Nel pomeriggio di un 29 febbraio, in uno scalcinato luna park, Lidia e Lorenzo si incontrano. Raro come il giorno che li ha fatti conoscere e fuori dal tempo come quel luna park, un sentimento li lega fin da subito, anche se all'apparenza non potrebbero essere più diversi: Lidia, conduttrice radiofonica di "Sentimentalisti Anonimi", è fin troppo abituata a guardare in faccia il suo dolore, Lorenzo, scrittore narcisista e inafferrabile, riesce a sopportare la vita solo ingannando se stesso e gli altri. Eppure il bisogno di essere amata di lei permette a lui di entrare in contatto con la sua zona cieca, quella parte di noi dove ognuno è sconosciuto a se stesso. E la paura di amare di Lorenzo permette a Lidia di fare altrettanto. Proprio per questo, se cercarsi è per tutti e due naturale e necessario, stare insieme sembra impossibile e più Lorenzo mente, più Lidia si fa ossessiva, più Lidia chiede, più Lorenzo elude, illude e tradisce. Fino a che, in un crescendo che fatalmente diventa tragico e comico allo stesso tempo, cominciano ad arrivare le lettere di Brian, un improbabile ex musicista che, per la prima volta, regala a Lorenzo la sensazione di potere ascoltare e a Lidia quella di venire ascoltata... Con una Postfazione di Walter Siti.
La zona cieca, fa riferimento a uno schema inventato da due psicologi, Joseph Luft e Harry Ingham, chiamato la finestra di Johary. Serve a dividere il campo, che separa due o più persone, in zone di competenza: quello che io so di me, quello che io non so, quello che gli altri sanno di me e quello che non sanno. Incrociando ascisse e ordinate, si ottengono diverse composizioni. Una di queste, che comprende ciò che gli altri sanno di te ma tu ignori, si chiama appunto la zona cieca. Peccato che in questo romanzo tutto sia focalizzato su una storia d’amore malato . Lidia e Lorenzo non sanno stare insieme , lei più volte reduce da varie sedute in clinica psichiatrica, lui drogato e depresso affetto dalla sindrome di Perer pan . I personaggi sono tutti estremamente negativi e ciò che più colpisce è l’ostinazione della passione che lei ha per lui. Fin dalle prime pagine ti viene da gridare loro di andare ognuno per la propria strada, perché si fanno solo del male a vicenda. Anche il finale non dà nessun colpo di coda e nessuna emozione.
La storia è abbastanza scorrevole, ma non mi è piaciuto molto. È una storia d’amore tossica e malata. Lorenzo è un grande egoista e Lidia uno zerbino. Avrei preso entrambi a ceffoni .....
Ho adorato e divorato questo libro nel giro di pochi giorni, è stato quello di cui avevo bisogno al momento giusto, perché un pò tutte noi come Lidia abbiamo amato un Lorenzo, un Lorenzo che chiede aiuto, che dice resta, che urla vattene. Un Lorenzo che non sa come vivere, che sopravvive. Un Lorenzo da cui poter apprendere, dotato di una mente affasciante e di un particolare carisma, un Lorenzo infatti con gli occhi spenti, che si illumina però quando racconta dei suoi interessi, delle sue scoperte un Lorenzo da cui bisognerebbe tenersi lontani, un Lorenzo che si rinchiude in se stesso la maggior parte del tempo e quindi per Lidia diventa un' impresa stargli accanto e cercare uno spiraglio per entrare nella sua indifferenza e anche un pò nel buio in cui ogni volta Lorenzo cade e trascina tutto con sé. Un Lorenzo ancora che guarda tutto dall'alto della fortezza delle sue convinzioni, che non da mai certezze, che dice non farti illusioni su di noi, che ti abbandona. E forse dall'altro canto mi sono sentita anche io un pò Lorenzo, nel momento in cui distrugge tutto quello che c'è di bello nella sua vita, che disintegra qualsiasi cosa solo toccandola, che tradisce e che alla fine distrugge anche Lidia, perché pensa di non meritarsi quella felicità e il loro amore.
Bah... Sarà che era il libro sbagliato nel momento sbagliato, ma anche no. Una storia d'amore malata che dalle prime pagine mi faceva urlare. Mi ha fatto scalpitare tutto il tempo perché non capisco come si possa essere così masochisti e rimanere intrappolati in un "amore" così (sebbene io sappia che queste storie esistono eccome). Il finale sembra una troncatura a metà di una frase. Non lo consiglierei, a meno che qualcuno non viva una situazione del genere.
"Lorenzo che mi chiede aiuto, che mi dice resta, che mi urla vattene. ... Lorenzo che sparisce per una settimana. Che torna e ancora mi chiede aiuto, ancora mi dice resta, ancora mi urla vattene. Lorenzo mi urla resta. Mi dice vattene. Parte e va a Procida per partecipare a un convegno. Torna. Mi dice vattene. Resta. "
Nessuno sa esprimere di più con una semplice ripetizione della parola. Oppure il cambio della posizione delle parole. Oppure nessuno ci ha mai provato. E proprio per questa semplicità e profondità della lingua che amo Chiara Gamberale. E anche per i personaggi, che sembrano tutte un po' lei (ma penso piuttosto nel modo di Dovlatov)
Ho dato una stella non tanto per la scrittura della Gamberale, che apprezzo. Ma ho dato una stella per questi due personaggi che mi facevano solo voglia di prenderli singolarmente e fargli una lavata di capo, perché in una storia così ti ci fermi solo se sei immaturo e non hai alcun tipo di amore e rispetto verso te stesso. E quando succede che entrambi sono così... finisci che sei in un libro chiamato La zona cieca.
Yawn Dal punto di vista stilistico, è interessante l'introduzione nella narrativa di tutto l'impianto delle email e degli sms (che includono persino i messaggi di servizio della compagnia telefonica), ma nel complesso l'intera opera rimane relegata in una versione "fucked up" italiana, con una protagonista che, con tutta l'ironia del caso, risulta una idiota inconsapevole, e un altro protagonista che, in fondo, ispira soltanto severe badilate nei denti. Non riesco nemmeno ad apprezzare l'ironia di questi personaggi emotivamente spezzati, che non riescono a non essere la feccia che sono, incapaci di provare sentimenti elevati, incapaci di essere qualcosa di più che caricature incomplete di esseri umani. Insomma, non c'è verso di farmi piacere la narrativa italiana.
Non mi è piaciuto molto forse perchè non riesco a farmi coinvolgere dalla storia. Credo che nella realtà gli stronzi rimangano stronzi e le donne/gli uomini che con loro hanno a che fare hanno come unica possibilità quella di allontanarsene. Inoltre non mi piace il finale con figlio in arrivo che salva la vita. Non mi piace perchè oltre a sembrarmi banale è (contrariamente a quanto detto prima sugli stronzi) molto frequente nella realtà, con tutto ciò che ne consegue.
Terzo libro che leggo dell'autrice - dopo Per dieci minuti e Color lucciola - e senza dubbio quello che ho preferito. Lorenzo incarna bene la figura del narcisista patologico e vagamente borderline, Lidia la crocerossina che non si arrende all'idea che "gli uomini (ma anche le donne) non cambiano". Faccio solo un po' di difficoltà ad apprezzare lo stile di scrittura di Chiara Gamberale, un po' troppo telegrafico e lapidario, stile rubrica della posta del cuore.
È la prima volta che leggo di un amore tossico in maniera così sincera. È spiazzante. Nella sua assurdità l'ho trovato accurato, l'ho sentito reale, tangibile. La fragilità umana, la disperazione nella solitudine, l'incapacità di reagire nonostante la piena consapevolezza sono descritti benissimo. Il dolore ci fa vedere solo quello che vogliamo vedere, anche se tutto il resto è lampante proprio davanti ai nostri occhi. La paura crea una foresta di difesa in cui è quasi impossibile non perdersi. Non so se preoccuparmi o meno di questo (: ma l'ho sentito vicino dall'inizio alla fine. Molto bello.
La parte che ho apprezzato di più è stata quella finale. In pochi libri ho veramente visto il trionfo sulla malattia, sulle proprie sofferenze. Molte volte leggo di persone che su lasciano andare, si lasciano inghiottite dai loro sentimenti e non riescono ad andare avanti e rimangono bloccati in questa sorta di labirinto dal quale non possono uscire. Lorenzo finalmente sceglie di non credere di più ai suoi pensieri, quegli stessi pensieri che gli dicono di essere un fallimento, un uomo capace solo di rovinare e distruggere le persone che ha attorno. È un personaggio estremamente dinamico poiché è passato da uno stato negativo a una possibile finestra verso la luce, da una giornata piovosa a una calda brezza estiva. Ammiro anche Lidia e la sua forza. Non tutti sarebbero capaci di sostenere una relazione simile, di combattere i problemi di entrambi e condurre una vita normale allo stesso tempo. Nonostante tutto lavora e vince sulle sue malattie
Torno nella confort zone di Gamberale per sentirmi cullata in un mondo disastrato, ma pur sempre accogliente. I suoi personaggi, Lidia e Lorenzo, sono una coppia terribile, dolorosamente vera, una storia di violenza psicologica e tormento spirituale carezzata da sfumature tragicomiche. Eppure conosco centinaia di persone che hanno vissuto storie simili e altrettanto tragiche. Chiara tratteggia con tatto una situazione delicata e difficile, dando spunti per riflettere e capire se la storia che stai vivendo possa definirsi sana. Lo stile asciutto, fatto di frasi secche e anafore non perdona e incalza la lettura a ogni paragrafo.
Diciamo che secondo me questa storia d'amore tra Lorenzo e Lidia mi sembra parecchio inverosimile, nel senso che sfido chiunque a sopravvivere a un uomo così stronzo e arrogante (io avrei lasciato perdere fin da subito). Ma Lidia lo spiega bene che il modo di fare di Lorenzo è esattamente ciò che più la attrae. Quindi, tirando le somme: è proprio il genere di storia che mi piace leggere, travagliata, angosciante, contro corrente, e il libro l'ho letto volentieri. Ma non mi ha lasciato niente di più.
La zona cieca narra essenzialmente della storia tormentata di Lidia e Lorenzo, ogni tanto inframezzata dalle storie degli ascoltatori che contattano Lidia durante la sua trasmissione radio.
Lei uscita da una rehab ma coi piedi ben saldati a terra, lui un narcisista, infedele, un po' pazzoide, che devi fare attenzione a quello che dici se no questo da di matto e tante altre cose negative. Da questa descrizione chiunque si aspetterebbe che dopo mezz'ora passata con questo una scappi via. E di corsa pure. Invece no, Lorenzo è un tipo carismatico, è un intellettuale che riesce a fare breccia in Lidia che rimane ingarbugliata in questa tela carismatica.
L'epilogo che tutti speriamo avviene ma quando già siamo stufi di questa storia; di queste interruzioni degli ascoltatori e delle lettere di un certo Brian.
Ho trovato il libro poco interessante nonostante le premesse ed il titolo 'la zona cieca' ossia quella parte di noi che è evidente agli altri ma a noi incognita. Nulla delle premesse e delle aspettative si è realizzata. Ho trovato anche molto fastidiose le lettere che Brian (Lidia) scrive a Lorenzo sbagliando appositamente la grammatica, la costruzione della frase, mettendo parole spesso non esatte. Sia chiaro l'effetto era voluto ma il risultato davvero antipatico e difficile da seguire. Mi dispiace dire che mi dava fastidio il dover leggere quelle lettere in un italiano volutamente abbozzato.
La parte migliore del libro è l'inizio, quando Lidia racconta la storia d'amore dell'amica Silvia e fa dire all'amante Pietro delle parole che mi hanno fatto riflettere, ossia, parafrasando 'per natura siamo portati a cercare un altrove in ogni dove' per dire che siamo portati a cercare una fuga da ciò che è stabile. Quindi quando anche un amore extraconiugale diventa stabile e quindi un 'dove' ecco che ci si ostina a cercare ancora un 'altrove'.
Questo è quanto ho apprezzato.
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Il tema dell'anoressia e del rapporto con il proprio corpo che cambia con l'arrivo dell'adolescenza trattato con delicatezza e profonda sincerità da parte dell'autrice.
La zona cieca. È così che viene chiamata, secondo la finestra di Johari, quella parte di noi dove ognuno è sconosciuto a se stesso. Ed è forse in questa parte che Lidia e Lorenzo si incontrano. Lei conduttrice radiofonica, affamata d’amore. Lui scrittore narcisista che non riesce a dimostrare amore per gli altri ne tantomeno verso se stesso. Si incontrano in un giorno improbabile, il 29 febbraio, ed improbabile e a volte buffa diventa la loro storia. Per lei “ è difficile capire perché fra tutte le voci e i modi di camminare e di fare l’amore in cui ci imbattiamo, capita quella, capita quello che ci raggiunge proprio lì, dove fa sempre freddo , e a quel punto non può che rimanere.” Ed è a questo che Lidia si aggrappa con le unghie e con i denti, in un bisogno spasmodico ed ossessivo di tenere tutto sotto controllo, con il terrore di essere abbandonata , di cercarlo, spiare i suoi messaggi e mail, di cercare di insinuarsi tra le pieghe della sua anima, perché forse, riuscendo a salvare lui facendolo riemergere dal buio, vuole salvare se stessa. Dal canto suo Lorenzo si fa inafferrabile, scontroso, torturatore. Più lei si avvicina, più lui si fa schivo, tradisce, diventa insensibile. Più la ama più sente il bisogno di allontanarla. E la loro storia continua così , in un bisogno continuo di cercarsi ed al tempo stesso allontanarsi. Si può salvare se stessi cercando di salvare chi ci sta accanto? Io sono dell’idea che in primo luogo l’amore debba partire da dentro di noi. Forse è vero che quando non ci si ama davvero “ si è bravi ad amare solo quello in cui percepiamo la caducità “. Ma bisognerebbe davvero imparare ad essere medici di noi stessi. O forse è questo ciò che a Lidia serve: innamorarsi di un uomo che abbia le sue stesse paure. In maniera che cercando di asciugare, guarire le sue ferite, lei possa asciugare, guarire , quelle di se stessa . Forse il segreto di tante storie sbagliate ( io compresa) è proprio questo: usare i lividi che ci lascia addosso, il dolore , per illuminare la nostra zona cieca, renderla visibile e per quanto si può aprirvi una porta . E rinascere.
Quella zona cieca che abbiamo tutti noi, quel luogo buio e oscuro che celiamo nella vita quotidiana. Persone che riescono a vincerlo, che lo mostrano solo nel privato o che se lo portano dietro in ogni giorno. I protagonisti di questa storia ci convivono per anni, lo mostrano, lo portano dietro. Quel buio è la loro vita. Due personaggi in difficoltà, le loro paure, il loro dolore. Si trovano e si fanno del male, continuano a vincere le ombre del passato, della paura e del dolore. Lorenzo e Lidia, due personaggi così diversi ma allo stesso tempo uguali. Due dolori, due solitudini, due disturbi sociali che li divorano. Si uniscono senza mai unirsi realmente, si uccidono e risanano continuamente. Solo con la forza di volontà possono uscire da quel buio, solo affrontando i dolori e le paure possono finalmente vivere. Chiara Gamberale con questo romanzo porta alla luce qualcosa che fa parte di ognuno di noi, qualcosa che ci caratterizza e che ci accompagna. Solo noi possiamo decidere di uscire o meno dalla zona cieca che ci attanaglia in alcuni momenti o per una vita intera. Lidia in un modo, Lorenzo in un altro riusciranno davvero a vivere la feliciedi xui tanto hanno bisogno ma di cui hanno tanta paura? Il finale? Una scoperta. La domanda ristagna in quelle ultime righe lasciando al lettore l'immaginazione del poi. Siamo ciò che ci portiamo dentro, siamo ciò che vogliamo mostrare. "Ciò che vedi, non è ciò che sono"
La scrittura di Chiara Gamberale ha qualcosa che mi affascina: la capacità di mettere in luce le ombre di ognuno di noi mischiata a uno stream of consciousness raro da trovare negli autori italiani. La riedizione de “La zona cieca” mi ha incuriosita e sono corsa a comprarne subito una copia in libreria. Si tratta della storia di amore/odio tra Lidia e Lorenzo. Lidia è una conduttrice radiofonica fragile ma al tempo stesso determinata che trova il suo compagno ideale in Lorenzo, scrittore tormentato che fatica a trovare la propria identità. In un tira e molla continuo i due protagonisti danno vita a una relazione “malata” che appassiona il lettore tenendolo con il fiato sospeso fino alle ultime pagine. L’aspetto che più mi colpisce dei libri di Chiara Gamberale è la capacità di portare se stessa all’interno della narrazione. Una delle autrici italiane contemporanee più apprezzate dalla critica che continuerò a seguire con immenso piacere.
Un libro carino, dalle buone premesse... Ma mi aspettavo di più per quanto riguarda i risvolti psicologici. Il libro dalla presentazione sembrava attingere molto dalla scienza della comunicazione, invece gli stessi che potevano essere un punto di forza sono stati trascurati con l'avanzare della storia. I personaggi sono ben costruiti, sono vivi, capaci di farsi odiare e compatire. E la trama è lineare, non ci sono colpi di scena eccezionali e il finale un po' banale, che non mi ha convinto del tutto. L'espediente introdotto per conciliare i protagonisti non mi ha convinto molto, soprattutto per lo stile che la scrittrice ha voluto adottare per tali parti. D'altra parte non rinnego che mi ha fatto riflettere molto sulla sindrome da crocerossina della protagonista e il vittimismo di Lorenzo, molto reale e convincente. Ho apprezzato invece le testimonianze raccolte nella trasmissione radio... Lo consiglio come libro da portare sul treno.
Mi è piaciuto. E' angosciante vedere quanto possiamo essere cretine noi donne, e la Gamberale arriva proprio in fondo alla stupidità femminile, non edulcorandola nemmeno un po'. Importanti nei per cui il numero delle stelle è solo tre: utilizzo della lingua sciatto e approssimativo e ridondanza - specie nella seconda parte, quando si inseriscono le lettere allo pseudosciamano irlandese (che è sempre lei). Il libro potrebbe tranquillamente finire 30-40 pagine prima
Recensione presente nel blog www.ragazzainrosso.wordpress.com Lidia è una conduttrice radiofonica. Lorenzo è uno scrittore. Entrambi non vivono un’esistenza tranquilla. Lidia ha sofferto di problemi psichici e Lorenzo si rifugia nelle bugie per negare il suo non saper amare. Le loro strade si incrociano e sfociano in un amore malato fatto di pseudo addii e ritorni, momenti di passione alternati alla malinconia pura fino a quando la comparsa improvvisa di un nuovo “personaggio guida” sembra dare loro un faro per orientarsi nella tempesta. Stare insieme è davvero la chiave per la reciproca felicità?
“Ma io di lui sono sempre stata innamorata. E la consapevolezza di quanto quello che diceva e faceva e pensava non durasse un attimo in più della sua espressione doveva fare i conti col mio desiderio profondo che qualcosa gli fosse realmente necessario, un gesto, una parola – fatto a me, detta a me, a me, proprio a me.”
Prima di focalizzarsi sul romanzo e in particolare sulle complesse psicologie dei protagonisti, occorre soffermarsi un attimo sul suo titolo che si rifà al concetto della “Finestra di Johary”, ideato da Joseph Luft e Harry Ingham, due psicologi, che attraverso l’immagine di un quadrato suddiviso in zone individuarono, appunto, la zona cieca, che corrisponde a quello che gli altri sanno di noi ma che noi ignoriamo.
Lidia e Lorenzo sono due personaggi fondamentalmente inquieti e insoddisfatti. Lidia ha sofferto molto, ha trovato un rifugio nei trattamenti psichiatrici e ha raggiunto un equilibrio precario che la porta ad avere una vita normale solo in apparenza. Lorenzo è un uomo immaturo, narcisista, non ama stare fermo, chiudersi in una relazione fissa, non esita a maltrattare, a tradire, a fuggire. Lidia si aggrappa a Lorenzo, ne diviene dipendente, pur sapendo che questo amore non le fa bene. Si sente soffocare dalle sue bugie, dal suo sminuirla continuamente, eppure lo cerca, lo ritrova, lo ama con tutta se stessa, controlla ogni angolo della sua vita (il telefono, le mail) fino a restarne nuovamente delusa.
In questo crescendo di incompatibilità compare una figura che sembra volerli guidare fino a una scelta finale. Un personaggio enigmatico e astratto che sembra capire Lorenzo come nessuno è mai riuscito. Una forza misteriosa che legge nell’interiorità dell’uomo.
Lo stile dell’autrice, nonostante sia molto curato attraverso l’alternanza di brevi periodi con ragionamenti complessi e di frasi ironiche con consapevolezze “pesanti”, a mio parere, non riesce a catalizzare l’attenzione del lettore. Personalmente mi sarei aspettata più riferimenti psicologici, invece il romanzo non è altro che il racconto di una storia d’amore dal finale aperto.
Un romanzo dai buoni presupposti, secondo me, non abilmente sfruttati. Una lettura che appare talora un tantino claustrofobica.
Il titolo “La zona cieca” fa riferimento a uno schema inventato da due psicologi, Joseph Luft e Harry Ingham, chiamato la finestra di Johary. Si tratta di dividere il campo, che separa due o più persone: quello che io so di me, quello che io non so, quello che gli altri sanno di me e quello che non sanno.
Un pomeriggio , Lidia e Lorenzo si incontrano in un Luna Park. Nasce tra i due un insolito sentimento che tuttavia li lega da subito, sebbene almeno all’apparenza essi siano profondamente diversi. Lidia é una conduttrice radiofonica di Sentimentalisti Anonimi, Lorenzo è uno scrittore narcisista e inafferrabile, che a stento riesce a sopportare la vita. Eppure la necessità di essere amata di lei permette a Lorenzo di varcare i confini della sua zona cieca, “quella parte di noi dove ognuno è sconosciuto a se stesso”. E la paura di amare di Lorenzo permette a Lidia di fare altrettanto. Si cercano e si allontanano, non possono fare a meno di stare insieme ma l’ossessione di Lidia rende Lorenzo sempre più sfuggente.
“ Piu Lidia chiede, più Lorenzo elude, illude e tradisce...”
La Gamberale ci offre un esempio di come certe relazioni siano destinate a darti il tormento . Come se lo scopo della vita fosse svelarne i trucchi piuttosto che godere dei momenti felici.
La riflessione che ne scaturisce è proprio quante volte cerchiamo ciò che sfugge ai nostri occhi per giustificare il nostro “non essere presenti a se stessi”. Se nutriamo dubbi sull’altro siamo disposti a cercare prove sul cellulare per continuare a fidarsi o per mettere un punto in modo definitivo. Ci dimentichiamo di vivere i nostri momenti felici perdendo tempo a cercare dove si trova l’inganno , dove sia la falla che prima o poi inevitabilmente ci renderà infelici. Guai a non trovarla!!! Quando una relazione va in crisi, scoprire che non esiste un terzo incomodo è quasi peggio. Ci obbliga ad assumerci per intero la responsabilità del fallimento.
In un crescendo di tensione fatto di abbandoni, ritorni e colpi di scena, ad un tratto entra in gioco Brian, una sorta di sciamano di cui non si conosce l’aspetto ma che assumerà un ruolo di primo piano nel contesto della storia.
Romanzo /saggio sulla capacità di renderci infelici con le proprie mani .
La zona cieca è ciò che è ignoto, ciò che di noi non sappiamo, ciò che ignoriamo, ciò che gli altri vedono di noi ma noi non vediamo. In questo libro Lidia e Lorenzo si fanno del male dentro un amore che non è più amore, Lorenzo che arriva a mentire sui rapporti con altre donne che non ha più, Lidia che si lascia distruggere ma non riesce ad andare via. Lorenzo e Lidia che vivono momentaneamente nella stessa casa ma lui le ricorda in ogni momento che non deve illudersi, che non vuole vivere con lei, che ha bisogno dei suoi spazi e della sua vita, Lidia che continua ad aggrapparsi credendo che lui sia meglio di così. Lidia crea un uomo gay che ha perso il suo compagno e attraverso varie mail parla con Lorenzo, si crea un dialogo e amicizia tra i due uomini, si comprendono e Lorenzo inizia davvero a comprendere se stesso, le sue paure, il suo nascondersi in ciò che non è perché alla fine è più semplice, come è semplice perdere l'amore, come diventa vitale per Lidia perdere il suo amore che la distrugge per inizia a proteggere sé stessa e il suo amore verso qualcosa di altro, che non sia Lorenzo e la sua incapacità do vedere se stesso se non attraverso le parole del suo nuovo amico. Lidia sceglie se stessa quando Lorenzo sceglie Lidia. Un romanzo dove ho trovato una Chiara Gamberale meno coinvolta nel raccontare una storia d'amore per concentrarsi sull'amore stesso, una Chiara Gamberale che mi ha sorpresa e di cui ho apprezzato sia la trama che la scrittura, fluida, senza orpelli, scorrevole nonostante non si sia in presenza del solito romanzo rosa con lieto fine di un bacio e una promessa.