio per nome , ma solo per cognome.Ok, mettiamo che il padre abbia voluto negare il diritto al nome a suo figlio,cosa molto grave, ma tralasciamo che poteva andare all' anagrafe a fargli cambiare nome se era così devastante e inaccettabile per suo padre. Ma questo una carta d'identità non ce l' ha? Non la possiede. È la cosa peggiore è che il protagonista non mette mai in discussione questa ingiustizia subita dal padre anzi la perpetra privandosi di un nome, facendosi chiamare solo per cognome, ma tutto bene? Qua mi sa che le Corone hanno dato alla testa a Contrera. Poi vabbè un noir che vuole sfociare in una di quelle vendette ordite solo dalla temperanza e ostinazione di un coreano "Old boy" mi è parso più un brutto copia e incolla. Poi un uomo di quarant'anni che non si sa allacciare le scarpe e glie le allaccia un lettore dodicenne di John Steinback?! Non aggiungo altro che è meglio.
Se incontrassi Contrera per strada, senza sapere nulla di lui, probabilmente penserei a un ubriacone. Se conoscessi la sua storia oltre che un ubriacone lo considererei un fallito, una vergogna, una nullità. Quanto inganna l'apparenza. Se conoscessi la persona Contrera invece probabilmente gli metterei in mano la mia vita.
Devo ammettere che mi aspettavo di meglio. Ci troviamo in una Torino invernale, coperta di neve e ghiaccio, insieme a un investigatore privato ex poliziotto corrotto, che si presenta solo con il cognome e conduce una vita da disgraziato, a cui non daresti in mano nemmeno il caso di scomparsa del gatto. Invece, come ormai sono abituata a leggere, questo scapestrato si rivela un po' un paraculo che riesce sempre a spuntarla, dotato di intelligenza e lucidità nei momenti più critici. Devo ammettere che avrei preferito scoprire di più su Contrera, sul suo passato, l'accenno che è stato fornito verso la fine del libro non ha soddisfato la mia curiosità ma capisco che essendo il primo volume si voglia dosare; non mi sono piaciute le battute irritanti che si susseguono troppo rapidamente soprattutto all'inizio del libro, denotando la supponenza del nostro investigatore che un po' irrita, e per tutta la storia fa leggermente sorridere ma desta soprattutto fastidio ed una latente antipatia. Il caso dalla metà in poi scorre rapido ma comunque non così originale da gridare al miracolo, sicuramente si lascia leggere senza troppe aspettative: non siamo al livello della Christie ma nemmeno davanti all'ultimo giallista spuntato sul mercato. Passabile, nulla di eclatante.
Inizialmente mi è parso irritante, con quelle battute da spaccone, lette e rilette, sempre banali. Poi è nettamente migliorato: è scorso veloce con ritmo incalzante; soprattutto la capacità di mettersi nei guai e combinare disastri del protagonista è immediata, ma non senza via di uscita, perché non è che gli altri siano meglio. Non è un mostro di simpatia, fa sorridere sì, ma è irritante il suo autocompiacimento per i propri fallimenti. Verso la fine se ne comprende il perché e si scopre che non è proprio un autocompiacimento quanto una punizione autoinflitta, causa un grande dolore e un senso di colpa difficile da cancellare. Perché qualcuno migliore di te ogni tanto lo si incontra o, addirittura, lo si ha in famiglia. Il voler tener nascosto il nome del protagonista, chiamandolo solo e sempre per cognome, ricorda un po’ l’ispettore Morse di Colin Dexter. Una civetteria rinunciabile, secondo me.
Un investigatore decisamente fuori da tutti gli schemi, una personalità molto particolare e inconsueta che definirei masochistica per quella sua innata capacità di stravolgere il positivo in negativo. Ironico ed estremamente lucido nell’accettarsi nelle sue debolezze e nell’incapacità di contrastarle è un personaggio che riesce a conquistare le simpatie nonostante i suoi enormi difetti. Un bel giallo caratterizzato principalmente dalla forte personalità del protagonista. Una serie che continuerò a leggere con piacere. ****** E' possibile che un libro migliori alla seconda rilettura? Beh, questo sì! Senza ombra di dubbio.
Ho letto due pareri, in quesiti ultimi giorni. Il primo afferma che non se ne può più dei commissari che impestano le italiche vie e sbucano ormai a ogni piè sospinto; il secondo, più mirato, chiede a un autore come Christian Frascella di abbandonare gli adolescenti in crescita e di dedicarsi a qualche personaggio più adulto. Così, aprendo l’ultimo libro di Frascella, mi sono detta: ohibò, di nuovo un investigatore (sì, non è un commissario, ma gira da quelle parti), e poi: apperò, basta ragazzini (anche se un paio ce n’è, di ragazzini, e non sono male). Poi non mi sono detta più niente e mi sono lasciata trasportare dalla storia: io non sono di Torino, perciò non so se, come ha detto qualcuno, questo è soltanto un elenco di vie; per conto mio, ci ho trovato altro (gli abitanti, l’incontro-scontro di civiltà, le sacche i varia umanità che convivono, o non si sopportano, e così via). Vero è che il protagonista, di quelli dal passato nero e dannato, ascesa e caduta, duri rancori famigliari (qui, proprio senza spiraglio di cambiamento), vero è che potrebbe essere uno qualunque dei tanti già incontrati (fallito dall’animo fondamentalmente buono, duro fuori, morbido dentro, vita disastrata e così via), ma il fatto è che Contrera è un bel personaggio. Qualcuno, leggo, lo ha definito ‘insopportabile’; francamente, non ne capisco il motivo. Ha fatto grandi errori, lo ammette, non cerca scuse; è contraddittorio, spesso infelice, a volte incauto, e lo sa; si è costruito una specie di guida morale molto personale, non sempre condivisibile ma comprensibile; è compassionevole, ma anche duro e sgradevole. Insomma, uno dei tanti, con l’aggiunta dei suoi pensieri, delle sue riflessioni, con le sue osservazioni non banali sulla ‘vita, l’universo e tutto quanto’ [cit] il suo arrovellarsi sui ciò che potrebbe essere e non sarà. Sono ben definiti, a volte con pochi tratti qui e là, anche i comprimari, sia quelli di passaggio sia quelli che potrebbero accompagnarlo in altre storie. Perché Frascella semina qui e là tutti gli elementi utili a fare di Contrera il protagonista di una serie (e leggo su Wikipedia che in effetti si prevede un nuovo titolo in marzo ’19), lasciando aperte alcune storie ma chiudendo con decisione quella al centro del romanzo. Che poi, come dicono altri più esperti di me, la costruzione ‘gialla’ non sia perfetta, può anche darsi, ma, come ho detto all’inizio, il fatto è che mi sono lasciata proprio prendere dalla storia, per me robusta, dal ‘vediamo come va a finire’, complice anche (e mi sembra sempre un po’ strano dirlo mentre parlo di libri pubblicati), complice anche, dicevo, una scrittura finalmente senza sbavature, chiara, senza incertezze (vivaddio!).
Prima periferia di Torino, il nome del quartiere è Barriera di Milano, popolato da extracomunitari magrebini, sudanesi, congolesi che ormai si sono inseriti nella vita della città mantenendo la loro cultura e le loro radici. Contrera ha il suo ufficio di investigatore privato in una lavanderia a gettoni di Corso Giulio, Mohamed Sabil è il marocchino padrone del locale, Contrera ogni tanto lavora per la comunità, con buoni risultati, quindi c'è uno scambio reciproco di servizi. Contrera era un poliziotto, ma ha dovuto lasciare il lavoro per corruzione e fatti totalmente inidonei alla moralità di un rappresentante della legge. La sua vita non è proprio agiata, infatti è anche separato da Anna, una ex moglie che vorrebbe gli alimenti, e poi c'è Valentina, sua figlia adolescente, con la quale non ha un dialogo. Oltre a questo, vive a casa della sorella con i due nipoti e un cognato che lo disprezza. Un nuovo incarico arriva a Contrera quando Mohamed gli chiede di portare dei soldi ad un losco gruppo di albanesi. Driss, il nipote di Mohamed ha contratto debiti con le scommesse ed ha chiesto soldi in prestito a questo banda di albanesi che si scoprirà essere legata a Salvatore Manduri il capo della ’ndrangheta di Torino. Le cose si complicano quando viene trovato assassinato con un coltello l'albanese Oskar, direttore del locale Stella Notturna. Tutti le prove vanno in una sola direzione. Driss è il colpevole perfetto, non manca niente tra gli indizi, il movente, l'opportunità. Contrera capisce subito che è troppo facile per essere la verità, cosi indaga con i suoi metodi anche se osteggiato da più parti. Perderà molto di quello che è riuscito a costruirsi in questi giorni di indagine, ma arriverà fino in fondo. Frascella cambia genere ed entra nel mondo investigativo, il suo personaggio è un ex poliziotto con l'anima travagliata, con la battuta sempre pronta, caustico ma un pò imbranato, possiede però quelle qualità che tutti dovrebbero avere per fare l'investigatore. Il libro non è affatto male, ci sono alcuni piccoli particolari che riveleranno le intuizioni di Contrera e questo è sempre un punto a favore di chi riesce a spiegare perfettamente i pensieri del personaggio protagonista. Non ho mai avuto dubbi sulle qualità di Frascella. Uniche forzature secondo me sono la sua avversione alla Juventus che non dimentica mai di rimarcare in ogni libro e il dipinto della società italiana che è sempre peggiore delle minoranze straniere presenti sul territorio italiano.
“Fa troppo freddo per morire” di Christian Frascella pag. 336
Contrera ha dovuto lasciare la polizia perché più volte ha superato quel sottile confine tra legalità e illegalità, qualche bustarella, qualche occhio chiuso di troppo e soprattutto qualche partita di droga non riconsegnata e rivenduta. Grazie all’aiuto di un amico riesce però ad avere la licenza di investigatore privato anche se il suo ufficio è un angolo di una lavanderia a gettoni di un marocchino, Mohamed, nel quartiere Barriera di Milano a Torino. Sarà proprio Mohamed ha ingaggiarlo per aiutare Driss, suo nipote, che si è cacciato nei guai con degli strozzini albanesi a cui deve almeno settemila euro. Contrera contatta il loro capo, Oskar, ma l’unica cosa che riesce ad ottenere è una dilazione di pagamento di dieci giorni. Il giorno dopo Oskar, viene ammazzato nell’ufficio del suo locale a luci rosse e sarà proprio Contrera a ritrovarlo con un coltello piantato nel petto. Pochi istanti prima Driss era stato visto fuggire da quello stesso ufficio e questo, insieme all’ingente debito che aveva nei suoi confronti, fanno ricadere tutti i sospetti sul giovane marocchino. Nonostante le incongruenze nella ricostruzione dei fatti e le scarse prove a carico del giovane, la polizia, condotta dal vicequestore De Falco sembra aver già deciso che lui è il colpevole perfetto. Contrera però non è per nulla convinto e teme che la vita del ragazzo sia in pericolo e continua la sua indagine nonostante sia la polizia sia la mafia albanese gli abbia intimato di starne fuori. Contrera è un personaggio pieno di sfaccettature che non si riesce a inquadrare, capace al tempo stesso di gesti generosi, ma anche di alcuni veramente orribili. Intorno a lui si muove una schiera di personaggi, caratterizzati con tratti decisi e convincenti: le loro storie incrociano quella di Contrera, dando vita a una trama articolata e avvincente. L’altro grande protagonista di questo libro è Torino. La Torino periferica e multietnica, fatta di culture che s’incontrano, dove negozietti gestiti da stranieri sono circondati da palazzoni dove vivono anche italiani che con il tempo sono diventati tutt’uno con quello che li circonda. L'autore riesce a delineare il panorama multiculturale attuale, evidenziandone pregi e difetti ma senza mai cadere in banalità e/o luoghi comuni.
"Fa troppo freddo per morire" è un thriller avvincente che riesce a conquistare dalla prima pagina, meritandosi senza dubbio il punteggio massimo. Nonostante il protagonista ricalchi in parte lo stereotipo del detective tormentato e solitario che spesso incontriamo nei gialli, l'autore riesce a dargli una profondità e una caratterizzazione che lo rendono unico e interessante. Il protagonista, pur essendo familiare, è ben costruito, con una psicologia e un vissuto che lo rendono credibile e coinvolgente.
Ciò che davvero brilla in questo romanzo è la costruzione degli altri personaggi, che, insieme al protagonista, contribuiscono a creare una trama ricca e tridimensionale. Ogni figura è ben delineata, con motivazioni, segreti e conflitti che ne arricchiscono la presenza all'interno della storia, senza mai risultare semplici comparse.
La trama è originale, lontana dai cliché del genere, e non manca di colpi di scena. Il finale, in particolare, è tutto fuorché scontato, lasciando il lettore sorpreso e soddisfatto. Questo è un punto fondamentale che distingue "Fa troppo freddo per morire" da molti altri thriller: l'autore non si limita a seguire percorsi già tracciati, ma riesce a costruire un intreccio che tiene sempre alta l'attenzione, senza mai cadere nella prevedibilità.
La scrittura è fluida e ben curata, con un ritmo che ti cattura pagina dopo pagina. La tensione cresce costantemente, mantenendo il lettore incollato alla storia fino all'ultimo capitolo.
In sintesi, "Fa troppo freddo per morire" è un thriller che offre tutto ciò che un amante del genere può desiderare: una trama originale, personaggi ben sviluppati e un finale che lascia il segno. Una lettura assolutamente consigliata per chi cerca un giallo che riesce a sorprendere e a tenere alta la suspense dall'inizio alla fine. Un romanzo che sicuramente resterà nella memoria dei lettori.
Incredibile quanta poca stima susciti in me il protagonista. Più che un antieroe, è secondo me un vero e proprio “disgraziato” che ha smarrito la via, che di colpe ne ha accumulate a palate ma di cui non cerca scuse. Oserei dire con errori commessi fin troppo visti e rivisti, molto stereotipati. Insomma io uno così lo eviterei di sicuro, figurarsi se lo recluterei come investigatore privato. Però tutti i personaggi sono stati definiti e caratterizzati con grande abilità, dal proprietario marocchino del locale in cui svolge la propria professione al cognato banchiere. Ma nonostante questo il libro mi è piaciuto molto. Innanzitutto perché tratteggia benissimo non la mia città ma il mio quartiere ovvero il cuore palpitante dell’assurdo. Pieno di gente di diversa nazionalità, un quartiere operaio di immigrati del Sud, dove la gente spesso si ferma all’apparenza oppure dove la gente è pronta ad accogliere con il cuore aperto. Pieno di casermoni di cemento da cui però hai le montagne innevate sullo sfondo. Credo che sia stato eccezionale il lavoro che ha fatto per descrivere così Barriera di Milano. Dal punto di vista del giallo mi ha piacevolmente sorpreso, molto chiaro, senza cose non dette e spiegate. Scrittura fluente e scorrevole, molto moderna. Unica pecca: sicuramente ci sarà il seguito visto che il protagonista ha tutte le carte in regola e io odio le serie.
La prima indagine di Contrera Ex poliziotto corrotto che si ritrova a fare l'investigatore privato squattrinato a scrocco dalla sorella con un matrimonio finito e una figlia che lo odia, l'ufficio in una lavanderia a gettoni con un frigo pieno di Corona e limone e varie amicizie più o meno raccomandabili, ci prova a toccare l'amore ma meglio lasciar perdere.. Comunque sia la stoffa del poliziotto la mantiene e risolve un caso davvero ingarbugliato con attori molto molto poco carini! Insomma l'autore racconta le peripezie di Contrera in prima persona..lo stile è molto "terra terra" confidenziale e poco banale con coloratissimi epiteti... Alcune pagine ricche di descrizioni e pensieri le avrei gentilmente evitate... E diciamo che si carino ma .. abbastanza noioso e prevedibile diciamo che ho capito quasi subito chi fosse il colpevole.. Le descrizioni sono davvero minime e non molto interessanti, i personaggi dal protagonista in poi non mi piacciono molto... l'unico che davvero mi piace è il piccolo Luca.. davvero intelligente e fuori dal coro promette di essere un adulto migliore.. per tutto il resto diciamo che non mi ha lasciato molto come libro e non sono sicura di voler leggere i prossimi...
Un protagonista che è un antieroe per antonomasia e che si fa fatica ad amare o anche solo a schierarsi dalla usa parte. Non è solo contro il sistema come potrebbe essere a volte Montalbano o con atteggiamenti poco consoni ad un pubblico ufficiale come Schiavone; Contrera, noto a tutti rigorosamente con il solo cognome, è andato via dalla polizia prima di farsi cacciare per comportamenti corrotti ed illegali, non nha più una casa, fa fatica a pagare gli alimenti alla figlia, divide la cameretta del nipote ospite oramai permanente e non troppo bene accolto a casa del cognato e della sorella. Il suo ufficio è nel retro di una lavanderia in Barriera e si barcamena per arrivare alla fine del mese con appostamenti di coniugi fedifraghi con una licenza da agente privato. Ecco però che il nipote del proprietario della lavanderia deve dei soldi ad uno strozzino locale e fa fatica a restituirli e quando lo strozzino viene accoltellato è il primo scopettato.
Nessuno è interessato a cercare altri colpevoli, solo Contrera assunto dagli amici del padre del ragazzo. Una indagine strana portata avanti da un personaggio amabile. Poco convincente.
Contrera non ha una segretaria con le unghie smaltate che batte a macchina i suoi rapporti, non ha il nome in lettere dorate sul vetro smerigliato della porta del suo ufficio. A dirla tutta Contrera non ha nemmeno un ufficio, lavora nella lavanderia a gettoni del suo amico Mohamed ed è un investigatore privato.
Divorziato, con una figlia che lo detesta e una ex moglie che lo odia. Vive a scrocco da sua sorella Paola, ha due nipoti che lo adorano e un cognato, Ermanno, che non lo sopporta.
Ex poliziotto corrotto, lavora in Barriera a Torino e la sua vita è un vero casino...ma proprio per questo riesce a fare breccia nel cuore del lettore e conquistare in poche pagine la sua simpatia.
Una canaglia sboccata, a tratti impacciata e sfortunata che indaga sull'omicidio avvenuto al night Stella Notturna e che alla fine si rivela una persona più buona di ciò che ci fa credere l'apparenza.
Un libro da divorare pagina dopo pagina che non vi farà pentire dell'acquisto.
5 stelline piene per la prima indagine di Contrera che sicuramente seguirò in altri casi.
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Mi è piaciuta molto la parte investigativa, in cui non mancano errori e sviste del protagonista che rendono il racconto più realistico della media dei gialli che mi capitano tra le mani, molto meno la parte relativa alla vita privata dell'investigatore che tra ex moglie, figlia, cognato e sorella non ne imbrocca una, riuscendo a ferire praticamente tutti coloro che gli stanno vicini. Contrera non è solo un "perdente", è proprio autodistruttivo, si infligge da solo tutte le rogne possibili in cui si getta autonomamente, per un neanche tanto nascosto senso di colpa, penso verso il padre, che al contrario di lui è stato un poliziotto integerrimo. Sarebbe anche interessante, come caratteristica, se l'autore non ci propinasse la scusa della madre anafettiva (ma il padre e la sorella mica lo trascuravano) e - per compensare la stronzaggine del nostro eroe - non rendesse corrotti e stronzi tutti o quasi quelli che gli stanno attorno. Un po' meno, sig. Frascella, che almeno nei libri vorrei trovare protagonisti dalle qualità redimenti, se non migliori della media.
"Fare subito buona impressione non è tra le mie caratteristiche vincenti." Contrera, il protagonista di questo giallo, ce lo dice quasi subito: a lui di fare una buona impressione non importa e in effetti non fa una buona impressione manco dopo. Il libro mi è piaciuto, e lo metto nella categoria libri che te bevi ma il detective corrotto, spettinato che ha problemi con la figlia e l'ex moglie e "oddio mio quanto sono maledetto però poi ho il cuore tenero" ce l'ha un po' fatta a peperini. Insomma Contrera (che si farà chiamare per cognome per tutto il libro) sta bello inguaiato: ex-moglie e figlia lo odiano, vive a casa della sorella condividendo la stanza con il nipote adolescente, il cognato lo odia, ha perso il lavoro in polizia e adesso fa il detective privato usando un angolo della lavanderia a gettoni del quartiere come ufficio. Proprio il proprietario della lavanderia lo incarica di aiutare il nipote Driss, che si è indebitato con una banda di criminali, ma quando il capo della banda viene ritrovato morto nel suo ufficio Driss è il primo sospettato. E Contrera c'ha per le mani un bell'omicidio. Cosa non mi è piaciuto? I dialoghi che sono improbabili, soprattutto con quei personaggi di raccordo che incrocia per caso. In 'sto libro sono tutti incazzati e incazzosi ma in modo strano, quasi grottesco che fa molto B Movie. Le donne del libro sono inutili: una acida, una sottona, una poraccia. E devo dire il modo in cui viene menzionata la provenienza geografica di tutti i personaggi non torinesi, l'ho trovata un po' stucchevole. Perché 4 stelle? Perché non volevo metterlo giù, perché Barriera (il quartiere di Torino dove è ambientato il romanzo) mi pareva di sentirla e vederla, e per pagina 163 che ha reso tutto più umano.
Il romanzo era finito nelle mie liste anni fa ma è prendendolo in mano in libreria che è scattata la scintilla. Ambientato a Torino, zona Barriera di Milano, quartiere diventato uno dei più multietnici della città. E qui marocchini, albanesi, donne dell’est, calabresi e torinesi, sono tutti personaggi in fuga: dalla povertà soprattutto, con tutti i conseguenti modi per i guadagni facili, dalla stupidità (vedi tutti i cattivi) e anche dal passato e da se stessi. Non ci sono santi né eroi qui, soprattutto l’io narrante. Sì, l’io narrante: la lampadina che il romanzo fosse scritto in prima persona mi si illumina a pagina 146, quindi non solo non mi dà fastidio, come spesso succede, ma mi scopro a seguire con attenzione i suoi pensieri. Mi diverte la trama, l’ironia, i buoni indizi disseminati qua e là. Un romanzo consistente, per me, che amo pochissimo i gialli italiani. Fabrizio, ti sarebbe piaciuto.