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L'Agnese va a morire

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Renata Viganò ha scritto una «cronaca» che ha l'esatta semplicitá di pensieri e gesti quotidiani, in uno stile sobrio che pure rivela una sottile educazione letteraria nella definizione di fuggevoli stati d'animo, nella descrizione di sfumati paesaggi di pianure e di lagune; e tutto si sostiene nell'ampio respiro dell'azione corale, che tocca il suo culmine nelle scene di battaglia. Ma la novità del libro è l'aver visto la Resistenza attraverso gli occhi di un'anziana contadina, l'Agnese. Non si è mai allontanata dall'orto, dalla fontana di casa; ma quando i tedeschi le fanno morire il marito, è capace di ribellarsi, di seguire i partigiani nelle paludi, di compiere imprese rischiose caracollando su una vecchia bicicletta rugginosa. I giorni dell'Agnese si svolgeranno tra fughe, tradimenti, fuciliazioni, sconfitte e i giorni dell'Italia migliore che ritrova se stessa.

246 pages, Paperback

First published January 1, 1949

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About the author

Renata Viganò

6 books21 followers
Renata Viganò (1900–1976) was an Italian writer best known for her neo-realist novel L'Agnese va a morire, published in 1949. Viganò was an active participant in the Italian Resistance movement during World War II and featured fictionalized accounts of her experiences as a partisan in her written work.

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Profile Image for Malacorda.
598 reviews289 followers
May 5, 2021
Con la Viganò sapevo di andare sul sicuro: con le storie di partigiani e Resistenza mi sono sempre trovata bene. Ho i miei preferiti, ho la mia personalissima "superclassifica", ma di tutti quelli che ho letto non ce n'è uno che mi sia dispiaciuto del tutto. Ebbene, questo andrà ad ingrossare la fila dei preferiti.

Prefazione di Vassalli insulsa e insipida, tipica da libro di testo delle scuole medie. Non dico che sia in odore di revisionismo perché ho troppo rispetto per Vassalli, che altrove ha scritto cose eccellenti, ma che in questo frangente pare stranamente titubante e/o imbarazzato nel dover introdurre un romanzo che si apre con un omicidio sì efferato, però è pur sempre un evento che rientra nel gran calderone della guerra, e allora su, se devi farne la prefazione dovrai anche pur prender posizione.

La testimonianza della Viganò (un breve articolo pubblicato su L'Unità nel Novembre del '49, qui messo a mo' di postfazione) è eccezionale, l'ho riletta quattro o cinque volte, prima, durante e dopo la lettura del romanzo; in sole poche righe mi ha già riportata al diario di Pesce Senza tregua: La guerra dei GAP, letto un anno fa: ha lo stesso tono pacato, gli stessi vocaboli, gli accenti posti sulle stesse questioni; queste donne e questi uomini sono riusciti a fare la Resistenza perché erano veramente in sintonia tra di loro (a tal punto che lo scritto di una si può fondere nelle parole dell'altro), lo erano sin dall'inizio e sin dal profondo e a prescindere da ogni retorica e ideologia. Noi, oggi, questa cosa così sincera e spontanea, non la sapremmo ricreare neanche con tutto lo sforzo del mondo, non siamo minimamente in grado di sognarcela - figurarsi di realizzarla.

Vengo al breve romanzo: la Viganò scrive davvero bene e scrive una di quelle storie perfette sotto tutti punti di vista. Perfetta come romanzo quindi come prova letteraria, ma anche perfetta come testimonianza quindi come prova storica, poco importa se è stata fatta della fiction su qualche dettaglio (come illustrato dalla Viganò stessa in quel breve articolo). Ha la stessa scrittura asciutta di Fenoglio che tutti ben conoscono - che poi è anche la stessa dei meno conosciuti Bertoli e Dusi. C'è la Storia dal Settembre '43 ai primissimi deboli inizi di primavera '45, un anno e mezzo circa, e all'interno di questo arco temporale ogni personaggio ha il suo ritratto, il suo aneddoto, il suo cammeo.

Mirabile la ricostruzione di atmosfere, sensazioni e sentimenti pur senza usare grandi sbrodolate di parole. Mirabile la (ri)costruzione di un personaggio come l'Agnese: più contadina, più paesana e più ignorante di così non potrebbe darsi - ma anche nell'ignoranza ci può essere coscienza e coerenza e queste qualità, cementate con la volenterosità, hanno fatto la Storia, anzi no, cambio il paragone, è come se questi contadini e paesani (l'Agnese e tutti quelle e quelli come lei) avessero spostato una montagna con la forza delle sole mani. Oggi sappiamo che la Storia è passata lo stesso, ha circumnavigato la montagna proprio come farebbe un torrente che alla fine trova sempre il varco per passare, e quindi per un attimo c'è lo scoramento nel sapere che lo sforzo sovrumano per spostare la montagna non ha prodotto un risultato proporzionato a tanta e tale fatica. Però restano ugualmente la profonda commozione e il profondo rispetto per un'opera così titanica, in ciascuno di essi c'è la forza e lo sforzo di un Atlante, niente di meno.

Poi, ok, la Storia degli storici non si fa con i sentimenti né con i miti, e a questo punto subentrano date, nomi, singoli eventi concatenati tra loro. Però il merito di romanzi come questo è di saper ricostruire così bene quei sentimenti e quelle sensazioni dell'epoca, e io me ne meraviglio ogni volta. Un anno fa mi commuovevo solo guardando la copertina del diario di Pesce, e oggi mi sento di nuovo ugualmente commossa di fronte alla piccola storia raccontata dalla Viganò.

Riporto due passi dall'articolo de L'Unità: vi si parla di essere antiretorici e antidrammatici. Se penso a quanto siamo retorici e drammatici noialtri tutti, oggi, nell'affrontare un'epidemia che è certamente cosa grave e difficile ma a nessun livello e in nessun caso paragonabile alla guerra e poi alla guerra civile; nel raccontarci vicendevolmente gli eventi dell'ultimo anno con la stessa enfasi come se stessimo raccontando ai posteri, pontificando come da stare in cima ad una piramide, ecco, dopo la commozione avverto un certo brivido di ribrezzo.

"Quando arrivò l'Agnese per rimanere con noi, e ci riconoscemmo e parlammo insieme perché era un giorno calmo, non crediate che ci si dicesse frasi eroiche. Nessuno nella guerra partigiana diceva mai frasi eroiche, neppure quando stava per morire. Tutt'al più gridava: "Viva i partigiani!" o cantava "Bandiera rossa" e questo è già molto per uno che sta per morire. Ma spesso cadeva in silenzio col rumore dei mitra che spengono tutte le parole.

[...]

Così era il clima di allora nella vita partigiana, antiretorico, antidrammatico, casalingo e domestico anche se eravamo alla macchia e la morte girava lì intorno, si nascondeva nello scialle dell'Agnese, negli scarponi dei barcaioli o nei capelli del mio bambino. In quel clima abbiamo vissuto diciannove mesi e poi l'ho creato - o tentato di creare - nel mio libro. [...] Ma nella stessa atmosfera ancora viviamo, noi che uscimmo salvi dalla lotta; dentro quel circolo siamo rimasti e forse mai potremo venirne fuori: era il circolo, l'atmosfera dove camminava l'Agnese, ora morta, dove hanno camminato tanti altri, ora pure morti, ma rinchiusi vivi nel mio libro con lei."
Profile Image for Dagio_maya .
1,107 reviews350 followers
April 26, 2025
Che Agnese morirà lo sai già dal titolo.
Eppure leggi sperando che ciò non accada.

Grassa, malata, vecchia, con occhi duri (”un aspetto che non dava troppo coraggio”) ma forte dentro.
Capace di affrontare a viso aperto questi tedeschi che le risultavano così inumani:

” L’aia, la campagna, il mondo furono guastati dai loro aspetti meccanici disumani, pelle, ciglia, capelli quasi tutti di un solo colore sbiadito, e occhi stretti, crudeli, opachi come di vetro sporco. I mitra sembravano parte di essi, della loro stessa sostanza viva.”

Non esiste un libro sulla R*e*s*i*s*t*e*n*z*a* che assolva il compito di parlare di tutto.


Troppi aspetti, troppi risvolti...
Qui si narra di un modo per affrontare la paura.
Dell’odio per chi non dimostra umanità alcuna.

Rileggo questo testo dopo tanti anni eppure ritrovo intatta l’Agnese di Palita che ciabatta nei terreni paludosi della Valle di Comacchio.

L’Agnese di Palita: moglie e madre della Resistenza.

Mi emoziona ancora e forse ancor di più…


” Un giorno, a un tratto, la libertà si fermò. Non aveva più voglia di camminare. Se ne infischiava di quelli che l’aspettavano, mancava all’appuntamento senza un motivo, come fanno gli innamorati già un po’ stanchi.”
Profile Image for piperitapitta.
1,050 reviews464 followers
April 25, 2019
«Ogni uomo, ogni donna poteva essere un partigiano, poteva non esserlo. Questa era la forza della resistenza.»




Sembra di vederla passare l'Agnese, con la sua vestaglia lilla a grandi fiori scuri mentre cammina con le sporte sulle spalle e i piedi stanchi e gonfi infilati dentro le ciabatte informi. Borbottante, affaticata, ma con un cuore grande così.
Partigiana per caso, ma per scelta, staffetta, cuciniera, mamma Agnese, che nella sua vita prima della guerra non avrebbe forse pensato mai di fare altro di più che rigovernare casa, aia e marito, lavorare la calza e battibeccare con la Minghina e le sue figlie. L'Augusto no, pover'uomo, che lui, come il Palita, erano due pezzi di pane: al bar con gli amici, un paio di bicchieri di vino e la gatta sulle ginocchia.
Che poi, forse, se il Palita non fosse stato malato sarebbe stato al fronte, e se fosse stato al fronte non sarebbe stato in casa con la gatta sulle ginocchia, e se non fosse stato in casa con la gatta sulle ginocchia non l'avrebbero portato via e l'Agnese non sarebbe rimasta con la gatta e allora, forse, non sarebbe iniziato tutto e l'Agnese, la grassa e taciturna Agnese, non sarebbe andata a morire.
Con dignità, però, e orgoglio, e un cuore grande così, mamma Agnese.



Renata Viganò, infermiera, scrittrice, con un passato da staffetta partigiana insieme al marito e al figlio, regala alla letteratura italiana un personaggio indimenticabile e infinitamente diverso da quello disegnato dall'immaginario cinematografico.
Fra le strade d'acqua delle Valli di Comacchio, fra i canneti e le capanne dei pescatori, divenuti rifugio sicuro per la gente del luogo e impenetrabili e labirintici per chi non ne conosceva la topografia, si muovono le brigate dei partigiani del luogo che insieme a lei patiscono il sonno, la stanchezza, la mancanza di acqua, il caldo, il freddo, la neve, la nebbia, l'umidità e il bagnato che si insinuano nelle ossa come la stanchezza e la paura: Un lavoro della paura, come diceva l'Agnese, che è quello che fanno i nazisti, che uccidono sparando nel mucchio, che è quello che fanno i fascisti, che massacrano a forza di botte, che è quello che fanno persino gli alleati, che quando sganciano le bombe non stanno lì a guardare cosa colpiscono; chi colpiscono.
Ma che sono animati da coraggio, i partesani, da desiderio di libertà, da odio insanabile nei confronti degli oppressori e dei traditori, delle spie, dei fascisti e dei nazisti.

Mi aspettavo “solo” un romanzo testimonianza sulla Resistenza, invece, ho trovato un romanzo che è di valore non solo storico, ma anche letterario, e una lingua scritta, quella di Renata Viganò, di grande e sobria eleganza, ricca di metafore e figure retoriche, viva, scarna, realistica ma poetica al tempo stesso.

«Aveva ragione l'Agnese. Quello che c'è da fare, si fa



«E quando gli passò vicino L'Agnese, curva per il peso delle sporte e per la pioggia, le dedicò un'attenzione ostinata, vedendola andare con il suo carico sotto l'acqua, e i piedi bagnati nelle ciabatte: una donna grassa, ansante, sola, quasi vecchia, fuori con il maltempo, in un paesaggio disabitato, in un'ora morta del pomeriggio. Strano.»



«L’Agnese restò sola, stranamente piccola, un mucchio di stracci neri sulla neve.»
Profile Image for Pavel Nedelcu.
484 reviews117 followers
August 2, 2025
LA RESISTENZA

Un romanzo essenziale, come estensione e importanza, costruito su una prosa sobria che suggerisce più di quanto dichiari. Ambientato negli anni della Resistenza in Emilia-Romagna, segue la storia di Agnese, donna semplice che, dopo l’uccisione del marito (e del loro gatto!), entra nei ranghi partigiani.

I personaggi non sono approfonditi psicologicamente: vengono delineati attraverso gesti, silenzi, movimenti, lasciando al lettore il compito di coglierne le motivazioni. La rappresentazione dell’occupante tedesco è netta, a tratti ideologica: soldati meccanici, privi di individualità, ridotti a meri strumenti di distruzione. La loro lingua, gutturale e ostile, ne sottolinea l’alterità.

Viganò dimostra una conoscenza concreta del territorio e delle dinamiche belliche: il romanzo è, insieme, testimonianza e finzione, documento e racconto. La narrazione è lineare, ma attraversata da una tensione costante, anche per effetto del titolo, che annuncia un esito senza chiarirlo del tutto. Fino all’ultima pagina, la possibilità che Agnese si salvi rimane aperta.

Leggere L’AGNESE VA A MORIRE oggi è un gesto necessario: in un tempo segnato da nuovi conflitti e da una retorica bellica ambigua, il romanzo offre uno sguardo lucido sulla guerra vissuta, restituendo le esperienze di combattenti e civili senza alcuna esaltazione, ma con la forza brutale, sconvolgente della realtà.
Profile Image for Sergio.
1,345 reviews134 followers
October 3, 2024
Rimasta sola dopo la deportazione del marito Palita in una retata ad opera dei soldati tedeschi durante l’ultimo periodo della seconda guerra mondiale, l’anziana Agnese, esasperata dalla segreta convinzione che il marito non tornerà più, uccide d’impeto un soldato tedesco ed è costretta a darsi “alla macchia”: viene accolta in un gruppo di giovani partigiani distinguendosi per la sua lealtà, per la sua sopportazione alle fatiche, al freddo, alle ristrettezze fisiche e morali, per l’affetto che la condivisione del pericolo quotidiano ben presto la legano alle bande della zona. E’ l’ultimo inverno della guerra ma sarà durissimo e spietato per tutti: la neve si macchierà senza distinzione del sangue dei tedeschi, dei partigiani e dei civili, ma Agnese saprà portare avanti la sua scelta dapprima come un riconoscimento verso il marito ma pian piano per sua scelta morale. Renata Viganò [1900- 1976], raccontando la guerra partigiana nella sua realtà quotidiana ci regala un indimenticabile ritratto di donna.
Profile Image for Sandra.
964 reviews333 followers
November 23, 2025
Con libri come questo il valore letterario non vale. Ciò che conta è la testimonianza di un periodo storico italiano che ha segnato il futuro delle attuali generazioni. Ciò che conta sono il coraggio, la sofferenza e la forza della determinazione del Comandante, di Clinton, di Tarzan, di Tom, di Zero, del Giglio, del Cino, di Walter, de La Disperata, di Cinquecento, dell’Agnese di Palita e di tutti gli altri che combatterono e morirono per la nostra libertà.
Profile Image for Simona.
974 reviews228 followers
June 17, 2021
La Resistenza è stata un periodo molto difficile della storia, una guerra di popolo come la definisce Sebastiano Vassalli nella prefazione di questo romanzo. Renata Viganò che ha conosciuto e incontrato Agnese, la protagonista di questa sua opera, descrive questa piccola grande donna che, nonostante il marito sia stato catturato, è diventata una sorta di simbolo della lotta partigiana.
Una piccola grande donna, una lavandaia di mezza età che si è sobbarcata sulle sue spalle il peso di questa terribile lotta. Il lettore non può non affezionarsi a questa donna che non si è mai arresa anche quando il destino le ha giocato contro, un esempio meraviglioso di lotta, di coraggio e di grande determinazione che ha combattuto fino alla morte per i suoi valori e ideali riuscendo a farcela.
Sempre nella prefazione, lo stesso Vassalli pone una domanda al lettore chiedendo "Che cos'è Agnese"? Personalmente, credo sia lo specchio di un periodo fondamentale e importante che è bene non venga mai dimenticato, ma che deve continuare a essere presente e vivido in ognuno di noi, proprio come ha fatto la scrittrice raccontando, attraverso la figura di Agnese, la Resistenza.
Profile Image for Diabolika.
245 reviews51 followers
June 20, 2024
Con uno stile semplice, senza orpelli, leggero, duro e crudo mi sono trovata nella guerra partigiana. Senza scadere nel sentimentalismo, nell’apologia o nella retorica, la Resistenza viene raccontata attraverso le azioni di Agnese: una donna semplice, popolana, senza alcuna istruzione, che capisce, subito e bene, da che parte stare.

Agnese è rabbia contro gli oppressori. Agnese è la stanchezza del lavoro della staffetta. Agnese è l’angoscia di essere traditi. Agnese è la paura di essere scoperti. Agnese è la certezza della morte. Agnese insegna a tutti noi cosa vuol dire lottare per la libertà.
Profile Image for erigibbi.
1,128 reviews739 followers
May 11, 2020
Per farvi capire cos’è L’Agnese va a morire di Renata Viganò, vincitore del Premio Viareggio 1949, mi servo delle parole scritte da Sebastiano Vassalli nell’introduzione:

Un documento prezioso per far capire ai più giovani e ai ragazzi delle scuole che cosa è stata la Resistenza: una guerra di popolo, la prima autentica guerra di popolo della nostra storia.

Oserei dire che L’Agnese va a morire è un documento prezioso non solo per i più giovani. Sempre di più trovo che le persone abbiano un’idea sbagliata della Resistenza, un’idea legata più alla politica che ad altro.

L’Agnese di cui il libro parla è una donna di una certa età, dal cuore affaticato; una lavandaia che lavora anche per il marito, Palita, che essendo di salute cagionevole non ha le forze per poter lavorare. L’Agnese è una donna sovrappeso, umile, una di quelle signore che se le incroci per strada manco ci fai caso. Ma è la stessa donna che decide di ribellarsi quando i tedeschi gli portano via il marito perché comunista. Ed è la stessa donna che decide di diventare in tutto e per tutto una partigiana quando un tedesco gli uccide la gatta nera, tanto amata da Palita. L’unica cosa che gli restava di lui, oltre ai ricordi, oltre all’amore.

Si ha la sensazione, leggendo, che le Valli di Comacchio, la Romagna, la guerra lontana degli eserciti a poco a poco si riempiano della presenza sempre più grande, titanica, di questa donna. Come se tedeschi e alleati fossero presenze sfocate di un dramma fuori del tempo e tutto si compisse invece all’interno di Agnese, come se lei sola potesse sobbarcarsi il peso, anzi la fatica della guerra.

Collegare la Resistenza e i partigiani a un’idea politica è sbagliato, e Agnese ce lo fa capire molto bene. Lei di politica ne sa ben poco, forse nulla, non è questo che la muove; nella sua semplicità però Agnese sa benissimo cos’è bene e cos’è male, e quello che i tedeschi hanno fatto a suo marito (e a tante altre persone) e anche alla sua gatta nera, be’, non è bene.

Agnese non è quasi nulla di tutto quanto si può pensare; come personaggio di un romanzo non è, semplicemente, non potrebbe esistere all’infuori di un intreccio di vicende e di fatti e di situazioni che, indubbiamente, furono e sono.

Agnese di sicuro non è un’eroina. E nemmeno muore da eroina. Agnese però decide di sacrificare la sua vita, tanto ormai non ha null’altro da perdere, per la libertà. La libertà. La libertà di chi verrà dopo. La nostra libertà. Perché se oggi siamo liberi è merito di persone come Agnese, persone che si sono ribellate, persone che hanno combattuto, a prescindere dall’ideologia politica, perché questo è la libertà, non ha vincoli, di nessun tipo.

La forza della Resistenza era questa: essere dappertutto, camminare in mezzo ai nemici, nascondersi nelle figure più scialbe e pacifiche. Un fuoco senza fiamma né fumo: un fuoco senza segno. I tedeschi e i fascisti ci mettevano i piedi sopra, se ne accorgevano quando si bruciavano.

L’Agnese, una donna che non dice, ma che fa, vi entrerà indubbiamente nel cuore e da lì non se ne andrà.
Profile Image for Katya.
485 reviews
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June 25, 2024
Não sou leitora muito dada a comprar por impulso. Sobretudo, desde que percebi que o tempo é escasso e, por isso, quero tentar acertar as minhas leituras de forma a que o saldo, no final, seja positivo. Ainda assim, às vezes abro a minha exceção - e ela aqui está. Uma exceção motivada pela biografia da autora: membro da resistência armada no combate ao fascismo.

[...]olhou-a com espanto: uma ponte ainda em bom estado, por cima de um canal sem água. Uma ponte que não tinha sido despedaçada, metralhada, feita em ruínas. Dava à paisagem um aspecto de paz, um ar de segurança, ainda que o terreno à volta estivesse cheio de buracos, arado pelas bombas. Tinham deixado cair toneladas delas e a ponte não tinha sido atingida. Viam-se casas, embora distantes, já não casas, mas paredes esburacadas, montes de pedras, toda uma zona assassinada, morta cem vezes, mas a ponte estava intacta. «Sois vesgos, senhores aviadores aliados», pensou.

Inês vai morrer é uma obra de 1949, mas Renata Viganò foi uma escritora precoce cuja vida, intimamente ligada à resistência italiana, alimentou uma extensa carreira nas letras (ligadas ao neo-realismo). E é essa proximidade ao Movimento Partigiano (e ao Partido Comunista Italiano) que a torna uma escritora particularmente perspicaz e fiável no relato da luta da resistência durante a II Guerra Mundial, e na denúncia das inconsistências históricas que a acompanham. Daí que não seja de admirar que a narrativa de Inês vai morrer não acompanhe as grandes movimentações militantes, mas sim replique a atividade individual e anónima dos milhares de combatentes antifascistas que viviam sob ocupação:

Percorria a mesma estrada que daquela vez em que levara o TNT para a ponte, e já tinha passado quase um ano. Trabalho, medo e mortos. Nesse tempo ela era mais forte de corpo e mais lenta a compreender as coisas: agora o cérebro tinha adquirido rapidez, mas o corpo enfraquecia. E os aliados, com os canhões, os aparelhos, as palavras, faziam grandes nuvens de barulho, trágicas ilhas de mortos, mas nunca mais chegavam.
(...)
E entretanto os ingleses gritavam a partir da Rádio Londres: - Aguentem firmes, partigiani, combatam, vamos a caminho - e não chegavam nunca. - Maldita a guerra e quem a quis - concluiu Inês, cansada de pensar.



...como não é de admirar que combata o discurso oficial e heróico em prol da veracidade da pequena escala:

Uma casa branca entre a horta e o pomar, longe das outras casas, isolada no meio dos campos, não é um objectivo militar, não conta para a guerra, nem intacta nem destruída. Mas passaram os aviões aliados, por cima, no regresso de um bombardeamento, e ainda lhes sobravam algumas bombas. Possivelmente um aviador, bem-humorado porque voltava à base, disse ao companheiro de voo: Aposto que acerto naquela casa, ali - (aos anglo-americanos agradam as apostas) e o colega respondeu: - Aposto que não. Experimentamos? - Experimentamos. - Fixaram a aposta em dólares ou libras ou fracções de dólares ou de libras. Depois o voo picado contra a casa branca. Uma bomba, duas bombas, nada. E o colega sorria. Uma volta e de novo, voo picado, uma, duas, três bombas, as últimas, depois não havia mais. Uma outra volta sobre a nuvem de fumo e terra e o colega tinha engolido o sorriso: - Bravo. Belo tiro. Ganhaste a aposta. - E foram embora, rumo ao campo, à messe, ao leito cómodo dos oficiais ou sargentos aviadores ingleses ou americanos. Diz o relatório: todos os objectivos foram atingidos.

Na realidade, Viganò faz de Inês uma porta-voz para os partigiani, para as mulheres, para os indefesos, e usa-a para desvendar, de igual maneira, o abuso de poder da força aliada como a barbárie alemã como a cobardia dos fascistas italianos:

Quando se detinham na aldeia grandes núcleos de forças alemãs, os fascistas republicanos mantinham-se quietos, prontos às ordens, maleáveis como servos. Depois os alemães partiam para a frente, deixando uma modesta guarnição, de gente velha, cansada, feliz por comer, beber, dormir. Então os fascistas exibiam as caveiras, partiam os rádios, faziam de patrões com prepotência, aproveitando a ocasião para se vingarem de velhos rancores e de humilhações recentes.

Através do olhar de uma simples lavadeira, mulher já velha e gorda (as duas características mais evidentes de Inês e que a tornam - pela lógica - simultaneamente feminina e ultrapassada. Mas, enquanto Inês se mantém ativa e corajosa, essas mesmas características servem de contraponto a uma masculinidade apática), a guerra toma novas roupagens e apresenta-se crua, sem fim ou plano de vitória à vista. Inês funciona como representante de uma população usada, abusada e exaurida que já perdeu a esperança...

As pessoas consideravam o som da sirene como o aviso do fim do perigo. Imediatamente muitos saíram para a eira. Ouviam-se gritos e choros para os lados da aldeia e na direcção da ponte havia fumo alto, imóvel, como uma grande árvore branca. Algumas casas deviam ter sido atingidas. - Fora, vão-se lá para fora! - disse Inês, e empurrava-os pelas costas. Empurrou também os dois alemães e quatro ou cinco mulheres que parecia quererem ficar. Uma voltou-se e disse: - Também levaram o meu marido e o Ivo, o Silvio, o filho do Cancio, o Ottavio do moinho - a cada nome apontava uma das companheiras e todas se puseram a chorar com os lenços a cobrir a cara.
Inês ficou um momento a olhá-las, depois foi buscar cadeiras. Disse: - Sentem-se! - Levantou-se uma onda de vozes, de choros, de invocações, um coro de tragédia grega. Inês estava calada, fitava-as com olhos vazios. - Os nossos homens não voltarão - disse subitamente. - Seria bom matar todos os alemães.


...e a fé:

A soma recolhida foi entregue ao sacristão, e ele é que a levou a Inês. Viu-o chegar um dia em que nevava fortemente e todo o vale estava branco e cinza, com o céu baixo sobre as árvores. Disse: - Com este tempo, Alfonso? Que vem cá fazer? - Ele batia os pés à entrada para tirar a neve dos sapatos: era um velho curvado, magro, com um perfil de ave de rapina. - Recolhemos este dinheiro respondeu, para honrar a memória do pobre Palita. Toda a aldeia contribuiu. Não é muito mas é de boa vontade. - Estendeu-lhe o dinheiro, depois retirou a mão imediatamente: - Talvez pudesse servir para mandar dizer missas. – Dê cá - disse Inês-e agradeça a todos os que se lembraram de mim. Com as missas não se preocupe. Eu trato disso. - Meteu o embrulhinho do dinheiro no bolso do avental e deitou de beber para o velho. Quando ele lhe entregou o copo vazio, ela disse: - Pronto-, como que a significar que o diálogo terminara. Alfonso continuou ali ainda algum tempo, mas em silêncio: não sabia que mais dizer, quase lamentava ter aceitado aquele encargo. Inês estava ali em frente dele, em pé, larga, pesada, com a gorda cara imóvel: parecia esperar pacientemente que ele se fosse embora. - Então, adeus - disse subitamente o velho, e saiu; as botas afundaram-se todas na neve. - Agradeço-lhe a si também - disse Inês. - E esteja descansado. Palita sofreu o Inferno com os alemães antes de morrer. Não tem necessidade de missas.
Com aquele dinheiro comprou lã de ovelha. Pôs-se a fazer meias para os partigiani, quando estava sozinha, à noite, junto da lareira.


A rápida desumanização das gentes, a sensação de abandono e a perda são focos desta narrativa onde Inês marca uma presença determinante enquanto símbolo de luta...

(...)era a primeira noite desde quando, com o mesmo gesto violento, tinha esmagado a cabeça ao alemão e dividido em duas a sua vida. A primeira parte, a mais simples, a mais longa, a mais compreensível, estava agora para lá de uma barreira, acabada, concluída. Lá houvera Palita, e depois a casa, o trabalho, as coisas de todos os dias, repetidas por quase cinquenta anos: aqui começava agora, e era decerto a parte mais breve, dela não sabia senão isto.

...símbolo de ordem e fiabilidade...

- É a responsável diziam as suas «organizadas», quando a viam chegar. Chamavam-lhe sempre assim, a «responsável», e a ela não lhe agradava o nome, parecia-lhe grotesco e solene. «Podiam bem chamar-me Inês», pensava, com um aborrecimento subitamente submerso num mar de outras preocupações mais importantes.

...símbolo de consciência, objetividade e sangue-frio em tempos incertos:

Tinha na mão alguns impressos lançados pelos aviões ingleses. Era Alexander quem escrevia, o general Alexander, aquele que até agora tinha dito aos partigiani: - Façam isto, façam aquilo, sejam valentes, sejam corajosos, em breve vos iremos libertar, mas entretanto ataquem os alemães, destruam-lhe os transportes motorizados, façam saltar as pontes, destruam os canhões. Mandar-vos-emos tudo o que for necessário, mas enquanto esperam façam a guerra com o que arranjarem. Façam a guerra de todos os modos, deixem-se matar o mais possível, nós estamos aqui e estamos a olhar-vos. - As palavras eram diferentes, belas, bem redigidas, mas o sentido era este, até agora.

Inês é um símbolo maternal, sacrificial - uma mãe-coragem que arrisca a vida em nome do bem comum:

Inês tinha razão. «Aquilo que há para fazer, faz-se.» Estava habituada a contar pouco com os outros. Durante toda a sua vida, mais de cinquenta anos, arranjara-se sozinha. Sentia-se um pouco cansada, parecia-lhe que o coração se tornara demasiado grande, uma máquina no peito, uma coisa estranha e mecânica que trabalhava por sua própria conta, e ela cansava-se de trazê-la consigo. Nunca pensava no que faria depois da guerra. Desejava-lhe o fim por causa «daqueles rapazes», que não morresse mais nenhum, que pudessem regressar a casa. Mas ela já não tinha casa, já não tinha Palita, não sabia para onde ir.

Inês não tem idade, não tem género, não tem tamanho quando a causa é a liberdade - Viganò denuncia muito bem as contradições que põem em causa, quando conveniente, os papéis de género, os extratos sociais... -, Inês é a mãe, Inês é a candeia que alumia, Inês é o espelho que reflete e o espírito que perpassa pelo grupo de guerrilheiros que combate, dia após dia, o flagelo nazi:

Os alemães não sabiam que entre aqueles homens e aquelas mulheres, às voltas na neve, muitos, quase todos, eram partigiani. Estafetas enviadas com uma ordem escondida nos sapatos, dirigentes que se encaminhavam para reuniões nos estábulos dos camponeses, chefes que preparavam as operações onde ninguém as adivinhava. A força da resistência era esta: estar em toda a parte, caminhar no meio do inimigo, esconder-se nas figuras mais apagadas e pacíficas. Um fogo sem chama nem fumo: um fogo sem dar sinais. Os alemães e os fascistas punham-lhe os pés em cima, só davam por ele quando se queimavam.

Dura, combalida, resistente, Inês é mulher e é metáfora - uma Senhora Liberdade que dá a vida anonimamente pelo futuro, pelos filhos dos outros; uma resistente, uma lavadeira, uma heroína entre muitas que não se contam -, e a sua história é maravilhosamente anódina, vulgar, modesta e, por isso mesmo, fascinante e inspiradora.

Pedalaram um longo trecho em silêncio, depois Inês disse: - Pensas que a guerra acabará em breve? - Não sei -respondeu Clinto. - Esperemos que sim. Porque, se não acaba a guerra, acabamos nós. - Nós não acabamos - assegurou Inês. - Somos muitos. Quantos mais morrem, mais vêm. Quantos mais morrem, mais coragem temos. Ao contrário, os alemães, os fascistas, os que morrem levam consigo os vivos.
Profile Image for Lulli.
53 reviews
February 18, 2025
La forza della resistenza era questa: essere dappertutto, camminare in mezzo ai nemici, nascondersi nelle figure più scialbe e pacifiche. Un fuoco senza fiamma né fumo: un fuoco senza segno. I tedeschi e i fascisti ci mettevano i piedi sopra, se ne accorgevano quando si bruciavano. […] Ogni uomo, ogni donna poteva essere un partigiano, poteva non esserlo. Questa era la forza della resistenza.

Resistenza eroica e giusta per una fazione, ribelli e delinquenti per l’altra, in un Paese diviso in due e e in un periodo in cui regnavano confusione, paura e terrore, quando l’agognata vittoria era ormai vicina ma allo stesso tempo sfuggente. La politica si faceva dietro porte chiuse, da capi di Stato che tiravano le fila della storia, decidevano in autonomia i destini di nazioni intere e delle rispettive popolazioni, mentre il mondo là fuori rimaneva col fiato in sospeso.

L’Agnese si trova in balía di questi eventi epocali, sui quali lei non ha alcun potere, ma è costretta a subirli passivamente. Lei, che per tutta la sua vita non ha mai dato confidenza a nessuno, ha condotto la sua vita dura e difficile da contadina e lavandaia, facendo leva sulla sua inesauribile forza fisica, abituata a contare poco sugli altri, incurante della religione, una donna semplice ma autentica, per la quale la guerra cambierà il corso della sua esistenza in maniera improvvisa e imprevedibile. Perché è stata la guerra, sono stati i soldati nazisti che le hanno sottratto il suo Palita, che lei sa bene sin dal primo momento che non avrebbe più fatto ritorno, che non ce l’avrebbe fatta il povero Palita malato e cagionevole a sopportare un viaggio lungo e disumano verso i campi di lavoro forzato della Germania. Ma senza questo momento di svolta nella sua vita, l’Agnese non avrebbe mai scoperto il coraggio che si celava dentro di lei. Perché, se non aveva dubbi sulla sua forza fisica, il fatto di pensare velocemente e costruire frasi complesse non erano proprio il suo forte e nemmeno avrebbe mai immaginato di arrivare a combattere per un ideale, per un’idea bella, come le insegneranno il Comandante e tutta la brigata dei giovani e malnutriti partigiani di cui lei si prenderà cura come se fossero suoi figli, diventando così per loro Mamma Agnese.

Non è un’intellettuale l’Agnese, a malapena sa leggere, non conosce i piani del Comandante ma davanti al dovere e al pericolo lei non si tira mai indietro, dice sempre “Se sarò buona”, “Quello che c’è da fare, si fa”. Non è soltanto l’odio maturo e spietato che prende piede nel suo cuore quando le portano via suo marito, ma anche il credere alla causa dei partigiani, il volere la liberazione del suo Paese dalla potenza straniera e dai fascisti, gli opportunisti della guerra che vedono scemare il loro potere e il consenso del popolo, eppure fanno affidamento sulla forza brutale dei nazisti per mantenere quel briciolo di ordine grazie al terrore. Ma neppure gli alleati anglo-americani vengono risparmiati, coloro che bombardavano indistintamente postazioni militari del nemico e villaggi interi, civili innocenti e partigiani oppure che stavano inermi, senza intervenire nelle battaglie tra soldati tedeschi e gruppi di partigiani. Perché ciò che colpisce in questo libro è anche questo, il come il confine tra coloro che sono buoni e cattivi sia così labile, così sfumato, non definito. Tutti possono essere da questa parte o dall’altra al contempo. Persino il Comandante può essere cattivo, quando vuole la morte di ciascun tedesco perché tedesco, anche se si tratta di giovani soldati che fanno ordinari pattugliamenti, proprio perché il clima che regna è quello della paura, dell’incertezza, del guardarsi alle spalle, si naviga sempre in un mare con una nebbia fitta fitta. Gli abitanti che non si schierano ma decidono di condurre le loro esistenze in una parvenza di normalità, coloro che fanno le spie dai tedeschi a danno dei partigiani, sono tutti ora collaboratori ora antagonisti.

Il succedere delle stagioni è un elemento fondamentale della storia, che avvolgono la valle e i suoi abitanti in un’atmosfera che ora è quella del caldo torrido dell’estate, che fa seccare i canali, ora quella di un deserto i ghiaccio, distese bianche che coprono il terreno con un vento che ti taglia la pelle. Tutto questo contribuisce a dare un senso al racconto di quei mesi in cui si combatteva in una lotta clandestina, fatta di promesse non mantenute dagli alleati, di momenti in cui il tempo sembra si sia fermato e di irritazione, di timore per la propria vita e quella dei compagni, di assalti e azioni improvvisi, di speranza nel futuro in un mondo migliore che sarà da costruire da capo, perché guerre simili non si ripetano. E l’Agnese va a morir proprio in una giornata invernale fredda, in mezzo alla neve bianca, sentendosi apprezzata per il suo indispensabile e prezioso lavoro.
Profile Image for Cristina.
180 reviews8 followers
January 31, 2020
E' un libro forte, duro, crudo come la storia che racconta. Un libro che non si legge più a scuola, ma meriterebbe di essere riscoperto.
Profile Image for Francesca.
466 reviews528 followers
January 12, 2023
Un libro meraviglioso che parla di donne nella resistenza. Agnese è un personaggio interessantissimo da seguire, che deve compiere continue scelte difficili, decisa ma insicura, autoritaria ma fragile. È una donna che, dopo aver perso tutto, prende in mano la sua vita e si batte per ciò che è giusto, qualcosa che prima la interessava poco, “roba da uomini”. La guerra è mostrata così com’è, più che fatta di eroismo, è la quotidianità che regna sovrana. È strano mettere “guerra” e “quotidianità” nella stessa frase, ma come dice l’autrice “Cosí era il clima di allora nella vita partigiana, antieroico, antidrammatico, casalingo e domestico anche se eravamo alla macchia e la morte girava lí intorno”. La guerra ovviamente fa da padrone, ed è una guerra mai giusta, che mette famiglie contro famiglie, vicini contro vicini, che porta solo miseria, sofferenza e cattiveria, su tutti i fronti. Mi sembra di parlare dell’acqua calda, ma se ancora non avete letto questo libro, vi prego, fatelo.
Profile Image for Anna Ricco.
188 reviews33 followers
February 23, 2020
<< Un documento prezioso per fare capire ai più giovani e ai ragazzi delle scuole che cosa è stata la Resistenza: una guerra di popolo, la prima autentica guerra di popolo della nostra storia. [...] Tutto è sorretto ed animato che da un unica volontà, da un'unica presenza, da un unico personaggio. Si ha la sensazione, leggendo, che le Valli di Comacchio,la Romagna, la guerra lontana degli eserciti a poco a poco si riempiano della presenza sempre più grande, titanica, di questa donna. >>
Profile Image for Ermocolle.
472 reviews44 followers
January 3, 2022
Bello, toccante, emozionante.
Un romanzo sulla Resistenza, sul coraggio, la determinazione e la coesione di un gruppo partigiano; con un'attenzione particolare alle figure femminili, staffette preziose e indispensabili per la lotta armata contro l'invasore.

L' Agnese, carattere semplice e determinato, dopo la deportazione e la morte dell'amato marito Palita da parte dei tedeschi, abbandona la sua vita di lavandaia e si unisce ai partigiani.

Una sorte annunciata quella dell' Agnese che nulla toglie alla bellezza della storia narrata, una lettura che non si lascia dimenticare.

" La sera veniva giù fresca sull'umidità scura della campagna, la prima di tutte le sere senza Palita. Il mondo sembrava un altro, nuovo, estraneo, dove lei non avrebbe più lavorato: le diventava inutile la sua vecchia forza di contadina. Ma non malediceva il ragazzo disperso che cercava la via di casa, né si rammaricava di averlo aiutato. Lui non aveva colpa: soffriva della guerra, aveva fame e sonno, era giusto dargli da mangiare e da dormire. Nasceva invece in lei un odio adulto, composto ma spietato, verso i tedeschi che facevano da padroni, verso i fascisti servi, nemici essi stessi fra loro, e nemici uniti contro povere vite come la sua, di fatica, inermi, indifese."
Profile Image for Roberto.
365 reviews41 followers
January 27, 2025
E subito dopo sputava per terra

Ancora resistenza, ancora partigiani, ancora freddo e fango, sonno e fame, morte e speranza di un futuro migliore. Ma stavolta è una donna che racconta, stavolta è una storia vera, stavolta non è chi ha sparato, ma la staffetta che ha rischiato la vita ogni giorno perchè altri combattessero in suo nome.

La storia dell'Agnese è severa, intensa e profondamente forte come lei. Ed è scritta stupendamente così, come lei e i suoi compagni. Non ci sono fronzoli inutili, è una storia essenziale. Perchè quando ogni cosa può portarti alla vita o alla morte, allora non c'è spazio per ciò che essenziale non è.

Essenziale e indispensabile come questa lettura, come l'Agnese e come tutte le donne e gli uomini che si sono ribellati. Ribelli anche 'per gli imbecilli'. Che c'erano allora, che ci sono purtroppo ancora. Che non possono ricordare il dolore e il loro sacrificio, e per questo oggi rialzano la testa.
Profile Image for Benedetta.
96 reviews3 followers
May 25, 2025
“L’Agnese disse: - Dopo sarà un’altra cosa. Io sono vecchia, e non ho più nessuno. Ma voialtri tornerete a casa vostra. Potrete dirlo, quello che avete patito, e allora tutti ci penseranno prima di farne un’altra, di guerre. E a quelli che hanno avuto paura, e si sono rifugiati, e si sono nascosti, potrete sempre dirla la vostra parola; e sarà bello anche per me. I compagni, vivi o morti, saranno sempre compagni. Anche quelli che non erano niente, come me, dopo saranno sempre compagni, perché potranno dire: ti rammenti questo, e quest’altro? Ti rammenti il Cino, e Tom, e il Giglio, e Cinquecento… - Con quei nomi di morti, si rimisero a parlare di loro, ma non della morte: ne parlarono coi ricordi di prima, come se fossero vivi.”

Potevo scrivere altro, ma ho scelto queste parole qui, perché sono MERAVIGLIOSE 🙏🏻
Profile Image for Eleonora.
89 reviews40 followers
April 18, 2021
non so nemmeno io cosa scrivere di preciso,
perché io sono ancora lì,
nascosta con Agnese,
a lottare,
a donare speranza
quando fuori sembra impossibile.

Agnese ha un posto fisso nel mio cuore,
Agnese potrebbe essere nostra madre, una nostra zia, una nostra amica.
Agnese è lo spirito dell'amore onnipresente, anche quando bisogna scendere in guerra... 🧡
Profile Image for Eleonora Effe.
54 reviews10 followers
January 15, 2024
Libro meraviglioso e importante, per ricordare sempre cosa c’è stato nel passato recente del nostro paese, per non dimenticare il fondamentale ruolo delle donne nella resistenza.
Profile Image for Giada.
208 reviews18 followers
March 17, 2025
Agnese ha cinquant'anni e fa la lavandaia, ma quando il marito ( Palita) viene deportato, non ha dubbi: è giunto il momento di prendere parte alla Resistenza. Quella di Agnese è una scelta istintiva che non ha niente di politico; d'altronde la donna era rimasta sempre fuori da quelle dinamiche, lontana anche da quegli di guerra. Ben presto, Agnese diventa una punto di riferimento per i partigiani che la prendono come una mamma ( "mamma Agnese", infatti la chiameranno). La donna li prepara da mangiare, li cuce i calzini e si occupa di loro, consapevole che quei combattenti sono giovanissimi e che quindi hanno bisogno un primis di una figura materna.

Renata Viganò offre un lettura sulla Resistenza che non ha niente dell'idealizzazione sui partigiani e sugli Alleati, bensì è un racconto sincero su quell'umanità che ha contraddistinto tutti quei partigiani; uomini e donne che litigano, che crollavano ma che non hanno mai perso la forza per donarci quella libertà, oggi tutt'altro che scontata.
Profile Image for Sara Morelli.
727 reviews75 followers
March 21, 2021
"L'Agnese va a morire" è la storia della Resistenza, dei partigiani, della guerra e dell'Agnese. E Come descrivere l'Agnese? L'Agnese è una donna, è la mamma dei giovani partigiani e la vedova di quelli morti, è il simbolo della Resistenza, della lotta della libertà. Agnese sta andando a morire perchè a un certo punto la guerra dovrà pur finire e lei pensa a chi sopravvivrà e a chi verrà dopo.

"L'Agnese va a morire" è uno di quei libri che una volta finiti vorresti rileggerli subito, non tanto perchè ti siano piaciuti ma per riassaporarli con una consapevolezza diversa, la consapevolezza di chi già sa e non ha fretta di arrivare alla fine.
Profile Image for Bobparr.
1,149 reviews88 followers
May 25, 2023
Come si fa a non apprezzare questo testo compatto e antiretorico sulla Resistenza? Non si può: allora si sta lì, in mezzo a giornate sempre uguali, in mezzo a terra e acqua, ad acqua e terra, dove la vita e la morte dei nostri nonni si giocavano in uno sguardo di sbieco, in un incontro inatteso, in un moto di rabbia mal trattenuta.

Quando gli italiani erano 45 milioni e in molti di loro crescevano virtù che abbiamo disimparato - mentre in altri si manifestava la vigliaccheria che invece abbiamo tramandato - si svolge e si consuma questo pezzo di vita, epico senza clamori, coraggioso senza proclami, vero senza autocommiserazione.
Profile Image for Marcello S.
647 reviews291 followers
May 20, 2025
Sfogliando a caso qualche manuale di letteratura italiana del Novecento noto un po’ di sufficienza da parte di certa critica/accademia rispetto a questo romanzo: (1) Condizionato dall’evidente impegno ideologico, (2) Una visione tutta positiva ed elementare della lotta partigiana, (3) Eccessiva carica ideologica ed emotiva. Mah. A me è sembrato che oltre ad aver qualcosa da dire, Renata Viganò avesse anche un modo per dirlo. La scena dei partigiani che camminano storti per via del vento, si perdono nella notte e finiscono esausti sopra un campo minato è di una potenza unica. Le raffiche di aggettivi sono Fenoglio prima di Fenoglio. Non è Il partigiano Johnny o Una questione privata, ma li anticipa di parecchi anni.

[79/100]
Profile Image for Veronica.
149 reviews6 followers
October 23, 2024
Sapendo che è tutto vero anche se romanzato, ho provato angoscia e rabbia. Provo un profondo senso di ingiustizia. Fini alla fine ho sperato che non morisse, e se doveva morire, che morisse per malattia. O che so io. Invece è morta per un gatto. Che poi a ben vedere, ognuno ha il proprio gatto per cui morire.
Leggetelo, davvero.
Profile Image for Cirano.
196 reviews12 followers
March 22, 2020
Come un po' in tutti i romanzi ci si aspetta che alla fine tutto finisca bene, il cosiddetto "lieto fine", il "... e vissero felici e contenti". Ne "L'Agnese va a morire" non avviene; il romanzo si chiude bruscamente, all'improvviso, inaspettatamente (se non per le avvisaglie del titolo), quasi come una sassata, un colpo di fucile esploso nel silenzio della notte, in modo crudo.
Come cruda è tutta la descrizione della lotta partigiana in quei 19 mesi che separarono l'8 settembre '43 dal 25 aprile '45.
Il libro è il racconto di una storia vera messa nella forma del romanzo storico, infatti l'autrice non manca di dovizie di dettagli sugli armamenti e la composizione delle "truppe" dell'una e dell'altra parte.
Agnese è una donna comune che vive in un paese della provincia italiana come ce ne sono tanti.
Di colpo e per un fatto solo all'apparenza "banale" (un soldato tedesco uccide solo per divertimento la sua gatta) entra a far parte della lotta partigiana come è capitato a molte donne, ahimè, quasi sempre dimenticate all'indomani della Liberazione.
Il racconto si svolge nella bassa pianura veneta al confine con le provincie di Ferrara e Ravenna (questo lo si scoprirà solo in un articolo della stessa autrice apparso nel 1949 su L'Unità) anche se nel testo non compaiono mai nomi di luoghi quasi a voler sottolineare l'universalità della guerra di liberazione; infatti gli episodi narrati sarebbero potuti succedere in qualunque altra parte d'Italia allora occupata dai nazisti.
La descrizione dei paesaggi, spesso invernali, molto accurate ("Il freddo stringeva i ginocchi, le cosce, le anche, le piante dei piedi sembravano spente, piedi di un altro, di un individuo di legno. La terra era dura sotto la neve, poi anche la neve diventò dura, scricchiolò su quella terra senza compassione") sembrano rievocare la vita dura, i sacrifici, gli sforzi, compiuti da quelle donne e quegli uomini e dettati solo dal desiderio di liberare il proprio Paese dall'invasore, con vite vissute spesso al limite della sopportazione, sempre attenti a non cadere nelle mani dei nazi-fascisti (questo avrebbe comportato la morte certa molto spesso dopo atroci torture) o essere preda di traditori o delatori.
Traspare però qua e là anche la speranza, l'attesa della fine della gyuerra che stava lentamente logorando il fisico e lo spirito. La guerra sarebbe finita, molti di loro non poterono gustare la gioia di questa fine e per gli altri, quelli rimasti, dopo l'ubriacatura iniziale, fu il momento di fare i conti con la disillusione e molto spesso con il tradimento di quelle speranze.
Profile Image for Ilenia.
220 reviews23 followers
April 19, 2024
"Tu che cosa ne dici, mamma Agnese?"
"Io non capisco niente" rispose lei, levando dal fuoco la padella "ma quello che c'è da fare, si fa"


Nell'introduzione a questa edizione, Sebastiano Vassali scrive che il romanzo è "una delle opere letterarie più limpide e convincenti che siano uscite dall'espressione storica e umana della Resistenza"

In effetti, le pagine ci accompagnano senza troppi fronzoli in un contesto che non è autentico, ma che rende in modo nitido la quotidianità, la dimensione paesana e domestica di quella che fu l'esperienza della guerra e della Resistenza.

Senza fronzoli è anche l'Agnese, una donna corpulenta, semplice, all'inizio poco capace di comprendere appieno la complessità politica e sociale della situazione che si ritrova a vivere. L'Agnese considera tutto questo "cose da uomini", finché non si ritrova coinvolta in prima persona, diventando una staffetta partigiana e molto più di questo: una compagna di lotta, una madre per i più giovani con i quali sa essere tanto dura quanto apprensiva, rassicurante e materna.

Man mano che l'Agnese vede, comprende, matura e sviluppa le proprie idee, anche il lettore inizia a cogliere l'atmosfera e tutta la complessità del periodo storico: i tedeschi che tiranneggiano i civili e che si comportano con sdegno anche verso i fascisti, sottomessi e vigliacchi con i forti quanto infidi e spietati con gli indifesi, gli alleati che esortano alla resistenza ma che stanno a guardare passivamente o addirittura danneggiano i combattenti partigiani, una popolazione civile ormai allo stremo che reagisce alla paura e alle privazioni nei modi più diversi, e poi le attese infinite, la fame, il freddo, le torture, i compromessi morali, la tensione costante e la sensazione che non esista al mondo un posto sicuro, al riparo. Agnese si rende conto che nella guerra esiste una distinzione di classe e che la Resistenza combatte per la libertà anche in senso sociale, per quello che verrà poi, un giorno.

Lei non vedrà mai quel domani tanto atteso, questo lo sa fin dal principio (così come il lettore, che lo deduce già a partire dalla copertina), però lo sogna per gli altri e, fino alla fine, offre instancabilmente il proprio lavoro, la propria fatica e tutto quel poco che ormai le resta di se stessa per la costruzione di un sogno di libertà, ben consapevole che "i ribelli muoiono per gli imbecilli" ma che "quelli che restano, anche con gli imbecilli faranno i conti"

Il miglior romanzo che potessi leggere per prepararmi al 25 aprile
Profile Image for matteo.
156 reviews5 followers
December 3, 2022
Quando si muore si grida, pure avendo paura dei vivi.
Profile Image for Laura.
119 reviews8 followers
January 2, 2021
I tedeschi non sapevano che fra quegli uomini e quelle donne, in giro fra la neve, molti, quasi tutti, erano partigiani. [...] La forza della resistenza era questa: essere dappertutto, camminare in mezzo ai nemici, nascondersi nelle figure più scialbe e pacifiche. Un fuoco senza fiamma né fumo: un fuoco senza segno. I tedeschi e i fascisti ci mettevano i piedi sopra, se ne accorgevano quando si bruciavano.

Non è facile esprimere a parole ciò che si prova leggendo L'Agnese va a morire. Si tratta innanzitutto di un libro avvincente, che ho divorato in due giorni. Poi è emozionante, struggente e intenso: mi è capitato quasi di piangere leggendo della morte di alcuni compagni e delle torture da loro subite. Quello che Renata Viganò è riuscita a trasmettere con questo romanzo è molto potente: la Resistenza vissuta da una staffetta, l'Agnese, una donna che mai si era occupata delle "cose del partito", che mai avrebbe pensato di diventare indispensabile per la sopravvivenza dei compagni partigiani. Una persona umile, onesta e lavoratrice, che sceglie di rischiare la propria vita ogni giorno per la libertà, in sella ad una bicicletta mezza rotta. La sua modestia poi è caratteristica dei discorsi con il Comandante in cui egli le affida i compiti da svolgere e nei quali emerge la sua più totale lealtà nei confronti della causa, accompagnata sempre da quel "se sono buona". Ma l'Agnese è soprattutto una persona integra moralmente, che in nessun momento si piega al volere dei nazisti e non dimentica mai di sputare da dove sono passati (un gesto di una grande importanza simbolica, a parer mio). Dalla sua figura inoltre emerge anche una forte speranza, nonostante le situazioni avverse che le si presentano continuamente davanti, come emerge dalle sue parole:
Siamo vicini alla paga, appena verrà la buona stagione. Ai tedeschi e ai fascisti non gli rimane più niente. [...] Mi sono sbagliata. Gli rimane la paura.

Ho gradito molto lo stile incalzante di Viganò, soprattutto nelle scene di battaglia. La lettura risulta così molto scorrevole, ed è quasi impossibile staccarsi dal libro.
In conclusione lo consiglio davvero a chiunque: è una testimonianza essenziale della Resistenza, ma soprattutto è la storia di tante donne partigiane che hanno contribuito a restituirci la libertà.
Profile Image for Lilirose.
581 reviews77 followers
August 27, 2025
Un romanzo tanto semplice quanto intenso.
Racconta la lotta partigiana senza retorica, ma anche senza nessuna pretesa di obiettività o di distacco: si nota che l'autrice ha partecipato alla resistenza in prima persona e ne ha abbracciato completamente gli ideali. E' un mondo in guerra quello descritto nel romanzo e non c'è spazio per le zone di grigio: da una parte ci sono i partigiani, dall'altra tutto il resto; non solo i tedeschi e i fascisti ma anche i collaborazionisti, i "paurosi" e perfino gli alleati, rei di non aver mai davvero aiutato e supportato la resistenza.
La protagonista è il simbolo di quello che secondo la Viganò significava realmente essere un partigiano: grassa e malandata, di mezza età e non particolarmente brillante, dopo la deportazione del marito Agnese si butta a capofitto nella lotta perchè sente che non può fare altrimenti, che non c'è altra scelta possibile se si vuole rimanere umani e non perdere il rispetto per se stessi.
Il messaggio del libro è tutto lì, in quell'urgenza di partecipazione e di comunione.
Lo stile è scarno e quasi brusco, come si addice ad un mondo contadino; solo nelle descrizioni naturali troviamo ogni tanto dei momenti più intimi e poetici.
Non è un capolavoro e forse manca di complessità, ma è uno di quei libri che andrebbero studiati a scuola; non solo per ricordare, ma anche per capire meglio una pagina fondamentale della nostra storia recente.
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