L'ufficiale piemontese Prospero Carlo Carando di Vignon, di stanza a Londra, sposa Anne Bacon, figlia di un ricco mercante di seta. Quando, dopo essere stata vittima del vaiolo, arriva a Torino, Anne è molto diversa. La vita coniugale si annuncia come un piccolo inferno domestico, ma il suocero Casimiro la invita a occuparsi della proprietà del Mandrone, il cui futuro soltanto a lui - conservatore di ferro - sembra stare a cuore. Tra i due si stabilisce un'imprevedibile complicità e Anne matura amore e dedizione per la vita appartata e operosa che vi conduce.
La storia della famiglia Vignon si intreccia ai fili dello spirito del tempo, e non di meno a quelli della seta. Anne Bacon scopre come conquistarsi un posto nella storia di un paese non ancora nato, di un orizzonte ideale che infiamma il mondo. Progressisti e conservatori, al di là degli schieramenti politici, si trovano davanti alla necessità di rispondere al cambiamento e lo fanno agendo - nell'economia, nel costume, nella morale, nella cultura. E l'Italia appare, vista da lontano (complici anime migranti come Anne, e il suo entourage femminile), vista come utopia e come sfida.
Per quelli che sono i miei gusti nonché il mio metro di giudizio, questo libro è un po' troppo didattico e un po' troppo motteggiante. Didattico perché non è un vero romanzo: nella struttura come nel tono di scrittura somiglia a Terre Selvagge di Vassalli e a I tre inverni della paura di Pansa: trame esilissime, pressoché inconcluse, fungono da semplice pretesto per esporre la cronaca dell'epoca. Motteggiante lo si intuisce già dal titolo: il rumore del mondo, il rumore del secolo, la luce del mondo, la luce del secolo... espressioni abbastanza poetiche e suggestive ma in fin dei conti poco incisive. E' pur vero che si parla così spesso del ventesimo secolo come del "secolo breve", che si fa in fretta a dimenticare come anche il diciannovesimo secolo sia stato una rincorsa vertiginosa di mutamenti ed evoluzioni, quindi in questo senso ben venga l'idea di metterlo al centro, una volta tanto. Però lo sviluppo dell'idea mi lascia abbastanza freddina.
La scrittura inizialmente suona aggraziata; la trama sembra quella di un classicone o di un feuilleton (in senso positivo), peccato che procedendo venga via via trascurata dall'autrice, in seguito vada sbriciolandosi e infine rallentando mortalmente nelle pedanti tirate di dialoghi e lettere del tutto surreali: assolutamente didattici e didascalici, messi giù a bella posta per fare una lezioncina di storia, per di più con l'aria compiaciuta di chi ti sta dicendo "...vedi? Potevo scrivere un saggio ma sarebbe stato un mattone, e invece mescolando la Storia con una storiella si può imparare divertendosi...!". Peccato che ficcando le notizie a raffica dentro i dialoghi e le lettere dei protagonisti, con la stessa forza e convinzione con cui si ficcano le magliette e le mutande dentro un trolley e si è ostinatamente decisi a farcele stare proprio tutte, di questo passo il risultato sia un qualcosa troppo artefatto e si perde quel senso di grazia che si aveva all'inizio del racconto. Cosa anche peggiore è l'indecisione della voce narrante, che non sa se vuole essere una voce onnisciente che si cala di volta in volta nella mente del personaggio osservato o se vuole essere la voce vera e propria dell'autrice che si rivolge un po' distrattamente al lettore. Nell'indecisione, fa un po' così e un po' cosà: pessima soluzione.
Pur cambiando l'ambientazione, l'idea di base della trama ricalca abbastanza da vicino quella di Rossovermiglio: in entrambi i casi compare il tema del principio dell'emancipazione femminile in contesti e momenti in cui la vera emancipazione non esisteva proprio. E infatti entrambi i romanzi hanno uno stesso difetto: pur non essendo completamente inverosimili, tendono ad attribuire alle ragazze protagoniste pensieri e ragionamenti palesemente pensati da stare nel ventunesimo secolo con tutt'e due i piedi; in questo modo c'è spesso una nota che suona stonata, ossia fuori dalla sua epoca. Però almeno Rossovermiglio non sciorina elenchi e lezioncine.
Piuttosto interessante lo sviluppo del tema del viaggio in Italia con la penisola vista come paese esoticamente emozionante, da Lord Byron in poi. Interessante anche l'idea di raccontare un rapporto nuora-suocero : in questo caso buona l'idea e buono anche lo sviluppo. Anche i temi del rimorso, del ripensamento e della ripicca, inizialmente hanno buone potenzialità che però poi perdono mordente per effetto di quello sbriciolamento della trama di cui dicevo sopra. I personaggi finiscono per appiattirsi, vengono semplificati, i loro comportamenti e ragionamenti e dialoghi sono del tutto sacrificati all'esigenza di semplificazione della trama che deve a sua volta lasciar spazio all'esposizione di fatti, cronaca e piccoli elenchi la cui origine non è sempre immediatamente chiara.
Poiché hanno in comune una parte delle ambientazioni e anche le epoche dei racconti non sono poi tanto distanti, mi è sorto inevitabilmente davanti agli occhi il confronto con i libri della serie Aubrey & Maturin di O'Brian (per lo meno quelli che ho letto fin qui, i primi tre): ebbene, la Cibrario perde il confronto su tutta la linea. Quanto più lei cerca di essere istruttiva, tanto più O'Brian finisce per apparire come il vero e veritiero testimone dell'epoca, e forse proprio grazie al fatto di essere del tutto disinteressato ai fini didattici, o forse è solo molto molto più abile a mascherarli, questi fini, dietro la sua trama e dietro la sua passione personale e dietro il piacere di raccontare una storia. Mi sembra di mettere a confronto due fotografie: in una il soggetto sorride ingessato fissando l'obiettivo (Say: "cheese!!!"); mentre nell'altra viene colto a sua insaputa in un gesto e un atteggiamento rappresentativi del suo carattere e della sua indole, il viso di tre quarti, lo sguardo perso ben oltre l'obiettivo che in questo modo diventa impercettibile alla sensibilità di chi osserva la fotografia. Non c'è dubbio alcuno su quale sia la fotografia promossa a pieni voti e quale quella che si porta a casa la sufficienza stiracchiata.
Confesso che attraverso queste campagne con un sentimento ambiguo. Mi ero abituata a percorrerle in lungo e in largo, e non ho potuto fare a meno di pensare che lascio la Normandia con un pizzico di rimpianto. La qualità dell'aria è ideale: venti di terra e venti di mare si alternano piacevolmente ed estraggono i profumi più diversi dai boschi o dai campi. Nelle giornate di sole, si solleva un pulviscolo finissimo. Per qualche fenomeno fisico di cui non conosco la ragione, la luce lo attraversa e si ha l'impressione che una polvere d'oro sia sospesa sulla campagna. Luci simili se ne vedono anche in Inghilterra, da maggio in poi, ma da noi mancano la tonalità più calde; qui invece, sembra che il Nord e il Sud si fondano insieme, abbracciandosi naturalmente nei cieli di Normandia. Se solo sapessi dipingere, sarei ripartita con i taccuini pieni di vedute, marine, villaggi, e chiese, ma il disegno ahimè, non è tra le mie abilità. Mi sono limitata a seguire il consiglio della guida di Murray, il mio breviario, e ho raccolto ogni fiore, foglia, erbe in un quadernetto apposito. Scrivo in calce a ogni pagina di cosa si tratta e dove l'ho raccolto. Tornata a casa, non avrò schizzi come aide-mémoire, solo fiori di campo; tuttavia, saranno un bel ricordo di queste lunghe passeggiate normanne.
"On peut juger de la beauté d'un livre à la vigueur des coups de poing qu'il vous a donnés et à la longueur de temps qu'on met à s'en remettre", scriveva Gustave Flaubert.
Questo libro risuona anche a lettura ultimata, richiama a sé. Impossibile lasciare andare il personaggio di Anne Bacon, la protagonista. Un romanzo-romanzo, ricchissimo di dettagli (storici, botanici, politici, di costume, ecc). Un affresco poderoso, onesto, accurato. Lettura interessante e affascinante a dispetto della mole.
"C'è una mostruosa bizzarria nel destino, rifletté, un capriccio: la natura non è semplicemente indifferente alle sventure degli uomini, se ne fa beffe".
I dieci anni che precedono il Risorgimento. Una ragazza inglese, figlia di un commerciante di seta, sposa un aristocratico piemontese. Durante il viaggio verso l'Italia contrae il vaiolo che le ruberà per sempre bellezza e innocenza.
Io mi sono lasciata andare al piacere della storia e all'inizio non è stato facile. Scommetto che a molti apparirà faticoso, una massa informe di 800 pagine. Non è obbligatorio sentirsi a proprio agio in tutte le forme letterarie in effetti.
Un bel libro dickensiano. Una storia tra Torino e Londra. Una bella storia ottocentesca. Una scrittura precisa e chiara, dei personaggi che si vedono e si ricordano. Brava la Cibrario. Non voglio raccontare la trama. Ma chi ama i romanzi ottocenteschi troverà pane per i suoi denti.
No, decisamente questo libro non mi è piaciuto; se ci fosse la possibilità metterei anche meno di una stellina.
Nonostante la mole, ho iniziato questo romanzo con una qualche piccola speranza: ambientato in Piemonte, la mia regione, aveva una trama che mi ispirava abbastanza. Peccato che questa mia positività nei confronti di questo romanzo mi abbia completamente abbandonata a pagina due, sostituita da una chiara comprensione, che non ha fatto altro che aumentare di pagina in pagina, che questo libro non sarebbe stato minimamente nelle mie corde. Vorrei dire di averlo trovato noioso, ma non credo che questo termine sia sufficiente per descrivere lo strazio che ho provato mentre andavo avanti a leggere. Davvero, dopo pochissime pagine ho smesso di leggere per piacere, quanto più per il fatto che non volevo abbandonare un libro a metà; sono arrivata ad un certo punto in cui mi sono imposta di terminare il libro entro data x, così da poter passare ad altro, il tutto senza successo. La storia è piatta ed il ritmo è talmente lento che spesso è impossibile tenere gli occhi aperti. Spesso, poi, la trama viene amabilmente abbandonata dall’autrice stessa e sostituita da pagine e pagine di informazioni storiche, nemmeno si trattasse di una puntata di una qualche trasmissione su History Channel, messe lì più che altro per far sì che l’autrice potesse vantarsi di quanto sia brava e di quanto abbia studiato il periodo storico e la società dell’epoca; davvero, ad un certo punto ci sono due pagine intere in cui viene descritta una cena con prodotti tipici piemontesi, ma tra tutte è la scena migliore, più che altro perché davanti all’elenco dei dolci mi è venuta la bava alla bocca (ed è per questo che adesso sono giorni che sogno le pesche ripiene…). Questa trascuratezza alla trama si rispecchia poi soprattutto nei personaggi, che ho trovato piatti ed inutili, ma soprattutto troppi, con inizialmente dei capitoli dedicati ai vari diversi personaggi che praticamente si sovrappongono, creando nel lettore una confusione pazzesca che poi, anche iniziando magari a riconoscere un po’ di più i nomi, ma decisamente non gli atteggiamenti in grado di contraddistinguerli (anche perché spesso appunto non ci sono), non è che vada incontro ad un grande miglioramento.
In 50 pagine ho capito che questo libro, ambientato intorno al 1840, soffre della malattia incurabile nota come infodump: l'autore ci tiene a far sapere quanto ha studiato del periodo storico scelto, e dunque riempie il romanzo di informazioni noiose e inutili su ogni aspetto della vita dei personaggi e dei paesi in cui si trovano a vivere o a passare. E perciò se la cameriera della protagonista da bambina viveva in una fattoria, dobbiamo sapere tutti i lavori che si svolgevano in una fattoria; se si racconta che la protagonista metteva su delle recite, si dice che i costumi di scena erano "di taffetà e di mussola, stampati tanto in India quanto in Inghilterra". Etc. etc. Oltre a questo, aggiungete una backstory per ogni personaggio senza importanza, e ottenete 700 pagine.
Un libro appassionante, da cui difficilmente ci si riesce a staccare. L’ho divorato in una settimana. È un romanzo storico ambientato a Torino tra il 1838 e il 1848, ma lo scenario si allarga anche alla Londra di quegli anni, da cui proviene la protagonista,Anne Bacon, giglia di un commerciante di seta inglese, che segue in Italia il marito piemontese. La trama è lineare e quello che si apprezza è l’attenzione ai dettagli, la capacità di ricostruire lo spirito del tempo. Tuttavia ho trovato il romanzo “inattuale”... i modelli sono i romanzi inglesi, Dickens e Austen prima di tutti, ma mi chiedo se sia ancora possibile scrivere questo tipo di narrativa oggi. È chiaro che questa impressione deriva dalla ricostruzione della mentalità e della sensibilità ottocentesche, ma ho trovato questa operazione un po’ datata.
È un libro molto intenso che mi è piaciuto anche se lascia l’amaro in bocca perché mantiene in sospeso la conclusione di molti personaggi, come appesi ad un filo di seta. L’ho però trovato troppo lungo in alcune parti e non totalmente scavate alcune descrizioni psicologiche (tipo una Anne troppo permissiva e poco combattiva). Lo consiglierei ma con qualche remora... dopo un po’ appesantisce e non sempre mantiene il ritmo. L’idea comunque è molto bella
Un lavorone stratosferico di ricostruzione storica e di analisi culturale. Uno sforzo nella costruzione sia del contesto e anche di delineamento dei personaggi (non le capisco proprio le critiche in questo senso, senza fare polemica ma ci sono pagine e pagine di introspezione dei personaggi, di flusso di coscienza e di auto analisi a volte quasi troppo, come si fa a dire che non ci sia studio in questo senso?). Scrittura sicuramente senza guizzi e finale che lascia tutto troppo in sospeso; da qui infatti le 4 stelle invece di 5. Consiglio comunque la lettura sicuramente a chi è patito di romanzi fine 800/inizio 900 in costume, ma anche a chi come me invece non è fan perché comunque troverà una lettura piacevole senza farsi spaventare dalla mole del libro (che onestamente qua e la poteva essere accorciato!).
p.s. stamattina ho lasciato da solo due ore il cane di mia sorella affidatomi per un giorno e si è divorato ben tre pagine della mia copia!!! :(
Una bella storia ottocentesca tra Londra e Torino. Scritto molto bene e con personaggi che si fanno amare. Uno fra tutti, Anne, la "figlia della seta", la ragazza inglese che sposa un ufficiale torinese di stanza a Londra. Attraverso le pagine del libro ripercorriamo la sua vita da Londra a Torino, incontriamo difficoltà, fabbriche primitive per la lavorazione della seta, campagna torinese, inviti a balli, monarchia, guerra, soldati...e tanto altro. Consigliato a chi ha nostalgia del periodo e a chi vuol rivivere o conoscere quel periodo.
Difficile valutare questo romanzo così lungo. La prima parte, che copre l'infanzia dei protagonisti e il viaggio di Anne, è inutilmente lunga. I dialoghi mi sono sembrati fiacchi e a volte veramente fastidiosi (imbarazzante quello tra Bacon e Prospero); non aggiungono nulla alla trama e non gettano luce sui rapporti tra i personaggi. La narrazione mi è parsa "slegata" e poco organica, dispersa in mille rivoli. I personaggi secondari sono moltissimi e occupano troppo spazio. Avrei preferito una sfoltitura più decisa. Nella seconda parte, da quando Anne si trasferisce al Mandrone, il libro prende più respiro e si fa leggere con maggiore facilità. Non diventa mai davvero appassionante, si intrecciano troppi registri - pensieri intimi dei personaggi, epistolario, saggio storico, dialoghi sempre traballanti, lunghe digressioni sull'industria piemontese - e la trama, in fin dei conti, ne esce ancor più inconsistente. Dopo 700 pagine e rotti ancora si ha la sensazione di non sapere chi sia la protagonista, resa evanescente nelle pagine dalle continue incursioni dell'autrice nel saggio storico.
Londra, 1838. Ann, figlia di un ricco mercante di seta, sposa Prospero, un nobile italiano. Poche settimane dopo, durante il viaggio per raggiungere il marito a Torino, la ragazza contrae il vaiolo restandone sfigurata. Tuttavia, non saranno solo le cicatrici ad allontanare l'uomo da lei. All'arrivo della moglie, infatti, Prospero ha già deciso che quel legame è un fallimento. Mentre il marito prosegue la sua vita, Ann, che stenta a uniformarsi alle consuetudini della nobiltà torinese, chiusa e antiquata, viene relegata al Mandrone, una tenuta di campagna dove, a sorpresa, si fa apprezzare da tutti per la sua generosità e la sua intelligenza. Qui conosce anche Enrico, un visionario imprenditore che si innamora di lei, ricambiato. Ann, però, è fedele al suo ruolo di donna sposata e torna a Torino, ormai rassegnata a un matrimonio che è tale solo sulla carta. Da questo momento, la donna assiste ai fermenti risorgimentali che condurranno il Piemonte in guerra nel 1848. Il romanzo di Benedetta Cibrario è dunque un romanzo storico, scritto con un rigore e una cura per i dettagli davvero straordinari. L'autrice riesce a disegnare in modo efficace l'avvento di un mondo nuovo, il cui "rumore" diventa sempre più distinto, in contrasto con l'immobilità di una società ormai al tramonto, incarnata dall'arroganza di Prospero, che pure ha radici profonde e dolorose. Di lui, come di ogni personaggio del romanzo, sono tratteggiati con dovizia di particolari la storia e il punto di vista. Ne deriva una struttura narrativa policentrica che al tempo stesso è il punto di forza e di debolezza del romanzo. Da una parte è interessante perché ci consente di percepire, per l'appunto, "il rumore del mondo", che è fatto di tante voci di diversa provenienza e spessore; dall'altra, depista continuamente il decorso narrativo che risulta così frammentato al punto tale che la vicenda della protagonista perde sempre più interesse nella seconda parte del romanzo. Quando poi il romanzo si avvia alla conclusione, poi, Ann arretra sullo sfondo fino a diventare una semplice testimone della Storia - quella con la S maiuscola - che imprimerà una svolta alla sua vita famigliare. Paradossalmente, è proprio il suo personaggio a essere quello meno scandangliato, nelle ragioni e nei sentimenti, dal narratore onnisciente e questa scelta non appare troppo motivata nell'architettura del romanzo.
Meh. Non è un libro "brutto" quanto piuttosto un libro ordinario ma troppo lungo per essere piacevole. Dal punto di vista della trama, niente di particolarmente nuovo. Si tratta di una storia abbastanza banale raccontata in modo banale, seguendo il filo degli eventi. Il fatto che l'autrice abbia voluto inserire l'epistolario dei personaggi non aggiunge nulla né aiuta a dare vita agli stessi, ma anzi rende la narrazione ancora più noiosa. Per quanto riguarda l'aspirazione a voler essere un "romanzo storico", a mio giudizio non ci siamo proprio. Il periodo storico si deve "sentire" da come si muovono i personaggi e dai dettagli. Qui invece ho avuto l'impressione che l'autrice abbia infilato degli spiegoni - troppi! - in un harmony qualsiasi. Personaggi e contesto storico non si sentono quasi mai come un tutt'uno, dato che per buona parte del libro, a mio parere, la storia potrebbe essere ambientata ovunque e in qualsiasi secolo. Ho apprezzato come vengono tratteggiati alcuni aspetti dei personaggi, ma avrei preferito una maggiore profondità, considerata anche la lunghezza del libro, così come per i dialoghi, spesso poco convincenti.
Un vero libro ottocentesco, per chi ama la Storia. Perché qui si racconta da un lato la storia di Anne, figlia di un mercante inglese che parte verso l'Italia per raggiungere Prospero, nobile italiano che ha da poco sposato; ma si racconta anche la Storia del Regno Sardo, dell'Italia, di un popolo affamato di cambiamenti. È un'opera ben scritta, ricercata, che trasporta in un'altra epoca. Unico difetto, ho trovato un po' lunghe alcune parti troppo descrittive per i miei gusti. Nel complesso, consigliatissima.
Libro interessante e impegnativo, sia dal lato dello scrittore che del lettore. La storia della giovane inglese che lascia Londra per andare in moglie al nell’ufficiale piemontese in realtà costituisce il pretesto, più che lo sfondo, per il romanzo storico che racconta nel dettaglio le vicende di una tormentata (non ancora) Italia. Sicuramente un grande sforzo narrativo che - per il mio gusto di lettrice - male si innesta nelle continue digressioni che rallentano palesemente i ritmi degli eventi, nella vana attesa di colpi di scena che non si verificano. Scritto molto bene e in maniera profonda, sicuramente non è uno di quei libri che si divorano con avidità ma di cui, alla fine, non rimane niente. Ci sono riflessioni profonde sulla vita, i personaggi sono tratteggiati con minuzia di particolari così come lo sono le ambientazioni, per non parlare della precisione di date ed avvenimenti. Sicuramente una lettura gradevole e di livello, non facilona nè banale. Un libro di nicchia che non è scritto per piacere a tutti nè ambisce ad ispirare serie TV destinate alle masse stile fotoromanzo o romanzo d’appendice. Complimenti alla Cibrario e, se vi piace il romanzo storico, questo sicuramente farà al caso vostro.
È incredibile quanto io ci abbia messo, ma mi è stato impossibile leggere più di quattro o cinque pagine al giorno. La verità è che si tratta di un libro "troppo": troppo lungo, troppo dettagliato, troppo dispersivo, con troppe lettere, con troppi menù, con troppi excursus di storia. E sì che ha un senso che la Storia abbia il suo peso nelle piccole vicende dei protagonisti, ma il libro è decisamente sproporzionato a favore degli eventi realmente accaduti. C'è un tentativo dell'autrice di dimostrare quante ne sa a proposito della seta e delle ricette tipiche del Piemonte e sebbene un testo tanto documentato è da apprezzare anche solo per l'enorme sforzo di ricerca, questo non lo rende un romanzo piacevole da leggere. È come quei temi che, seppur ben scritti, alla fine vanno fuori tema per la smania dello studente di dimostrare di aver studiato. E alla fine, quando si vorrebbe una vera conclusione per i personaggi, questa manca e l'autrice con le sue ricerche si fa palese, ne parla esplicitamente. E di Anne, che abbiamo faticosamente seguito tra lettere ed elenchi botanici, non ci viene detto più nulla.
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" [...] Benedetta Cibrario, non solo mette tutto ciò che sa, ma aggiunge ciò che ha vissuto e quello che ha imparato per meglio delineare i personaggi e il tempo di questa storia. Posso tranquillamente dire che ha fatto un lavoro sublime. [...] Anne è un personaggio forte. Una giovane donna che sa tutto di seta, di torcitura e filatoi. Una donna che presto farà parlar di sé e per questo da allontanare. Casimiro pensa che è meglio relegarla al Mandrone, loro proprietà di campagna. Anne si adatta presto, pur capendo che mandarla laggiù non è di certo un regalo. [...]." Per leggere la nostra recensione completa andate al link: https://bookshuntersblog.com/2019/07/...
Devo dire che le mie valutazioni circa questo romanzo sono non così univoche come avrei desiderato. Il libro è molto interessante, anche se parecchio discontinuo, ed anche discutibile. Sarebbero, imho, state necessarie delle ampie sforbiciate, l'autrice spesso, molto spesso, si compiace di scrivere con prolissità che appesantisce la lettura. Del Piemonte, e dei piemontesi, ne dà un ritratto che non sempre risulta così definito. E, d'altronde, proprio nel raccontare i travagli, le irrisolutezze dei personaggi principali, secondo me si trova il merito maggiore di questo romanzo. Continuo a ritenere che gli editori sempre più frequentemente non applichino la doverosa attenzione alle pubblicazioni.
Un romanzo storico adatto alle lente giornate estive (o di quarantena). Pur svolgendosi nel momento in cui il regno sabaudo inizia a diventare Italia, nel momento in cui l'industriosa borghesia si affianca alla vecchia aristocrazia - il rumore del mondo del titolo - le vicende si svolgono placide tra ricevimenti, puntate alla residenza di campagna, lettere a casa. Un piccolo appunto, io leggo il piemontese e non ho avuto difficoltà (a parte alcuni termini diversi tra torinese e monregalese),ma le frasi in dialetto potrebbero risultare fastidiose a chi non ha modo di capirle.
Un libro bellissimo che descrive la vita in Piemonte della protagonista, giovane sposa che viene dalla Francia. Si intrecciano vicende storiche ( siamo a metà del 1800) e affari privati. È scritto con delicatezza e linearità
Un romanzo molto bello sia per l'ambientazione storica che per i personaggi. L'incontro scontro fra chi vuole cambiare il mondo e chi teme i cambiamenti per me è il vero messaggio del romanzo. Scritto molto bene forse i carteggi sono un po' troppo lunghi.