Le paysage du Maroc est jalonné du nord au sud de monuments très simples et dépouillés que l'on nomme «Marabouts». Ce sont des tombeaux de saints de l'Islam. Ce livre donne pour la première fois une vision d'ensemble unique de ces mausolées secrets et splendides.
Tahar Ben Jelloun (Arabic: الطاهر بن جلون) is a Moroccan writer. The entirety of his work is written in French, although his first language is Arabic. He became known for his 1985 novel L’Enfant de Sable (The Sand Child). Today he lives in Paris and continues to write. He has been short-listed for the Nobel Prize in Literature.
“Un paese è ciò che noi siamo nel momento in cui lo visitiamo”
Più leggo Tahar Ben Jelloun, più apprezzo la sua scrittura! In questo libro lo scrittore marocchino – per lo meno sulla base di ciò che di suo ho letto finora – ha superato se stesso; la lettera conclusiva idealmente indirizzata al celebre pittore francese Eugène Delacroix meriterebbe, da sola, le cinque stelle piene! “Marocco, un romanzo” è un lungo e appassionante viaggio nell’occidente di quell’Oriente così idealizzato dagli europei, un viaggio durante il quale Ben Jelloun accompagna il lettore alla scoperta di un paese ricco di storia e cultura, ma anche di facili stereotipi e numerose assurde contraddizioni. L’autore ci racconta anzitutto il suo Marocco, cioè quello da lui vissuto in prima persona, così come quello che affiora attraverso le storie altrui. Da Tangeri a Casablanca, da Fes a Marrakech, senza tralasciare altri luoghi meno noti, il Marocco si dispiega tra un passato e un presente che lanciano pressanti interrogativi sul futuro. S’incontrano i nomi di personaggi famosi legati a quest’angolo d’Africa, come gli statunitensi Paul Bowles e Allen Ginsberg, e quelli di artisti locali ignoti al grande pubblico. Di grande interesse la parte relativa al culto dei santi (eppure tale culto non è ammesso dall’Islam ufficiale!), in particolare quello dei sette santi di Marrakech, di cui, a suo tempo, avevo già sentito parlare. Così come risultano molto interessanti anche le pagine dedicate alle riforme e alla figura dell’attuale sovrano Mohammed VI, molto amato dalla popolazione (e non soltanto temuto come accadeva con il padre Hassan II), il quale, “giovane” e aperto al mondo, sta realizzando molte cose positive, a partire dalle infrastrutture di cui si sta dotando il paese; tanti i passi avanti compiuti a livello economico e sociale (e persino religioso, aggiungo io, alla luce della recentissima sentenza del Consiglio superiore degli ulama’ marocchini in materia di apostasia), ma la strada da percorrere è ancora lunga, specie per combattere la corruzione drammaticamente diffusa nei gironi infernali della pubblica amministrazione. Un ottimo libro per approfondire la conoscenza del paese in questione, magari affiancandogli, avendone la possibilità, un bel viaggio in loco.
“Il Marocco non si concede, non si dà. Forse bisogna sorprenderlo nel sonno o quando è insonne, in una notte di luna piena. Il Marocco è un enigma da sedurre con garbo”.
Idea interessante, esecuzione meno. Si tratta di una sequenza di aneddoti, riflessioni e elementi storico-culturali sostanzialmente slegati tra loro. Non essendoci una struttura narrativa il romanzo non decolla mai. Senza un particolare interesse per il Marocco è molto difficile arrivare alla fine del libro. Inoltre è particolarmente irritante come parla delle donne. Nel libro le figure femminili sono solo elementi di contorno, non sono mai al centro delle proprie storie. Quasi nessuna è un vero e proprio personaggio, si indica solo quanto la donna media possa uscire di casa, come possa vestirsi e fare paragoni con altri paesi. L'autore fa tanta mostra di preoccuparsi tanto dei diritti civili ma lui stesso le (ci) usa come oggetti, in questo caso come termometri della 'modernità' del paese.