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The Game Unplugged

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Dopo il grande successo di The Game, in cui Alessandro Baricco ha raccontato l’insurrezione digitale, prende la parola chi nel Game è nato e cresciuto.

01_Raffaele Alberto Ventura
02_Francesco Guglieri
03_Pietro Minto
04_Philip Di Salvo
05_Andrea Zanni
06_Marina Pierri
07_Alessandro Lolli
08_Davide Coppo
09_Matteo De Giuli
10_Elisa Cuter
11_Valerio Mattioli
12_Francesca Coin

Una pattuglia di giovani sommozzatori si avventura nelle acque profonde del Game, dove le correnti sono forti e cambiano direzione di continuo. Ognuno di loro illumina una porzione di quest’abisso, tracciando rotte sempre diverse che raccontano un universo complesso, in cui sapersi orientare è più urgente che mai. Dalla retromania alle serie Tv, dall’inflazione del capitale simbolico alla celebrità di massa, dall’intelligenza collettiva ai bot. Tenetevi pronti: è un viaggio mozzafiato.

296 pages, Paperback

First published June 4, 2019

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Displaying 1 - 7 of 7 reviews
Profile Image for Nood-Lesse.
418 reviews308 followers
September 20, 2019
Google richiede la tua posizione

Avevo dichiarato che non mi sarei lasciato irretire da quella che consideravo una trappola per turisti, un ristorante dirimpetto alla torre pendente. Passati alcuni mesi dalla lettura del Game invece eccomi a pranzare nel dehor. La torre che pende e mai non va giù mi guarda ghignando. 12 autori che hanno letto il Game di Baricco e ne prendono spunto per assecondarlo o contraddirlo a seconda delle proprie convinzioni. La prima cosa che mi salta agli occhi è che sono tutti quanti più giovani di me e anche di parecchio. La seconda è che analizzano un mondo in cui già loro sentono di aver fatto il proprio tempo (figuriamoci io); il mondo dei millennials. Le considerazioni sono sciolte, ognuno propone le sue, potrebbe trattarsi di 12 articoli da rivista. In tutti gli autori c’è una certa deferenza nei confronti degli albori e dei padri fondatori del digitale già introdotti da Baricco (non riesco a tenere in mente i loro nomi). A parte quei due che già Houellebecq aveva messo in un quadro dentro La carta e il territorio, la maggioranza degli altri credo sia sconosciuta ai più.

Ci sono numerosi spunti di riflessione, ne copio uno a cui sono particolarmente sensibile
La differenza della retromania con la generica nostalgia, ciò che la rende la cifra culturale dei nostri anni, è che la retromania è resa possibile dagli archivi digitali. Senza di essi non potrebbe esistere. Per la prima volta nella storia abbiamo accesso all’archivio digitalizzato del passato prossimo: su Spotify posso ascoltare qualsiasi canzone in qualsiasi momento, su YouTube ogni pubblicità, ogni jingle, ogni sigla di cartone della mia infanzia, su Netflix, Sky Now, Mubi, ogni serie, ogni film o quasi, tutto il porno su YouPorn. Non c’è piú selezione della memoria, filtro del canone e delle egemonie culturali, non ci sono piú le élite che controllano l’accesso all’archivio, decidono cosa conservare e cosa invece non è degno (secondo l’ideologia delle stesse élite…): evviva.

Quante volte vi è capitato di rileggere il brano di un romanzo rivedere lo spezzone di un film e pensare “non me lo ricordavo così”. La possibilità illimitata di accedere agli archivi digitali uccide la nostalgia. La nostalgia altro non è che la nostra versione delle cose filtrata dal tempo. Tutto ciò che posso rivedere e riascoltare in maniera esatta, puntuale, si scontra con il mio ricordo personalizzato e inconsciamente aggiustato. La retro credo sia una mania di cui attualmente sono titolari soprattutto i nati nei ’70 e negli ’80 e non è neppure strano che le serie tv più famose al momento siano ambientate in quegli anni. Chi le ha pensate era bambino in quel periodo, ha quei ricordi e se ne serve per farli diventare prodotto per coetanei e millennials.

E poi copio questo grazie al quale mi sono sentito anacronistico
Vi ricordate? Vi ricordate com’era Internet prima che Mark Zuckerberg ci convincesse che fosse necessario un passaporto, con tanto di nome, cognome e foto personale? Be’, era l’esatto contrario. Su Internet si entrava rigorosamente in incognito, con un soprannome, detto nickname, e una foto profilo che mai era la nostra faccia ma un’immagine tratta dalla cultura pop e che si chiamava «avatar». Non c’erano pagine personali, ci si incontrava in spazi collettivi come chat e forum e si andava lí per discutere o per conoscersi, interagendo attraverso buffi soprannomi e l’immagine di Ian Curtis o di Naruto come foto profilo. Non era solo un gioco da ragazzini, benché all’epoca il «popolo del web» fosse composto per la maggior parte da giovani. Erano anzi le generazioni precedenti a diffondere paranoie sul mondo virtuale: non dare mai i tuoi dati, non dire chi sei, non mandare assolutamente

Accidenti, perché Mark Zuckerberg non ha mai neanche rischiato di convincermi? Sono fermo a quell’epoca in cui reale e virtuale erano due cose distinte, canali separati. Sono un uomo che è rimasto in una caverna mentre il mondo veniva civilizzato. Che cosa mi sono perso? Credetti che non fosse concepibile una rete di nomicognomi e cazzi nostri in onda. Non solo mi sbagliai, mentre il fenomeno stava crescendo non mi accorsi neppure che la rete come l’avevo conosciuta era finita a favore dell’auto profilazione spontanea. Io ti fornisco lo strumento, tu in cambio mi racconti tutto di te, così ti farò delle offerte mirate in base ai tuoi gusti. Tutto questo non ti costerà niente. Tu riempi i moduli, quante più cose metterai tanto più sarai rintracciabile, perché sappilo, potenzialmente tutto il mondo potrebbe essere interessato alla tua vita di merda. Non ci credi? Avrai dei riscontri, passeranno da te e ti schiacceranno il pollice e tu farai altrettanto. Gusti e preferenze declinati con cadenza giornaliera, quindi in modo dettagliato non tirando via come nel compilare uno di quegli inutili test statistici del mondo analogico. Quando non paghi la merce sei tu, l’assunto non fa una piega. Siamo diventati tutti la merce dei colossi del web, compresi noi anacronistici uomini delle caverne.

Chiudo con questa teoria sui videogiochi che potrebbe essere estesa al successo planetario dei social che per molti ormai sono diventati più reali del reale
McGonigal sostiene che l’industria del gioco offra realtà virtuali migliori della realtà. «Il mondo reale semplicemente non offre altrettanto facilmente i piaceri disegnati nei giochi, le sfide eccitanti e i forti legami sociali creati dalla realtà virtuale. La realtà non ci dà la stessa motivazione. La realtà non è creata per far crescere al massimo il nostro potenziale. La realtà non è stata disegnata per farci felici. […] La realtà, paragonata ai giochi, è rotta».

Io chiudo ma il libro rimane aperto a tutti coloro a cui interessi confrontare la propria posizione attuale (dopo che hanno autorizzato google a rilevarla) con quella di altri utenti geolocalizzati che in questo libro hanno fornito la loro.
Profile Image for Marcello S.
637 reviews288 followers
August 9, 2019
Non ho ancora letto The Game, più che altro per la poca attrazione verso la produzione recente di Baricco. Ma potrei farlo.
Poco tempo fa però sono stato alla presentazione di questo seguito, in cui ogni autore si è presentato da solo sul palco per presentare il suo intervento al libro. 10 minuti a testa, stile TED Talk. Il risultato mi è sembrato interessante e mi ha fatto venir voglia di saperne di più.

Alcune parti sono più ovvie, altre mettono curiosità e ti spingono ad approfondire. In generale ne esce un discorso collettivo interessante. Un buon punto per iniziare a (ri)pensare la rivoluzione digitale e il tardocapitalismo e un valido tentativo per raccontare i cambiamenti e gli spostamenti che agitano la società. [70/100]

Chi dice cosa:

01_Raffaele Alberto Ventura / Realtà e finzione: dalle scene di caccia nelle caverne, a Don Chisciotte, ai videogiochi, a internet. Il capitale simbolico di Bourdieu. Studi, competenze, legami.
02_Francesco Guglieri / Videogiochi, retromania, ossessione per il passato e in particolare per gli anni ’80. Archivi digitali. Black Mirror: Bandersnatch e il nostro lavoro di consumatori.
03_Pietro Minto / Bot e traffico internet: “La maggior parte delle cose cha avvengono online non è fatta da noi umani ma da robottini invisibili”. Test di Turing, intelligenza artificiale, Amazon.
04_Philip Di Salvo / Operazioni di controllo e sorveglianza automatizzata: aeroporti, aree di confine, internet. Non trasparenza, presunta neutralità, diritti civili, etica. Marginalità della visione umana.
05_Andrea Zanni / Aaron Swartz. Intelligenza collettiva. Dalla Scuola di Barbiana di Don Milani, a Linux, a Wikipedia.
06_Marina Pierri / Netflix e serie tv. Lost Breaking Bad, The Walking Dead, Game of Thrones…
07_Alessandro Lolli / L’anonimato nelle prime community su internet, i meme (forma d’arte della massa per la massa). La rivoluzione di FB: verticalità, rete, nome reale. Shitposting. Disagio e strategie di resistenza.
08_Davide Coppo / Come si estrae il cobalto, che alimenta batterie di smartphone e auto elettriche. Tigri. Piante. Cibo e alimentazione. Diffusione della consapevolezza.
09_Matteo De Giuli / Cambiamenti climatici. Tempo di interazione sui social. Meteo ≠ clima. Filtri e algoritmi.
10_Elisa Cuter / Mmm, non ci ho capito molto.
11_Valerio Mattioli / Stockhausen, Jobs, Silicon Valley. La rivoluzione digitale e la finzione della semplicità.
12_Francesca Coin / Sfruttamento e dipendenze nell’industria digitale. La perdita di valore dell’individualità.

Oggi il game ha reso incredibilmente facile acquistare, vendere, prestare, far circolare il capitale simbolico: lo hanno trasformato in un gioco persino divertente. C’è solo un piccolo problema: visto che è diventato più facile per tutti, insomma non c’è più il buttafuori all’ingresso, la discoteca è diventata affollatissima. Quello che doveva rendere tutto più facile di fatto look ha reso più difficile.

Un mondo in cui siamo costantemente sorvegliati, è un mondo di cui, poco alla volta, impariamo a non fidarci.

58 reviews
September 22, 2022
A differenza del primo volume (The Game) è una raccolta di saggi brevi a firma di giovani studiosi dell'argomento. È quindi una collezione preziosa di opinioni e punti di vista sul tema.
Profile Image for Mangoo.
255 reviews30 followers
September 22, 2019
Qui si trova una serie di commentari al libro di Alessandro Baricco, che nel loro complesso sono piu' interessanti dell'originale - se non altro perche', a leggere la sua postfazione, hanno portato il Baricco stesso ad aprire gli occhi su molti aspetti da lui non citati o sottovalutati (capitalismo? miseria psicologica?) nella stesura di quella che lui chiama la mappa di questo continente nuovo. Insomma, lo hanno riportato difronte alla realta', molto meno sbrilluccicante e meno infusa di idealismo libertario (bensi neoliberista) di quello che ci voleva far credere lui. E in aggiunta, questo ha le referenze a fondo libro per ogni capitolo, a differenza dell'originale; e in generale e' piu' tecnico e preciso e in definitiva meno arbitrario e piu' cogente.
Profile Image for Lorenzo Pichetti.
6 reviews
September 8, 2019
Assolutamente consigliato a tutti coloro che abbiano letto e si siano appassionati a The Game. Riflessioni diverse che ampliano la mappa già tracciata nel primo libro, ma comunque legate tra loro da una sinergia del tutto non scontata.
Profile Image for Stefano Sotgia.
90 reviews5 followers
November 3, 2019
Non ho letto il libro di Baricco, né questo libro mi suscitava particolare interesse. Ma ho visto la presentazione in stile Ted, in cui ogni autore aveva a disposizione qualche minuto per presentare il proprio contributo. Ho trovato quella presentazione molto efficace, ed ecco perché alla fine ho deciso di leggerlo. Sono piccoli saggetti scritti da autori giovani sul tema della rivoluzione digitale: se alcuni sembrano abbastanza risaputi - almeno per chi, per lavoro o per passione, di questo si interessa - ce ne sono alcuni che meritano senz'altro la lettura: Guglieri sulla retromania, Di Salvo sulla sorveglianza automatizzata, Zanni su Aaron Swartz, Coppo e De Giuli sull'antropocene. 
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