Nell'Italia del primo ventennio del Novecento, in una città di provincia, piccoli borghesi frustrati, mercanti senza affari, artigiani con ambizioni sbagliate, un'umanità sociologicamente minima sogna un sordido e facile benessere. Per ottenerlo non ha scrupoli. Dietro la rispettabilità di facciata, saltano codici morali, correttezza di comportamento, onestà individuale e di gruppo. I tre fratelli Gambi corrono avidi e disperati la loro avventura; la pagheranno cara: prima con la decadenza economica, poi con la morte. Capolavoro di un narratore esemplare, tutto da scoprire e riscoprire, Tre croci<7i> è un romanzo psicologico, un'epica saga del disastro di una famiglia, uno spaccato di vita italiana del passato che, a distanza di quasi un secolo, resta d'inquietante attualità.
Federigo Tozzi was the son of an innkeeper. He first worked as a railway official, then took over running his father's inn. In 1911 he published his first book of poetry. In 1913 he began to work on his first novel, Con gli occhi chiusi ("With closed eyes"), a highly autobiographical text. In this year, he also founded the magazine La Torre. Tozzi then became a journalist in Rome. Through his literary activity, he caught the attention of the writer Luigi Pirandello, who subsequently supported him. Tozzi died 1920 in Rome of influenza and pneumonia.
Morto a soli 37 anni, a causa di una forma acuta di influenza spagnola, lo scrittore senese, Federigo Tozzi è uno di quegli autori della Letteratura Italiana a cui sono stati tributati i giusti onori solo molti anni dopo la sua scomparsa.
Pubblicato nel 1919 (anno precedente alla morte), Tre croci è un romanzo breve (o un racconto lungo?) ispirato a fatti reali. La storia vede come protagonisti tre fratelli senesi, proprietari di una libreria antiquaria, alle prese con un ineluttabile fallimento. La descrizione (fisica, morale, psicologica) dei tre fratelli è ammirevole. L’affascinante scenario di Siena e questa tensione crescente verso la rovina.
Un romanzo cupo dove gli uomini sono dei “vinti” fin dalla prima riga e riflettono qualcosa di più vasto in un mondo già stravolto da una prima guerra mondiale e ancora ignaro della rovina dietro l’angolo.
”Sono stato intelligente. Ora, è finita. Ho quarant’anni e mi sembra di averne ottanta o cento”
All'inizio domina quasi incontrastato il dialogo, dopo arrivano anche sciabolate di bellezza (della città, del paesaggio), ma nulla può nemmeno minimamente intaccare il senso di inesorabile asfissia che ci prende alla gola. La rovina è ineluttabile: non esistono azioni, non esistono soluzioni di carattere (i tre fratelli protagonisti dispiegano inutilmente qualche variazione: il pensoso riservato, il sanguigno volubile, lo scapestrato egoista), non si può realizzare comunicazione vera, non si può trovare aiuto reale.
Una visione della vita non proprio allegra, espressa magistralmente.
La tragica storia del fallimento economico dei fratelli Enrico, Giulio e Domenico, conduce l'attenzione del lettore a esaminar una vicenda sin troppo attuale, individui pronti a ogni sotterfugio, a condiscendere a ogni mezzo - anche illegale - pur di conseguire quel benessere economico che pare, ai loro occhi, incarnare il solo valore al quale valga la pena consacrar l'esistenza intera, il solo che potrebbe renderla degna d'essere vissuta. Nemmeno l'inevitabile tracollo li porterà a rivedere le proprie posizioni, ma solo a sperimentar l'amarezza del pubblico spregio.
Tre fratelli senesi, Giulio il più posato e introverso, l’esuberante Niccolò ed Enrico afflitto dalla gotta e più incline alla frequentazione dell’osteria, al gioco e al vino, conducono una libreria antiquaria ereditata dal padre ma che ultimamente versa in cattive acque e, nonostante i tentativi maldestri di raddrizzare in qualche modo gli affari, la situazione sembra degenerare…
Il romanzo “Tre Croci” scritto da Federigo Tozzi [1883-1920] nel 1920 è un romanzo introspettivo in cui sono i moti dell’animo dei protagonisti, tra luci e ombre, a reggere l’azione di una vicenda apparentemente semplice: l’affetto tra i tre fratelli, le loro improvvise scaramucce verbali destinate a spegnersi rapidamente, i significativi sguardi d’intesa, gli slanci d’affetto e sostegno reciproco lasciano poco spazio agli estranei coinvolti superficialmente nella vicenda mentre, quasi a spezzare la sensazione di affanno e di insostenibilità, rifulgono le particolareggiate descrizioni della tranquilla campagna senese e degli scorci urbani della città medievale. Un romanzo che mi ha rapito e lasciato nell’animo un magone intenso anche dopo averne concluso la lettura.
"Scritto nel 1918 in pochi giorni e pubblicato nel 1920 dall'editore Treves. Nello scrivere il romanzo Tozzi si ispirò alla morte di Niccolò ed Enrico Torrini che sopravvissero per tre anni al suicidio del fratello Giulio, un antiquario senese per il quale l'autore aveva scritto l'articolo intitolato Per Giulio Torrini pubblicato il 28 dicembre 1915 su La Vedetta Senese". (Da Wikipedia)
E' un grandissimo romanzo in cui ogni volta ritrovo la mia lingua perduta, la lingua dei nonni, certe espressioni gergali che non si sentono più. Da leggere, rileggere e conservare come una reliquia.
I found this book and this author through an Italian exercise book (it creates exercises from literature excerpts; how cool is that?!) Anyway, I then read on an Italian internet book site that this author is "Dostoevskian". My interest was definitely piqued! But now that I've read it, I'm not sure what to think. I'd almost call it Bressonian (if you'll allow a cinematographic comparison), but then Bresson was definitely into Dostoevsky. Here's what Ortega y Gasset says about Dostoevsky: "[His] books are almost all extremely long. But the story that is told is usually quite short." And then later in the same essay [1]: "[He] is a 'realist' not because he uses the material of life but because he uses the form of life." In other words, reading a Dostoevsky novel is like participating in the events in real life, form-wise. Here, Tozzi's characters are definitely Dostoevskian, but is the form? I'd say no (this particular novel is only 100 pages long). Again, it's more like a distillation of Dostoevsky, in the manner of Bresson. But now I'll have to read more Tozzi....
[1] "Dostoevski and Proust" in The Dehumanization of Art, by José Ortega y Gasset, translated by Helene Weyl.
Un romanzo breve, ma potente, che nulla ha da invidiare a Pirandello e Svevo. Non sono nomi a caso, poiché Federigo Tozzi come loro raffigura l’inetto, e lo declina come questi in chiave psicoanalitica. I fratelli Gambi (Giulio, Enrico e Niccolò), infatti, affrontano il loro declino con una crescente rassegnazione, che molto ha a che fare con la ribellione nei confronti dell’eredità paterna (come del resto fece Federigo Tozzi con il podere e il ristorante che il padre gli lasciò). Penso che Federigo Tozzi sia un autore da scoprire e riscoprire, poiché non è un semplice autore provinciale, ma è un autore che sa parlare a più realtà, anche alla nostra.
Non so quanti scrittori sanno descrivere bene le miserie umane come Federigo Tozzi. Un po’ meno centrato dei suoi racconti e Con gli occhi chiusi per alcune parti introspettive di Giulio non riuscitissime ma comunque un capolavoro.
read this in one sitting in the library for one of my modules after finding an english version online 👍🏻 shocked to find that i actually liked it lol (don't tell my teacher she's a bit of a bitch)
Ho letto questo libro parecchi anni fa e probabilmente per scrivere un commento come si deve dovrei rileggerlo. Quello che ricordo però è che quando lo avevo finito ero un po' seccato ed anche arrabbiato. Alla fine i tre inetti protagonisti della vicenda hanno avuto quello che si meritavano: come recita il titolo "tre croci" sotto le quali sono stati seppelliti. I tre fratelli sienesi, incompetenti gestori di una libreria che conducono al fallimento, sono la causa dei loro stessi mali e, anche se consapevoli dei problemi che devono fronteggiare, non fanno nulla per cercare di risolverli. Non riescono a suscitare simpatia o compassione nel lettore (o quanto meno in me) e la loro morte appare quasi come una giusta punizione. Non riesco a vederli come vittime di qualcosa (società, tempi o cultura) se non di loro stessi. Se questo era l'intento della storia, e presumo che lo fosse, il libro è riuscito nel suo obiettivo e suscita sentimenti di biasimo in abbondanza, però penso che chi si avvicini al testo debba sapere a cosa va in contro per non restarne deluso.
Sono altalenante, perché da una parte lo stile non mi è dispiaciuto (anche se non sono più abituata, devo dire la verità. Forse ai tempi delle superiori l'avrei apprezzato maggiormente), e anche la resa dei personaggi e della situazione è magistrale...però non c'è niente da fare, se provo antipatia per il protagonista di un libro, non riesco davvero a entrare nel libro e ad apprezzarlo come meriterebbe. E qui diciamolo, i tre protagonisti tutto sono meno che simpatici. Tre debosciati che pensano solo a bere, mangiare e giocare, fino alle conseguenze più tragiche e che nemmeno di fronte al tracollo riescono a scrollarsi.
Un racconto lungo di giusto 100 pagine in cui Tozzi rappresenta la triste fine di tre fratelli,
Felice esempio dell'ottima tradizione italiana del romanzo psicologico nel primo Novecento, l'opera di Tozzi può ricordare Svevo da un lato e Pirandello dall'altro - dello scrittore triestino l'introspezione psicologica e la narrazione di un irresistibile cupio dissolvi che condanna i fratelli, del maestro siciliano l'attenzione al dramma dell'individuo in conflitto con la società e destinato al fallimento. Giulio, il protagonista a cui Tozzi dedica gran parte dell'analisi, è simbolo dell'uomo sconfitto dal mondo, che mente a se stesso creandosi un'identità falsa ed insostenibile (come le cambiali che falsifica) e finisce per seguire la morale "sociale" che impone il sacrificio estremo al bancarottiere. Ma il psicologismo simboleggiante emerge anche nella figura del fratello Niccolo’ (che oggi definiremmo “bipolare”) e in quella di Enrico, dedito solo al cibo e descritto insistentemente da vocaboli “animaleschi”.
Stilisticamente Tozzi resta nella tradizione dell'opera naturalista italiana, ma con interessanti evasioni nell'onirico e nel delirio (meraviglioso a questo proposito è il capitolo XII dedicato alla fine di Giulio) e la capacità di rendere plasticamente il senso di ineluttabile astenia ed incapacità di agire dei fratelli. La scrittura è colma di toscanismi, che aumentano la forte espressività del testo e portano Siena stessa a divenire protagonista dell'opera e non solo vibrante scenografia.
Peculiare ed interessante anche il fatto che l’ambientazione di questo dramma familiare è una libreria, luogo asettico e povero di consolazioni - i libri non svolgono alcuna funzione se non condannare i fratelli alla rovina e i “bibliofili” nel racconto finiscono per essere squallidi ed egoisti figuranti, incapaci di alcuna empatia umana. Potrebbe essere una lezione per coloro che credono che “i libri salvano la vita”….
Una storia che si affaccia nel mondo verista, quindi colma di personaggi grassi,fallimentari e comuni. La storia nella sua quasi totalità viene soffocata in maniera asfissiante, per liberare completamente tutta la sua essenza nel capitolo finale.
Finale di partita per tre fratelli, scivolati nell'imbuto della rovina. Il testo racconta il dissolversi delle speranze, i tentativi disperati e improvvisati di sottrarsi, la progressiva accettazione della fine. Cupo.
La storia tragica di tre fratelli , proprietari di una piccola libreria a Siena. Gli affari vanno male , ma l'abitudine di vivere al di sopra delle loro possibilitá li porta ad ingannare un amico benefattore, arrivando a falsificare la sua firma sopra alcune cambiali. il mite Giulio, l'iracondo ed esuberante Niccolò e il perdigiorno Enrico sopravviveranno per poco tempo a questa sordida parvenza di benessere. Quando l'inganno verrá scoperto, le loro vite sprofonderanno sempre di più in un abisso che li annienterà prima psicologicamente e poi fisicamente tra rimorsi, deliri, malattie concrete e desideri di morte. Un capolavoro che mette in risalto l'eterno conflitto dei sentimenti: onestá e aviditá, superbia e pietá, morale e sregolatezza, un caleidoscopio introspettivo che colpisce il lettore facendogli, a volte,con crudo rigore, sanguinare l'anima...