Marianna De Leyva, la monaca di Monza de I promessi sposi del Manzoni non era certamente sola nel monastero di Santa Margherita, con lei c’erano molte altre fanciulle “forzate” al velo claustrale contro la propria volontà. Le vicende che le coinvolsero s’inquadrano in un microcosmo di sortilegi e malefici, lussuria e pratiche ascetiche, disciplina e corruzione del clero. Le fanciulle venivano sacrificate a calcoli d’ambizione e d’interesse, d’avarizia e d’eredità, trasferite dai sogni dorati dell’adolescenza ai silenzi austeri delle celle, dai nascenti amori alle privazioni e all’isolamento della clausura, cui si contrapponevano i fantasmi d’una cupa disperazione, d’un irrefrenabile desiderio, d’una perversione della natura. Sotto l’abito claustrale si celavano le tentazioni, s’insinuavano i peccati, si profanavano i corpi e le anime. Se la Religione ne fu oltraggiata, la colpa va ricercata nell’infamia della nobiltà e del potere civile e religioso arroccato nei propri privilegi e nell’uso ignobile delle fanciulle. La più vergognosa delle ingiustizie s’era abbattuta sulle monache di Monza forzate al peccato e alle quali era stata chiesta una tremenda riparazione alla santità pretesa e violata. Il silenzio e il buio sono scesi per sempre su quella tragedia umana e religiosa che ha consegnato alla storia le monache di Monza.
Marianna De Leyva è una ragazzina di tredici anni piena di vita, bella e benestante, figlia di Martino De Leyva, un nobile spagnolo e di Virginia Maria Marino, unica erede di uno degli uomini più ricchi di Milano, deceduta a causa della peste quando Marianna era ancora piccola.
Marianna viene costretta dal padre a farsi monaca di clausura, pur non avendo la benché minima vocazione. In quell'epoca molte nobili fanciulle milanesi venivano costrette a prendere i voti, per essere "educate" ma anche per interessi politici ed economici.
Marianna, rinchiusa nel monastero di Santa Margherita, a sedici anni prenderà i voti diventando suor Virginia, la celebre monaca di Monza de "I promessi sposi" di Alessandro Manzoni.
Nonostante la sua vocazione non sia autentica, Marianna cerca in ogni modo di placare il suo animo passionale resistendo ai piaceri della carne, ma quando il conte Gian Paolo Osio inizia a corteggiarla, aiutato dal parroco Paolo Arrigone, la sua morigeratezza inizia a vacillare...
La prima cosa che colpisce di questo romanzo è la copertina: un dipinto di Heinrich Lossow chiamato "Il Peccato"(1880), perfettamente attinente alle vicende narrate nel romanzo. L'autrice ricostruisce la storia di suor Virginia e il contesto storico corrotto e maschilista nel quale ha vissuto insieme alle altre monache.
La castità nei monasteri era spesso solo apparente: le suore si offrivano volontariamente o venivano costrette a soddisfare i desideri sessuali dei parroci o dei nobili, a patto che le violazioni alla castità venissero il più possibile tenute segrete. Erano proprio le suore a dover subire la condanna peggiore in caso scoppiasse lo scandalo, venendo per l'appunto "murate vive".
Il romanzo è scritto in un linguaggio volto a ricalcare quello dell'epoca, risultando tuttavia molto scorrevole e coinvolgente, privo di fronzoli o inutili descrizioni che spesso vengono utilizzate per "allungare il brodo".
Il lavoro di ricerca svolto dall'autrice, rende di notevole pregio la parte relativa ai processi delle monache, mettendo in luce la denigrazione e l'umiliazione delle suore al centro dello scandalo e la durissima e triste condanna ad essere murate vive per espiare i peccati della carne.
Un romanzo storico intrigante che si legge in pochissimo tempo.
La storia per certi versi terribile di Marianna De Leyva, la Monaca di Monza, e delle sue consorelle costrette a farsi monache anche senza averne la vocazione, in un'epoca dove le famiglie, specie quelle nobili, decidevano il destino delle figlie in base alla convenienza. La lettura della parte riguardante i processi è stata più pesante, perché il racconto si fa preciso, meno giocato sui toni del romanzo, basato sui documenti storici e quindi risulta più arido. Il destino finale di queste donne, condannate ad essere murate vive e "morte al mondo", fu atroce. Ho trovato un cardinal Federico Borromeo molto meno misericordioso e comprensivo di come me lo ricordavo dalla lettura dei Promessi Sposi, quasi che, se il penitente era un uomo (l'Innominato, nel Manzoni), fosse stato più degno di perdono!
Avevo letto l'anteprima del romanzo e mi ero fissata a volerlo leggere a tutti i costi così ho richiesto una copia alla casa editrice e me l'ha gentilmente invita. Non vi nego che mi aspettavo qualcosa in più, qualcosa di nuovo e di veramente scandaloso magari non ancora conosciuto ma la lettura è stata ugualmente piacevole anche se non originale.
La protagonista principale è Marianna De Leyva. L'autrice inizia a narrare dalla sua adolescenza, di quando viene costretta dal padre a prendere i voti fino alla fine dei suoi giorni. Molto sviluppata e ben descritta la relazione clandestina avuta con Gian Paolo Osio. Invece ho trovato troppo frettolosa la parte dove racconta che viene "murata viva". Avrei preferito leggere qualcosa di più approfondito e dettagliato. Il titolo è ciò che mi ha incuriosito di più, ma purtroppo ne sono rimasta delusa. Recensione completa sul blog: https://lasabbianellaclessidra.blogsp...
Murate vive è un testo di narrativa storica, è vero, ma se pensate che per questo possa annoiarvi vi sbagliate di grosso. Personalmente è una lettura che ho divorato, perché mi ha incuriosita parecchio e si è rivelata ben articolata e ben documentata.