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Settecorna

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Paperback

Published January 1, 1977

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About the author

Liala

142 books8 followers
Liala, pen-name of Amalia Liana Negretti Odescalchi (Carate Urio, March 31, 1897 – Varese, April, 15 1995) was an Italian novelist, one of the most popular feuilleton writers of XX century.
Her pseudonym was coined by Gabriele D'Annunzio, who want to give her a name who cointans an "ala" (which also means "wing" in Italian language).

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Displaying 1 - 2 of 2 reviews
Profile Image for Asclepiade.
139 reviews79 followers
August 22, 2023
Se Signorsì resta fra i più famosi romanzi di Liala, quello che ne costituisce la continuazione, Sette corna (titolo che si può scrivere tutto in una parola oppure staccato: Liala stessa lasciò che la grafia variasse secondo le successive riedizioni del romanzo; è il nome d’una chiocciola, protagonista d’un apologo cinese, o perlomeno qualificato come tale dal personaggio che lo racconta), sembra poco letto e misconosciuto anche tra le fedelissime della scrittrice lariana: ed è un peccato, perché come romanzo appare migliore del precedente. Va precisato che, sebbene presupponga le vicende di Signorsì, esso rimane leggibile anche in modo autonomo. Dal punto di vista strutturale risulta decisamente più convenzionale, ma anche più solido e coerente; non scevro, ad ogni modo, d’imprevisti e sorprese tali da tenere desta l’attenzione del pubblico; e soprattutto è più ricco di personaggi, benché si tratti d’un libro piuttosto breve, ciascuno caratterizzato in modo autonomo e, a volte, anche frastagliato e imprevedibile. Séguito è tuttavia per modo di dire, perché l’unico personaggio a ritornare sulla scena è Furio di Villafranca: Beba è già morta in Signorsì, Mino è rievocato quale caduto nei cieli della Cirenaica, la zia zitellona è data a sua volta per defunta; perfino Mustafà, il gatto della zia Anna, non ha retto al dolore, e l’ha seguita nell’avello. Alla fine, si può dire che Liala avrebbe anche potuto ammazzare virtualmente Furio e scrivere il romanzo senza di lui? Ché, gira e rigira, se nel complesso una figura splendida non la faceva neppure nel primo romanzo, tanto meno la fa nel secondo; ma l’autrice probabilmente aveva ragioni sentimentali (dopotutto era il suo primo eroe romanzesco) e commerciali (meglio presentare il secondo libro come continuazione del primo) per recuperare il vecchio protagonista, il quale peraltro qui funge da comprimario ed entra in iscena solo a vicenda ben avviata; poteva recuperare tuttavia, si potrebbe obiettare, il buon Mino di Sant’Elmo: ma Mino mal si sarebbe prestato alla parte che in questa storia deve recitare Furio, che una giustificazione psicologica per fare quel che fa, grosso modo, la possiede. Oltre a un Furio sempre in bilico tra magnanimità e meschinità, Liala qui s’inventa una coppia di protagonisti non del tutto convenzionali: un giovane, bravissimo ufficiale dell’Arma Azzurra proveniente dal popolo, e una giovanissima nobildonna capace di darsi al primo che capita per eccesso di passionalità sua e diffidenza nell’amore del suo fidanzato. La parte leggera è assicurata dai commilitoni del protagonista, i tipici ufficiali chiassosi e burloni dei romanzi giovanili di Liala (sebbene li descriva nelle loro diverse individualità, a me fisicamente ricordano tutti il povero Hans Joachim Marseille); e poi c’è il patrigno di lei, all’inizio naturalmente odiatissimo, ma poi personaggio positivo e unico, in sostanza, capace di sbrogliare la matassa di amor proprio ferito, tradimenti, rimorsi, vergogne e rovelli amorosi che rischierebbe di portare tutti alla rovina. Diverrà pure questo un personaggio ricorrente nei romanzi di Liala: qui è un giovanissimo ufficiale, che lascia la Regia Aeronautica per sposare una vedova molto più vecchia di lui, ma seduttrice nata; un uomo forse debole, ma lautamente provvisto di quel buonsenso un po’ cinico e un po’ mordace che svela la falsa coscienza e la falsa morale di molte situazioni, e permeato da un’etica invero più solida di altri che ne sembrerebbero assai più provvisti. Insomma, Liala si diverte anche qui a giocare a nascondino con le apparenze, con le idee e con le convenzioni: sempre con giudizio, si capisce, quasi senza darlo a vedere; ma pure senza celare quell’ombra di pessimismo disilluso che talvolta si allunga e s’insinua negli angoli delle sue opere in apparenza più convenzionali. Insomma, un buon libro, vivo e scorrevole. Resto dell’avviso che Liala non sia una grande scrittrice: ma una piccola scrittrice sì, e come tale quasi sempre apprezzabile, e spesso più godibile di scrittori che di grande hanno soltanto le ambizioni.
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