“Sapete cosa un buon pugile non deve mai fare? Non bisogna mai farsi stringere in un angolo. Se sei costretto all’angolo, finisci per prendere così tanti colpi che bastano pochi secondi per perdere un incontro.
Non sono mai stato un pugile e non ho mai desiderato di esserlo. Però ho capito di essere su un ring. Non da solo. Insieme a me, prima di me, in tanti, al nostro arrivo in Italia, siamo stati messi in un angolo. Costretti a subire ingiustizie e discriminazioni, molte volte da chi, da figlio o nipote di emigranti, non andava solo contro di noi, ma contro il proprio passato e la propria memoria.”
Aboubakar Soumahoro da molti anni difende i diritti dei lavoratori. Arrivato in Italia dalla Costa d’Avorio, ha conosciuto da vicino le insidie di un tessuto civile che sembra sempre più logoro e incapace di garantire i diritti minimi che dovrebbero essere riconosciuti a ogni essere umano. Il suo è un avvertimento: siamo davvero sicuri che l’angolo del ring sia riservato ai migranti?
Forse dietro “i mestieri che gli italiani non vogliono più fare” si nasconde il degrado delle condizioni generali di lavoro, che chi arriva in Italia sprovvisto di tutele e di diritti è costretto ad accettare per sopravvivere. È così che si spiega il gran ritorno della retorica del “prima gli italiani” e della “razza”: uno stratagemma per abbassare il costo del lavoro e per ridurre drasticamente la distanza legittima tra lavoro e sfruttamento. La domanda che dobbiamo porci è radicale: può esistere un capitalismo non razzista? Questo manifesto riempie un vuoto del dibattito politico italiano. Aboubakar Soumahoro sa cosa significa essere privati di un diritto e per questo sa anche cosa significa lottare per conquistarlo.
Una trattazione molto sentita della situazione di emarginazione e sfruttamento delle categorie di lavoratori più emarginati, dagli stagionali agricoli ai rider, ai lavoratori della logistica… Mostra come la situazione degli immigrati sia un aspetto particolare dello sfruttamento generale, ad onta di tutte le azioni (nuove leggi sull'ingresso degli extracomunitari in particolare) che tendono a categorizzare questo aspetto, per convincere che i problemi sorgono dall'immigrazione e non dallo schiacciamento di tutti i lavoratori da parte dei datori di lavoro, ma più ancora da parte della Grande Distribuzione Organizzata, che decide i suoi margini di guadagno, scaricando i costi sugli anelli più deboli della catena produttiva.
Un libro in cui Aboubakar rivendica a gran voce la necessità di riportare al centro di ogni discorso la persona, indipendentemente dalla sua origine geografica. Ogni essere umano ha il diritto alla propria umanità e alla propria felicità.
Un libro che fa riflettere. Non perdiamo il senso dell’umanità... Cito Don Lorenzo Milani: “Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora io reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni sono la mia patria, gli altri i miei stranieri.”
Questo libro mi ha restituito speranza per il futuro. Fortuna che esistono ancora grandi uomini come Aboubakar Soumahoro. Quando penso alle tante persone come lui che ancora lottano per la giustizia, non mi sento sola.
Aboubakar Soumahoro - Umanità in rivolta. La nostra lotta per il lavoro e il diritto alla felicità [Ed. Feltrinelli, 2019]
Breve saggio socio-politico scritto dal sindacalista e attivista italo-ivoriano Aboubakar Soumahoro. Con la sua scrittura limpida e accessibile, ma che non sfugge dalle complessità, Soumahoro riassume in un centinaio di dense pagine alcuni dei temi più importanti e spinosi della società contemporanea, in particolare l'immigrazione e la dignità lavorativa. Sicuramete da elogiare il meticoloso lavoro su fonti e riferimenti: politico-economici, ma anche filosofici e culturali tout court. Notevole inoltre il capitolo sulla razzializzazione causata dalle leggi italiane in materia di immigrazione, dal 1990 a oggi, che offre una prospettiva per nulla scontata sul tema. Lettura consigliatissima per chiunque voglia provare a comprendere le complessità del mondo contemporaneo, al di là delle indebite semplificazioni degli slogan dei politici.
"Sapete cosa non deve mai fare un pugile? Non deve mai abbassare la guardia. E, più importante ancora, non deve farsi mettere all'angolo. Nel momento in cui sei all'angolo, puoi nascondere la faccia tra i guantoni o provare a schivare, ma prendi così tanti colpi che in pochi secondi finisci al tappeto. Devi svincolarti, non importa come, importa solo uscire velocemente da lì. [...] Anch'io per molto tempo sono stato messo all'angolo. Non da solo, ma insieme a tante altre persone costrette a subire ingiustizie e discriminazioni. Gli artefici di queste discriminazioni erano spesso figli o nipoti di immigranti che così facendo agivano contro di noi e contro la loro memoria. Non sono mai stato pugile né ho desiderato esserlo. Però ho capito che, insieme a quelle persone, noi siamo tutti su un ring e che vorrebbero tenerci per sempre all'angolo. Noi possiamo essere poveri, sfruttati e precari, non importa, dobbiamo uscire dall'angolo. Possiamo essere tante cose ma non saremo mai schiavi." [pp. 11-12]
Ce livre, est un mélange entre récit de vie, essai politique et manifeste pour la dignité humaine. Aboubakar Soumahoro, arrivé de Côte d’Ivoire à 19 ans, raconte son expérience de travailleur agricole dans le sud de l’Italie et les luttes qu’il a menées pour les droits des migrants et des travailleurs précaires.
C’est un livre dense : on y trouve des chiffres, des analyses économiques, des références à des penseurs, des histoires de travailleurs migrants, des citations de figures comme Nelson Mandela. On en ressort avec le cerveau plein d’infos et d’émotions. Parfois, ça peut sembler un peu trop — toutes les luttes sont abordées en même temps — mais c’est ce qui est fort : on en ressort avec l’impression de porter toute l’humanité en révolte en soi.
Soumahoro parle aussi du racisme contemporain, celui qui se cache derrière des arguments « culturels » ou « historiques » : « Les hommes sont tous égaux, mais le monde irait mieux si chacun restait chez soi… » — un discours qu’on entend encore aujourd’hui, parfois même chez des personnes issues de l’immigration.
Un libro con interessanti spunti di riflessione su un tema sempre molto "caldo", quello degli immigrati.
Facendo proprio il punto di vista dell'autore, a suo tempo anche egli immigrato in Italia, si può comprendere meglio quali sono le difficoltà quotidiane di vivere una vita "normale" per tutti quelli che vanno via dal proprio paese e che spesso cercano solo di vedere realizzato il loro diritto alla felicità, in un luogo diverso, talvolta migliore, di quello in cui sono nati.
Fa rabbia anche accettare che le (presunte) più grandi democrazie del mondo si avvalgono di strumenti legislativi che, anziché rimuovere, accrescono gli ostacoli, sul cammino verso una reale uguaglianza tra gli uomini.
Mi sono piaciuti i primi capitoli, più autobiografici, e l'ultimo, sulla ridistribuzione della ricchezza e il lavoro dei rider ecc. Alcuni capitoli li ho trovati un po' tecnici (come linguaggio) o non abbastanza approfonditi. Tutto sommato mi sento di consigliarlo.
È un resoconto delle lotte sindacali dei lavoratori - migranti nell’Italia del sud, sono presenti brevi cenni autobiografici che, se più frequenti, a mio parere avrebbero reso la narrazione più avvincente.
''Ogni essere umano ha il diritto di viaggiare e di circolare. I dannati della globalizzazione in movimento oggi sono forse più nomadi degli esploratori e dei colonizzatori? La libertà di circolazione non è un'invenzione dei migranti, ma una pratica millenaria. Viene spontaneo domandarsi perché oggi questo diritto venga considerato innaturale''
L'ho letto appena prima che lo scandalo delle ONG investisse Soumahoro e la sua famiglia, alla luce di quelle rivelazioni la lettura perde molto, soprattutto la simpatia e ammirazione per Soumahoro. Lo spaccato che racconta e le storie racchiuse nel libro invece colpiscono dritto al cuore, ricordando un Italia che tutti sappiamo esistere ma di cui ci dimentichiamo troppo facilmente.
Un libro che dà speranza nel futuro del nostro Paese. Descrive chiaramente i problemi socio-politici (che purtroppo ci trasciniamo dietro da anni) e offre alcuni scenari per risolverli.