Nel 2293 quattro esseri viventi - la scimmia Epistola, feroce e terrorista, l'oca Plan Calcule, l'elefante Roboamo ed un nano dai molti nomi - si sottraggono alle ceneri di un'esplosione atomica ed iniziano un viaggio alla ricerca di un'improbabile salvezza in un nuovo universo. I quattro grotteschi cavalieri dell'Apocalisse devono eliminare ogni ostacolo ed essere vivente che incontrano sul loro cammino, mentre tra scoppi d'ira, fantasie di massacro, incubi della materia, l'imitatore del canto di tutti gli uccelli li segue senza rivelarsi, in vista dell'ultima grande battaglia.Nessuna parentela con la fantascienza. Nessuna apertura utopistica, Volponi racconta la distruzione ultima del nostro mondo con un linguaggio che oscilla tra simulata calma descrittiva ed un solforico miscuglio verbale - visivo - sensoriale. Pubblicato per la prima volta nel 1978, il libro contiene un'ammonizione ed una speranza, oggi ancora più attuali: il naufragio del pianeta è evitabile se la vita sarà protetta dal grande nemico del gruppo: la deficiente razionalità del sistema economico.
Paolo Volponi was an Italian writer, poet and politician. He is the only author to have won the Strega Prize twice, in 1965 for La macchina mondiale (trans. as The Worldwide Machine) and in 1991 for La strada per Roma. In 1960, he won the Viareggio Prize for Le porte dell'Appennino and in 1986 the Mondello Prize for Con testo a fronte.
Scritto nel 1976 e pubblicato nel 1978, questo romanzo mi è sembrato vecchio e troppo orientato alla critica politica e sociale. Insomma non mi è piaciuto per niente e c'è mancato davvero poco che lo mollassi dopo 20 pagine. L'ho trovato noioso, assurdo, grottesco, troppo teatrale, talvolta inutilmente osceno. No, non lo consiglio a nessuno.
Non sono riuscito a finirlo. Nonostante l'idea di base mi piacesse molto, l'ho trovato a tratti un mero esercizio di stile, in cui non ci sono allegorie da sviscerare né sensi nascosti, oltre che con una struttura e una trama sconnesse, che non rendono facile la comprensione della vicenda. Vi è inoltre una eccessiva presenza di citazioni buttate lì a caso, unite a linguaggio basso ed episodi di violenza inseriti in modo totalmente gratuito, senza motivi apparenti (almeno per me). Empatia zero con i personaggi. Avevo grandi aspettative, conoscendo di fama Volponi, ma sono rimasto molto deluso.
e questo come lo si classifica? un'allegoria? un esperimento nel campo del fantastico? o un tentativo di fare un romanzo gioiosamente bizzarro e -come dice giustamente la citazione di giovanni raboni sul retro- picaresco senza troppi altri scopi se non divertirsi? o tutte queste cose? volponi di certo non voleva rendere facile la vita al lettore: meno di 200 pagine, eppur difficili da affrontare in poco, tale è la voglia di rileggere frasi e periodi nel tentativo di capire meglio cosa accade, ammesso e non concesso che ci si riesca. già, perchè la trama de "il pianeta irritabile" non è mica semplice da spiegare: abbiamo un gruppo composto da tre animali (uno dei quali è il leader del gruppo) e un uomo che si spostano un mondo da dopo-crisi in cui ormai tutto è abbandonato, finito o distrutto; incontrano ostacoli e avversari, che sembrano essere più o meno le ultime forme di vita rimaste oltre a loro. ora, non è stata proprio una lettura facile o sempre piacevole: in certi momenti saliva una certa noia, e alcuni passaggi proprio mi sembravano forzati. eppure la sua stranezza e la sua singolarità (provate a trovare qualcosa di simile nella letteratura italiana...) mi hanno affascinato.
In un mondo futuro devastato dalle guerre atomiche viaggiano quattro singolari personaggi: la scimmia Epistola, leader del gruppo, l’oca Plan Calcule, l’elefante Roboamo e un nano dai molti nomi. Sono fuggiti da un circo, dove erano rinchiusi in una lurida gabbia, anche il nano che in una lite con il direttore ha perso mezza faccia, ridotta a un buco nero. Si muovono in un paesaggio selvaggio - foreste flagellate dalla pioggia, deserti di cenere, montagne glaciali - verso l’ultimo regno degli umani da conquistare. Bastano poche pagine per capire che ci troviamo in una storia grottesca, volutamente sopra le righe e spesso senza capo ne coda, che procede in maniera confusionaria. I quattro vivono avventure mirabolanti, affrontano pericoli e combattono strenuamente (orde di topi, cani feroci), esplorano i resti di città nascoste sottoterra o tra i ghiacci ma sembra di essere più in un fumetto visionario che in una favola sul futuro dell’umanità. Personaggi ed eventi hanno un valore fortemente simbolico: il potere è rappresentato da una scimmia, i collaboratori fedeli da un’oca, la sapienza e la forza da un elefante dotato di parola e il lavoro sporco di bassa manovalanza è lasciato a un nano; e ancora i cani come la classe dirigente capitalistica mentre l’imitatore del canto degli uccelli? L’ecologia? e lo sterco che il nano raccoglie continuamente a piene mani? la cultura di massa? Certo il vecchio mondo è alla fine e non ci sono speranze, occorre abbandonarne i resti per strada e non leggere i messaggi per il futuro ma per andare dove, dopo che l’ennesima esplosione ha distrutto gli ultimi umani? Boh…Scritto alla fine degli anni 70 poteva avere un significato, oggi mi sembra uno di quei romanzi invecchiati maluccio che non hanno più molto da dire. Paolo Volponi non è un autore facile, sia sul piano del linguaggio che dei contenuti, ma qui ho l’impressione che gli sia scappata un po' la mano. Risultato: una favola ostica e criptica che si legge per trascinamento. Due stelle e mezza,
Distopia n. 1: 𝐢𝐥 𝐩𝐢𝐚𝐧𝐞𝐭𝐚 𝐢𝐫𝐫𝐢𝐭𝐚𝐛𝐢𝐥𝐞. Paolo Volponi, 1978 Post-atomico. Post-tecnocratico. Psichedelico.
https://www.ilpianoverde.it/cultura/i... Un nano (il ricordo), un elefante (la cultura), un’oca (l’esplorazione) e una scimmia (l’audacia). Sono i quattro prigionieri di un circo in dismissione che sopravvivono a un’esplosione planetaria e che, osservando una gerarchia degna dei più grandi dittatori, viaggiano alla ricerca di un ambiente vergine dove poter ricostruire un mondo governato dal nuovo despota, la scimmia. L’itinerario violento, sporco, distruttivo evolve in un senso animalesco, ma per nulla animistico; piuttosto, contaminato da ciò che resta di un mondo distrutto dall’antropocene. Se c’è un’anima in questa storia, è la coscienza ambientale sopravvissuta all’incubo: l’imitatore di uccelli. Esiste nei racconti, negli incontri mancati, sognati o disattesi. Quest’anima viaggia sola e isolata. Difende la natura proteggendo i 4 viaggiatori e annulla ogni tentativo di dominio da parte degli ultimi uomini rimasti.
E l’uomo? Sullo sfondo. Un superstite, un nemico. È la causa. È lo sconfitto.
«Tu non sei un uomo, né vero né finto; sei solo l’uomo alla fine dell’uomo. L’uomo che ha snaturato e lasciato l’uomo, sei tu. Quindi sei uno stronzo, solo uno stronzo.»
Una distopia che in piccolissime parti si fa utopia. Libro densissimo e stratificato di ideologia, il ritmo è così incalzante che gli episodi si susseguono freneticamente. Serve attenzione per leggerlo: tra le ritmate parti in cui i personaggi sono intenti a superare le svariate prove, si scorgono pagine di grande poesia. Lo consiglio a chi ama i manga e le distopie, dà ottimi spunti per un’analisi sul contemporaneo: dalla crisi climatica ella deriva neoliberista dell’economia. Possiamo ancora parlare di umanità dopo la catastrofe? Come si può sopravvivere in un mondo irritato dall’azione dell’uomo? Volponi prova a darne una raffigurazione tramite l’opera.
Bastano sperimentalismo, citazioni dantesche, trasgressione volgare, allegorie banali e topos vecchi come il mondo per fare un buon libro? No, non bastano. Il messaggio è sin troppo ovvio, il linguaggio, che vuole essere disturbante e talvolta aulico, risulta più che altro finto e ostentato. La letteratura forse non ha il dovere di essere piacevole, sicuramente ha il dovere di scuotere. Qui c'è il rischio che lasci indifferente, appena memorabile per lo stile sboccato - e non mi sembra poi questa grande conquista.
Di sicuro ci sono cose che non ho capito di questo libro (riferimenti letterari per esempio), e devo dire che verso la fine ho iniziato ad odiarlo un po meno ma per circa il 90% il mio pensiero principale è stato "ma...perché?"
Surreale periplo di un nano, una scimmia, un'oca e un elefante in un mondo allegorifo futuro. Il racconto si trascina troppo, spesso giocando con le parole in una maniera che dopo le prime pagine è stucchevole.