Nel mondo di Chandra, dove la parola è anche immagine e poesia, meditare è anzitutto stare fermi; sedersi e seguire umilmente e con pazienza il respiro, accoglierlo in silenzio, conoscere ma senza pensare. Meditare è seguire i movimenti della nostra mente smettendo di affaccendarci in azioni, pensieri, preoccupazioni per il futuro, ricordi del passato. Meditare non è fare il vuoto intorno a noi. è non separare i mondi, non dividere quel che consideriamo spirituale da quel che riteniamo ordinario. E i gesti quotidiani di cucinare, lavare i piatti, telefonare, pulire, leggere possono diventare forme di preghiera. È insomma stare dentro noi stessi, dentro tutto ciò che siamo in quel momento, consapevolmente. Spesso si pensa che la soluzione al dolore e all'ansia sia altrove, ma è nel dolore la soluzione del dolore (e nell'ansia la soluzione dell'ansia). Sentendolo, abitandolo, assaporandolo, non è più un estraneo, ma a poco a poco un ospite scomodo, irruente, tempestoso e infine un pezzo di noi.
Chandra Livia Candiani, all'anagrafe Livia Candiani, è una poetessa (1952), in parte russa e in parte italiana, nata e cresciuta a Milano, traduttrice di testi buddhisti e maestra di meditazione.
Chandra Livia Candiani (Milano, 1952) is an Italian poet and translator.
Ho sempre pensato che la pratica della meditazione cozzasse con la nostra mentalità occidentale, frenetica e sempre performativa. Questo perché intendevo la meditazione come sinonimo di astrazione, di anestetizzante dei pensieri e delle sensazioni. Questo libro invece, insieme a Siddhartha di Hesse, ha rivoluzionato le mie convinzioni. Meditare non è via di fuga dai pensieri o passività di fronte alle sensazioni, ma esattamente l'opposto: significa entrare in intimità con il sentire, creare consapevolezza e abbracciare qualsiasi emozione senza ingolfarsi nell'autonarrazione. Sotto questa luce allora, la società occidentale che tende sempre più alla razionalizzazione e sempre meno a sopperire al nostro bisogno di corpo allora è quella che più beneficerebbe dell'arte della meditazione.
Un testo intenso, soprattutto se ci si lascia andare trasportati dal fiume di ogni singola parola. Tornerò a leggerlo in futuro, per farmi guidare in questo grande e stupendo vuoto.
Cosa significa davvero meditare? Vuol dire rinchiudersi in sé stessi e dimenticare il mondo? Diventare dei monoliti invalicabili nei quali nulla può penetrare, soprattutto il dolore?
Che cos’è davvero la pace che cerchiamo, che forma assume in noi e per noi ogni volta che la pensiamo, ogni volta che la desideriamo per le nostre vite? Forse quando pensiamo alla pace pensiamo al nulla, alla sospensione del tempo e dello spazio, quasi la pace si potesse trovare soltanto in una dimensione altra da noi, che ci è possibile raggiungere solo a costo di rinnegare noi stessi.
Crediamo che per vivere nella pace sia necessario rinunciare a tutto: non riusciamo ad accettare ciò che siamo, non lo comprendiamo e spesso ne siamo disgustati, impauriti, siamo impazienti di evolvere in una nuova versione di noi, ma non abbiamo mai tempo per ascoltarci, per portare davvero a compimento il cambiamento; per poter cambiare, infatti, è necessario fermarsi ad ascoltare la nostra anima, i nostri sentimenti, il nostro corpo, i nostri pensieri. Per poter cambiare bisogna voler essere artefici del cambiamento, non spettatori passivi delle turbolenze emotive che ci scuotono e su cui pensiamo di non avere nessun potere.
Più pensiamo che ciò che ci affligge sia al di là del nostro controllo, più tendiamo a vedere in noi qualcosa di sbagliato, di troppo vulnerabile per essere accettato, accolto, amato; respingiamo la nostra fragilità, la stessa che ci fa sentire nudi davanti al mondo, davanti agli altri, spettatori inconsapevoli e distratti.
Preferiamo correre invece di rallentare, invece di fermarci ad assaporare il silenzio, ad assaporare il nostro dolore, le nostre sensazioni. Preferiamo rimanere ciechi invece di aprire gli occhi sul mondo, sulla consapevolezza, sull’essere davvero presenti, per sé stessi e per gli altri.
"Spesso si pensa che la soluzione al dolore sia altrove, ma è nel dolore la soluzione del dolore, sentendolo, abitandolo, assaporandolo, a poco a poco diventa parte di noi, non piú un estraneo, ma un ospite scomodo, irruente, tempestoso e infine un amante e dopo la fine un pezzo di noi."
"Imparare a soffrire, a sentire la sofferenza nel corpo, nel cuore e a riflettere in profondità è la soluzione della sofferenza, il suo dissolvimento. Solo se sento la sofferenza, posso sentire anche la gioia e tutte le sfumature dell’essere viva. Se scappo dalle sensazioni scomode, mi sfuggiranno anche le altre sfumature dell’essere al mondo, comprese le piú liete e festose"
Il silenzio è cosa viva è un concentrato di umanità, bellezza delle piccole cose e intelletto. Un'opera ricca di spunti e pregnante di significato. Con la sua visione del mondo, che rivela sorprendenti analogie con quella di Christian Bobin, Candiani ci incoraggia a rallentare. Già come poetessa ha saputo toccare molte corde e, in veste di saggista, la sua voce è diventata una vera e propria cassa di risonanza. Mi ha coinvolta e spinta a riflettere su molti aspetti, in primis sugli esercizi di karunā e muditā. È un ossimoro, lo so, ma con delicatezza e potenza pone al centro le sue esperienze personali per guidarci in un percorso di consapevolezza. Mi piace molto il suo modo di intendere la meditazione, che non è inteso come una sorta di eremitaggio dal mondo circostante, ma come un sentire più profondo. Nonostante l'esiguo numero di pagine, c'è molta 'carne al fuoco' e per comprenderlo appieno si rende necessaria una seconda lettura; eppure, già così i precetti che vuole trasmettere sono inconfutabili.
"Al di fuori di una poesia, di un quadro, di una metafora, di un'architettura o di una musica, la sicurezza si può raggiungere forse solo a costo di una ben precisa limitazione di sé, chiudendosi nel recinto di una porzione di mondo che si conosce e si è scelta, in un ambiente che ci è noto e comprensibile, nel quale sia possibile disporre di sé in modo efficace e immediato. Ma possiamo davvero desiderare una condizione del genere? La nostra sicurezza deve invece in qualche modo trasformarsi in relazione con il tutto, con il mondo nel suo complesso; essere sicuri per noi significa conoscere l'innocenza de torto e accettare la capacità del dolore di tramutarsi in forma [...]. Questa sicurezza tutta da osannare accomuna le ascese e le cadute della nostra vita e in questo modo dona loro un senso. Accogliere la vastità dell'insicurezza: in un'infinita insicurezza anche la sicurezza diviene infinita."
Un libro che consiglierei a chiunque, semplicemente bellissimo e illuminante.
«Non tutti i silenzi sono uguali. Il silenzio non è tacere né mettere a tacere, è un invito, è stare in compagnia di qualcosa di tenero e avvolgente, dove tutto è già stato detto. Il silenzio sorride. Caro silenzio, aiutami a non parlare di te, aiutami ad abitarti. Addestrami. Disarmami. Tu mi insegni a parlare. Eccomi, mi lascio rapi-re. Non lascio niente a casa, niente di intentato. Ci sono. In te. Arte del congedo per ritrovare.Il silenzio semina. Le parole raccolgono. Il silenzio è cosa viva.».
No quiero aprender a no tener miedo, quiero aprender a temblar. No quiero aprender a callar, quiero saborear el silencio de donde nace toda las verdaderas palabras. No quiero aprender a no enfadarme, quiero sentir el fuego del enfado, rodearlo de transparencia que ilumine lo que hacen los demás y lo que yo puedo hacer. No quiero aceptar, quiero acoger y responder. No quiero ser bueno, quiero estar despierto. No quiero lastimar, quiero decir: me estás lastimando, detente. No quiero mejorar, quiero sonreír en mi peor momento. No quiero ser otro, quiero ser mi verdadero yo. No quiero planear todo, quiero explorar la realidad incluso cuando duele, quiero la verdad por mi. No quiero enseñar, quiero acompañar. Al final de todo no puedo hacer otra cosa.
Poesia e meditazione, poesia della meditazione, arte della meditazione, descrizione poetica del meditare, suggerimenti e spunti. Un modo difficile e liberante di prendere a mano la vita.
La Candiani sempre puntuale, attenta, completa nei suoi accenni.
Scrittura vibrante e suggestiva, leggerla era come ascoltare musica. Mi ha fatto star bene e dato un ulteriore stimolo a continuare sulla strada che ho intrapreso.
This book is not just about meditation practice: it opens up your mind on how to lead your thoughts on several crucial spiritual concepts, while visualising the physical engagement of body and soul. It requires slow reading and deep reflection, every poetic images can give you a sense of “metaphorical concepts”, however it’s only through deep reflection that this books will touch you and change you deeply, chapter by chapter. The main feeling I have experienced through the book is a warm hug from myself, that let me think of a clear horizon, real possibility of peace and freedom. Worth reading, specially if you feel the need to reconnect to your spiritual beliefs.
And I do see the point of this book, really. I understand the connections it draws among poetry, spirituality, meditation and silence. I even appreciate the kindness and gentle touch that permeates every paragraph, the author’s tone that’s all about feeling at ease, relaxed and cozy. Reading it was pretty much like following one of those guided meditations that are so popular in this day and age.
Still, this approach did not really resonate with me. Let us cast aside for a moment any objection I might have with what the book is actually telling (and believe me, I do have objections; continuously preaching inaction and unconditioned acceptance without understanding sounds so dangerously opposite to what I consider pillars of my own way of life, such as critical thinking, Socrates’s “the unexamined life is not worth living”, and so on and so on —as Žižek would put it). In short, I found many of these attempts to be so lyrical and poetic completely unnecessary, sometime a little far-fetched, ultimately off-putting.
Don’t get me wrong: I am a poetry guy. I absolutely love poetry, even when particularly weird or abstruse. It’s just that I tend to enjoy poetry more as an end in itself, rather than a mean to an end. Now, I don’t mean to imply that the author here is hypocritical or anything. I just can’t help but see only the attempt of using poetic imagery to explicitly convey the message of Buddhism. And this prevents me from appreciating what I read.
Who knows, maybe I should stop second-guessing (“telling a story”), and just appreciate the words as themselves, without projecting them somewhere else. That’s what Chandra would say, perhaps.
Non credo che l'obiettivo di questo libro sia quello di insegnare a far meditazione, ma piuttosto quello di farci capire l'importanza del dedicare un momento a se stessi. In realtà, essendo il libro ricco di spunti, penso che ognuno di noi possa ritrovarci un senso diverso. Io non ho letto con attenzione scientifica ogni singola pagina, mi son fatto trasportare dal flusso poetico di parole che mi portava in uno stato di relax e distaccamento. Leggere questo libro è stato un po' come meditare e ne consiglio la lettura, anche più di una volta, proprio perché penso che ognuno di noi possa apprezzarlo per motivi diversi
Un libro che regala un senso di serenità e tranquillità anche in momenti più difficili, che insegna ad amare la vita così com'è e ad essere pienamente presenti a sé stessi, insegna la libertà del sapersi vivere appieno ogni esperienza con cui si viene a contatto, spiegando con umiltà i primi approcci ala meditazione. Molto scorrevole, a tratti un po' enigmatico ma necessita di una lettura attenta e consapevole per essere apprezzato appieno. Super consigliato!
Un libro per comprendere cosa vuol dire meditare e per tornare dentro noi stessi, ad abitare la presenza. Una persona che conosco porta questo libro sempre con sé, e dopo averlo letto capisco il motivo: bastano poche righe per tornare al presente, a noi.
Il tema affrontato da questo libro è prezioso: avvicinare il lettore alla pratica della meditazione buddhista e a una visione più consapevole del vivere quotidiano. Tuttavia, credo che il vero limite dell’opera risieda nello stile narrativo adottato dall’autrice. Per trasmettere concetti complessi — soprattutto a chi proviene da una cultura occidentale, spesso distante da quella buddhista — è fondamentale che il messaggio sia veicolato con chiarezza e concretezza. Invece, Candiani sceglie un linguaggio poetico, denso di metafore e immagini evocative che, pur affascinanti per alcuni, rischiano di confondere il lettore anziché guidarlo. Le parole sembrano a tratti sospese, più orientate a creare suggestione che a comunicare contenuti strutturati. Apprezzo profondamente il richiamo all'accettazione del dolore, alla presenza nel momento e alla ricerca autentica di ciò che ci rende felici. Tuttavia, ridurre questi aspetti a una ripetizione quasi rituale di frasi e concetti può risultare, almeno per me, più estetico che trasformativo. Per affrontare davvero un cambiamento di prospettiva, ho bisogno di un linguaggio che accompagni, spieghi, e magari scuota — non solo che accarezzi l’anima con immagini poetiche. In definitiva, Il silenzio è cosa viva è forse più un libro da assaporare con lentezza, come una raccolta di impressioni spirituali, che un testo introduttivo o pratico sulla meditazione. Può toccare corde profonde in chi è già affine al linguaggio simbolico e alla poesia dell’interiorità, ma può lasciare perplessi coloro che cercano un ponte più diretto verso la comprensione.
“Non voglio imparare a non aver paura, voglio imparare a tremare. Non voglio imparare a tacere, voglio assaporare il silenzio da cui ogni parola vera nasce. Non voglio imparare a non arrabbiarmi, voglio sentire il fuoco, circondarlo di trasparenza che illumini quello che gli altri mi stanno facendo e quello che posso fare io. Non voglio accettare, voglio accogliere e rispondere. Non voglio essere buona, voglio essere sveglia. Non voglio fare male, voglio dire: mi stai facendo male, smettila. Non voglio diventare migliore, voglio sorridere al mio peggio. Non voglio essere un’altra, voglio adottarmi tutta intera. Non voglio pacificare tutto, voglio esplorare la realtà anche quando fa male, voglio la verità di me. Non voglio insegnare, voglio accompagnare. Non è che voglio così, è che non posso fare altro.”
“Quante volte ho visto usare la meditazione per non sentire, per creare una personalità spirituale che ci ripari dal mondo, dai conflitti, dai desideri, dalla rabbia, dalla paura, dal piacere. Quante volte si parla di osservare le sensazioni, le emozioni, i pensieri perché si sta cercando in realtà di creare una scissione, un non sentire, un tenere a distanza la vita stessa. Mentre si tratta di entrare in tale intimità con il sentire stesso, con il flusso vitale, da non lasciare spazio alcuno nemmeno all'io, a quel costante sentirsi colpiti in prima persona, «Perché a me, proprio a me?», che è l' autoriferimento sempre in agguato. Si tratta di interrompere l'autonarrazione.”
Elegante, complesso, testo che richiede tutta la nostra attenzione durante la lettura e soprattutto la ri-lettura.
Il tratto distintivo di questo libro è la gentilezza. Tutto viene proposto e raccontato in maniera assolutamente gentile. Non sono buddista mi piacciono alcuni concetti, concordo con alcune cose con altre meno; ma, a a parte questo, la lettura è risultata gradevole. Non solo per la profonda verità di molte delle cose esposte ma, come già detto, per l'estrema gentilezza con cui i concetti vengono offerti. Volendo trasformare in immagine la lettura di questo libro, per quanto mi riguarda è stato come ricevere un meraviglioso mazzo di fiori profumati e colorati.