Un romanzo profondo e coraggioso sull’ che è il dolore più profondo con cui tutti, prima o poi, dobbiamo fare i conti. Ma che può rivelarsi una grande occasione per ritrovarci e capire finalmente chi siamo.
Pare che l’espressione “piantare in asso” si debba a Teseo che, una volta uscito dal labirinto grazie all’aiuto di Arianna, anziché riportarla con sé da Creta ad Atene, la lascia sull’isola di Naxos. In in asso, appunto. Proprio sull’isola di Naxos, l’inquieta e misteriosa protagonista di questo romanzo sente all’improvviso l’urgenza di tornare. È lì che, dieci anni prima, in quella che doveva essere una vacanza, è stata brutalmente abbandonata da Stefano, il suo primo, disperato amore e sempre lì ha conosciuto Di, un uomo capace di metterla a contatto con parti di sé che non conosceva e con la sfida più estrema per una persona come lei, quella di rinunciare alla fuga. E restare. Ma come fa una straordinaria possibilità a rivelarsi un pericolo? E come fa un trauma a trasformarsi in un alibi? Che cosa è davvero finito, che cosa è cominciato su quell’isola? Solo adesso lei riesce a chiederselo, perché è appena diventata madre, tutto dentro di sé si è allo stesso tempo saldato e infragilito, e deve fare i conti con il padre di suo figlio e con la loro difficoltà a considerarsi una famiglia. Anche se non lo vorrebbe, così, è finalmente pronta per incontrare di nuovo tutto quello che si era abituata a dimenticare, a cominciare dal suo nome, dalla sua identità più profonda… Dialogando in modo esplicito e implicito con il mito sull’abbandono più famoso della storia dell’umanità e con i fumetti per bambini con cui la protagonista interpreta la realtà, Chiara Gamberale ci mette a tu per tu con il miracolo e con la violenza della vita, quando ci strappa dalle mani l’illusione di poterla controllare, perché qualcosa finisce, qualcuno muore o perché qualcosa comincia, qualcuno nasce. E ci consegna così un romanzo appassionato sulla responsabilità delle nostre scelte e sull’inesorabilità del destino, sui figli che avremmo potuto avere, su quelli che abbiamo avuto, che non avremo mai. Sulle occasioni perse e quelle che, magari senza accorgercene, abbiamo colto.
Di Chiara Gamberale, negli anni scorsi, avevo già letto altri due romanzi, “L'amore quando c'era” e “Le luci nelle case degli altri”, apprezzando in particolar modo quest'ultimo titolo. Ora questo suo nuovo lavoro, in verità, mi lascia abbastanza perplessa. Non ho ritrovato ciò che mi era piaciuto in passato del suo modo di raccontare. Eppure l'idea di fondo, l'abbandono da parte di chi si ama, era buona con quel richiamo all'antico mito di Arianna che viene lasciata da Teseo sull'isola di Nasso dopo la partenza da Creta, dove lei lo aveva aiutato a fuggire dal famoso labirinto del Minotauro partendo infine insieme a lui senza pensarci due volte. E di essere piantata in asso dal proprio compagno capita, nello stesso identico modo brutale e vigliacco, anche alla novella Arianna al centro di queste pagine, una donna insicura e inquieta, vittima con tutta evidenza di una storia d'amore malata. Non a caso, l'abbandono non può che ripetersi a Nasso, bella e luminosa isola sotto il sole dell'estate, dove tutto può accadere, persino gli incontri più impensabili. E se l'irritante Teseo fugge, ecco sopraggiungere all'improvviso il Dioniso mandato dalla provvidenza e con il quale la svolta nella vita avrebbe potuto esserci senz'altro. Ma, a questo punto, il buon vecchio mito, che vedeva la povera fanciulla abbandonata convolare a giuste nozze addirittura con un dio e ritrovare la perduta felicità, s'inceppa ed è lì che i fili vengono smarriti e, forse, s'aggrovigliano tumultuosamente. Così come le parole, i pensieri, le elucubrazioni della protagonista che spesso sono un fiume in piena. La prosa, soprattutto nella prima parte, risulta molto caotica, ingarbugliata, tremendamente pesante, cosa che fa arrancare nella lettura; sebbene altre parti scivolino meglio, addirittura suscitando curiosità, nel complesso il giudizio su questo libro non è positivo. Non posso che concordare con chi mi ha preceduto a leggerlo e recensirlo negativamente e arrendermi a una valutazione purtroppo striminzita, restando in fiduciosa attesa del prossimo romanzo della Gamberale...
L’ho letto perché me l’hanno regalato. Non è il primo libro dell’attrice che leggo, ma la sensazione è la stessa. Inconcludente e a tratti banale. Anche lo stile è piuttosto confusionario. I personaggi non sono così profondi quanto appaiono. In sintesi direi che se qualcuno mi chiedesse un parere, di certo non lo consiglierei.
L'ho trovato meno innovativo degli altri libri della Gamberale,ma rimane comunque un buon libro,con una bella analisi,ricco di profonde verità.La lettura un po'complicata all'inizio,ti coinvolge poi durante lo svolgimento.Sull'amore e sull'abbandono.
Avete presente la recensione in Fantozzi sulla corazzata Potëmkin? Uguale. Un due al posto di un uno, per la brevità e le grandi risate suscitate dai dialoghi. Dialoghi meravigliosi nella loro inverosimiglianza. Ma d’altronde tutte le storie della Gamberale sono quanto di più inverosimile ci sia. Tutto frutto della sua abilità in campo di seghe mentali unita al tanto tempo libero che il suo privilegio di nascita le consente.
Mi dispiace sempre molto parlare negativamente di un lavoro perché alla fine, dietro, c’è del tempo, delle idee e un progetto però, poi penso anche che, l’unico modo per progredire e crescere sia quello di sentirselo dire quando qualcosa non va e allora... ecco le mie due stelle. La prosa è pessima, il primo capitolo è punteggiato malissimo, ho fatto davvero fatica a capire il punto di vista, chi stesse parlando; la trama è carina dalla vacanza in avanti inizia a prenderti ed effettivamente ti fa venir voglia di andare avanti e capire come va a finire ma, se non fosse stato per la mia caparbietà, non sarei mai andata oltre le prime 10 pagine. Penso che non sia strutturato nel migliore dei modi: parte da una prospettiva, poi torna indietro raccontando l’origine di tutto in cui inserisce spoiler su quello che succederà dopo e, quando ha finito di raccontare il passato lasciando un buco senza effettivamente dirci cosa la riporta a casa dalla Grecia (che ci dirà dopo), torna a parlare del presente, quello degli spoiler, bruscamente interrompendo l’uno e arrivando all’altro, insomma alla fine resti leggermente scombussolato e ti chiedi “dove sono?” Mi dispiace ma non mi è piaciuto o meglio, alla fine ho apprezzato la storia (non so se sia autobiografia ma ho dei forti presentimenti che lo sia, almeno in parte e quindi, nel caso, mi dispiace ancora di più) si lascia leggere, ti trasporta e poi alla fine trovi in ogni libro delle risposte alla tua di vita ma, nel complesso, non è un libro scritto bene.
Chiara Gamberale si riconferma autrice di prim'ordine con questo splendido libro che racconta una storia tenera e dolorosa di una donna fragile ma in fondo forte... Una storia che parla di sofferenze antiche, di miti da sfatare, della paura dell'abbandono e del sapersi abbandonare. Che parla della genitorialità come di un qualcosa che ti scuote dal profondo e ti mette di fronte a te stesso. Con la delicatezza e la poeticità che la contraddistingue, l'autrice immerge il lettore nella vita di Arianna, che perde il filo, crede di ritrovarlo e poi capisce che, forse, in fondo, per capire chi sei devi prima perderti nel labirinto...
No, non ci siamo: una storia d'amore, seppure un po' dannato, ambientata d'estate in Grecia, mentre io sono seduta a leggere avvolta da una fitta nebbia inglese, dovrebbe essere un racconto inevitabilmente piacevole. Invece questo libro è fastidioso dalle prime parole, intriso di una retorica posticcia, di luoghi comuni, di frasi assurde pronunciate da personaggi insopportabili. Mi ha dato fastidio tutto, il soprannome della protagonista, i dialoghi tra i personaggi, il coniglio che lei disegna su una striscia a fumetti per un giornale.
Ho dato fiducia a lei, al suo stile e ai suoi personaggi ai quali, alla fine, mi sono pure un po’ affezionata. Rimango del parere che, se non fosse per il fatto che è pubblicato da una casa editrice famosa, lo stile utilizzato e i periodi lunghissimi, senza punteggiatura, rasentano l’errore. Così come per il fatto che risulta forzatamente filosofico.
Recensione presente nel blog www.ragazzainrosso.wordpress.com Dopo un viaggio sull’isola di Naxos, Arianna, illustratrice di favole per bambini, conosce il senso di abbandono. Stefano, infatti, l’uomo che credeva di amare, sparisce senza darle spiegazioni. Sola e con l’animo a pezzi, la protagonista prova ad affrontare a suo modo questa situazione cadendo tra le braccia di Di, un uomo col quale scoprirà il suo lato passionale. Dopo dieci anni, con un figlio con sé, Arianna torna a Naxos. È giunto per lei il momento di affrontare realmente ciò che è successo e di mettersi completamente a nudo.
“Se sapessimo di cosa abbiamo bisogno, non avremmo bisogno dell’amore.”
L’abbandono fa paura a chiunque. Tutti temiamo di essere abbandonati, di ritrovarci soli con noi stessi, con i nostri pensieri e timori. Soli si è più vulnerabili, non ci si può confrontare con nessuno. Soli si è costretti a guardare chi si è realmente.
Arianna, da sempre inquieta, trova in Stefano un compagno a cui badare quasi come se fosse un figlio. L’uomo, estremamente fragile, nonostante non faccia altro che procurarle dolore, trattandola male, mancandole di rispetto, tradendola, è sempre al suo fianco, sempre meritevole del suo perdono fino a quando sarà proprio lui che sceglierà la fuga.
Ed ecco che l’abbandono irrompe prepotentemente nella vita di Arianna.
Nel romanzo non si affronta solo questa tematica. Certo, l’abbandono è la componente maggiore, è ciò che permetterà alla protagonista di prendere coscienza di sé, di evolversi, di comprendere che dall’abbandono può nascere l’amore. Tra le pagine si parla anche di maternità, di genitorialità, dell’essere donna.
Lo stile della prosa è semplice e scorrevole. L’autrice, che in questo romanzo ripercorre in una forma inedita il celebre mito di Teseo e Arianna, alterna l’introspezione con il discorso diretto e diretto libero, inoltre il ritmo particolarmente serrato rende la lettura coinvolgente per il lettore. A mio parere, un piccolo neo può essere rappresentato dal fatto che talora si ha l’impressione di trovarsi dinanzi a grandi salti temporali o che le tante tematiche siano affrontate in maniera un po’ troppo frettolosa.
Un romanzo ricco di emozioni. Una lettura che vuole mostrare quanto ognuno di noi sia in grado di sfoderare la forza anche nei momenti di difficoltà.
"Abbiamo paura di non essere amati. E allora ci rifugiamo nel nostro trauma, nelle nostre ossessioni. Ma lo capisci, il paradosso? Non vedi che, proprio perché ce ne stiamo lì, accartocciati nel nostro mito, nessuno ci potrà mai conoscere per quello che siamo e dunque ci potrà amare? Non é evidente che mentre cerchiamo di difenderci, ci stiamo mettendo definitivamente a rischio?"
Una storia scorrevole, anche se mi ha leggermente mandata in confusione. Un libro che racconta una storia originale, con personaggi che mi sono piaciuti molto per il loro modo di affrontare la vita. Coinvolgente, fin troppo forse:mi ha ricordato delle cose che in parte ho vissuto nella mia vita passata e ho visto su altre persone a me vicine, purtroppo legate al tema delle relazioni tossiche. Mi è piaciuto lo stile dell’autrice, ma probabilmente non leggerò altro di suo.
Se con "per dieci minuti" ero rimasta assolutamente e piacevolmente colpita, mi scopro quasi oserei dire angosciata da questo titolo! Traumi interiori difficoltà psiche e una storia che ho trovato piatta e inconcludente ne formano praticamente lo sviluppo; qui non ho nemmeno riconosciuto il modo di scrivere di Chiara: poliedrico, ironico, riflessivo, molto sentito, capace di meravigliarti in tanti piccoli frangenti! L'unica cosa che mi ha spinta ad arrivare fino alla fine è il fastidio personale di lasciare un libro a metà, perchè so che continuerò a dargli una possibilità fino a che non girerò l'ultima pagina. Non è brutta la storia in sè, ma a farla da padrona è la sensazione quasi concreta di dolore e di (passatemi il termine 🙏 !) "disagio mentale" che ti accompagna leggendolo. E il tutto è purtroppo un po' fine a sè stesso. ...Darò ancora piena fiducia alla scrittura della Gamberale, perchè sono sicura che, come in "per dieci minuti", mi meraviglierà ancora, ma devo ammettere che per me questo titolo è decisamente NO 😔 .
Già solo leggere il titolo mi provocava un'attrazione indicibile, perché tratta appunto una tematica che mi ha sempre attratta. Ma questo libro non è solo questo. Non è solo la storia di una donna abbandonata dal fidanzato. In mezzo a queste frasi, a questi ricordi, c'è molto di più. C'è un intenso desiderio di vivere senza paura, un bisogno indescrivibile di abbandonarsi e lasciarsi andare. Di riuscire finalmente ad affermare se stesse e sentirsi libere: da sé, dalla società, dai limiti che incoscientemente ci poniamo e che ci creano una specie di prigione, dei confini che non riusciamo a valicare. Ma una volta che li abbiamo attraversati scopriremo che c'è una vita infinita che ci aspetta e che attendeva solo noi. E non dovevamo far altro che allungare la mano per prendere quello che era nostro di diritto, abbandonandoci ad esso.
Vi invito a leggere questo libro. Vi ammalierà completamente e quando l'avrete finito vi scoprirete diverse, nuove.
Se non mi avessero regalato questo libro, non penso l’avrei mai letto e per diverse ragioni che si sono rivelate sensate. Innanzitutto, questo libro affronta un tema che, ora come ora, a 20 anni, sento molto lontano: la maternità. Quindi, sebbene possa immaginare cosa significhino tutte le emozioni che la protagonista prova, non posso davvero comprenderle. Ho apprezzato invece come è stato trattato il tema dell’abbandono e come si ricolleghi al mito di Teseo e Arianna. Tuttavia, ciò che non mi ha fatto piacere proprio questo libro è lo stile di scrittura: è un misto tra un flusso di coscienza, dialoghi e monologhi filosofeggianti. L’ho trovato confusionario e non mi è piaciuto per niente. Diciamo che, a mio parere, non è un brutto libro, ma che non fa assolutamente per me.
Arianna perde il filo, lo ritrova, lo perde di nuovo. Si rifugia in un amore sbagliato. Ha un debole per le cose rotte, vorrebbe aggiustarle. Ma così facendo non aggiusta sè stessa. Avevo grandi aspettative su questo libro ma ci ho trovato tanta tristezza, e non mi ha catturato come avrei voluto. Mi sono segnata però tanti passaggi perchè in fondo la scrittura della Gamberale mi piace sempre tanto. Ve ne condivido uno: "il problema è sempre uno solo, sempre quello: abbiamo paura di non essere amati. E allora ci rifugiamo nel nostro trauma, nelle nostre ossessioni".
Un tuffo emozionante, commovente nel lago del nostro cuore... una trama, una protagonista che ci rapiscono e ci portano nel labirinto del nostro sentire più profondo per riemergere con la consapevolezza della propria storia, per assaporare la serena bellezza della vita
Ho apprezzato molto la necessità di introspezione che questo racconto suscita nel lettore. Credo che l’insegnamento, o suggerimento, più saggio dell’autrice sia l’esame di coscienza che ognuno di noi è chiamato a fare. Una riflessione in grado di metterci faccia a faccia con i miti sulla nostra identità ai quali ci aggrappiamo continuamente, ma che altro non sono se non una nostra creazione, eredi di “Papà Trauma” e “Mamma Ossessione”. Liberandoci da questi miti, potremmo liberarci dal bisogno di amare ed essere amati. E, una volta liberi, paradossalmente, potremo concederci liberamente all’amore. “Se sapessimo di cosa abbiamo bisogno, non avremmo bisogno dell’amore”, così si conclude il libro. Ma non aver bisogno di amare, non significa non poterlo o doverlo fare, ma farlo con naturalezza, senza che si tratti di un obbligo, una necessità, una proiezione di una carenza, un’ossessione.
È una lettura piacevole con una trama semplice che scorre senza intoppi. La Gamberale affronta molti temi, a partire da quello dell’abbandono come dice il titolo stesso, ma non è il solo che si può ritrovare. Da un punto di vista psicologico entra in gioco tutta la parte freudiana di transfert e contro transfert tra terapeuta e paziente, oltre ad affrontare il tema del lutto, fino ad arrivare a quello della maternità.
Da un punto di vista letterario, la scrittura è semplice, tanti dialoghi che mantengono il ritmo veloce e non annoiano, vicende raccontate tra passato, presente e futuro che si intrecciano per poi slacciarsi e, chissà, forse riprendersi in altre nuove avventure che a noi non è dato sapere.
In linea generale, lettura consigliata se siete alla ricerca di un libro leggero con cui passare il tempo.
La trama scorre velocissima e mi ha completamente catturato. L'ho trovato un po' più difficile da mandare giù per alcuni temi che trattava, però in generale non l'ho considerato eccessivo. Il realismo soprattutto verso la fine tende a sfumare, la praticità viene abbandonata per il gusto di romanzare e questo si riflette verso la fine sulle azioni di Arianna e di un altro personaggio. In conclusione però rimane un ottimo libro e mi sento di consigliarlo veramente a chi piacciono i drammi esistenziali
Finalmente è tornata la Gamberale che piace a me. Un continuo perdersi, per poi trovarsi, per poi abbandonarsi e perdersi e ritrovarsi ancora una volta. Una protagonista matura, con fantasmi e miti che la perseguitano. Ed è un’isola a salvarla, un’isola che nasconde l’Amore vero, che anche se non c’è più ti viene a salvare sempre.
libro che sostava da un pò nello scaffale della libreria...diciamo che non era mai il suo momento. La Gamberale è una scrittrice che ancora non ho bene inquadrato, qualcosa di lei mi piace, ma qualcos'altro no...ancora non l'ho bene capita. Questo libro diciamo che mi è piaciuto ma allo stesso tempo non ho amato molto la protagonista, probabilmente perche non mi rispecchia per nulla, un pò insignificante, paurosa, problematica, che di sicuro vive un amore malato e non sa neanche lei come uscirne, anzi più che volerne uscire sembra che ci sguazzi. Trama: Arianna disegnatrice di fumetti e storie per bambini vive a Roma, da tanti anni imbrigliata in una storia d'amore malata con Stefano, eterno bambino problematico e bipolare a mio avviso, traditore seriale, che torna come l'assassino sempre sul luogo del delitto, in questo caso la casa di Arianna, che lo riprende sempre perchè senza di lui la vita non ha senso. Dopo l'ennesima riappacificazione decidono di fare un viaggio a Naxos, e qui dopo essere stata di nuovo abbandonata da Stefano incontra qualcuno che potrebbe essere la svolta della sua vita, e timidamente e con paura si ritrova a vivere questa storia...ma il destino deve dire la sua. un libro che pone mille riflessioni: se siamo adatti ad un determinato ruolo, la paura dell'abbondono, la paura delle scelte, giuste, sbagliate... non so se me la sento di consigliarlo, di sicuro pone diverse riflessioni, ma...non mi ha convinto più di tanto.
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L'inizio è forte. Promette bene, lo stile è solido e consapevole, la storia interessante con personaggi ben costruiti e la narrazione sapientemente dipanata con tecniche presenti ma non invasive. Poi, a metà circa del romanzo, inaspettato arriva. Il crollo.
Le situazioni diventano forzate, parossistiche, posticce. Pagine e pagine si susseguono colme di digressioni ed elucubrazioni, un dialogo finale di 50 pagine che disorienta perché buttato lì, gratuito, quasi esplicativo, introdotto a forza e a forza conduce il lettore a un finale catartico, un'epifania immotivata e incoerente. Il romanzo sbraca, se fosse un cavallo si potrebbe dire che 'rompe'. In pratica disillude le promesse fatte, i personaggi perdono quella vis di reale, diventano fumetti, figurine al servizio dell'autore, la storia si appiattisce inevitabilmente e il racconto finisce per naufragare. Diventa noioso, piatto e per certi versi banale. Un vero peccato. Se l'autrice avesse continuato con quella spinta iniziale, quei bei cambi di ritmo, quegli sprazzi di flusso di coscienza, quelle soluzioni diegetiche inaspettate ed efficaci, sarebbe stato un romanzo speciale. Purtroppo però questa magia dura solo metà libro. Il resto è un girare pagine impazienti di arrivare alla fine.
Tra tutti i libri di questa autrice che ho letto sicuramente questo é quello che secondo me affronta le tematiche più difficili dal punto di vista emotivo. É complesso parlarne senza fare spoiler o senza approfondire troppo, ma la storia racconta della vita di questa donna, concentrandosi principalmente su due linee temporali che si alternano, il presente (2018) e il passato (2008). La narrazione mette molta carne al fuoco, sia perché la protagonista ha molti problemi che sta affrontando, il libro si apre con lei che ha partorito da poco, quindi sta vivendo tutte le ansie e le paure tipiche delle neomamme, unite a tutti i suoi sentimenti, traumi e paure passate, condite dalla 'separazione' con il padre del bambino. Questa é la storia del presente, che però si riallaccia con quella passata e con le storie d'amore che ha vissuto invece dieci anni prima. Non so bene esprimere un parere adeguato senza fare troppi spoiler, ma l'unica cosa che diró, che mi serve per spiegare il mio pensiero sul libro in modo semidecente, é che la nostra storia si concentra sulle tre storie d'amore vissute dalla protagonista. Due di queste sono relazioni tossiche. La prima lo é palesemente, nel senso che alla fine, non in modo chiaro e limpido, però si dice proprio come questa sia stata una storia malata. Ma anche se non fosse detto esplicitamente, é comunque visibile da tutte le descrizioni degli avvenimenti, dei comportamenti e dei sentimenti che hanno caratterizzato questa relazione. Sulla seconda relazione invece non so se il fatto che non fosse completamente sana sia una cosa voluta o solo una mia sensazione, da una mia analisi. Ma io l'ho vissuta così. E questo si collega a quella che secondo me é la grande pecca di questo libro: il potenziale é davvero alto, perché appunto si tratta di molti argomenti forti ma molto interessanti, che potrebbero portare a un'analisi profonda dei personaggi e di come questi interagiscono tra di loro. Il problema é che non si approfondisce abbastanza e non nella direzione in cui averi voluto io. La protagonista aveva un potenziale di analisi enorme che secondo me si é sprecato troppo con le storie d'amore. C'é troppo amore romantico e non abbastanza amore platonico, non si parla quasi per nulla di amicizie, a malapena di rapporti con i genitori. E per me c'era molto più potenziale in quello che in una terza storia d'amore, che a me non é piaciuta per nulla, perché appunto non reputo sana. Quindi l'idea di base bella, così come é bello il parallelismo con la storia di Arianna, e quindi con il tema dell'abbandono, legato al mito di Teseo e Arianna. Però l'esecuzione poteva dare di più. O forse sono io che ormai non sopporto più le storie d'amore, può essere anche questo, non saprei.
Premessa necessaria: in passato ho letto altri due libri della Gamberale e non mi erano piaciute né le trame né i personaggi né lo stile di scrittura. Perché quindi ho deciso di avventurarmi verso l'isola di Naxos assieme all'Arianna protagonista della sua ultima opera? Semplicemente per il prompt numero 46 della RBBC Reading Challenge 2019: "Un libro di un autore che non sopporti" (specifico che non ne sopporto lo stile, non la persona in sé che non conosco).
Ho voluto darle questa nuova possibilità e ho seguito il filo del suo personaggio, questa donna persa in un labirinto di insicurezze, indecisioni, paure, scelte abbastanza discutibili, abbandonata da un Teseo che di eroico ha ben poco, affascinata subito dopo da un Dioniso (che nella storia con il dio del vino ha in comune l'iniziale) ma poi conquistata da un altro uomo che lei mitizza, fino a quando non si rende conto che è umano anch'egli e, da umano, erra e si sbriciola (leggero spoiler).
Cosa ho apprezzato? Le citazioni e i riferimenti al mito all'inizio di ogni parte, da appassionata di mitologia. Il romanzo si fa leggere, offre qualche spunto di riflessione (soprattutto all'inizio con la riunione dei GeniSoli, i genitori single) ma per il resto l'ho trovato abbastanza banale, con dialoghi e azioni prevedibili nonostante l'intreccio volutamente incasinato, da provare a sbrogliare mettendo da parte le anticipazioni che si colgono nelle righe. Voto: 2,5 su 5, arrotondato a 3 stelle.
Ecco, ci ho ritentato, ma temo che alla prossima opera nuovamente la pianterò "in asso".
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"Se sapessimo di che cosa abbiamo bisogno, non avremmo bisogno dell'amore". La trama del nuovo libro di Chiara Gamberale mi incuriosiva molto così ho deciso acquistarlo a pochi giorni dall'uscita in libreria. La protagonista è Arianna, una giovane donna innamorata di Stefano. Stefano, oltre che il suo compagno, è una vera e propria ossessione, dalla quale non riesce a guarire. Durante un viaggio sull'isola di Naxos Arianna si ritrova vittima di una decisione altrui che le sconvolgerà completamente la vita. A Naxos Arianna si fermerà molto più del previsto e conoscerà D, un uomo misterioso e determinato, capace di lenire le sue ferite. Passano dieci anni e la protagonista vive a Roma dove, da poco, è diventata mamma del piccolo Emanuele. L'autrice, diventata di recente mamma, riesce a descrivere in maniera ironica e al tempo stesso profondo le sensazioni che si provano nei primi mesi di vita del nuovo arrivato: stupore -stanchezza - amore - stanchezza - gioia - stanchezza. Un libro che ci accompagna con delicatezza nel percorso di "guarigione" di Arianna che impara, giorno dopo giorno, a fidarsi di chi le sta intorno e ad aprire il proprio cuore all'amore. Un romanzo introspettivo e ben scritto che conferma lo stile originale e unico di Chiara Gamberale. Consigliato!
L’inizio del libro mi ha lasciata perplessa, narrazione a tratti confusa perchè la scrittrice catapulta il lettore nella mente caotica di questa neo madre. Poi mi son dovuta ricredere. Piano piano ho iniziato ad entrare nell’ottica dell’argomento “abbandono”. E’ un sentimento alquanto difficile da elaborare in quanto si perde la propria identità ed è proprio questo il tema centrale del romanzo. Il libro è scorrevole e di piacevole lettura anche per il fatto che man mano che si conosce la protagonista si entra nel vivo della ricerca interiore di chi è stato abbandonato , costretto al cambiamento e di come i sentimenti giocano brutti scherzi. Il messaggio che viene recepito non lascia indifferenti.