Come si può continuare a scrivere quando la morte ti ha sottratto la tua Musa? È questo l’interrogativo che, l’8 giugno 1290, tormenta Dante Alighieri, giovane poeta ancora alla ricerca di una sua voce, davanti alle spoglie di Beatrice Portinari. Da quel momento tutto cambierà: la sua vita come la sua poesia. Percorrendo le strade di Firenze, Dante rievoca le vicissitudini di un amore segnato dal destino, il primo incontro e l’ultimo sguardo, la malìa di una passione in virtù della quale ha avuto ispirazione e fama. È sgomento, il giovane poeta; e smarrito. Ma la sorte gli riserva altri strali. Mentre le trame della politica fiorentina minacciano dapprima i suoi affetti – dal rapporto con la moglie Gemma all’amicizia fraterna con Guido Cavalcanti – e poi la sua stessa vita, Dante Alighieri fa i conti con le tentazioni del potere e la ferita del tradimento, con l’aspirazione al successo e la paura di non riuscire a comporre il suo capolavoro… È un Dante intimo, rivelato anche nella sua fragilità, e nelle sue ambiguità, quello che Marco Santagata mette in scena in un romanzo che restituisce le atmosfere, le parole, le inquietudini di un Medioevo vivido e vicino. Il sommo poeta in tutta la sua umanità: lacerato dall’amore, tormentato dall’ambizione, ardentemente contemporaneo.
Il 2020 si è portato via due eminenti studiosi di Dante: Emilio Pasquini e Marco Santagata, a pochi giorni di distanza. Ironia della sorte proprio quest’anno avrebbero potuto gioire degli eventi che, a 700 anni dalla morte del poeta, fioriranno a partire dal 25 marzo, data simbolica che segna l'inizio del viaggio di Dante nell’Oltretomba. Marco Santagata, tra le altre cose è anche il curatore delle opere di Alighieri nell'edizione Meridiani. In Come donna innamorata, che nel 2015 fu candidato allo Strega, Santagata si prende una licenza dalla sua attività di critico e scrive un romanzo che rappresenta un modo innovativo di rileggere la complessità del poeta fiorentino le sue vicissitudini biografiche e soprattutto il rapporto reale e visionario con Beatrice. Seguiamo Dante, ancora lontano dai futuri impegni politici. È giovane, impulsivo, frequenta amici poeti suoi pari come Guido Cavalcanti a cui è legato da un'amicizia profonda ma burrascosa, il matrimonio combinato e senza amore con Gemma Donati che dà nobilità alla stirpe degli Alighieri ma poca dote, e... poi, lei, Bice Portinari, diminutivo di Beatrice colei che dà beatitudine, la musa ispiratrice. La sua morte prematura ne fa il motore dei suoi primi versi raccolti nella Vita Nova che diventa subito un successo letterario e che incorona Alighieri nuovo astro della poesia, il suo nome comincia a correre con lode sulle bocche dei fiorentini. Ma il romanzo di Santagata si espande, si allontana cronologicamente con un salto temporale per la verità un po’ brusco e dagli anni giovanili ripercorre velocemente le lotte politiche e gli anni lontani da Firenze, il freddo nella stanza del castello sui monti della in Lunigiana ospite nella prima tappa del suo esilio, quando comincia a concepire la Commedia, il viaggio verso la salvezza sua personale e dell'umanità intera, e là ancora Beatrice fulcro del poema, quasi eratica, lontana, guida severa. Il titolo Come donna innamorata, effettivamente è bellissimo. Paradossalmente non è riferito a Beatrice ma a Matelda un personaggio femminile poco noto e di dubbia provenienza, forse l'unico personaggio di tutta la Commedia che sia di pura invenzione nè storico, nè mitologico, né letterario e che Dante incontra nel suo viaggio alla fine della salita al Purgatorio nel canto XXIX e che lo aiuta ad immergersi nelle acque prima del Letè e dopo dell’Eunoe da cui esce come rinnovato nello spirito, dimentico dei mali commessi e fortificato ad accogliere la grazia che lo abbaglierà nella Cantica successiva: destinazione Paradiso.
Il Dante di questo romanzo è come ripulito e svecchiato da strati di incrostazioni di secoli di pagine di critica letteraria che ne hanno fatto una specie di tabù da guardarsi a debita distanza con sussiego e timorata reverenza. Santagata ci restituisce una figura più umana, intima, fragile, introspettiva tradotta con griglie interpretative contemporanee e vicine alla sensibilità di oggi.
Splendido e, per quanto importante è la Divina Commedia per me personalmente, a tratti anche molto commovente. Un ritratto di Dante molto umano da parte di un grande studioso. Un paio d’anni fa avevo letto una biografia di Dante dello stesso autore, ma non romanzata, e quindi asciutta e fattuale (titolo: “Dante: il romanzo della sua vita”). Fra i due, ho preferito “Come donna innamorata” perché è attraverso le emozioni del romanzo che si può ricostruire l’anima di una persona, e non tramite un libro di storia, per quanto sia scritto bene.
In questo senso - anche se non c’entra niente - un libro “di storia” è una doppia finzione. Prima, nella ricostruzione quasi sempre troppo superficiale e generalizzata dei fatti (con rarissime eccezioni), che crea una visione d’insieme ma da un punto di vista collettivo, e quindi finto perché l’unico punto di vista che abbiamo, al naturale, è quello individuale. Secondo, nell’impossibilità di ricreare un qualsiasi evento passato dal punto di vista di chi c’era e non c’è più. Invece, il romanzo storico, se è davvero scritto bene, ha solo il secondo limite.
E poi, per tornare alla vita di Dante, diciamolo: che due PALLE ENORMI 🏐 🏐 tutte le intricatissime alleanze e rivalità fra guelfi di un tipo e di un altro, ghibellini schierati con un magnate o con un altro! Preferisco mille volte cercare di capire i meccanismi che muovevano lo spirito di Dante, e questo libro lo fa in maniera eccelsa.
Di un libro che riportasse il grande padre Dante alla dimensione di uomo normale - anzi, quasi di "omuncolo" - francamente non se ne sentiva il bisogno. Questa "smitizzazione" a tratti mi ha dato quasi fastidio: mi aspettavo una storia di sentimenti profondi e sublimi, mentre invece ne viene fuori l'immagine di un Dante nevrotico, ossessionato da se stesso e dalla notorietà, che vede in Beatrice solo un mero strumento che lo porterà alla fama, che sogna di stupire i suoi contemporanei ma che alla fine risulta pavido e facile da "comprare", sempre a causa della sua vanità e del suo ego. Il libro, tuttavia, si fa leggere, sia perché il linguaggio è davvero curato e piacevole, sia perché l'autore riesce a riportare in vita la Firenze del tempo e i suoi attori principali con grande vivacità, riuscendo ad avvolgere il lettore con la ricostruzione di quel momento storico così pieno di fermento (sia politico che artistico) per il nostro Paese.
Un piccolo gioiello, uno dei pochi romanzi su Dante in circolazione. Molto intimo, delicato ed elegante, il romanzo è diviso in due parti, rispettivamente Bice e Guido, ove si racconta appunto il rapporto con ciascuno di loro, dal punto di vista di Dante. Da leggere con lo stesso ritmo con cui si legge una poesia, assaporandone le parole.
Premessa: ho letto questo libro perché mi era stato assegnato dalla mia prof di italiano. Nonostante quindi le prime titubanze sul libro, devo dire che sono rimasta sorpresa. Avevo già letto un libro di Santagata ("L'amore in sé"), anche questo letto per la scuola, e, sebbene fosse stato un libro leggero e con una storia piuttosto piacevole, non mi era piaciuto così tanto. Per dirla meglio è stato un libro come tanti altri, non mi aveva lasciato qualcosa dentro, non so se mi spiego. Diverso è il discorso se parliamo di "Come donna innamorata". All'interno di questo libro, vediamo un Dante più umano, che viene descritto come una persona qualsiasi; è un Dante con cui riesci a empatizzare, che riesci effettivamente a capire. Credo che ciò sia molto importante in quanto si riesce a vedere veramente un uomo come tale e non solo come il "Sommo poeta". Ho amato la relazione d'amicizia tra Dante e Guido e il fatto che Dante lo vedesse come esempio da seguire, penso sia una visione molto bella della loro amicizia. Concludo dicendo che consiglio questo libro a tutti, credo che sia un must da avere nella libreria.
3.5/5 “L’amore dico l’amore vero, annebbia il cervello. L’amore vero ti sfibra l’anima. L’amore vero è sofferenza. Le tue sono solo fantasie. Altro che salvezza… caro Dante, la passione sprofonda all’inferno.”
“Nell’Eden finalmente avrebbe incontrato Beatrice”
Lo ammetto. Ho iniziato questo libro SOLO perché la prof. me lo ha dato obbligatorio per le vacanze estive. Non avevo nessunissima intenzione di leggerlo. No. Mai. Nemmeno sotto tortura. Ma hey!, non posso certo dire alla mia professoressa di italiano di non assegnarmi un libro su Dante Alighieri. Quindi mi sono ritrovata obbligata a comprarlo e leggerlo. In due giorni. Non credevo fosse possible leggere un romanzo per scuola in mano di un mese, ma eccomi qui. Il libro è diviso in due parti. La prima - quella più interessante, a mio parere - racconta di Beatrice, del giorno in cui è morta, di come Dante si è sentito e di come ha reagito e di come, anni dopo, in quella stessa data ripensi a tutto ciò che era successo. La seconda parte è più politica, incentrata sulla vita di Firenze e della sua amicizia con Guido, dell’esilio e della Commedia. Il romanzo è scritto bene, sembra quasi di essere nella testa del poeta e si sente il suo dolore ma soprattutto la sua ossessione. Perché, parliamoci chiaro, Dante Alighieri era ossessionato da Beatrice. Non ne era innamorato, non lo era mai stato. Quello non era amore, non era possibile. Dante non ha mai amato niente e nessuno tranne la poesia. Lui credeva di essere innamorato di Beatrice, ma aveva solo trovato una musa che gli ispirasse la scrittura. Niente di più e niente di meno. Non amava neppure la moglie, non amava nemmeno se stesso. Solo la poesia. E Beatrice si era ritrovata in mezzo. Una cosa che ho trovato troppo tirata sono state le crisi epilettiche. Allora, partendo con il fatto che ne so abbastanza di questo fenomeno perché una persona a me cara ne soffre, trovo che sia completamente insensato. Capisco che Dante ne possa aver sofferto, ma che fossero date da Beatrice… è illogico. Le crisi non sono dovute a persone, ma al proprio cervello. Non c’entrano nulla con niente e con nessuno se non con se stessi. È stato un espediente narrativo abbastanza convincente e strutturato abbastanza bene, ma non è veritiero. È un enorme cazzata. La seconda parte del romanzo, lo ammetto, non mi ha presa molto. Forse perché non mi interessa nulla di politica o dei Guelfi e dei Ghibellini, o che della storia di Dante all’infuori della Commedia non sappia niente. Detto ciò, per interi paragrafi il mio cervello non riusciva a collegare le parole, le trovavo noiose e inutili; non mi hanno lasciato nulla. Va bene, magari a un adulto questa parte potrebbe piacere, ma io l’ho trovata ripetitiva e irrilevante. Serve magari per conoscere di più la figura di Guido Cavalcanti ma, anche qui, Guido appare pochissimo. È tutto dal punto di vista di Dante, che torna avanti e indietro nel tempo in continuazione, lasciandomi anche un po’ confusa. So che il poeta è stato esiliato, so anche il perché, so che non era facile vivere a Firenze in quegli anni, ma non capisco cosa c’entrasse con Guido. La prima parte del libro è intitolata “Beatrice” perché riguarda lei e la sua morte; la seconda “Guido” ma di Guido non c’è traccia - se non quando Dante parla del suo esilio. Ora, è una cosa sottintesa nelle righe o sono io che non ho capito?
A chi lo consiglio e non: Consiglio “Come donna innamorata” agli amati della storia e della letteratura. A chi vuole conoscere meglio il grande poeta italiano e un suo punto di vista. A chi piacciono le storia senza amore. Non lo consiglio ai ragazzi della mia età perché non potrebbero capirlo. Io in primis non l’ho appreso appieno e un po’ mi dispiace. Magari, tra qualche anno quando lo rileggerò, lo comprenderò meglio. Ora posso solo dire che non è un romanzo per me e per la mia generazione.
Come si può continuare a creare quando la tua musa è morta? Questo è il primo pensiero di Dante quando arriva a casa di Beatrice per salutarla. È l'occasione per rievocare i momenti in cui l'ha incontrata, in cui l'ha eletta sua ispiratrice. Ma è anche l'occasione per fare i conti con il caratteraccio di Guido Cavalcanti, il primo tra i suoi amici.
La prima parte è quella meglio riuscita, troviamo un Dante umano, preda dei tormenti sulle sue capacità, invischiato in un matrimonio combinato ma non malriuscito, ossessionato dagli occhi di smeraldo di una perfetta sconosciuta, di cui non sa niente, al contrario del resto della città. La seconda parte è dedicata alla fine dell'amicizia con Guido Cavalcanti, un personaggio invidioso e geloso del talento dell'amico, sdegnoso e arrogante. Meno interessante.
* «...l’amore, capisci?, è estasi. La poesia loda la bellezza del creato. Ti dico di più, amare un angelo in terra solleva l’anima in Cielo. Credimi, l’amore può salvare.» * La plebaglia gli faceva orrore. Bruti a cui Dio aveva dimenticato di infondere l’anima. * I suoi occhi scrutavano Bice o si perdevano dietro a un fantasma? * Lui non aveva capito, ma la sua poesia aveva intuito che Beatrice era un essere eccezionale. Non perché era bella, non perché brillava in società. Aveva intuito che la sua straordinarietà consisteva nel donare serenità, gioia, speranza, pace. Un dono che le era stato dato dal Cielo. Adesso che aveva saputo, comprendeva che il dono era anche una prova. Dio l’aveva eletta, ma le aveva imposto di splendere nel dolore e nel sacrificio. Nel modo arcano con il quale parla ai prescelti le aveva ordinato di non chiudersi nell’ombra e di non lasciare spegnere la luce che le aveva infuso; lei, obbediente, teneva nascosta dentro di sé la notte e arricchiva il giorno di un ulteriore fulgore. Si era domandato tante volte quale fosse il mistero di Bice e adesso gli si era rivelato. Sì, era un miracolo. Per un attimo gli era venuto di paragonarla a Cristo. * La paura di Tana era che il fratello poeta se ne uscisse con una delle sue tirate contro il fiorino, la mercanzia e le banche, contro quella perversione di considerare il successo negli affari la sola misura del valore di un uomo. * Forse il bene e il male non erano separabili come il giorno e la notte. * Non si può rinnegare il meglio di sé stessi senza cercare di svilirlo, insozzarlo.
me lo hanno consigliato a scuola, ma nonostante questa premessa devo dire che mi é piaciuto. é una sorta di biografia di Dante Alighieri, del modo in scrive le sue poesie, di come pensa, del suo carattere. é scritto bene a mio parere, moderatamente scorrevole e con significati profondi. alcuni pezzi mi hanno fatta commuovere e lo consiglio soprattutto per i forti messaggi che manda, oltre ovviamente al motivo relativo allo studio.
Ieri ho finito di leggere questo libro del Prof Santagata e mentre all'inizio l'ho trovato noioso, poi pagina dopo pagina, ho scoperto tanti episodi della vita del sommo poeta che nn ricordavo o addirittura che nn conoscevo e adesso ho ancora più ammirazione, ma anche rammarico per la vita che ha condotto da esule, nn potendo più rientrare a Firenze neanche dopo la sua morte..il libro e' profondo e si sofferma con una descrizione che ho trovato in alcune parti commovente, sul rapporto tra Dante, al centro e i suoi più importanti affetti: Beatrice e Guido..entrambi morti giovani e infelici...per me Dante oltre ad essere il padre non solo della letteratura italiana, ma anche di quella mondiale, un genio, il più delle volte incompreso, tradito, umiliato morto povero e dimenticato, e' soprattutto un uomo, un maestro di vita...e il libro del Professore Santagata descrive, l'intimo di questo genio, con eleganza e rispetto...vale la pena di essere letto
Il fatto che questo libro sia stato scritto da uno dei massimi esperti di lirica classica significa a mio parere molto poco: la lettura è senza dubbio scorrevole, gli spunti interessanti qua e là di certo non mancano, tuttavia mi pare che l’autore (?) dimostri, perlomeno in quest’opera, di essere assolutamente privo di uno stile personale; come se ciò non bastasse, in tale clamorosa assenza di stile non mancano frasi fatte ed espressioni non proprio originali (ovvero: non soltanto la semplicità più inoffensiva, ma anche la banalità). Siamo insomma lontanissimi dalla qualità del romanzo di Tobino sull’Alighieri, “Biondo era e bello”, un’opera probabilmente non sempre di facile lettura, ma - a differenza del libro di Santagata - capace di affrontare, di evocare l’infinita complessità di Dante e della sua vita con uno stile poetico e profondamente incisivo.
Che Beatrice abbia fortemente influenzato le opere di Dante è noto a tutti, ma quali episodi della sua vita e in quale modo forse no. Non solo Beatrice si rileverà fondamentale per lo sviluppo delle idee e la stesura dei versi, ma anche Guido Cavalcanti, celebre poeta, e la guerra fra guelfi e ghibellini, per cui Dante sarà prima costretto a rinunciare all'onore e alla propria amicizia con Cavalcanti, e poi all'esilio. I cambiamenti della sua poetica (e mentalità) sono spiegati in modo minuzioso, anche se talvolta difficili da seguire, essendo essi pensieri molto alti. Decisamente affascinante, soprattutto per gli appassionati.
Lettura veramente piacevole, scorrevole; si è immediatamente catapultati nella Firenze dantesca attraverso un linguaggio appropriato e musicale. Conosciamo un Dante "terreno" sempre immerso in un mondo proprio non compreso dai suoi familiari; una famiglia che, a modo suo, a concorso e contribuito all'ascesa del Poeta. Credo che sia un romanzo da proporre sicuramente a scuola al fine di avvicinare i ragazzi all'uomo Alighieri, padre, marito, amico, combattente, politico ma soprattutto poeta sperimentale.
Quando avete bisogno di un Dante Alighieri che sia meno accademico e più amichevole leggete questo libro. Diviso in due parti, una incentrata su Beatrice e una sull'amico Guido Cavalcanti. Un romanzo leggero e veloce che aiuta a ripassare la vita di un grande autore e lo fa con parole semplici. Consigliato!
Dalla penna di Santagata non avrebbe potuto uscire niente di meglio. Una lettura che è piacere e insieme scoperta, scoperta del più grande poeta di tutti i tempi nella sua umanità. Meritatamente fra i finalisti del Premio Strega 2015.