È notte. Su un’autostrada del Nord Italia industriale corre una macchina con a bordo tre funzionari di una ditta commerciale. Tornano a casa da un viaggio di lavoro, sono stanchi, nulla di strano che decidano di fermarsi in un autogrill per bere un caffè e comprare le sigarette; una breve sosta prima dell’ultimo sforzo. Ma in quella stazione di servizio, sotto gli occhi indifferenti dei camionisti assonnati e delle ragazze del bar, il destino aspetta uno di loro. Una leggerezza e una banale dimenticanza lo faranno precipitare nelle maglie di un meccanismo giudiziario impeccabile nella forma, efficiente nei metodi, implacabile nelle conseguenze.
Italian writer and doctor. Andrea Vitali è nato nel 1956 a Bellano, sulla riva orientale del lago di Como, dove esercita la professione di medico di base. Ha pubblicato Il meccanico Landru (1992), A partire dai nomi (1994), L'ombra di Marinetti (1995, premio Piero Chiara), Aria del lago (2001) e, con Garzanti, Una finestra vistalago (2003, premio Grinzane Cavour 2004, sezione narrativa, e premio letterario Bruno Gioffrè 2004), Un amore di zitella (2004), La signorina Tecla Manzi (2004, premio Dessì), La figlia del podestà (2005, premio Bancarella 2006), Il procuratore (2006, premio Montblanc per il romanzo giovane 1990), Olive comprese (2006) e Il segreto di Ortelia (2007), La modista (2008, premio Ernest Hemingway) e Dopo lunga e penosa malattia (2008), Almeno il cappello (2009, premio Casanova; premio Procida Isola di Arturo Elsa Morante; Premio Campiello selezione giuria dei letterati; finalista premio strega), Pianoforte vendesi (2009) e Mamma de sole (2010) . Nel 2008 gli è stato conferito il premio letterario Boccaccio per l'opera omnia.
Deludente, un po' di Kafka, un po' di Buzzati, ma senza la loro lucidità. Non avevo mai letto nulla di questo autore e credo che non farò un secondo tentativo almeno per un po'.
Libro surreale, fuori dagli schemi. Vorrebbe trasmettere forse angoscia ma personalmente non me ne ha trasmessa . Surreale come certi Murakami però mi spiace ma siamo anni luce. Diciamo che Vitali sa fare di molto meglio in versione giallista. Almeno però si legge in un baleno, che visto il prezzo potrebbe essere un'altra nota di demerito...
Un Vitali parecchio diverso da quello che conosco - non necessariamente una brutta notizia. Purtroppo l'originalità latita, e se il paragone è da farsi con Kafka...
Libro surreale, diverso dai soliti libri di Vitali. Forse un esperimento, per provare nuovi stili, nuove idee. Non l'ho apprezzato. Meglio il "solito" Vitali con il suo "solito" stile. Un libro che vuole trasmettere un senso di angoscia, un senso di irreale quasi alla Murakami. Ma Vitali, molto bravo come autore, non è Murakami. Insomma, non è un libro che consiglio.
Non sono riuscito ad apprezzarlo per nulla, non ho capito l'intento dell'autore né cosa volesse dire. Ho letto ed apprezzato altri lavori di Vitali ma questo proprio no. E' corto e finisce presto e questa è l'unica nota positiva.
Un uomo d'affari di successo, insieme a qualche collega, di ritorno da un viaggio di lavoro serale, vengono d'improvviso scortati in un edificio anonimo e sperduto per un controllo, con la sottintesa scusa o motivazione della sua carta d'identità scaduta.
Dopo una sfiancante attesa, finalmente viene chiamato anche lui come tutti gli altri. Lungo il corridoio, il protagonista domanda ad un uomo dove sia l'uscita: "Non c'è", dice. Come non c'è? Decide allora di cercarla da solo, e trovata, fuori c'è un taxi: sale e arriva a casa.
L'uomo si sveglia. È ancora nello stanzino dell’edificio. Un funzionario gli ordina, con tono impassibile, carta e biro in mano, di rivelargli il reato commesso, perché vuole "sapere la verità, conoscere la realtà dei fatti, di ciò che è accaduto". Per il protagonista è tutto un sogno, ed è convinto che presto si sveglierà nel letto di casa sua, farà colazione assieme alla sua famiglia e si recherà a lavoro come di routine. «Dovevo lasciar perdere la storia del sogno, pur non capendo dove ero adesso, dove ero stato prima, ma non avevo da confessare niente, non avevo reati da confessare». Il funzionario sospira: capita di trovare colpevoli che si pentono e vergognano per quello che hanno fatto o che vogliono “sfuggire alla giustizia”. Gli fornisce allora un “modulo”, che in gergo altro non è che una stanza privata, dove “riflettere sulla colpa commessa”. L’uomo ripete che non ha fatto proprio nulla: il funzionario non gli crede di certo, e precisa che la giustizia non richiama persone senza conoscerne i delitti.
In quella stanza — e in tutto l'edificio — il tempo trascorre senza che ci siano orologi o calendari sui quali seguirlo: sulla carta il tempo passa attraverso numeri, ha una fine perché esso stesso lo l'ha, mentre dalla finestra — presente nella stanza — no, perché "monito costante per lo spreco che se ne fa, inutilmente, cercando una via d'uscita quando non ne esiste che una” ovvero la confessione del reato.
Il protagonista apre gli occhi, il letto cigola e accanto a lui trova sua moglie; in cucina chiacchierano, suo figlio lo saluta, e l'uomo, pronto ad indossare la sua maschera di business man, si prepara ad andare a lavoro. Tornato, è sera: si stende sul letto, chiude gli occhi, e quando li riapre rivede la finestrella del modulo. È notte anche lì. All'alba vede entrare quattro uomini. Si chiedono come avessero fatto a non accorgersi della sua morte. Sente ad uno dei quattro dire che da giorni rifiutava il cibo; da un altro, che la moglie si era risposata e che il figlio aveva voluto lavare il disonore di "un padre come lui" entrando alle dipendenze del sistema del modulo. Gli altri lo credono morto ma l'uomo è vivo: spegne il suono della sveglia, cerca di scrollarsi di dosso il turbamento del sogno, e si avvia verso un'altra giornata di lavoro. Quella notte decide di non dormire; tuttavia il sogno porta strascichi subconsci nella sua vita conscia: prende l'abitudine di fumare, e mangia meno. Si accorge poi che la sua carta d'identità è effettivamente scaduta, e immediatamente si reca a rinnovarla. Un'impiegata, che "sembra di plastica", con sguardo assente gli sbotta: "Cosa Le è saltato in mente? Perché l'ha fatto?”. Ma lui non ha fatto niente. Un impiegato gli chiede se aver aggirato la sorveglianza, fuggendo da un "semplice controllo", non sia reato. Se non ammetterà le sue colpe allora verrà arrestato. L'impiegata prende a cambiare sembianze: inizia a somigliare alla moglie del protagonista — allora egli si convince che si tratta dell'ennesimo sogno. E intanto viene ammanettato.
Quando l’accogliente profumo del caffè di colazione preparato dalla moglie gli penetra le narici, apre gli occhi: davanti a lui, la finestrella del modulo.
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Il mio primo Vitali, il cui movente è la scoperta del Claudio Moneta narratore. Lettura interessante, di gran lunga meno confusionaria e orribile di quanto la media delle recensioni riferisce. Avrei preferito una maggior sensazione di angoscia, ma tutto sommato una lettura suggestiva.
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Avrò iniziato a fare la "conoscenza" di questo autore con il libro sbagliato? Non lo so, ma una, ma dico una, recensione positiva non c'è? E' non è il solito, chi rivuole i soldi indietro, per chi è scritto male.... l'unico elogio è la lunghezza del testo, cioè breve! Ora, siccome io non ho mai letto niente di suo, non posso paragonarlo ad altri lavori precedenti. E devo proprio dire che non mi è dispiaciuto. E' particolare, molto particolare... Anzi, è surreale, un mix di realtà e sogno, e viceversa che si alternano, con il risultato di far venire l'ansia, un senso di angoscia che ti accompagna per buona parte della lettura. Inizia come tanti altri libri, un normale viaggio di rientro dal lavoro, con dei colleghi, una sosta in autogrill per un caffè. Fin qui nulla di strano: è anche la presentazione del libro. Poi un "uomo coi baffetti" entra nel locale semi vuoto; non si sa chi sia, non si capisce bene che lavora faccia fino a quando gli chiede i documenti...per un normale controllo. Ecco, da qui in poi, pensereste in un proseguo di un classico giallo. Invece no. E' da questo punto che, poco alla volta, l'angoscia si inizia a sentire, a provare un senso di "smarrimento", a non capire cosa accadrà. Poi si cambia di nuovo, il risveglio e una giornata di routine inizia ma dura poco e .... ecco si ricomincia con altra "mancanza di realtà". Ma non solo. Io ho avvertito una sorta di prevaricazione nei confronti del protagonista. Dover confessare cose mai fatte, non essere creduto a nessun costo... una frustrazione, lieve, che aumenta poco a poco. Che si mescola ancora una volta all'angoscia, anzi, penso che derivi proprio da questa. Non penso che sia scritto male, anzi il contrario. Perché in alcuni punti non si capisce se ci troviamo nel sogno o nella vita reale, si confondono così bene.
Un Vitali completamente diverso, quasi alla Carrisi. Un intreccio continuo di alternanza tra sogno e realtà del personaggio, un commesso viaggiatore ma di alto livello. Il bello è che neanche lui riesce a capire la distinzione tra i due momenti. Tutto inizia con un controllo di documenti a un autogrill, il suo è scaduto e uno strano personaggio (non in divisa) lo porta in un luogo per fare 'un controllo'. La mia lettura è: 1) può capitare a tutti in un momento della vita (anche realizzata, il personaggio ha un bel lavoro, famiglia, casa) di avere un momento di debolezza e non sentirsi all'altezza di tutto ciò che ci circonda; 2) per questo motivo (succede a tutti) è irrilevante il luogo dell'azione, anche se si intuisce è dove lo status sociale ed economico conta di più (al nord); 3) anche un regime democratico può avere nelle sue pieghe procedure e comportamenti pericolosi per l'individuo innocente, della cui innocenza però pare avere l'onere della prova. Ben calibrata la suspense tra veglia e realtà e il numero di pp., anche una in più sarebbe stata di troppo.
L'idea di partenza è interessante, ma lo sviluppo non all'altezza. Un racconto lungo dove sogno e realtà si confondono. Il problema è che, anche a causa della narrazione in prima persona, pur di riempire pagine si divaga noiosamente. Un po' come quegli sconosciuti che, in treno o nella sala d'aspetto del medico, pur non avendo nulla da dire, vogliono a tutti i costi parlare e ti ammorbano con le loro tediose vicende personali di cui nulla ti importa. Ok, Vitali, la sperimentazione l'abbiamo fatta. Ora, per favore, torniamo alla Bellano degli anni '50 ed ai suoi pittoreschi personaggi.
"Documenti prego" di Andrea Vitali. Non il solito Vitali che, a dire il vero mi aveva proprio stancata, ma un Vitali inedito. Un thriller circolare dove le azioni si ripetono all'infinito e dove il confine tra immaginario e realtà è confuso se non del tutto assente. Niente da fare, non mi ha convinto nemmeno con questa inversione di genere con tendenza Kafkiana (Il castello). Brutto e angosciante.
Vitali cambia completamente la ricetta dei suoi libri, abbandona il suo amato lago e scrive un romanzo dal sapore kafkiano, in cui è difficile capire cosa sia reale e cosa sia onirico. Bello: rapido avvincente, con un perenne e sottile senso di disagio che accompagna la lettura che un po' mi ha ricordato (ma non perché gli somigli) "Dopo lunga e penosa malattia". Inimitabilmente efficace il suo modo di raccontare.
Non l’ho amato, assolutamente. Non amo Vitali in genere, ma mi incuriosiva questo libro per il tema diverso dai suoi soliti. Il libro è claustrofobico, opprimente, ma ha due pregi: è breve ed ha scatenato un’interessante discussione al gruppo di lettura, ognuno ha interpretato in modo diverso. Per qualcuno era un sogno infinito, per altri una realtà, per altri ancora il risultato di un e orme senso di colpa per una malvagità commessa.
Mi era stato consigliato...ma devo dire parecchio deludente. Mi piace come anche in Italia si stia cercando di andare in questa sottocategoria di thriller ma ad una certa sembrava di leggere un tema d'Italiano di un ragazzino delle medie "e alla fine..mi svegliai" wow che plot twist! Battute a parte, poteva essere davvero bello perché l'intenzione c'era..manca il senso logico e il dove volesse andare a parare.
Sinceramente? Non capisco tutte le recensioni negative sotto questo titolo. È vero che è un Vitali sicuramente diverso rispetto a "Sono mancato all'affetto dei miei cari" oppure al "La verità della suora storta", ma io ho trovato il libro intelligente, interessante e con un atmosfera surreale, simile al libro "Apocalisse" di Tiziano Sclavi. Mi è piaciuto come realtà e dimensione onirica si siano intrecciati. Per chi è solito fare i cosiddetti "sogni lucidi", è un libro assolutamente da leggere.
3.5 stelle. Una carta d'identità scaduta che non corrisponde più al legittimo proprietario. Traditore di se stesso e delle persone che ama, ma senza rendersene conto o, forse, senza volerlo ammettere. O magari mi sbaglio. Questo libro mi ha tenuto sulle spine dalla prima all'ultima parola. Il disagio del protagonista insinuato, pervasivo, in me dalla prosa precisa e penetrante.
Per chi conosce i libri di Vitale non si aspetti di poter leggere una nuovo indagine del maresciallo Maccadò o una nuova situazione umoristica sulle rive del lago di Como. In questo romanzo si legge un Vitali diverso che dimostra di saper scrivere anche dei gialli dove il sogno diventa realtà e la realtà diventa sogno lasciando il lettore spiazzato e confuso.
Non è il genere di storia che ti aspetteresti ti venisse raccontata da Andrea Vitali. Finché di Kafka ti viene a parlare delle mele, va tutto bene. Quando invece ti costruisce una specie di sogno febbrile che in qualche modo te lo rievoca, allora le cose vanno meno bene.
Va bene l'esercizio stilistico di giocare su più livelli temporali , va bene giocare sul dubbio tra realtà e sogno... ma alla fine bisogna far quadrare tutto, caro Vitali. Personalmente, non mi piace non trovare un senso in quello che leggo
Efficace testo di suspense, a metà tra l'onirico, lo psicologico e la denuncia delle storture di una autorità sempre più confusa con l'autoritarismo. Breve, si legge d'un fiato, spinti dall'ansia di sapere come si potrà concludere l'incubo dello sventurato protagonista.
Non dico che sia un brutto libro perché sono riuscita a leggerlo nonostante il blocco. Ma mi ha lasciato completamente indifferente e a tratti ho avuto la sensazione di essere dentro a un delirio senza capo né coda. Non penso di voler leggere altro dell'autore
Questo è il libro mensile del mio gruppo di lettura. Bocciato in toto. Sono rimasta in attesa di una svolta fino all'ultima parola e sono rimasta basita e delusa dal finale. Fortunatamente è un libro corto che non mi ha impegnato più di un pomeriggio.
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