Il Dolore Dei Pesci racconta la storia di un ragazzo, cresciuto in una Sicilia guardona, repressa e decadente. Teo si ritrova unico erede di un appartamento borghese; il padre, con il quale scambia singolari lettere, è fuggito in giro per il mondo. Si parla la “lingua incomprensibile del non amore”, che usa chi non sa comunicare con l’altro. “Qualcuno mi spieghi la differenza tra l’amore e il dolore”, chiede con forza il protagonista. Uniche figure presenti nella sua vita sono Nico e Viola, un ragazzo che ama il travestimento e una ragazza omosessuale dal carattere molto forte. Con i suoi amici nonché nuova famiglia di adozione, Teo vive incontri bizzarri che scandalizzano l’intorno dei condomini perbenisti, episodi grotteschi che flirtano spesso con l’assurdo, a volte violenti, altre volte teneri. Come in un diario di qualcuno costretto all’esilio da se stesso, Teo ci fa boccheggiare assieme a lui nel tentativo di risalire verso la luce, trovare un po’ d’aria, un po’ d’amore. Può una storia che racconta di sesso, perversioni, violenza, degrado, solitudine e morte, essere delicata e intensa, come una pennellata di Schiele o di Goya? Sì, può esserlo, se nasce dalla penna di Luca Giumento.
L’ho concluso con una lacrima debole. Perché qui dentro c’è come un cuore polposo e rosso che pulsa tutto il dolore del mondo. Ho amato la narrazione frammentaria, incalzante, un po’ come Ellis, e quei film maledetti di Korine e Clark. Ho apprezzato assai le analessi, tipo tasselli di mosaici indispensabili, come le squame di un pesce grosso e vorace. E c’ho visto anche mamma. Il dolore suo. E il mio
Non servono molte parole per descrivere questo bellissimo romanzo. Semplicemente leggetelo e calatevi nel mondo di Teo, delle sue storie con gli amici Nico e Viola, nel suo flusso di parole e racconti, nelle lettere che da lontano gli scrive il padre, nei suoi racconti di incontri reali e virtuali, di feste, dell'umanità varia che ci circonda. Il tutto ambientato in una Palermo decadente che in una Sicilia narrati in maniera inusuale. Consigliatissimo.
Luca Giumento scrive un romanzo lacerante, di una potenza che sembra fatta di inchiostro e incastri di sillabe, virtuosismi di immagini, rimandi intellettuali di una suggestione che non può lasciare indifferenti. Ne Il dolore dei pesci è – in primis – la scrittura a incantare, a lasciare un segno nel pulsare del lettore, a legarlo a sé pagina dopo pagina, come se l’autore avesse tra le mani una bacchetta magica, più che una semplice penna. Perché la scrittura di Giumento è tutt’altro che semplice – ma non per questo meno fruibile! Il suo è un narrare accorto, soppesato, intelligente; e la narrazione, proprio per questo, procede incalzante tra la concretezza delle azioni e le sospensioni delle riflessioni, tra il susseguirsi delle vicende tangibili e i check point che si intravedono nelle corrispondenze di cui Il dolore dei pesci è pieno.
Teo – il protagonista del romanzo – è un giovane omosessuale al culmine della propria pienezza e, insieme, al limite del suo smarrimento. Trovatosi prematuramente proprietario di un appartamento, circondato da perbenisti borghesi a lui non somiglianti, sorretto da un microcosmo di affetti e viandante nella ricerca di ricordi, certezze e amore, Teo spalancherà le porte del suo spirito, consentendoci di sbirciare dalla serratura del suo cuore, delle sue vibrazioni, del suo passato da ricomporre – con l’augurio di potersi permettere un futuro meno nebbioso.
Il dolore dei pesci è un romanzo che necessita di immersione, che chiede al lettore la fiducia di una mano tesa e l’abbandono di cui munirsi per cedere all’indeterminatezza di alcune domande; perché solo lasciandosi abitare dai dubbi, solo interrogandosi e cercando sarà possibile tornare al punto in cui le risposte si sono posate – nell’attesa del nostro ritorno.
Il dolore dei pesci racconta di relazioni e di famiglia, di amicizia e accettazione, di perdono e rinascita, della rivolta necessaria, della rivendicazione, del “lasciar andare”; Luca Giumento ci racconta tutto questo unendolo all’Arte – con richiami di suggestione efficaci – alla sessualità, alle perversioni, allo scambio. Perché in queste pagine si respira tanta vita – l’euforia e la depressione, l’alba e il crepuscolo, la genesi e la stasi – e, dando loro fiducia, ciascuno di noi potrà riconoscere un frammento di sé, il passaggio rapido di fronte a uno specchio, la memoria della salsedine nelle narici mentre il sole sorge e i pescatori assonnati mostrano con orgoglio l’esito della loro notte di fatiche e speranze – insieme a quel muto dolore di chi rimane adagiato su un tappeto di ghiaccio a implorare un respiro prezioso come una lacrima di mare.
Il libro è disponibile sul sito della casa editrice SuiGeneris (clicca qui) e su Maremagnum.com (clicca qui)
Capitoli brevi molto apprezzati! Pensieri filosofici e trattazione della depressione bellissimi, intensi e crudi. Scorrevolezza pessima, troppo pesante a tratti. Però c'erano comunque pagine che mi mangiavo tutta di un fiato da quanto fossero potenti e violente.
C’erano delle parti veramente devastanti e toccanti peró questo tipo di scrittura non è molto il mio genere e in più tendono a non piacermi i libri scritti in prima persona a meno che non siano veramente perfetti quindi nulla. Per me non ha molto funzionato questa lettura.
Pensieri intelligenti e lingua capace, persi in situazioni ripetitive, decadenti e grottesche fino allo sfinimento. Pagine di un diario senza evoluzione, dove si salvano solo quelle che descrivono il rapporto con la madre.