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Vous êtes fous d'avaler ça !

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Un industriel de l'agroalimentaire dénonce

Matières premières avariées, marchandises trafiquées, contrôles d’hygiène contournés, Christophe Brusset dénonce les multiples dérives dont il est, depuis vingt ans, le complice ou le témoin dans les coulisses de l’industrie agroalimentaire.Ingénieur de haut niveau devenu dirigeant au sein de groupes internationaux, à 44 ans, il a décidé de « faire aujourd’hui son devoir » et de briser la loi du silence.Piment indien rempli de crottes de souris, thé vert de Chine bourré de pesticides, faux safran marocain, viande de cheval transformée en boeuf, confiture de fraises sans fraises, origan coupé aux feuilles d’olivier, etc.Les arnaques qu’il révèle sont nombreuses mais ses conseils rassemblés dans son « guide de survie en magasin » devraient vous permettre d’en déjouer la plupart.Christophe Brusset raconte la course de vitesse planétaire entre fraudeurs pour fournir aux industriels des matières premières toujours moins chères. Son récit effarant est une plongée saisissante et pleine d’humour dans un monde souvent sans foi ni loi.« Soyons directs, ce qui intéresse les industriels, c’est votre argent. Pas votre bonheur ni votre santé ! »

303 pages, Paperback

First published September 1, 2015

23 people are currently reading
491 people want to read

About the author

Christophe Brusset

7 books19 followers
Christophe Brusset, 47 ans, ancien dirigeant au sein de groupes internationaux de l'agroalimentaire, est l'auteur de Vous êtes fous d'avaler ça ! publié chez Flammarion en 2015 et vendu à plus de 60 000 exemplaires.

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Displaying 1 - 30 of 98 reviews
Profile Image for Dagio_maya .
1,100 reviews345 followers
April 21, 2019
“Mi pare di sentirli, i pignoli, che protestano contrariati sullo sfondo. Ma, alla fine, visto che nessuno sta male, nessuno viene leso! Cosa c’è che non va?”

Per quanto una persona possa essere informata sulle schifezze che si combinano nel mondo dell’industria alimentare in nome del dio denaro, beh, in ogni caso, ogni ulteriore informazione e/o testimonianza non può lasciare indifferenti.
Se, personalmente, mi reputo attenta nel leggere etichette e scegliere i prodotti che porto in tavola questo tipo di dichiarazioni mette a dura prova le mie convinzioni di agire nel giusto,
Proprio l’altro giorno sono entrata nel supermercato e mi aggiravo tra le corsie con una certa nausea…
Come ben spiega Jonathan Safran Foer (“Se niente importa: Perché mangiamo gli animali?”) ogni riflessione (sia razionale sia emotiva) nei confronti di ciò che mangiamo è surclassata dalla questione del gusto.
In parole povere, ogni spiegazione su cosa contiene un determinato prodotto e come viene realizzato è controbattuta dalla risposta: «…ma è così buono!!».
Risposta a cui segue la chiusura di ogni canale di ascolto.
Questo è il vero motivo della passività del consumatore su cui Brusset punta il dito ed incita al termine di questo testo.

Ma chi è costui?
Christophe Brusset si presenta come veterano dell’industria agroalimentare.
Ingegnere e trader di una compagnia di cui non svela il nome.
Attenzione: se cercate indicazioni precise di marchi e prodotti da cui tenersi alla larga, qui non ne troverete certo.
Brusset ci tiene al suo lavoro (eh, beh...).
Lavoro che comunque ha continuato a svolgere anche dopo la pubblicazione del libro e nonostante si sia creato nemici nell'ambiente alimentare (ma va?!?!?).
A questo proposito risponde così in un’intervista:

”Sono ancora nell'industria del cibo, mi occupo di prodotti naturali per animali in un'azienda più in linea con i miei principi. Ho l'ufficio in Asia. Per me fare lo stesso lavoro di prima in Europa sarebbe impossibile…”.

Difficile credere che ora si occupi di qualcosa di naturale nel vero senso della parola, soprattutto dopo aver letto aneddoti su aneddoti in merito proprio all’inaffidabilità delle produzioni asiatiche!!!!

Dunque, Brusset dice ai consumatori:
«Difendetevi! Ribellatevi, perché avete voi il coltello dalla parte del manico!!».

Ehm...
C’è qualcosa che non mi torna, però….

Il racconto delle sue esperienze lavorative nel campo agroalimentare è condotto con un tono beffardo proprio nei confronti del consumatore.
Ogni aneddoto rimarca quel senso di superiorità che Brusset condivideva con i suoi colleghi.
E questa supremazia non era (e non è!!!) altro che la forza del più furbo che dice:
«Toh, ti ho fregato!».
Mi sarebbe piaciuto leggere di un mea culpa più esplicito da parte sua (tipo: «sono stato un uomo di merda e ve ne chiedo scusa!») invece è tutto uno schernire l’ingenuità del consumatore come in questi esempi:

” Imbrogliare il consumatore è facilissimo, in più è legale! Mi spingerei persino a sostenere che si è istigati a farlo.”

” Lo yogurt è troppo caro? Nessun problema, si aggiunge un po’ d’acqua, gelatina e amidi modificati. Non si dice più “yogurt” ma “preparato lattiero”. In ogni caso, il consumatore non ci capisce niente, e poi basta rifilargli un bel nome genuino e scriverlo in grande sulla confezione.”

” l mio consiglio: se avete qualche risparmio, investite in azioni di ditte produttrici di compresse contro il bruciore di stomaco, le allergie o il cancro.” (Sic!!!!)

Quindi che dire?

Devo ringraziare il signor Brusset per avermi spiegato che non devo comperare nulla che sia spezzettato e polverizzato, nulla che sia confezionato con cartone riciclato e che devo diffidare delle date di scadenza?
Oppure devo ringraziarlo per avermi dato della cogliona per 140 pagine?
Due stelle perché comunque ci sono alcune informazioni utili.

All’uomo Brusset non attribuisco stelle-
Non credo che il suo senso civico possa ritenersi assolto dalle colpe solo con la sola pubblicazione di un libro dove ci sono frasi come la seguente:

” Ma, beninteso, noi siamo dei professionisti dell’agroalimentare, persone discrete, e il nostro ruolo non consiste nel rassicurare l’opinione pubblica.”

Dunque, qui si parla di reati gravi (in senso giuridico ed umano)- ma significativamente B. intitola l’ultimo capitolo “Colpevoli ma non responsabili.”.
Dunque. se gli industriali sono colpevoli chi sono veramente i responsabili?
Indovinate!!

Profile Image for Eva Gavilli.
544 reviews137 followers
March 8, 2022
Boh...mi aspettavo un libro un pò più circostanziato e che entrasse nei dettagli delle schifezze che mettiamo in tavola, un qualcosa di approfondito e che magari potesse anche essere di una qualche utilità, invece l'ho trovato piuttosto superficiale e banale, pieno di informazioni di dominio pubblico, che il consumatore conosce ormai da anni. L'autore è un francese che descrive più che altro le metodologie poco ortodosse e poco rispettose della salute che vengono poste in essere da alcuni grandi distributori e importatori francesi (per i quali sembra aver lavorato in posizioni apicali per almeno venti anni), non so, magari per i francesi questo libro è stato una rivelazione, magari non sono poi così informati come gli italiani (visto quanto è rinomata la loro cucina, però, mi sembra strano che non abbiano una cultura a proposito), ma io francamente nel leggere i "consigli" che l'autore dà per mangiare sano sono rimasta basita..."non comprate negli hard discount e non comprate le sottomarche sconosciute"...ma và? Non ci avrei mai pensato..."preferite i prodotti locali, regionali o nazionali, ma non quelli che vengono dall'estero, men che mai se vengono ad fuori Europa"...no, davvero? Dici che comprare la salsa di pomodoro cinese non va bene?!? Nooo, via, lasciamo perdere...
***
Dunno ... I was expecting a little more detailed book, one that would go into the details of the crap that we put on the table, something in-depth and that maybe it also could be of some use, instead I found it rather superficial and banal, full of information in the public domain, which the consumer has known for years. The author is a Frenchman who describes more than anything else the unorthodox and disrespectful of health methodologies that are put in place by some large French distributors and importers (for which he seems to have worked in top positions for at least twenty years), I don't know, maybe for the French this book was a revelation, maybe they are not as well informed as the Italians (given how famous their cuisine is, however, it seems strange to me that they do not have a culture about it), but frankly in reading the "advice" that the author gives for healthy eating I was stunned..."do not buy in hard discount stores and do not buy unknown subbrands" ... but really? I never thought about it..."you prefer local, regional or national products, but not those that come from abroad, let alone if they come from outside Europe" ... again, really? You say buying Chinese tomato sauce is not good?!? Nooo, come on, forget it...
Profile Image for Silver.
195 reviews3 followers
April 9, 2018
3.5/5
¡Hola amigos! 🙋 vamos a hacer algo diferente hoy. Preparáremos unos platillos con recetas que saqué de internet y los productos “premium" de la industria agroalimentaria.
Ensalada de lentejas con gambas: En una sartén sofreír dos chalotas picadas (en realidad son cebollas échalion que cuestan mucho menos), dos zanahorias picadas con un poco de aceite, agregar 200 g de lentejas (provenientes de un envase de papel reciclado con restos de barnices, tintes y otros productos químicos), laurel y 600 ml de agua. Cocer durante 25 minutos. Escurrir las lentejas, sacar el laurel y condimentar con sal y pimienta (molida finamente con caca de rata), azúcar, vinagre balsámico y perejil. Mezclar y dejar enfriar.
En aceite freír 24 gambas (hinchadas con agua hasta un 30-40 %) por cuatro minutos. Agregar limón picado, un diente de ajo picado y remover.
Repartir las lentejas en cuatro platos, salpimentar las gambas y colocarlas encima de las lentejas.
Para el postre: En un vaso y en capas colocar yogur (llamada “preparación láctea" porque esta llena de agua con gelatina y almidón modificado), mermelada de fresa (hecha de fruta estropeada y con defectos) y miel (mezcla artificial de glucosa y fructuosa, polen, colorantes y aroma).
Y para terminar tomar un té (de gama baja y llena de pesticidas, pero eso sí en un bonito envase).

Bon appétit. 😂

“Seamos francos y directos: lo único que les interesa de ti a los industriales, al igual que a las cadenas de grandes superficies, es tu dinero, no tu felicidad ni tu salud. Recuérdalo siempre."


Profile Image for Abc.
1,113 reviews108 followers
May 27, 2018
Molto interessante, anche se a fine lettura ti fa venire voglia di diventare respiriano. Il succo di tutto il discorso è che l'industria alimentare non ha nessunissimo scrupolo, mira solo ad aumentare i propri guadagni e chissenefrega delle conseguenze su chi consuma i prodotti schifezza venduti.
In questo libro si trovano alla fine dei consigli su come orientarsi nel fare la spesa per cercare di salvaguardare la propria salute, ma l'impressione è che comunque qualcosa di tossico ti finirà nel piatto in un modo o nell'altro.
Ciò che trovo ancora più raccapricciante è l'immobilismo legislativo. Possibile che non si possa sapere con certezza da dove arriva un determinato prodotto? Possibile che basti fargli fare un po' di giri per il mondo per farne perdere le tracce? Perché non mettere in atto dei controlli più severi? Ne va della salute di ognuno di noi, non credo siano argomenti sui quali poter scherzare come fa l'autore in questo libro scaricando la responsabilità sui consumatori. E chi tutela i consumatori?
Io, nel mio piccolo, da domani inizierò a coltivarmi le spezie sul balcone e a fare la spesa con maggior cognizione di causa. Per il resto spero in Dio...
Profile Image for Anne♡loves♡romance.
143 reviews77 followers
July 30, 2016
Un livre oh combien révélateur qui m'a laissée sur le cul. Evidemment, les bien-pensants diront que l'auteur est un hypocrite ou qu'il ne cherche uniquement que la promotion de son œuvre, et qu'est-ce qu'on en a à cirer? L'essentiel c'est que l'on soit enfin informé en détail des pratiques pourries de l'industrie agro-alimentaire. Merci les grandes surfaces de nous tuer à petit feu!
La nourriture est la base de notre vie. Un manuel à lire ABSOLUMENT si l'on ne veut pas mourir d'un cancer ou autre maladie engendré par les produits en vente dans les grandes surfaces (bio inclus).
Profile Image for Fefi.
1,029 reviews16 followers
September 27, 2019
Come si fa a non riflettere su tutto quello che è scritto in questo libro !
Le Aziende agro-alimentari di cui parla lo scrittore sono francesi, ma non sono così sicura che qui in Italia sia molto diverso.
Partendo dal presupposto che un Azienda deve sempre avere un margine di profitto ed essere concorrenziale, a chi frega di quello che poi succede al consumatore finale?
Ora ho capito come mai nei nostri grandi supermercati ci sono il Grande Marchio, il marchio del supermercato (ad esempio prodotti a marchio Coop) e il marchio a sottoprezzo (che è sempre del supermercato Coop). Frodi su frodi su frodi ! Per non parlare di tutte le cose scritte su come passare i controlli qualità, tutto davvero molto interessante.
Noi consumatori finali siamo spesso orientati a spendere di meno, soprattutto per la crisi in cui siamo completamente immersi, ma ho capito che è dannosissimo per la nostra salute.
Tralasciando la parte in cui si dice di non comprare mai cibo cinese, anche perché sono gli stessi cinesi che non comprano più i loro prodotti locali da anni(e ci sarà un motivo), si consiglia di consumare prodotti freschi locali e di leggere attentamente le etichette sul prodotto confezionato. Bene : io i prodotti alimentari cinesi non li considero proprio, per ora sono solo nei loro grandi supermercati,ma quando faccio la spesa alla Coop/Basko non trovo mai, e ripeto mai, limoni italiani e dico limoni, per non dire anche altri tipi di frutta o verdura. Qualcuno penserà che dovrei andare nei negozi di ortofrutta e io vi rispondo: venite a farvi un giro a Genova e guardate i negozi che ormai abbiamo (piuttosto muoio di fame !). Questo per dire che, alla fine, ci obbligano a comprare quello che vogliono loro.
Potrei scrivere per ore, ma mi fermo qui.
Comunque consiglio questo libro, alla fine ci sono anche dritte su come affrontare la giungla dei supermercati che ho trovato molto utile.
Profile Image for Mery_B.
822 reviews
February 26, 2019
3'5

Debes ser consciente de una vez por todas de que, a fin de cuentas, eres tú, el consumidor, quien tiene el poder. Utiliza ese poder para lograr cambiar las cosas.

No confíes en nadie; infórmate, aprende lo básico sobre lo que comes, y así será muchísimo más difícil que te engañen.
Profile Image for Iza Brekilien.
1,567 reviews128 followers
July 30, 2016
OK, on a beau se douter - les scandales arrivant les uns après les autres - que dans l'agro-alimentaire, ce ne sont pas des petits saints, j'ai lu des choses dans ce bouquin qui m'ont fait froid dans le dos. Et renforcée dans ma conviction que mon supermarché bio et mes fournisseurs bio/locaux/éthiques, etc, je le valais bien !

L'auteur commence par un historique de la nourriture frelatée - ça remonte aux Grecs et aux Romains, pas trop de surprises de ce côté-là. Puis il se présente : il a travaillé pendant plus de 20 ans dans l'industrie agro-alimentaire (ingénieur, acheteur, trader, directeur des achats) en France et ailleurs. Et il nous dit tout.

La véritable origine des produits "français", le ratio poids/emballage, les "additifs alimentaires" contre les "auxiliaires technologiques", le... "jambon", les emballages en carton douteux en contact direct avec les aliments, le relooking, les DLC et DLUO, les champignons bleus, les beignets de légumes tout préparés, les épices en poudre contenant poils, crottes, voire mégots de cigarettes, le miel sans miel, la confiture de fraises qui n'en a que le nom, les produits "épuisés" et la question des épices, les noisettes turques qui deviennent grecques (question de pesticides), le safran qui n'en est pas, les additifs qui "disparaissent", le thé vert chinois aux pesticides et son "immunité économique", les purées/beignets de fruits et de légumes, le recyclage des résidus, le gonflage des produits, les délocalisations, les intoxications alimentaires, la pression de la grande distribution, etc.

"Je pourrais vous parler des vieilles batteries de voiture que l'on retrouvait de temps en temps au fond des fûts pour faire le poids, des substances dont on voyait les traces au microscope mais que l'on n'a jamais réussi à identifier, ou des particules de rouille visibles à l'oeil nu ! Mais c'est tellement moins cher que les clients en redemandent."

N'importe qui ayant lu ça y regardera à deux fois avant de mettre le pied dans un supermarché. Christophe Brusset nous délivre d'ailleurs à la fin un petit guide de survie pour tenter de s'y repérer.
J'ai donné 4.5/5 à ce livre parce qu'il est passionnant par tout ce qu'on y apprend sur la mentalité des gens qui président à notre nourriture et à notre santé - tout le monde n'a pas de magasin bio/local à proximité de chez lui ou un jardin à cultiver ou les moyens d'acheter meilleur, mais plus cher. Et je ne regarderai jamais plus une épice en poudre ou un beignet de légume du même oeil. Evidemment, il est recommandé de bien lire les étiquettes des produits que l'on achète, mais tout ce qui est dans le produit n'est pas forcément mentionné ! Et je ne vous parle même pas des contrôles officiels...

Même si je suis d'accord sur le fond avec C. Brusset, sa petite leçon de morale sur le fait que nous, consommateurs, sommes responsables de ce que nous achetons, venant d'un type qui a contribué pendant 20 ans à ce secteur pourri, ça m'a énervé un peu. D'un autre côté, il aurait pu ne rien dire du tout, soyons juste. Et je ne suis pas d'accord avec lui sur le fait que les produits industriels transformés nous soient absolument nécessaires, la faute en incombant à notre vie trépidante.

Mais bref, je vous recommande chaudement cette lecture hautement informative qui nous concerne tous et je concluerai sur cette citation :

"Prenez conscience une fois pour toutes que c'est vous, les consommateurs qui, in fine, avez le pouvoir. C'est vous qui, dans les rayons, décidez d'acheter ou non ce que l'on vous présente. Ce pouvoir, servez-vous en pour faire enfin changer les choses."
Profile Image for une lectrice quelque part.
64 reviews6 followers
August 31, 2021
Ce livre était très intéressant. Je le recommande absolument à tous ceux qui veulent s’informer un peu sur comment l’industrie alimentaire capitaliste fonctionne, mais surtout à ceux qui voudraient avoir une alimentation plus saine mais qui ne savent pas vraiment pourquoi ils devraient mieux se nourrir. Je lis la liste des ingrédients de tout ce que je mange depuis des années, j’essaye de consommer le plus locale possible et je sais parfaitement que la pire chose à faire serait de me fier à la belle image sur l’emballage et aux jolies mots écrit dessus plutôt qu’à la liste d’ingrédients . Bref malgré tous ce que je savais déjà ce livre m’a beaucoup appris et à réussi à me choquer. L’industrie agroalimentaire est pire que l’idée que j’avais d’elle . L’argent, l’argent et l’argent. C’est ça le plus important et il passe bien avant tout le reste : la lois, notre santé...
« Aujourd’hui plus de gens meurent de trop et mal manger que de ne pas assez manger» Christophe Brusset
Profile Image for Guzzo.
248 reviews
May 23, 2017
Todo aquel que dedique parte de su tiempo a realizar la comprar en un supermercado debería leer este libro. Se trata de una lectura divertida y escalofriante a partes iguales, que nos ayuda a tomar consciencia de lo imbéciles que somos como consumidores: nos engañan constantemente y, además, nos gusta.
Profile Image for Ranocchia.
30 reviews
October 4, 2017
Sono abbastanza nel settore, quindi non ho scoperto nulla di troppo nuovo... ma vedere scritte tutte quelle nefandezze insieme fa un po' impressione. L'ho trovato un po' troppo semplicistico ma comunque sarebbe una buona lettura per tutti.
Profile Image for Lumalcav.
274 reviews12 followers
September 6, 2019
Vaya libro de TERROR me acabo de leer!!!!

Interesante y necesaria lectura si quieres ser consciente de la cantidad de mierda que nos venden y que, peor aun, alegremente compramos en el supermercado...

Un negocio que, como todos, intenta ganar dinero, incrementar los beneficios y reducir los costes, sobre todo a costa de la calidad del producto... nos ponen una piedra rellena de barro, pero la pintan bonita y dicen que es producto de la tierra y compramos 6...

Al final te deja un poco sin saber muy bien que hacer, en el capítulo final te da una serie de consejos (que si usas el sentido común deberías estar siguiendo pero... tenemos sentido común??) pero, no se muy bien si son fáciles de seguir. Me explico. Te aconseja que compres productos locales y que evites en la medida de lo posible alimentos provenientes de paises exoticos (China, India...) pero en el libro repite varias veces que el país de origen es fácilmente modificable. Te aconseja que leas las etiquetas, cuando tambien dicen que al menos un 30% es deliberadamente erronea...

En definitiva, lo que queda claro es que lo mejor es el producto mínimamente o nada procesado, huye de las cremas, pures, alimentos en polvos, triturados, precocinados... y de las mega ofertas, si una cosa suele costar 10 euros y te la venden por 50 centimos... algo raro hay.

En fin, mucho miedo... 😱
Profile Image for Lucie Aidart.
Author 1 book7 followers
February 21, 2019
Un livre intéressant et effrayant. Ce n'est pas forcément hyper bien écrit ou structuré, parfois un peu répétitif, mais ce qui est dit est si essentiel qu'on ne peut que se concentrer sur le contenu. L'auteur est quelque peu condescendant, parfois misogyne et raciste, se dédouane beaucoup et franchement j'aimerais bien savoir comment on peut rester dans un tel métier pendant 20 ans en étant en accord avec sa conscience.
Le livre a l'avantage de nous révéler bien des choses. Je savais que c'était catastrophique, mais pas à ce point. Je suis bien contente de m'être éloignée des produits industriels depuis quelques années, mais j'ai encore du boulot, côté thés et épices entre autres...
Profile Image for Mosco.
449 reviews45 followers
August 5, 2019
Saggio dal tono brillante che narra dall'interno le frodi delle industrie alimentari, quelle venute alla luce e quelle passate sotto silenzio: dal pepe agli escrementi di topo, al miele senza miele.
Scandaloso ma, come dire? in parte prevedibile. Prezzi molto bassi, qualità altrettanto bassa, più è conveniente il prodotto più il rischio di frode è alto.
Alla fine del libro 10 buoni consigli per non farsi avvelenare dalla caccia al profitto delle aziende; in fondo niente di eclatante, che io riassumerei nel: fate la spesa con buon senso.
Profile Image for Alice. .
203 reviews27 followers
April 21, 2017
“Scegliete le origini locali o nazionali. Da una parte fa bene all’occupazione; dall’altra, i prodotti che non hanno attraversato molteplici frontiere presentano necessariamente meno rischi di adulterazione, di mescolanza o di inganno sulle origini, la specie o la qualità. Abbiamo la fortuna di avere nei nostri paesi prodotti variati e di qualità: sono questi che bisogna scegliere.”
Profile Image for Fernando del Alamo.
369 reviews27 followers
March 6, 2018
Este libro está escrito por un personaje que ha trabajado muchos años en lo que es compraventa de alimentos a gran escala. Y la verdad es que asusta un poco porque no es que las empresas busquen la calidad para el cliente: buscan el mayor beneficio posible, y si tienes que engañar al consumidor, pues le engañas: desde mezclar especias con otra hierba, hinchar los congelados con agua para que pesen más, algo que venden como miel, pero que no lo es ni por asomo... Todo lo estricamente necesario para que pase los controles. Y si no los pasan, pues no pasa nada.

Cuando salta algún escándalo es sólo la pinta del iceberg pero se guarda en el sector una especie de pacto de silencio para que nada trascienda al consumidor.

Un libro que, como comentaba, no asusta ya por lo que nos venden, sino porque uno ve cómo es el ser humanoa la hora de hacer negocios. Y, la verdad, no es nada honorable.
Profile Image for TitiX.
23 reviews1 follower
September 7, 2022
Une bonne note car le sujet est très intéressant (et surtout très flippant). En revanche, le ton condescendant du témoin (pour ne pas appeler ça un auteur) m'exaspère.
Profile Image for Martinocorre.
333 reviews19 followers
February 13, 2018
Dritto al sodo!

Ho trovato più consigli di buon senso in questo libro veloce di 200 pagine circa che in molti tomi dedicati all'alimentazione di molta più complessa lettura.
E' vero, Brusset non riporta i nomi di molti "malfattori", ma la cosa in fondo è da capire, ci vorrebbe un esercito di avvocati per far fronte alle eventuali cause di diffamazione.
Comunque, essere consumatori informati è il primo passo per cambiare il mondo e questo libro è una vera miniera di informazioni e stimoli di approfondimento. Il voto più importante lo si dà col portafoglio quando acquistiamo, più che con una matita in un seggio.
Profile Image for LaCitty.
1,030 reviews183 followers
February 16, 2018
È un saggio scorrevole, di facile lettura, ma il cui contenuto induce a riflettere su quello che mangiamo quotidianamente, sulla verità degli slogan usati per vendere un certo prodotto, ma anche sul ruolo di industriali, grande distribuzione e non ultimo del cliente finale sulla qualità dei prodotti alimentari in commercio. La parola d'ordine è informarsi e diffidare.
Da oggi fare la spesa sarà più difficile...
Profile Image for Lelena.
208 reviews48 followers
October 17, 2017
Un libro interessante. Sotto la superficie un po' antipatica dell'allarmismo becero, ci sono informazioni utili e preoccupanti. Da ieri non riesco più a guardare con gli stessi occhi le spezie in barattolo che ammiccano sulla mensola in cucina...
Profile Image for Lia Valenti.
827 reviews56 followers
March 16, 2019
Leggere questo libro è stato come entrare in un incubo alimentare.
L'autore, che a sua volta ha lavorato per anni in una grande azienda ,
dove l'importante è il guadagno a scapito della salute degli utenti.
Con questo libro si illude di stare a lavarsi la coscienza ,
ma anche lui fa parte dei farabutti che giorno dopo
giorno ci avvelenano lentamente.Lui poteva dire alla moglie ,
non comprare quella marca o quel prodotto,per cui ,
doppiamente schifoso e farabutto.
Mentre leggevo,stavo male,roba che doveva finire nell'immondizia ,
viene lavorata adulterata e venduta,uno schifo totale.
Mi fermo qui ,leggetelo ,è molto istruttivo su qualche cosa
Profile Image for Francesco.
1,686 reviews7 followers
June 27, 2023
La tesi è meritevole di approfondimento, c'è però il problema che il modo con cui Brusset l'affronta mi ha ricorato troppo il "metodo Report" - che da un lato dice che tutto fa schifo e che è sempre colpa degli altri.
Il piccolo dettaglio del passato di Brusst nell'industria agroalimentare è contemporaneamente sbandierato come prova di autorevolezza nell'esporre le frodi alimentari e ignorato quando questo particolare potrebbe compromettere la sua etica.

Per un po' avrò qualche difficoltà a mangiare i cibi pronti ed elaborati
Profile Image for Repix Pix.
2,543 reviews536 followers
November 11, 2017
Conocía muchas cosas pero ahora... uufff. Es tremendo el poco respeto que tienen hacia el consumidor, por nuestra culpa, evidentemente. Fabrican mierda, venden mierda, compramos mierda y comemos mierda. Cáncer, diabetes, etc., bien, somos los únicos responsables de ello.
Profile Image for Anne Janvrin.
2 reviews1 follower
January 12, 2020
Édifiant! Scandaleux!! On ne mange plus pareil après ça!
À lire, un incontournable.
26 reviews
January 6, 2025
*Ne perds jamais de vue que le bon beurre est la base de la bonne cuisine, et souviens-toi que faire le malin est le propre de tout imbécile*. La Philosophie de Georges Courteline, 1922.

Nos aliments ne sont rien de moins que les matériaux de construction de notre corps. Et vous conviendrez que pour qu’une construction dure cent ans, il faut choisir les meilleurs. Vous conviendrez aussi qu’on peut difficilement avoir un corps d’athlète en ne se nourrissant que de soda, de burgers et de frites.

Selon les chiffres de l’Insee, nous dépensons en moyenne aujourd’hui à peine plus de 15 % de notre revenu pour notre alimentation, soit moitié moins que dans les années 1950.

Aujourd’hui plus de gens meurent de trop et mal manger que de ne pas assez manger !

En l’occurrence, le Bien c’était tout ce qui permet plus de profit, le Mal c’était perdre de l’argent. Le mensonge, la dissimulation, la mauvaise foi, ou même la tricherie, sans être un but en soi, c’était positif si ça améliorait le compte de résultats.

Bien entendu, « Transformé en France » ne veut pas du tout dire « Origine française », ben non !

Avec les yaourts, c’est pareil. Un pot de forme et de couleur sexy, un nom sympa, un arôme, du sucre, et hop, on vous fait croire que vous achetez une potion magique qui renforce vos défenses naturelles, fait pousser les cheveux, assure une peau lisse et brillante, rend intelligent, donne du charme, etc.

Carpentras. Le produit que nous leur vendions était clairement désigné comme de la truffe de Chine, sans dissimulation aucune, vous pensez bien que ce n’est pas notre genre. Les factures et autres documents d’importation étaient en conformité avec la loi, l’origine et la variété véritables figuraient clairement. Nos clients savaient donc parfaitement ce qu’ils achetaient. Ils revendaient ensuite ces truffes de Chine à une société leur appartenant, qui en Espagne, qui au Luxembourg, et en « oubliaient », par distraction sans doute, l’origine chinoise sur les documents lors du passage de la frontière. La dernière étape consistait à réexporter vers la France cette truffe noire devenue « melanosporum », et dorénavant originaire d’Espagne, voire d’Italie ou même de France suivant les souhaits de l’acheteur et les prix de marché. Je vous laisse calculer la marge réalisée.

Et, pour faire du profit, la recette n’est pas très compliquée : il suffit d’acheter, ou de fabriquer moins cher qu’on ne vend. La différence entre le coût d’achat, ou de revient, et le prix de vente, c’est la marge, et plus elle est importante, mieux c’est. Pas la peine de faire HEC si on a compris ça.

En revanche, la grande distribution, hyper et supermarchés réunis, ne se gêne pas, elle, pour gonfler discrètement ses marges, déjà généreuses. Rien de plus simple quand il n’existe pas de vraie concurrence.

Heureusement (pour lui), l’industriel malin a aussi la possibilité de jouer sur le poids net de ses produits et de vendre moins dans le même emballage pour le même prix, ce qui est en réalité une forme sournoise de hausse. Avez-vous remarqué ces dernières années que les biscuits Prince ont perdu 10 % de leur poids ? Du jour au lendemain, le poids du paquet de 15 biscuits est passé de 330 à 300 grammes, alors que le prix du paquet, lui, n’a pas baissé. Pourtant les publicités n’en parlent pas, étrange, non ?

aux tablettes de chocolat de 150 grammes au lieu de 200, aux barres chocolatées plus courtes, aux tranches de jambon de plus en plus fines, aux paquets de riz riquiqui, etc., etc. et tout cela sans que ne change le prix de vente à l’unité, voire en l’augmentant quelquefois.

Les choses se sont passées à peu près de cette manière : — Le directeur commercial :

- On est arrivé au point de rupture avec l’acheteur de X. Si on ne baisse pas nos prix sur la dosette de moutarde, on perd tout le marché et ça, on ne peut pas se le permettre.
- Le directeur de l’usine : Qu’est-ce qu’on peut faire ? On est censé mettre de la moutarde de Dijon dans les dosettes et on ne respecte pas vraiment le cahier des charges. On devrait appeler ça de la moutarde forte… et encore.
- Votre serviteur : J’achète déjà les graines de moutarde les moins chères que je peux trouver, j’ai même fait venir d’Inde deux containers de toutes petites et pourries. Je ne peux pas baisser la qualité, on est au plus bas. Pareil pour le vinaigre, on est au ras des pâquerettes.
- Le directeur commercial : Un Belge aurait fait une offre 8 % moins chère.
- Tous les autres : Oh, les Belges… !
- Le directeur commercial : Et si on baissait le grammage ?
- Le directeur de l’usine : On est à 5 grammes, c’est pas lourd ! Tu veux descendre à combien ?
- Le directeur commercial : Assez pour gagner au moins 8 % du prix.
- Votre serviteur : Si la baisse de prix doit être entièrement absorbée par la moutarde, alors il faut baisser la quantité d’au moins 15 ou 20 %. On va se retrouver avec une dosette de 4 grammes.
- Le directeur commercial : OK pour 4 grammes, mais faudra régler les machines au plus juste et arriver à consommer moins de 4 kilos les 1 000 unités. Si on arrive à 3,95 ce serait mieux.
- Votre serviteur : Mais le client va rien dire si on baisse le poids de 20 % ?
- Le directeur commercial : Il paie à l’unité et il donne une dosette si le client en demande avec ses frites. Il se fout de ce que contient la dosette, il veut juste que l’unité lui coûte moins cher… C’est comme cela que nous avons conservé notre précieux client. **Il est vrai qu’il faut dorénavant deux ou trois dosettes de moutarde, ou de ketchup, pour avoir une quantité raisonnable de produit, alors qu’avant une seule suffisait**. Comme vous savez maintenant que ces dosettes sont vendues à l’unité, vous comprendrez aisément que si les consommateurs ont besoin de plus d’unités pour satisfaire le même besoin, c’est tant mieux pour nous.

Alors on a fait comme Amora, on a redessiné le flacon pour réduire son volume intérieur de 10 %. Ça n’a l’air de rien, 10 %, mais, sur des millions d’unités vendues, on arrive très vite à des volumes et des sommes considérables. L’argent ainsi économisé en baissant les poids génère automatiquement de la marge, sans coûteuses campagnes de pub, sans se ruiner en engageant des commerciaux supplémentaires, ni payer la grande distribution pour qu’elle mette vos produits à un meilleur emplacement dans leurs rayons. C’est de la marge nette, du bénéfice direct.

Simplissime ! Il suffit de fabriquer un « fromage » reconstitué contenant un peu (le moins possible) de fromage à appellation. Le but c’est de garder le nom valorisant du fromage tout en le remplaçant au maximum par des ingrédients moins chers. Le meilleur de ce point de vue étant… suspense… l’eau. Eh oui, on n’a pas encore trouvé moins cher que la bonne vieille eau du robinet.

Si c’est encore trop cher, **on peut enfin se passer d’appellation officielle, ou tout simplement en inventer une. Nous, on a développé du « fondant de fromage ». Avouez que c’est drôlement bien trouvé ! Ce n’est pas du « fromage fondu », ni une « spécialité fromagère », on peut donc faire ce qu’on veut et lui donner le joli nom qui nous plaît.**

Ce sont ces genres de « fondants » que vous retrouvez râpés sur les pizzas, dans les gratins ou sauces industrielles. Et, croyez-moi, **vous pouvez tout à fait trouver, sans beaucoup chercher, des gratins au cantal sans cantal, des ravioles gratinées au gruyère sans gruyère…**

quand vous ne trouvez pas **d’additifs**, les fameux E-quelque chose, dans la liste d’ingrédients, n’allez pas croire que l’on n’a rien à ajouter : **on peut toujours en balancer quelques-uns discrètement**, sans rien dire aux consommateurs, et tout à fait légalement en plus. Ce sont les fameux « **auxiliaires technologiques** », une catégorie d’additifs qui n’a pas à figurer sur la liste d’ingrédients ! On vous cache tout, on ne vous dit rien, la chanson de Jacques Dutronc reste d’actualité.

Ce qu’il faut noter avec les **colorants**, c’est qu’ils n’apportent rien de positif au consommateur, au contraire. **Leur rôle est de masquer les défauts ou de rendre joli un produit de piètre qualité.** On pourrait parfaitement s’en passer sans que l’humanité n’ait à en souffrir le moins du monde.

Quand on a un produit à vendre, surtout s’il est de qualité moyenne, voire inférieure, et que la concurrence fait rage, il vaut mieux soigner sa présentation : l’emballage. Ça, c’est le travail du **marketing**, les spécialistes des apparences, les as de la cosmétique et du relooking des produits.

- La **DLC**, une date indiquée généralement après la mention « à consommer jusqu’au… », indique une date relativement proche au-delà de laquelle **il peut être dangereux de consommer le produit.** C’est le cas de tous les aliments qui se conservent impérativement au frais comme les laitages ou les viandes crues. Ces produits sont très fragiles, car ils contiennent naturellement des microorganismes (bactéries, levures et champignons) et sont des milieux très favorables à leur développement.
- A contrario, la **DLUO**, une date précédée de la mention « à consommer de préférence avant… », est une **date au-delà de laquelle le produit n’est pas dangereux à la consommation, mais a simplement perdu de ses « qualités spécifiques »**. Appréciez la précision du texte. Cela peut vouloir dire moins de goût, ou moins de vitamines, perte de couleur, modification de texture, changement d’odeur…

Les produits concernés sont ceux qui peuvent se conserver longtemps, plusieurs mois ou même années, sans risque d’empoisonnement. Les microorganismes ont soit tous été éliminés (stérilisation thermique comme l’UHT, ultra haute température, ionisation), ou n’y rencontrent pas les conditions propices à leur développement. C’est le cas par exemple des biscuits secs, pâtes sèches, légumes secs, confiseries, saumures…

D’autant que, pour simplifier les choses, les distributeurs font généralement pression pour que l’industriel allonge au maximum ses DLUO afin de se laisser plus de temps pour vous fourguer le produit, sans risque qu’il ne se retrouve périmé en rayons ou au fin fond d’une réserve.

**Les rayons sont remplis de produits aux DLUO largement gonflées imposées par les clients** que nous, industriels, savons parfaitement trop longues. Mais personne ne trouve à y redire, ce n’est pas dangereux et les produits sont en général vendus bien avant de l’atteindre.

Nous avons alors trouvé l’astuce, pour nos produits conditionnés en pots en verre ou en plastique : **imprimer la DLUO sur le bouchon ! Quel est l’avantage d’imprimer la DLUO sur le bouchon plutôt que sur le pot lui-même ? Mais parce qu’il est beaucoup plus facile, et moins cher – mais tout autant interdit –, de remplacer un simple bouchon que le pot avec son étiquette collée**. Quelques intérimaires discrets au fond de l’usine, des bouchons tout neufs, et en quelques heures des milliers de pots retrouvent leur jeunesse. Pratiques marginales ?

🍯

Alors, me direz-vous, comment est-il possible que ce pays, qui voit ses abeilles disparaître, soit devenu le premier producteur et exportateur mondial de « miel » avec plus de 300 000 tonnes par an ? Eh bien, tout simplement parce qu’il est extrêmement facile de frauder sur le **miel**.

Au début, ils ont commencé à couper le miel avec un peu d’eau. Le miel étant un antibiotique naturel, il peut contenir jusqu’à 18 % d’eau sans s’altérer. Mais certains, trop gourmands, ont eu la main lourde sur le robinet et des lots de miel ont commencé à fermenter lors du transport.

La solution donc a été d’ajouter une bonne dose d’antibiotiques de synthèse. Ça stabilise le produit, et c’est bon pour la gorge du client, mais à consommer avec modération.

Nos amis chinois ont donc ajouté discrètement ce que l’on appelle dans le métier des **« sucres exogènes », autrement dit qui n’ont rien à faire là**. En bons commerçants pressés de faire de l’argent, ils ont commencé par **ajouter le sucre industriel le moins cher, du sirop de glucose liquide** obtenu à partir de maïs ou de blé (ça coûte 50 centimes le kilo quand du miel bas de gamme vaut largement plus du double). Mais une trop grande proportion de glucose provoque une cristallisation accélérée du miel. Bien entendu, les clients se sont aperçus assez rapidement qu’il y avait trop de glucose dans ce miel qui cristallisait deux fois trop vite. Ils ont donc contrôlé le taux de glucose par rapport au fructose. Ah, les maudites analyses !

Les clients ont alors commencé à regarder de plus près et à compter les grains de pollen présents dans le miel. Et… Oh… surprise ! **Souvent il n’y avait pas de pollen du tout ! Le « miel » n’était en réalité qu’un assemblage artificiel de sirops de glucose et de fructose industriels, coloré avec du caramel, le tout subtilement aromatisé.**

Démasqués une fois de plus, les Chinois ne se sont pas laissé abattre et ont mis en œuvre la phase trois : **l’ajout contrôlé de pollen**.

Et je ne vous parle même pas des mensonges sur les origines : **miel de France qui contient du pollen de théier ou de coton, exportations de miel d’acacia « de Hongrie » supérieures à la production totale du pays.**

Ben oui, vous croyez que cette belle glace à la vanille, avec une belle couleur crème, avec de petits points noirs dedans a été faite avec de la bonne vanille en gousse, plongée dans du lait frémissant pour que les arômes délicats parfument la préparation, le tout amoureusement mélangé de manière traditionnelle par les mains expertes d’une laitière du XVIIe siècle. Faut arrêter de rêver devant les écrans de pub, les amis. La vanille épuisée sert de « marqueur visuel » (traduisez artifice pour faire joli, terroir, authentique). **La glace** 🍦**est en fait un assemblage de flotte, lait en poudre, arôme artificiel produit à partir de résidus de pâte à papier, vanille épuisée à l’hexane (solvant neurotoxique et potentiellement cancérogène), colorant caramel e150d (sucres chauffés en présence de sulfite ammoniacal, potentiellement cancérogène et à éviter si on est sensible aux sulfites) et autres additifs**. Pour un produit comme de la crème glacée, destiné principalement aux enfants, je dis bravo ! Fallait oser.

Ami consommateur, je ne saurais donc que **t’encourager, une fois de plus, à éviter les produits broyés et pulvérisés**. Il n’y a rien de plus facile que de faire sa soupe de légume soi-même et, crois-moi, c’est bien plus sain.

Le **safran** mérite sans aucun doute un chapitre à lui tout seul. C’est **LE produit le plus souvent daubé** que j’ai vu dans toute ma carrière. Et, croyez-moi, j’en ai vu beaucoup. C’est d’ailleurs tout à fait logique, car c’est l’épice la plus chère au monde. Le prix de vente consommateur peut dépasser les **6 000 euros le kilo pour du safran d’Iran** (une très bonne origine), voire 40 000 euros le kilo pour du français. On comprend aisément que cela puisse exciter certaines convoitises.

C’est dans les poudres, pour finir de brosser le tableau, qu’on trouve les supercheries les plus extrêmes. Certains fournisseurs sont sans scrupule, totalement fous. Ils n’hésitent pas à mélanger des ingrédients tels que de la brique pilée, des colorants interdits cancérigènes, des substances minérales ou métalliques, etc., dans des mélanges de poudres impossibles à identifier.

Notre business pour les oignons et échalotes, c’était de les acheter frais en France, en Hollande, en Allemagne et en Pologne, et de les envoyer par camion dans des ateliers d’épluchage, en Pologne. Éplucher des oignons est un travail qui demande énormément de main-d’œuvre car pour un rendu parfait il ne peut pas être automatisé. Sachez donc que la plupart des oignons et échalotes cultivés en Europe sont envoyés en Pologne pour y être épluchés à la main avant de revenir dans leurs pays d’origine. Le coût du transport, ajouté au coût de la transformation réalisée en Pologne, est moins élevé que la même prestation faite directement sur les lieux de production, comme en Bretagne. Pas très écolo, mais c’est comme ça.

Pour éviter de payer ces taxes, mais encore pour échapper aux contrôles sanitaires nécessaires à leur entrée en Europe, nos noisettes turques sont expédiées par bateau à notre filiale de Dubai (pays où les noisettes de cette origine ne paient pas de droits de douane), puis aussitôt réexpédiées en Europe. Ce sont les mêmes noisettes, sauf qu’elles ne sont plus turques mais « grecques » avec documents officiels à l’appui, et donc exonérées de droits et sans l’obligation d’un certificat sanitaire car déjà européennes. Facile, et très rentable.

Ainsi, les États-Unis peuvent-ils acheter la quantité nécessaire de safran sous pavillon espagnol, sans devoir commercer avec l’Iran, pays contre lequel ils ont décrété un embargo.

Personne n’est dupe, en tout cas pas les professionnels ni les douanes, et encore moins les politiques, mais tout le monde fait comme si cela n’existait pas. Surtout pas de vagues, de gros intérêts sont en jeu.

🤔🧐

— Comment ça, « laissent tomber » ?

— Les lots sont libérés, je peux les vendre ! J’en croyais pas mes oreilles. **Par quel miracle les Fraudes laissaient-elles sur le marché des lots de produits alimentaires qu’elles savaient hors normes ?**

— Et les pesticides, les normes, les analyses ?

— **La procédure est annulée**, me lança-t-il comme s’il m’annonçait qu’il venait d’être papa pour la première fois.

— Mais pourquoi ? C’est pas logique.

— On sait pas, le boss aussi est sur le cul. J’ai reçu un **coup de téléphone de l’inspecteur hier soir qui m’a dit qu’on pouvait y aller**… **mais qu’ils ne feraient pas d’écrits. Il ne veut pas nous autoriser officiellement à vendre un produit hors normes, mais ils fermeront les yeux le temps que de nouveaux lots corrects soient livrés.**

— Ben merdalors.

— Je te laisse, **je dois liquider rapidement mon stock avant qu’ils changent d’avis**. La prochaine fois, j’en ferai entrer moins et surtout du moins pourri. Le daubé, je l’enverrai directement de Chine en Afrique.

Il faut reconnaître que ces molécules ne se contentent pas d’être cancérigènes, elles ont aussi une action sur la fertilité et le développement du fœtus, sans parler de leur impact sur l’environnement.

- > J’eus la réponse à ce mystère quelques semaines plus tard lorsque, au cours d’un contrôle dans une de nos usines, je rencontrais l’inspecteur qui s’était occupé du thé de Dany. Sur le ton de la confidence, il me dit simplement que tous les importateurs de thé vert de Chine avaient été contrôlés en France et partout ailleurs en Europe, et que, bien entendu, le niveau de pesticides était trop élevé chez tout le monde. Logiquement, les services sanitaires de chaque État auraient dû bloquer ces lots, les faire détruire, et les organismes sanitaires centralisés européens se saisir de ce problème de santé

SUITE SUR NOTION
Profile Image for Manon Plommet.
30 reviews3 followers
February 17, 2019
Des infos intéressantes qui me feront faire plus attention en supermarché, malgré un style d'écriture relativement agaçant !
Profile Image for Celia.
95 reviews
March 22, 2021
Si supiésemos todo lo que hay detrás de lo que comemos, y este libro solo muestra una pequeña parte
Profile Image for Bibi Jiji.
24 reviews
September 21, 2025
Une série d'anecdotes en mode "Fais moi peur" sur l'industrie agroalimentaire, où on conclut à un problème systémique mais on finit quand même sur la responsabilité individuelle du consommateur avec un petit guide d'achat en supermarché.

Écrit dans un style boomer au possible, où on compare les femmes à des chargements de saucisse. Honnêtement aucun intérêt si vous avez déjà regardé un documentaire France 5 sur l'agroalimentaire.
Profile Image for Roberta.
174 reviews
August 26, 2019
Libro da leggere per aprire almeno un pochino gli occhi su cosa mangiamo e come ci comportiamo quando facciamo la spesa.
Profile Image for Giuseppe Quilici.
49 reviews2 followers
March 6, 2019
Mi considero da sempre un consumatore attento ovvero consapevole di quello che mangia quindi, mi sono approcciato a questo libro con un tono abbastanza supponente...
.. della serie.. "io so tutto non occorre che legga ciò che probabilmente già so".
Devo dire che (ahimè ) mi sono dovuto ricredere!
Ma i e poi mai avrei creduto che l'industria alimentare potesse scendere ad un così basso livello!
E' un libro da cui si impara molto e ci aiuta ad aprire ulteriormente gli occhi sull'industria alimentare.
Forse non ci farà cambiare in modo radicale le nostre abitudini.. di certo ci renderà più consapevoli.
Displaying 1 - 30 of 98 reviews

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