La obra más íntima de Zerocalcare reflexiona sobre el valor de nuestra identidad en una sociedad cada vez más orwelliana.
Cuando fallece su abuela, se extingue el último retazo que quedaba en pie de la infancia de Zerocalcare. A su vez, se ve abocado a investigar ciertos asuntos de familia que ni remotamente sospechaba.
Con la ayuda de incisos oníricos y otras estrellas invitadas, debe remontar los senderos más remotos de su árbol genealógico, de Francia a Italia, pasando por Rusia y Alemania. Una rara enseñanza se irá imponiendo: para entender de dónde viene, antes tiene que darse cuenta de hacia dónde se dirige.
Zerocalcare sul finire del 2011 ha quasi 28 anni e per un sacco di tempo ha fatto soprattutto fumettacci sulle fanzine fotocopiate e locandine per concerti punk hardcore. Oltre ad un numero sterminato di autoproduzioni nel circuito dei centri sociali, ha collaborato anche con il quotidiano "Liberazione" (pagina delle illustrazioni, ormai chiusa), il settimanale "Carta" (chiuso), i mensili "XL" di Repubblica (spazio Italian underground, chiuso) e "Canemucco" (chiuso) e la divisione online della DC comics, Zuda.com (chiusa). Tra le collaborazioni che non è riuscito a far chiudere c’è il settimanale "Internazionale", l’annuale antologia del fumetto indipendente "Sherwood Comix", la "Smemoranda" e frescafresca pure la rivista "Mamma!".
Alla fine del 2011 ha dato alle stampe il suo primo libro, “La profezia dell’armadillo”, autoprodotto sì, ma da Makkox.
A ottobre 2012 è uscito il secondo, “Un polpo alla gola“, edito da Bao Publishing.
Con Dimentica il mio nome Zerocalcare si è superato. Un fumetto dedicato alla nonna Huguette, morta nel 2014, tramite cui Zero ripercorre la storia di questa importante figura, che a sua volta gli consente di ripercorrere e conoscere la storia di sua madre, Lady Cocca, e la sua.
Si intreccia così una vita familiare tra riferimenti autobiografici e fantasia galoppante. Dove termina uno e inizia l’altro è difficile dirlo, e forse anche questo è il bello di Dimentica il mio nome.
E così un po’ alla volta scopriamo le origini di Zerocalcare, e lui le scopre con noi; ricordi permeati da dolci memorie, ma anche da pentimenti e rimorsi (perché vergognarsi di dire il nome di sua nonna ai bulletti di scuola? Ne valeva la pena?).
E se lo stile e i riferimenti nerd e alla cultura pop degli anni ’80-’90 sono quelli tipici di Zerocalcare, in Dimentica il mio nome c’è qualcosa di più, Zero si è superato. Ci sono tavole più buie, nere, dove il grigio e il bianco servono solo per vedere cosa sta succedendo: le paure di Zero, le nostre paure, che provano a raggiungerlo e a inglobarlo. Tavole nuove che, se possibile, trasmettono ancora più emozioni rispetto alle “normali” tavole di Zero.
Dimentica il mio nome è un’opera forte; Un polpo alla gola mi è particolarmente caro perché lo sento un po’ mio, ma questo fumetto è probabilmente migliore. Ci sono state poche tavole che mi hanno portato a sorridere, per tutto il tempo ho trattenuto lacrime, e ho letto con un costante peso sullo stomaco, un costante nodo in gola.
Zerocalcare è riuscito a parlare con i disegni. In alcuni punti potevano anche non esserci parole, l’angoscia e l’oppressione mi avrebbero investito comunque ed è anche per questo che credo che l’autore con questo fumetto si sia superato, sia cresciuto e abbia dato vita a un’opera davvero toccante, da leggere.
"Che ne sanno loro di quanto dolore si può accumulare negli anni?"
Delicato e sensibile come il miglior Zerocalcare ci ha abituato nel corso del tempo. Mi ci sono voluti ben tre anni dalla prima lettura per poter rivalutare positivamente un titolo che, ipotesi, abbia pagato un po' il fatto di essere arrivato fino in fondo al premio Strega. Vivere il proprio mondo d'infanzia rende refrattari e ciechi al contesto adulto già formato: i genitori ti contendono a suon di promesse mancate; la nonna, appartenente a un'era lontana, cerca di sfondare la modernità scalcinata del nipotino con tutta la buona volontà di questo mondo; il resto della famiglia, semplicemente, non è pervenuta. Manca quella curiosità capace di diradare le nebbie della memoria affinché si possano ereditare tutti quei frammenti di vita - di chi ci è accanto - diversificati dal tempo e accomunati dalle medesime speranze e paure. Ritratto affettuoso e nostalgico di una famiglia, Dimentica il mio nome è un emozionante invito all'esercizio del ricordo. Zerocalcare potrà anche essere tacciato di ruffianeria generazionale - il citazionismo insistito e lo sguardo nostalgico verso il passato sono innegabili -, ma gli va riconosciuta una visione del mondo attenta e lucida.
Tre stelle perché non mi ha convinto esteticamente l’elemento soprannaturale/simbolico in questa storia o quattro per l’affetto a Zerocalcare? Questo è il dilemma.
“Quanto lo rimpiango lo status symbol del nonnopartigiano, oggi che ti dicono che pure se tuo nonno era un torturatorefilonazista era lo stesso un brav’uomo perché portava a pisciare il cane e cambiava la sabbia al gatto” (Ecco, e notare che, come te Calca’, non ho nessun parente partigiano. Ahimè, vengo da una famiglia di solida tradizione qualunquista/destrorsa/democristiana)
“È come un baratto. Tu dai un pezzetto di una cosa tua, in cambio di sicurezza. Comodità. Ma pezzetto dopo pezzetto, quanto sei disposto a cedere per essere rassicurato? E soprattutto, sei sicuro che quello che stai cedendo appartiene solo a te?”
Lasciamo quattro, va’, che io leggo più col cuore che con la ragione.
Mi colpisce sempre come Zerocalcare riesca a narrare storie che sembrano lontanissime da te e poi SBAM! con una frase ti ricorda che quella cosa lì la conosci, l'hai sperimentata, sai esattamente di cosa sta parlando. Una storia familiare fantastica, alla ricerca delle proprie radici. Bellissimo l'insolito tocco di colore. E una menzione speciale al cammeo della volpe del Piccolo Principe che mi ha fatto ribaltare dalle risate.
"Tappare i buchi fa bene. Permette di capire. Di inquadrare. Avere le risposte placa la mente. Però c'è un'altra parte del corpo a cui le risposte non cambiano nulla. Che se ne frega del cervello. È tipo qui, all'altezza dell'esofago, circa. Dove ci sta quel groviglio brutto di nostalgia. E di rimpianti. E di rimorsi. Di quello che non sei riuscito a dire. Di chi non sei riuscito a capire. Finché eri in tempo". 🧡🦊🖤
Quinto libro di Zerocalcare. Un libro che mostra la sua maturazione ed evoluzione stilistica. E che, dopo l'esperimento postapocalittico (a mio avviso fallito) de I Dodici, torna a divertire e a commuovere producendo un'altra ottima opera.
Torniamo alle atmosfere familiari e sperimentate di Rebibbia e dell'intimismo di Zerocalcare. E questa volta il tema è pesante, molto pesante. La morte della nonna materna, una nonna con cui il bambino Zerocalcare aveva avuto un rapporto particolare vivendo da lei per un certo periodo di tempo, addirittura.
E così la storia comincia come elaborazione del lutto e crescita del protagonista, che si ritrova anche a fare i conti col dolore della madre che aveva sempre visto come il macigno su cui si fondava la sua stessa vita, inamovibile e indistrittubile. Ma da qui al racconto della storia della famiglia il passo è breve.
Una storia che vede chiamati in causa la Francia, l'Inghilterra, la Russia della rivoluzione... tutti eventi che hanno portato a sua nonna Huguette, orfanella francese adottata da dei nobili russi in esilio e andata poi in sposa a un nobile inglese. Ma come si è passati da questo... a Rebibbia?
Poco a poco la realtà dell'elaborazione del lutto (realtà Zerocalcariana, ovviamente) si mescola sempre più con elementi talmente modificati da far sembrare la storia quasi scritta da Jeff Smith. Perchè arrivano gli spettri del passato a reclamare, e arrivano le paure del futuro, sempre più grandi mano a mano che si cresce e si abbandonano le proprie sicurezze infantili per assumersi responsabilità e per affrontare l'ignoto della vita.
E il confine tra fantasia e realtà diventa del tutto labile quando scopriamo la storia delle volpi, marchiate dal loro rosso che risalta nel bianco e nero dell'albo mettendole da subito sotto i riflettori. Le volpi, la storia segreta della sua famiglia. Di sua madre. Il segreto di sua nonna.
Una bella storia, al confine tra oniricità e realtà, come sempre. Una storia commovente di un ragazzo alle prese con la morte, con i rimpianti e i ricordi che l'addio di una persona cara porta con sé, tra cose non dette e cose non fatte. Una storia di crescita, che la crescita è costante e approfitta anche di queste situazioni per farsi avanti, per cominciare a far scolpire la tua faccia sul monte alle cui pendici vivrà altra gente.
Un'evoluzione innegabile ripetto ai bei primi volumi, una storia più storia ma solidamente arpionata al presente e all'io di Zerocalcare. Direi che possiamo dimenticarci del passo falso del quarto libro.
"Non muoio finché non sarai diventato un uomo". Quindi era questo che volevi dire? È questo il passaggio? Rimani lo stesso in balia della tempesta. Come prima. Continui a prendere schiaffi e onde in faccia. A sputare acqua e ad asciugarti col vento. Ma a forza di acqua e di vento, a forza di erosione, impari a percepirti anche tu in modo diverso. A pensare di poter essere solo non un abitante della vallata, ma onda dopo onda...errore dopo errore...pure il monte di qualcun altro. 💔
Quello che Zerocalcare riesce a raccontare tramite i fumetti è incredibile, riesce ad affrontare questioni spinose e difficili con il giusto grado di ironia senza mai perdere la lucidità e il brio. Dimentica il mio nome è forse il più incredibile di tutti. Meraviglioso.
Uno dei più belli, finora. Mi ha fatto ridere, identificare, emozionare, commuovere. Direi che le sue sono le uniche graphic novel che leggo con amore e senza nessuna ambivalenza. Vagoni di plumcake per Zerocalcare!
Forse crescere significa anche questo. Accettare che quel monte che protegge la vallata ha anche un altro versante, nascosto. Che il terreno non è tutto uguale, ci sono zone più fertili, altre più aride... ...alcune parti sono addirittura a rischio frana. Ci sono angolazioni e scorci che non avresti mai potuto scorgere dalla tua prospettiva iniziale. E' così che si diventa uomo (o donna)? Accettando che una montagna è l'insieme di quelle prospettive, sennò è solo un fondale teatrale?
Dimentica il mio nome inizia in modo simile alle precedenti graphic novel: un evento dell'autobiografia dell'autore - la perdita della nonna - che si fa occasione di riflessione su temi più ampi (diventare adulti, il rapporto tra genitori e figli e nonni) che a loro volta si accompagnano a scenette e sketch su aspetti vari della vita quotidiana. Dopo un po' però le cose cambiano: il tentativo di ricostruire i buchi sul passato della nonna si traduce in una trama più elaborata e costellata anche da flashback, che si fa sempre più avvincente man mano che si scoprono nuovi dettagli. Mescolando vera storia di famiglia con elementi di fiction e trasformando alcuni alcuni elementi di trama in metafore (le volpi, i mostri, l'orso...) Zerocalcare costruisce per la prima volta una storia complessa, che personalmente mi è piaciuta molto e mi ha tenuta incollata alle pagine fino alla fine. Non mancano, come al solito, numerose pagine e tavole bellissime, dotate di quel mix unico di tenerezza, empatia e profondità che possiamo definire il marchio tipico dell'autore e che te lo fanno anche sentire incredibilmente vicino, come se la storia te la stesse raccontando qui, di fianco a te, da amico ad amico. Rispetto alle precedenti, personalmente ho trovato meno episodi in cui mi sia potuta riconoscere, ma è proprio il cuore della storia quello che mi ha coinvolta di più: a quanti di noi capita di sapere poco o nulla dei propri nonni? Certe cose gli adulti ai bambini non le raccontano, e i bambini o gli adolescenti spesso non pensano di chiederle... e quando poi diventiamo grandi l'occasione di fare domande è già passata. Non ho mai chiesto a mio nonno materno della guerra, né di come sia stato crescere negli anni '20 e '30 in un paesino sperduto tra le montagne del Molise, per poi passare da quel mondo alla grande metropoli... Nè si conoscono le origini del titolo nobiliare che ereditò mio nonno, barone senza un soldo... Per non parlare di mia nonna paterna, che non ha mai voluto raccontare, nemmeno ai figli, perché suo padre scappò dalla Spagna lasciandosi dietro terre e possedimenti... Ma il tempo per fare queste domande è ormai passato da un pezzo, e indietro non si torna.
La nostalgia. Il rimpianto. La frustrazione di non aver saputo capire, finché c'era tempo per farlo.
Wow. Questo è solo il secondo volume che leggo di Zerocalcare ma sono già pronta a leggere anche il suo libro di ricette, se vorrà mai scriverne uno. Dimentica il mio nome l’ho letto molto lentamente, nel corso di una settimana, e devo dire che ho fatto benissimo perché così ho potuto assaporare ancora meglio la storia. Una storia che intreccia la realtà alla fantasia, che si incentra sulla nonna di Zerocalcare e sui segreti del suo passato. Come sempre, davvero incredibile come si passi da capitoli divertenti e buffi, a scene che ti colpiscono nel cuore. Davvero davvero bello. Ma non mi importa di niente, io il mio orso della rassicurazione me lo tengo 😭
Per me uno dei piu’ bei fumetti di Zerocalcare! Tavole piene di parole, idee, espressioni gergali romanesche, personaggi molto ben caratterizzati…. Insomma e’ proprio Zerocalcare!!
Il tema centrale ruota intorno al personaggio della nonna dell’autore, e la sua dipartita, con tutti i misteri che si porta con se’ o che svela. Insomma un bell’impiccio da sbrogliare!
Ho amato questo fumetto, perche’ e’ stato il primo regalo di un compleanno importante, perche’ non me l’aspettato, perche’ ha viaggiato con me a Barcellona, a mia insaputa, perche’ la storia e’ avvincente e lunga tutto il libro.
Questa graphic novel mi è piaciuta tantissimo, forse è la migliore che ho letto di Zerocalcare. Parzialmente autobiografica, racconta il suo rapporto con la nonna, gli ultimi anni della sua vita, ma anche il mistero che avvolge le sue origini russe, il matrimonio con un inglese e come è arrivata a Rebibbia! E' una storia leggera, divertente, ma allo stesso tempo tenera e a tratti commovente. La metafora dell'uomo/montagna plasmato dalle brezze marine/gli eventi della vita è molto bella ed efficace, così come quella del cuore aggrovigliato di Zero. Super consigliato!
¡Terrrrminado! Aunque me he reído bastante y también tiene su punto de reflexionar (ambas cosas parece que van a ser una constante con este autor), le pongo solo 3 estrellas porque es un poco liosillo. Muchos personajes distintos, épocas... Y creo que una metáfora elaborada de fondo (solo creo, igual me estoy montando yo mi película 🤣). La reflexión final me ha gustado. Totalmente acertada. Con todo, es un buen cómic, y merece la pena aunque solo sea para pasar un rato divertido y ver hasta qué punto puede ser Secco idiota o cómo de absurdos pueden ser los consejos del Armadillo.
Zerocalcare fa commuovere e ridere allo stesso tempo. Ridi e piangi e vorresti abbracciarlo e sai che ti porterai le sue storie con te ovunque. Incredibile. Ve lo devo dire io, che ci sono arrivata per ultima, di leggere Zerocalcare? No vero?
Letta tutta d’un fiato, Zerocalcare ha davvero la capacità di catturare l’attenzione tramite battute fulminanti e riferimenti alla cultura pop e al tempo stesso stimolare una riflessione personale legata alle difficoltà dell’individuo, perso nei meandri di questa società superficiale e contraddittoria. Veramente fantastica!
Non voglio perdere troppo tempo a spiegarvi quant'è bello perché non ho ancora trovato un essere umano al mondo che abbia letto Dimentica il mio nome e ne sia uscito dicendo "minchia lammerda", quindi sospetto sarebbe un po' superfluo, però due parole volevo dirle. Una delle due parole è che la gente della mia generazione che parla alla mia generazione come fa Calcare la posso contare sulle dita di una mano. Una sola. E l'onestà straordinaria e senza giustificazionismi di sorta con cui lo fa Calcare è unica. Com'è unico il modo in cui ti tocca quando dalla sua vicenda personale riesce ad allungare un braccio e con l'unico dito proteso tocca proprio lì dove fa male a te, non importa a quanti chilometri di distanza si trovi rispetto alla tua vicenda, siano essi fisico-geografici o esistenziali. Questa era la prima parola. Lo so, era una parola lunga. Ora mi faccio perdonare con la seconda, breve breve: PIANGERONI. (Però si ride anche un sacco, Calcare è magico in questo modo.) Che ve lo dico a fa' de leggerlo, che l'avete già letto tutti. Se non l'avete ancora fatto però correte, che non sapete cosa vi state perdendo. Ecco basta mi fermo qui.
Quando Zerocalcare scrive storie più ampie di una tavola bisettimanale dimostra tutto il suo potenziale narrativo. Il libro fa meno effetto di Un Polpo alla Gola, ma la storia è comunque ben costruita e il mix di realtà e fantasia è ben riuscito. Le paure, i blocchi psicologici, il bisogno di affetto acquistano finalmente un senso, un significato profondo che nelle tavole del blog può risultare poco chiaro e che, le mio gusto personale, a lungo andare stanca. Battute ce ne sono, ma non sono il punto centrale della narrazione. Non vedo l'ora però di vedere Zerocalcare la prova con qualcosa di diverso dai suoi personaggi ormai storici. Secondo me non sbaglierebbe il colpo. Ha delle doti di sceneggiatore davvero invidiabili.