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288 pages, Hardcover
First published January 1, 2018
Riva è un’atleta che si è conquistata una certa fama, grazie alle sue imprese nello sport estremo che pratica: si lancia infatti nel vuoto da elevati grattacieli, incurante del pericolo. Le sue performance lasciano il pubblico col fiato sospeso, gli occhi sognanti e in corpo una scarica di adrenalina.
Immagini le sensazioni che deve provare quella donna: cadere nell’abisso sapendo di potersi risollevare, senza paura di schiantarsi e morire, gustando la vittoria contro la gravità e la consapevolezza di non dover più temere la morte. Che sensazione, l’assenza di gravità. Che sensazione sublime.
Da un giorno all’altro, però, Riva decide di ritirarsi dalle scene rintanandosi nella sua abitazione. È preda di un mutismo selettivo, respinge ogni forma di contatto e rifiuta categoricamente di sottoporsi agli allenamenti.
Tuttavia, scegliendo di intraprendere la strada del mondo dello spettacolo, Riva non può più esercitare alcun controllo sul suo diritto alla privacy. Sono i suoi finanziatori, infatti, a vigilare su parametri psicologici ed efficienza fisica. Sono loro, inoltre, a elargire i mezzi necessari per farla vivere nell’agiatezza. Per questo, il suo ritiro dalle scene non è certo ben visto, tanto dagli sponsor – il cui capitale è a rischio -, quanto dai fan, che si dilettano nelle più disparate congetture.
Viene convocata una psicologa del lavoro, Hitomi Yoshida. Servendosi di telecamere nascoste disseminate per la casa e di una vasta gamma di strumenti d’analisi dei dati, la dottoressa spia e annota ogni singolo comportamento di Riva, con unico scopo: carpire la causa scatenante di questa inaspettata apatia e “risvegliarla” dal torpore, nell’interesse degli sponsor.
Riva, per come esiste adesso, è un tutt’uno con il suo appartamento: un’esile figura bianca e immobile. Una sagoma più che una persona.
Ma, come disse il filosofo Friedrich Wilhelm Nietzsche, “se tu scruterai a lungo in un abisso, anche l'abisso scruterà dentro di te”. Sarà così anche per Hitomi: la giovane donna ha sempre lasciato che fossero le circostanze a scegliere per lei. Questo atteggiamento, durante il lavoro con Riva, la condurrà in una viscosa ragnatela di ansie e turbamenti che la riguardano in prima persona e che si inaspriranno ulteriormente.
Con raffinato acume e cinismo, Julia Von Lucadou tratteggia una distopia in cui rigorosa sorveglianza e omologazione sono i tratti caratterizzanti di una società futuristica prospera, ma terribile. Una realtà fondata su una felicità artificiale che richiama in particolare “Il Mondo nuovo” di Aldous Huxley, ma corredato di sottili e puntuali riferimenti all' “hic et nunc” (qui e ora).
Un’elevata capacità di adattamento era essenziale per avere successo nella vita, ci dicevano sempre.
Nel romanzo, infatti, le innovazioni tecnologiche impongono di essere costantemente connessi. Scandiscono e controllano tanto le condizioni psicofisiche, quanto le giornate delle persone, nell’incessante ricerca dell’approvazione del prossimo e del perfezionamento dell’individuo.
Si respira a pieni polmoni quell’esigenza di protagonismo a ogni costo. Nel mondo di Riva e Hitomi, l’essere lodati compiace l’ego, ma non solo: è infatti la qualità del lavoro che garantisce all’individuo vantaggi e privilegi. E se questa viene a mancare si può perdere tutto.
Aver coronato il sogno di un futuro migliore è certamente un conseguimento notevole e lodevole, per la società descritta dal libro. Ma a quale prezzo? E, soprattutto, ne è davvero valsa la pena? Gli affetti e l’amore della famiglia si sgretolano sotto il peso del successo e della tecnologia. Quindi cosa resta?
L’atmosfera creata dalla scrittrice è ricercata, ma, allo stesso tempo, claustrofobica: il worldbuilding viene appena accennato e lasciato perlopiù alla nostra immaginazione. Questo per porre in primo piano le vite di Riva e Hitomi. L’autrice ha saputo delineare, con pochi e mirati tocchi, personalità profonde e speculari, mettendo in risalto luci ed ombre di questi due complessi personaggi femminili.
Questo romanzo è da considerarsi mera finzione o vuole essere un campanello d’allarme? Abbiamo ancora qualche possibilità di preservare la nostra umanità, in un mondo dove la tecnologia diventa sempre più invasiva e preponderante?
Le vicende di queste giovani donne fanno riflettere su quanto siamo spaventosamente vicini a questa realtà artificiale, in cui le simpatie che nascono sui social si riducono a dialoghi sterili di glaciale inumanità.
La mia personalissima interpretazione è che dietro a questo romanzo ci sia sì un monito, un mettere in discussione le poche certezze che abbiamo sulla percezione del mondo che ci circonda. Questo per portarne alla luce le crepe e le mancanze, certo, ma è anche un invito a cogliere l’intimo significato delle nostre emozioni e ad apprezzare appieno i nostri affetti.