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The Ingenious Language: Nine Epic Reasons to Love Greek

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Lo sappiamo tutti: la prima reazione davanti a un testo in greco antico spazia dalla paralisi al terrore puro.
Ho scelto nove ragioni per amare e per raccontare ciò che il greco sa dire in modo unico, speciale, diverso da ogni altra lingua – e sì, per spazzar via ogni paura trasformandola forse in passione.

Innanzitutto questo libro parla di amore: il greco antico è stata la storia più lunga e bella della mia vita.
Non importa che sappiate il greco oppure no.
Se sì, vi svelerò particolarità di cui al liceo nessuno vi ha parlato, mentre vi tormentavano tra declinazioni e paradigmi.
Se no, ma state cominciando a studiarlo, ancora meglio. La vostra curiosità sarà una pagina bianca da riempire.
Per tutti, questa lingua nasconde modi di dire che vi faranno sentire a casa, permettendovi di esprimere parole o concetti ai quali pensate ogni giorno, ma che proprio non si possono dire in italiano.
Ad esempio, i numeri delle parole erano tre, singolare, plurale e duale – due per gli occhi, due per gli amanti; esisteva un modo verbale per esprimere il desiderio, l’ottativo, e non esisteva il futuro. Insomma, il greco antico era un modo di vedere il mondo, un modo ancora e soprattutto oggi utile e geniale.
Non sono previsti esami né compiti in classe: se alla fine della lettura sarò riuscita a coinvolgervi e a rispondere a domande che mai vi eravate posti, se finalmente avrete capito la ragione di tante ore di studio, avrò raggiunto il mio obiettivo.

176 pages, Paperback

First published June 1, 2016

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About the author

Andrea Marcolongo

36 books128 followers
Andrea Marcolongo, nata nel 1987 e laureata in Lettere classiche presso l'Università degli Studi di Milano, è una scrittrice italiana attualmente tradotta in 27 Paesi. Autrice de La lingua geniale. 9 ragioni per amare il greco (Laterza, 2016) e de La misura eroica (Mondadori, 2018), scrive per TuttoLibri de «La Stampa». Traduttrice dal greco, visiting professor presso l'Universidad de Los Andes di Bogotá e l'UNAM di Città del Messico e presidente 2019 del Festival de l'histoire di Blois, è stata finalista in Francia al Prix des Lecteurs. Ora vive a Parigi.

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54 (3%)
Displaying 1 - 30 of 219 reviews
Profile Image for Asclepiade.
139 reviews78 followers
November 8, 2017
A quanto pare, questo libro sta riscotendo un enorme successo; un certo successo, è vero, altresì pare arridere all’analogo (ma non affine) saggio in lode del latino, scritto da Nicola Gardini, ma il clamore riguarda soprattutto il volume della Marcolongo: sicché vien fatto di domandarsi se i lettori italiani non preferiscano il greco al latino, o le greciste bionde ai latinisti bruni, non riuscendo io a capire come mai goda di maggior fama quest’assai brutto libro rispetto a quello assai bello dello studioso milanese; mi consolo pensando che, dantescamente, la nostra nominanza ha color d’erba, compresa la nominanza della Marcolongo.
Un’analisi puntuale del saggio (che immagino altri abbiano già condotto, con miglior puntualità, dottrina e acribia di quelle di cui sia capace il sottoscritto) meriterebbe ampio spazio, e riuscirebbe anche tediosa per chi non abbia letto il libro. Poiché tuttavia esso, accanto a pagine graziose, sensibili e informative, pullula di pasticcetti poco simpatici, rifarne le bucce en abregé non mi sembra inopportuno; vi saranno poi ulteriori considerazione da fare dal punto di vista dell’impianto concettuale dell’opera.
L’impressione generale è che l’autrice, innamorata del greco a prescindere da tutto, e bramosa di cantarne i meriti, metta in evidenza i soli aspetti di tale idioma che le permettono di elogiarlo ricamandovi sopra; il suo concetto fondamentale ad esempio è che il greco possedeva una finezza, una complessità e una ricchezza ignote ad altre lingue moderne o antiche, sicché ne pesca gli elementi grazie ai quali in effetti sono possibili con mezzi sobrî alcuni tipi di sfumature espressive per raggiungere le quali, viceversa, per esempio l’italiano è obbligato a ricorrere a costruzioni più complesse. Ma si tratta d’un ragionamento fallace: se il greco possiede un sistema verbale capace di esprimere con estrema precisione l’aspetto dell’azione, si mostra nettamente inferiore al latino nell’esprimere il tempo e il rapporto reciproco fra più azioni; questo per la Marcolongo è un pregio perché ritiene “più bella” una concezione del verbo che ne metta in evidenza in prevalenza l’aspetto continuativo, puntuale o perfettivo, ma ovviamente si tratta d’un suo gusto personale e sentimentale: senza dire che poi l’autrice accortamente sorvola sul fatto che invece la declinazione del greco è più povera rispetto al latino (manca dell’ablativo) e viepiù rispetto al sanscrito, alle lingue slave, al lituano. La sua tecnica tipica consiste anzi nel presentare questi supposti pregi come peculiarità assolute del greco; poi, di straforo, a mo’ di escatocollo buttato lì distrattamente, spesso dà l’informazione completa: ma il lettore si ricorda la paginata di elogi alla peculiarità, non la mezza riga di precisazione che arriva più tardi. Tali precisazioni però non sono precise tutte le volte. Ad esempio, dopo un panegirico all’ottativo, la Marcolongo ricorda che esiste anche in sanscrito; le lingue moderne invece hanno perduto questa ricchezza: peccato che una lingua moderna, e parlata sulla porta di casa nostra, cioè l’albanese, non solo possieda l’ottativo, ma abbia un sistema verbale molto più ricco ed espressivo anche del greco. Se la bellezza del greco stesse soltanto nei verbi, con maggior ragione la Marcolongo dovrebbe scrivere un panegirico dell’albanese, che oltretutto è più elaborato anche nella declinazione del sostantivo.
Ma nella lingua di Omero esisterebbe un’altra ricchezza sconosciuta alle altre lingue indeuropee: il duale. Peccato che neanche il duale, come alla fine deve ammettere l’autrice stessa, costituisca una peculiarità del greco: se in effetti nel latino ne rimangono pochi casi fossili (ambo, uter, uterque, neuter, alter), il duale esiste per esempio in sanscrito, in antico bulgaro, in gotico, e perfino in lingue tuttora usate come il sorabo, lo sloveno, parzialmente in lituano, e in molte lingue non indoeuropee, a cominciare dall’arabo e dall’ebraico; la Marcolongo tira in ballo l’hawaiano, per alludere a una stranezza e rarità del fenomeno: ma l’hawaiano è solo una delle tante lingue austronesiane in cui esso è presente. Per giunta, la presenza del duale le dà il destro per indulgere a considerazioni sulla coppia e l’amore; meno male che in greco non esistono il triale come in certe lingue dell’Oceania, o il paucale come in qualche dialetto curdo, in arabo, in certe lingue cuscitiche, in hopi e in altri idiomi ancora (a conti fatti, qualche volta vien da pensare che il professore di glottologia dell’autrice fosse particolarmente soporifero, sicché i suoi scolari si saranno appisolati di frequente durante le lezioni: e il risultato si nota): m’immagino quali chiose assai meno romantiche tali particolarità desterebbero in una linguista emotiva come la Marcolongo. Proprio in questi giorni, peraltro, leggendo l’Andromaca di Euripide, ho avuto modo di trovare per puro caso duali che indurrebbero comunque a tutt’altre considerazioni, rispetto a quelle ch’esprime la studiosa italiana. Ecco ad esempio i vv.476-477, dove il Coro deplora le divisioni e le contese: “τεκόντοιν θ’ὓμνον ἐργάταιν δυοῖν/ ἔριν Μοῦσαι φιλοῦσι κραίνειν”; qui è evidente che fra i poeti rivali le Muse instillano lo spirito di gara e di lotta; e poco dopo Menelao (vv.516-17), minacciando di morte Andromaca e il figlioletto, le grida in faccia "…δύο δέ δισσαῖν/ θνῄσκετ’ ἀνάγκαιν”: da un lato, precisa subito dopo, è lui a decretare la morte della principessa troiana, mentre quella di Molosso sarà decisa dalla figlia di Menelao stesso, Ermione; anche qui, dunque, non unità ma divisione o perlomeno distinzione. E sono, ripeto, due casi capitatimi sotto gli occhi per puro accidente, analoghi a chissà quante altre centinaia che si potrebbero squadernare. Il duale, insomma, esprime tutto ciò che può esprimere il numero due: la coppia unita, ma anche la divisione, la στάσις; ed è proprio quest’ultimo l’aspetto del numero due che assume rilevanza filosofica nel platonismo, col concetto di Diade in(de)finita in rapporto dialettico con l’Uno. Insistere sulla coppia, l’amore, l’unione e via dicendo significa immiserire la bellezza del duale greco; altro che valorizzarla! Sarebbe interessante oltretutto sapere quanto il duale sopravvivesse nella lingua parlata: con ogni probabilità, poco o punto; quelli che leggiamo noi sono tutti testi letterarî, nei quali, come ricorda l’autrice stessa, l’uso è affatto personale e oscillante: il che induce a pensare che, per quanto bello, il duale già nell’Atene classica fosse in via di scomparsa o almeno di forte regresso.
Tra tante generalizzazioni e sviste le si può far grazia, tutt’al più, dello strafalcione di p.1, dove ricorda i tabù linguistici: cita quello che citano tutti, ossia il caso dell’orso, effettivamente rinominato con termini allusivi da molte lingue indeuropee, come quelle germaniche o slave; ma l’orso in russo non è il “mangia-mele”, come scrive l’autrice, bensì il “mangia-miele”: questo però potrebbe essere uno sfortunato refuso.
Altra ricchezza del nome, il neutro. Qui il tentativo di gabellarlo come specialità ellenica manca: perfino la Marcolongo sa che parecchi italiani conoscono il tedesco, e molti di più il latino; ma la sciocchezzuola riesce a infilarla egualmente, quando afferma che nelle moderne lingue neolatine il neutro manca: detto da una laureata in lettere mi pare grave, ché se il neutro italiano rimane vestigiale e improduttivo, sebbene operante in alcuni sostantivi come uovo/uova, vivo e produttivo è invece quello del romeno.
Quanto al verbo, a suo avviso i grecofoni antichi non si rendevano conto che i tre gradi apofonici del verbo λείπω, donde i tre temi λειπ- (del presente), λοιπ- (del perfetto) e λιπ- appartenevano al medesimo verbo; ora, che i greci antichi non possedessero nozioni di linguistica storica (anche perché, superbi del proprio idioma, non si curavano di studiar quelli altrui) e costruissero le etimologie a orecchio, è cosa che per esempio a chi abbia solo sfogliato gli Aetia Graeca e gli Aetia Romana di Plutarco è ben presente: ma che non un dotto alessandrino, bensì un qualsiasi pescatore del Pireo fosse del tutto ignaro che λέλοιπα, ἔλιπον e λείπω erano parenti stretti significa poter affermare che un italiano attuale anche senza studio di grammatica non si renda minimamente conto che faccio e feci sono forme dello stesso verbo. Ma il richiamo ai verbi con apofonia, e ancor più a quelli politematici, è una gherminella di cui la Marcolongo si serve allo scopo di elogiare un’altra presunta peculiarità del greco: l’aspetto del verbo; poi, si capisce, di straforo, in un angolo, sottovoce, ricorda che l’aspetto ce l’hanno anche le lingue slave. E va bene. Potremmo altresì obiettare che privo non è neppure l’italiano: andavo, andai e sono andato sono tutti passati, ma non sono intercambiabili; ma lasciamo stare. Ad ogni modo, che ciò che racconta sull’aspetto nel greco (a proposito: perché invece non parla mai della diatesi media?) è in qualche caso inesatto, e in qualche caso perfino sbagliato.
Basta vedere che cosa dice dell’aoristo; e qui, come in altri casi, la giovane grecista più o meno spaccia quale specialità ellenica quello che invero è un retaggio indeuropeo; quel ch’è peggio, tuttavia, rimprovera i poveri professori di ginnasio, che a suo dire imporrebbero ai loro scolari di tradurre sempre l’aoristo col passato remoto: e, a dimostrare quanto hanno torto, sbandiera qualche sua traduzione di aoristi al presente. Ora, che secondo i professori di liceo l’aoristo vada “sempre” tradotto “col passato remoto” è un’invenzione della Marcolongo: nessun insegnante fa tradurre automaticamente con tempi passati gli aoristi participî, infiniti o imperativi (che in molti casi vanno resi con presenti, o addirittura con futuri), e semmai suggerirà di tradurre, all’occorrenza, coi tempi storici del congiuntivo certi ottativi o congiuntivi aoristi, secondo le regole della consecutio temporum italiana; l’unico che si traduce di solito col passato remoto è in realtà l’aoristo indicativo, e non a caso: presenta infatti l’aumento! - e i greci stessi se ne servivano come modo e tempo narrativo per eccellenza, grazie appunto alla sua natura puntuativa. Un professore di ginnasio deve dare a ragazzini principianti regole semplici e chiare, non ingolfarne la testa con inutili sfumature, coglibili e valutabili solo da chi possieda già dimestichezza col greco. Da notare che in latino addirittura l’aoristo, usato evidentemente con valore di passato già in epoca preistorica, s’è mischiato in modo inestricabile col perfetto, tant’è che molti perfetti non sono altro che antichi aoristi; e anche in sanscrito l’aoristo indicativo tende a indicare azioni passate. Ad ogni modo, le traduzioni che fornisce l’autrice sono concettualmente sbagliate: senz’avvedersene, se rende, senza specificare il contesto, con “amo” ἐπεθύμησα, con “olezzo” ὤζησα e con “sono felice” ἐχαίρησα per odio religioso verso il dogma del passato remoto instillato da professori grossolani, finisce per prendere la cantonata di tradurre tre aoristi come se fossero altrettanti perfetti: tantum religio potuit suadere malorum. Certo, in sede di traduzione si possono incontrare diversi casi di aoristo indicativo da non tradurre col passato remoto (e almeno alcune ipotesi, quelle dell’aoristo gnomico o dell’aoristo con valore di trapassato, s’insegnano anche al liceo): ma è davvero utile parlarne in un libro destinato a gente che il greco non lo sa o non lo ricorda più, che magari nemmeno ha l’idea di che cosa sia un aoristo, e che neanche può essere capace di decifrare i verbi scritti dalla Marcolongo, la quale per l’intero volume, come hanno fatto notare molti lettori a disagio, non traslittera mai i vocaboli greci in lettere latine? E intanto ella dà addosso ai poveri professori di greco, sua testa di turco che bersaglia di accuse ingiuste, e ingiuste proprio perché li tratta come grecisti che insegnano a grecisti, non da maestri costretti, con poco tempo a disposizione, a impartire nozioni spesso difficili da capire prima ancora che da memorizzare, a scolari sovente distratti, disinteressati o riottosi.
In effetti, viene spontaneo chiedersi quale sia il destinatario ideale del presente saggio. Dubito che chi non abbia cognizione di greco antico riesca ad apprezzarlo più di tanto, mentre senza dubbio può capire e apprezzare il saggio di Gardini sul latino: immagino viceversa che piacerà a quegli ex-studenti del Classico che, avendo preso poi strade diverse dalla laurea in Lettere, sappiano seguire il discorso, siano capaci di decifrare qualche parola, e si possano sentire contenti di far parte del circolo degli happy few della Marcolongo, la quale intanto strizza l’occhio proprio a costoro protestando di non ricordarsi tuttora dove piazzare gli accenti, che spiriti scrivere sulle parole, dove usare l’epsilon e dove l’eta, dove l’omicron e dove l’omega, oltre a non essere mai stata capace di leggere in metrica e di capire la metrica stessa: niente male per una che però dice anche di essere capace di pensare in greco. Come grecista, non ci fa una bella figura (e nemmeno come traduttrice, dopotutto: vero che un traduttore non deve fare per forza anche edizioni critiche, tantomeno di opere in versi, ma se nel volgere in italiano capita di dovere scegliere fra più lezioni dubbie o di dover cercare un senso a un passo corrotto in un luogo metricamente discusso, per esempio di lirica corale, che fa un traduttore cui non cale della metrica?, sceglie per istinto, per sentimento, tira i dadi?), ma è lo scotto da pagare per non fare la figura dell’esperta polverosa e per sembrare una compagnona giovanile, spigliata, simpatica e un po’ scavezzacollo.
Assai sgradevoli mi suonano poi le considerazioni di storia della lingua, secondo cui il greco, trascorsa l’età classica, incontrò una decadenza e sopravvisse solo quale idioma letterario artificioso e senz’anima. Ora, ciò mi pare assai poco carino anzitutto per chi abbia speso una vita di studio e dedizione su autori alessandrini, dove ci sono giganti come Callimaco e Teocrito, su prosatori di età imperiale, sull’epigramma, o magari sull’Antologia Palatina, su Fozio, Psello o la prosa scientifica, giuridica, filosofica dall’era ellenistica in poi; suona puerile solo che si pensi alla vivacità, alla bellezza e alla grazia di Plutarco, di Eliodoro, di Longo Sofista o di Luciano; e, se posso allegare una mia poverissima e ormai lontana esperienza personale, ricordo tuttora la sorpresa e quasi la commozione che mi colsero quando, giovanissimo aspirante bizantinista, analizzando la sintassi e i procedimenti retorici d’un testo d’età giustinianea che la Marcolongo confinerebbe nella grecità decadente, infima e vitanda, vi rinvenni, a scorno dell’aridità della materia, un’ammirevole rispondenza ai dettami classici. Anziché gioire per la preservazione d’un’eredità di vocabolario e di stile che travalica i secoli e ha sfidato invasioni, dominazioni e cataclismi, la Marcolongo liquida col nasino arricciato due millennî e mezzo della storia d’un popolo cui anzi, a un certo punto, come unica ricchezza rimase proprio la sola lingua natia, mentre l’onnipotenza delle umane sorti le sottraeva tranne la memoria, tutto.
E in tutto ciò l’autrice non rammenta davvero perché ancor oggi va studiato il greco. Il greco e il latino vanno studiati perché sono belli, perché con essi furono scritte opere d’immortale valore; ma anche e soprattutto perché il greco, al pari del latino, è una delle basi della nostra civiltà, e per capire una civiltà diversa dalla nostra è necessario conoscerne la lingua, unica chiave per accedervi senza l’altrui mediazione; se perdiamo la chiave per capire da dove veniamo perdiamo anche coscienza di noi stessi.
Profile Image for Isa Cantos (Crónicas de una Merodeadora).
1,009 reviews43.7k followers
May 28, 2019
"La Ilíada y la Odisea no era solo el relato poético de la guerra troyana desencadenada por el rapto de Helena y el regreso de Ulises a Ítaca; eran una verdadera enciclopedia de lo que era ser griego".

Cuando me dijeron que si quería leer este libro para presentar a su autora en FILBo me emocioné un montón. Pensaba en la Grecia antigua, en los mitos y en todo lo que nos terminó dando esa maravillosa civilización. Ahora, tenía un poco de miedo porque, además de hablar sobre la cultura de Grecia antigua, el libro se centraba un montón en el griego antiguo como idioma. Y, efectivamente, cuando empecé a leerlo entré en pánico: nunca había estudiado griego ni en el colegio ni en la universidad y estaba perdidísima.

Andrea Marcolongo dice en el prólogo que no es necesario saber ni haber estudiado griego y en ese sentido discrepo un poco. La Lengua de los Dioses es un libro muy complicado de entender. Pero, poco a poco, cuando te vas familiarizando con el estilo, con las explicaciones y con las anécdotas que van entrelazadas, la lectura se hace muchísimo más amena.

Ahora, sí creo que si después de leer el libro no hubiera podido hablar con Andrea Marcolongo y entender de primera mano su pasión por el griego y la Grecia antigua habría odiado profundamente La Lengua de los Dioses, pues lo habría catalogado como un texto súper académico y nada entretenido. Pero mi perspectiva sobre el contenido cambió cuando escuché todo lo que ella tenía por decir, todo lo que había aprendido de los griegos y cómo, sin saberlo, aplicamos muchísimo de ello en nuestro día a día.

Así que les recomiendo que si leen este libro lo hagan con muchísima paciencia.
Profile Image for lorinbocol.
265 reviews426 followers
November 8, 2017
che sia stato presentato come libro per tutti, rientra in quel farla facile che è un po' proprio della scuola holden (l'autrice, che è stata anche per anni speech writer di matteo renzi, ha abitato lì). ma era abbastanza prevedibile. già il fatto che i lemmi greci riportati non abbiano tra parentesi alcuna trascrizione in caratteri latini (e quindi non siano nemmeno leggibili per chi con omero e pindaro non abbia trascorso i suoi bravi anni di liceo) fa di questo volumetto un prodotto a uso dei reduci del classico. o degli ancóra arruolati che vogliano meritevolmente aggiungere tridimensionalità allo studio dell'aoristo, e pathos a quello dell'ottativo.
in sintesi direi che è un libro inutile ma portatore di significato. come il duale.
Profile Image for Djali.
156 reviews174 followers
January 2, 2025
Andrea Marcolongo è a conoscenza del fatto che esistono altri indirizzi oltre al classico?

Potrebbe anche essere interessante, se non fosse per il fastidio e l’irritazione che ti suscita il senso di superiorità dell’autrice che trasuda dalle pagine del libro. Qualche informazione degna di nota, altre incomprensibili se non si è studiato approfonditamente il greco (e la sensazione che si ha è che alla Marcolongo non interessi fornire ulteriori chiarificazioni per la plebaglia che non ha frequentato il classico).
Sicuramente, di libri sull’argomento, ce ne sono tanti meglio. Due stelline unicamente perché ero molto interessata al tema e ho cercato di focalizzarmi solo su ciò che potevo ricavarne di utile.
Profile Image for Jessica.
304 reviews101 followers
February 5, 2018
Ho adorato l'ironia e la sincerità con cui Andrea Marcolongo ci accompagna in questo viaggio alla riscoperta del Greco Antico. Per me che sono stata studentessa del Liceo Classico è stato come un sorridente ritorno al passato: una rispolverata a quelle nozioni studiate con fatica e ormai accantonate, le versioni odiate e gli autori amati; in realtà tutto quello che ho appreso in quei cinque anni è sempre stato con me, mi ha reso possibile essere quella che sono oggi ma prima di questo libro non me ne ero effettivamente resa conto. Una lettura che ci riporta alla vera essenza dei Greci e della loro lingua: non solo regole e parole ma anima, sogni, determinazione. Curiosità! Per chi non ha mai studiato il Greco potrebbe essere una lettura spinosa, con cui vale comunque la pena confrontarsi; invece, per chi come me ha avuto a che fare ben cinque anni della propria adolescenza con versioni, grammatiche e pensatori greci, beh, sarà piacevole riscoprirsi fortunati e accomunati da questo grande amico/nemico che è il Greco. E' un saggio attraverso il quale si passa dal disamore all'entusiasmo per questa lingua considerata dai più "morta" ma che grazie all'autrice riscoprirete viva più che mai!
Il Greco Apre la mente e scoprirete che non è solo un modo di dire.
Profile Image for Occhionelcielo.
120 reviews43 followers
December 14, 2017
Alcune doverose premesse:
1) Non ho frequentato il classico né successive facoltà umanistiche;
2) A cinquanta e passa, sono tuttora felice delle mie scelte: scientifico e poi economia. D'altronde si vive solo una volta e qualcosa bisogna pur perdersi;
3) Non sono quindi mosso da rimpianti tardivi. Tuttavia, con gli anni e le esperienze, ho cominciato a percepire la lacuna del greco. Il mio bravo libraio ha saputo stuzzicare la mia curiosità ed allora via, vediamo un po' com'è.

Come l'ho approcciato:
1) A livello di difficoltà somiglia a certe salite alpine: comincia con pendenze dure, poi, alla fine, spiana. L'ho letto una prima volta senza curarmi di capire tutto, solo per vedere dove va a parare;
2) Mi sono quindi accorto delle caselle di testo. L'autrice ha evitato le note a piè di pagina per dare la giusta evidenza ad argomenti di grande interesse benché laterali rispetto al filo del discorso. Me le sono quindi lette, godute, evidenziate ed assimilate;
3) Altra drittata dell'autrice: non traslittera, quindi le parole greche sono scritte in alfabeto greco. Se ho voluto capire qualcosa, ho dovuto impararmelo. Che bello! E non ci vuole poi granché. Cito testuale: "Sapeste l'orgoglio, sapeste la gioia di imparare a leggere una seconda volta nella vita!". Sottoscrivo.

Esauriti questi preliminari, ho potuto finalmente godermi questo "racconto non convenzionale di grammatica greca, scritto sempre in modo semplice, brioso e scoppiettante con l'entusiasmo di una trentenne dei giorni nostri, che non si mette in cattedra ma, come se fosse al bar, ogni tanto divaga con il racconto di qualche simpatico aneddoto personale.
Ovviamente, continuo a non conoscere il greco antico; tuttavia sono riuscito a farmi un'idea sullo spirito e la società sottostanti alla lingua.
E poi? e poi l'appetito vien mangiando, mi è venuta voglia dii conoscere meglio la civiltà ellenica in tutte le sue espressioni, e questo me lo potevo aspettare.
Ma non solo: mi è sorta una fortissima curiosità sui secoli bui e, soprattutto, sulla fantomatica civiltà indoeuropea.
In sintesi, quando ho cominciato percepivo una lacuna; ora che ho finito ne percepisco due.
P.S.: divagando sulla rette scopro che la Marcolongo ha lavorato come ghostwriter nello staff di Matteo Renzi. Adesso non ci lavora più perché pare fosse sottopagata. Per quanto mi riguarda, era da nominare ministro al posto della Fedeli. Peccato, grossa occasione persa.
Profile Image for Nick Grammos.
270 reviews151 followers
June 27, 2021
Start with the last chapter about the history and evolution of the Greek language. Unless you've studied it as a child and have nightmares as an adult, in which case you are characterised as the ideal reader of this book - you once fled the study of Ancient Greek. Which left me a little alienated. Grammar causes me seizures anyway, so perhaps I can fit into the scope.

There's a lot of jokey, hyperbolic casual language in this book. To sound chatty, the author uses much repetition. It's a stylistic thing, but irritating in English as are the several proofreading errors I found. Speed of delivery to the publisher works against the slow pace of studying another language. That was my reason for reading it. I am interested in the struggle to learn a new language and how each language carries its own characteristics. I taught myself French from books a few years ago, which means I can read may non-idiomatic works and sound them incorrectly in my head as I read.

Having been raised as a speaker of modern Greek, I was always looking for the connection to Ancient Greek, alas there is some, but not that much. There is an essentialist argument in the last chapter that suggests that ancient Greeks were bound by a sense that they all intellectually thought themselves the same through their common language. I doubt it. Not unlike modern Greeks talking about Alexander as though he was Greek, or their direct line to Pericles. Nonsense. But then such warm and fuzzy ideas are easy to write.

There is a consistency according to the author in Attic and Koine Greek, and an independence of dialects spoken by all its outlying people - very interesting how this lingua franca survived in double form - the local and the common tongue for all other Greeks. One an instrumental language of wide connection and the other a home spun language. Not unlike speaking one language at home and another in the world - the immigrant's lot.

Apparently, Ancient Greek fostered individuality, no two ancients wrote the same, or expressed an idea that same way. Interesting, modern Greeks are much the same, two Greeks in a room gives you three opinions, they say; that must be progress.
Profile Image for S©aP.
407 reviews72 followers
October 19, 2018
Un buon libro, simpatico. Un libro leggero, che descrive un amore desueto. Una lettura rilassante per chi, memore dei propri studi classici, abbia ancora voglia di ascoltare, o dibattere serenamente, questioni linguistiche o semantiche. Ripeto: serenamente (repetita iuvant).
È un libro in cui si parla, con passione, di alcuni aspetti e qualità della lingua greca antica.
Chi non ha studiato greco al liceo può trovarvi inattesi e deliziosi spunti, ma - ovviamente - farà più fatica. Così come accadrebbe a me, se mi addentrassi - pur ben guidato - in questioni di matematica specifica.
Non è una piroetta davanti allo specchio. Non è uno sfoggio di erudizione. Non è un saggio aulico. Né è nato con tale pretesa. Lo dice a chiare lettere l'autore stesso (lo so, è una donna. Ebbene? Mi prendo la libertà di definirla "l'autore", in modo classico, neutro, non maschile, certo di non offendere nessuna persona intelligente).
È sconsigliato, quindi, ai cultori pennuti e pindarici dell'accamedia a ogni costo, così come agli adepti del pronto-uso for dummies.

È un libro che diffonde serenamente un po' di amore per la cultura e lo studio. Sta avendo un buon successo.
Considerati i tempi, è oro colato.
Profile Image for Nadia Brigandì.
40 reviews5 followers
February 25, 2018
Fin dalle prime pagine ha serpeggiato in me l'irritazione.
Non sono "9 ragioni per amare il greco" ma "9 ragioni per cui io autrice, che ho studiato greco, sono molto figa" (e tra l'altro ne conto 7, stando ai capitoletti..neanche la numerazione è chiara).
Sono irritata perchè non è una dichiarazione d'amore per il greco e un tentativo di affascinare anche chi, purtroppo, non ha potuto incontrare LA lingua per eccellenza, bensì un mero pretesto per parlare di sè.
Non è vero che si rivolge a tutti, anche a chi non ha mai studiato greco.
In primis, troppe parole non traslitterate e persino la presunzione di poter scrivere un paradigma, e invitare ad osservarlo per rendersi conto che ogni forma non c'entra nulla con le altre perchè " Non serve saper leggere il greco. Ponete pure che sia giapponese". Sarà un genio la Marcolongo con le lingue, ma io non distinguo un ideogramma cinese da uno giapponese, figuriamoci notare se sono diversi tra loro.
Sugli argomenti, poi, puntiamo direttamente alla rassegnazione. I concetti di radice e tema, di valore aspettuale del verbo, per non parlare del legame tra greco e protogreco/indoeuropeo sono ostici e creano non poche difficoltà anche a studenti avanzati del liceo classico. Sfido chiunque non abbia mai fatto greco (e magari nemmeno latino) a capirci qualcosa, data la trattazione assolutamente asistematica.
Infine, lo stile: la Marcolongo scrive bene, in modo scorrevole, questo è innegabile. Ma lo sforzo per apparire a tutti i costi simpatica e strizzare l'occhio al lettore è insopportabile. Non che parlando di greco e classicità si debba essere estremamente seri ed impostati, anzi, ben venga la battuta e la spiritosaggine: il punto è che per tutto il libro ho avvertito un umorismo "forzato", non naturale.

Un'operazione davvero furba, per non dire paracula, che di certo fa vendere molto ma non rende giustizia alla bellezza del mondo greco, ai motivi per cui l'abbiamo fortemente odiato e quindi fortemente amato.
Profile Image for Uhtred.
355 reviews26 followers
December 17, 2022
I have seen the author of this book many times on television and since she made a good impression on me, I decided to buy her book which deals with a subject that interests me very much.
The author on TV talked about it with great passion and unfortunately I must say that this passion is not transmitted in the book. The book is very readable and undoubtedly has solid foundations, but it is written in a too didactic form, a bit cold compared to what I expected after hearing her speak. It is perceived that she loves Greek very much, but it would seem more a platonic love than a carnal love. For the rest it is really a very pleasant book and deserves to be read.
Profile Image for Federico.
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December 31, 2020
Se cercate un libro che sveli i segreti per decifrare, interpretare e tradurre versioni dal greco antico all'italiano, avete sbagliato libro.
È la stessa autrice a dire in un capitolo che l'unico modo per poter tradurre correttamente un testo è necessario innanzi tutto pensare come un greco. Questo è invece lo scopo che si prefigge il libro: tentare, anche poco, di avvicinare il lettore moderno ad una delle civiltà più affascinanti dell'antichità occidentale.
Lo scopo è raggiunto in maniera discreta. Attraverso ricordi, nozioni ed una discorsività ineccepibile, la scrittrice riesce ad intrattenere il lettore fino all'ultima pagina.
Chi ha fatto studi classici da adolescente si troverà trasportato in un mare di esperienze che pensava dimenticate. Chi non li ha fatti, può godere di qualche essenziale nozione per poter dire: "Il greco antico è veramente una lingua geniale."
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Author 4 books81 followers
February 2, 2019
Vengo da studi prettamente scientifici, no liceo classico, -l'autrice indirizza anche a questo pubblico la sua opera. E con ragione ed efficacia. -

Strada, della vita, facendo, metti insieme qualche simbolo matematico, qualche costante termica, qualche porzione anatomica, qualche indice statistico, qualche particella subatomica, qualche definizione su Wikipedia che, con intelligenza, dà sempre l’origine etimologica del termine (mi risparmio il sanscrito), e qualcosa di greco antico filtra per osmosi nel cervello.
Poi, ti capita di mettere insieme questi simboli e leggi le parole, sempre balbettando, dei tabelloni pubblicitari, delle insegne dei negozi ad Atene o qualche iscrizione sui reperti a Delfi o a Olimpia (ho subito il fascino dei Giochi fin dall’esame di Storia dello Sport all’ISEF).
E si scatena lo stupore di come questa lingua, morta dicono, faccia vivere la nostra, o meglio, le nostre, al pari della nostra civiltà.

Il libro è gradevolissimo per tante ragioni:
la prima per la critica che l’autrice fa alla scuola “…siamo vittima di uno dei sistemi scolastici più retrogradi e ottusi del mondo.” Come non darle ragione; abbiamo abdicato al senso delle cose per il puro tecnicismo, non solo nello studio del greco antico, ma in tutte le discipline, come se la nostra cultura servisse solo a fa funzionare le macchine, come se noi fossimo macchine.
Il libro è un racconto ipertestuale, una narrazione che mette insieme tanti blocchi concettuali. La tecnica è solo uno degli aspetti.
La seconda perché i riferimenti grammaticali non sono sterili, ma servono a capire la mentalità di quel popolo, di come scriveva e quindi come pensava. Non è facile calarsi nel contesto solo con l'empatia. Mi accontento, come per certe visioni astronomiche degli scienziati.
Terza: giusto non mettere la traduzione delle singole parole, ma esplicitarla solo per i brani lunghi. Questo impone di fare lo sforzo di leggere il greco con il processo di assemblaggio che descrivo sopra, come in un puzzle in cui si intuisce la posizione della tessera, sia per la forma, sia per la sostanza. Divertente!
Quarta: per la storia di questa lingua, non solo antica, ma per la tenace volontà dei greci di mantenerla nel tempo.

Unica nota: l'autrice insiste molto sulla difficoltà di apprendimento di questa materia scolastica. Ne sono convinta. Ci sono, a mio avviso, apprendimenti altrettanto difficili, anche quelli del "fare", che impongono una simultanea integrazione tra i concetti, le conoscenze, i contesti, l'analisi delle opportunità, le letture ambientali, ecc. Probabilmente il greco antico è una buona palestra, non credo l'unica.

Da leggere a prescindere dalla tua formazione e dal lavoro che fai. Se sei insegnante o studente curioso, un obbligo.
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April 1, 2018
Μια Ιταλίδα μας δίνει λόγους για να αγαπήσουμε τη γλώσσα μας…
«Η υπέροχη γλώσσα: 9 λόγοι για ν’ αγαπήσεις τα αρχαία ελληνικά»: Το νέο βιβλίο της Andrea Marcolongo προκαλεί, όχι μόνο τους ξένους, αλλά και τους Έλληνες να μάθουν ή να ξαναθυμηθούν γιατί τα αρχαία ελληνικά είναι η γλώσσα που δεν μπορείς παρά να λατρέψεις στη ζωή σου.
Παρόλο που είναι Ιταλίδα, έχει επιδείξει μεγάλο ζήλο για τη γνώση και κατανόηση της γλώσσας μας και το βιβλίο αυτό έχει μεταφραστεί σε πάρα πολλές γλώσσες.
«Στα ελληνικά επιστρέφουμε όταν έχουμε κουραστεί από την αοριστία, από τη σύγχυση κι από την εποχή μας» Βιρτζίνια Γουλφ
Μέσα στις σελίδες του πονήματός της τα αρχαία ελληνικά ζωντανεύουν, ακούγονται, για την ακρίβεια φωνάζουν καθημερινά ανάμεσά μας. Ιδιαίτερο ενθουσιασμό έχει επιδείξει η συγγραφέας στο δυϊκό αριθμό, που υπάρχει πέραν του ενικού και του πληθυντικού. Γιατί άλλο γραμματικό τύπο χρησιμοποιούμε για να εκφράσουμε κάτι όταν είμαστε ένας, άλλο όταν είμαστε πολλοί, και τελείως διαφορετικό τύπο όταν είμαστε μόνο εμείς οι δύο. Η γλώσσα ζωγραφική αυτή γλώσσα κατανοεί τη διαφορετικότητα του ζεύγους από το πλήθος.
«Σίγουρα, αν έχεις σπουδάσει αρχαία ελληνικά, αποκτάς και κάποιο ιδιαίτερο τρόπο να μιλάς, να γράφεις ή να σκέφτεσαι ή παραξενιά, θα μπορούσαμε να πούμε».
Οι αρχαίοι Έλληνες μπορεί να υιοθέτησαν το φοινικικό αλφάβητο, αλλά το προσάρμοσαν στο ύφος της δικής τους γλώσσας, πχ πρόσθεσαν φωνήεντα, άλλαξαν τη φορά (από δεξιά προς αριστερά) κτλ, όπως αναφέρει στο παρόν βιβλίο η Marcolongo. Επίσης εξαιρετική είναι και η αναφορά της στα πνεύματα (δασεία και ψιλή, για τα οποία κάνει ένα ευφυέστατο λογοπαίγνιο με τη λέξη φαντάσματα) , τους τόνους, τις αποστρόφους, την υπογραμμένη και γενικά στα σημεία στίξεως.
Και βέβαια δε θα μπορούσαν να μην είχαν ξεχωριστό κεφάλαιο τα τρία γένη και οι τρεις αριθμοί, αλλά και η ευκτική, όπως επίσης και η υπέροχη ιστορία της λέξης μακάρι, που στα ιταλικά χρησιμοποιείται σχεδόν αυτουσίως (magari).
«Η μελέτη της ελληνικής γλώσσας συμβάλλει στο να αναπτύξουμε την ικανότητά μας να ζούμε, ν’ αγαπάμε και να μοχθούμε, να επιλέγουμε και να αναλαμβάνουμε την ευθύνη για τις επιτυχίες και τις αποτυχίες μας. Συμβάλλει επίσης στο να μάθουμε να απολαμβάνουμε τα πράγματα, ακόμα κι αν δεν είναι όλα τέλεια».
Πρόκειται για ένα βιβλίο, που εμάς τους Έλληνες μας γεμίζει υπερηφάνεια, ενώ στους ξένους αναγνώστες αποτελεί πρόκληση να γνωρίσουν τη δομή, τον τρόπο έκφρασης, αλλά τις ιδιαιτερότητες μιας γλώσσας που αποτελεί τον τρόπο να βλέπεις τον κόσμο…
Πηγή http://www.clevernews.gr/mia-italida-...
Profile Image for Jorge Zuluaga.
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August 5, 2019
¡Maravilloso ensayo en todo sentido!

Lo compre originalmente por curiosidad (por no decir realmente moda) y dudaba que algún día realmente lo leería. Pensaba en el más como un tratado de divulgación de la gramática o sintaxis del griego antiguo (un poco aburrido).

Al comenzar a leerlo sin embargo la autora contagia al lector con su pasión por esta hermosa lengua, de la misma manera que los físicos y astrónomos que amamos la divulgación intentamos contagiar nuestra pasión por disciplinas científicas fascinantes pero muy difíciles.

Siempre había tenido la intuición que conocer mejor el griego me acercaría a entender mejor mi lengua y hasta mi cultura, y efectivamente este libro me lo demostró.

El estilo literario de la autora es bastante peculiar, demostrando de alguna manera lo que ella misma admite en algún aparte: de tanto estudiar y leer el griego antiguo se ha contagiado del estilo de los poetas y cronistas que escribieron en esa lengua.

Una advertencia: aparte de una sencilla presentación en mitad del libro, no se encuentra en ninguna parte una tabla con una guía sobre la forma y pronunciación de las letras del alfabeto griego, algo indispensable para al menos pronunciar algunas de las palabras que cita. Es recomendable conocer el alfabeto (tal vez a través de wikipedia) antes de leer el libro. A mi personalmente me ayudaron mis conocimientos del alfabeto obtenidos por su uso en las matemáticas y la astronomía.
Profile Image for Ana.
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January 16, 2023
I was disappointed. I bought the book because as I linguist I love when popular books about langauges are published and because I also really like Greek although i dont speak it. But this is disappointing and a missed opportunity.
First, because so much is made of what all ancient Greek had (eg dual, neuter, aspect) and through this, a feeling of representing it as an awesome langauge - but never really looking at other languages that have this too today - and in even more quantity (particularly acute is ignorance of the Slavonic languages that do have these - this book could easily be avout Slovene as it has everything she discusses even today)! When you do that, Greek no longer seems special. In a way, through praising one language over others, it commits a faux pas of linguistics - that is, do not evaluate languages one over the other. Also singling out only peculiarities makes Greek even more different :/
Second, is the author really a linguistics professional? At points this seemed to me like listening a rant of my greek friend talking of how great the greeks were and superior and this and that. Do you need a degree for this?
Im sorry to say that despite her liceo degree there is little breath of language general knowledge - I was really surprised to see she refers to a woman as emeritus even.
Profile Image for Tina Coppola.
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November 4, 2018
"Il greco antico è quindi sempre stato una lingua democratica nel senso più etimologico possibile del termine: l'uso del greco era affidato in piena libertà al suo popolo e alla sua coscienza del mondo".
Difficile capire a chi effettivamente si rivolga questo libro, inutile per chi pratichi il greco per professione e al tempo stesso inaccessibile a quanti non lo conoscano. Immagino sia stata fatta una "operazione nostalgia": parlare del greco antico agli ex studenti del classico per costruire attorno a luoghi comuni una identità distinguente. Basta a spiegare il successo di vendite? Boh... Comunque si parla di greco... ben venga!
Profile Image for Elena Traduzioni Oceano Mare.
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August 20, 2017
Un libro che trasmette la passione viscerale dell'autrice per il greco antico. La capisco, perché anch'io, pur non venendo da studi classici e avendolo studiato per conto mio, non smetto di sentire il fascino di questa lingua, di tutto quello che comunica su mille livelli, e che non so descrivere razionalmente. C'è una sorta di magia che ritrovo nell'etimologia di ogni parola e che le parole dell'autrice mi aiutano a riportare a galla. Mi fa venir tanta voglia di riprendere a studiarlo!
Profile Image for gufo_bufo.
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February 12, 2022
Ho diverse caratteristiche in comune con l’autrice di questo libro: anch’io porto incisi nella carne ricordi angosciosi del tempo della scuola, anch’io ho studiato lettere classiche, anch’io amo il greco e cerco, quando insegno (o meglio, quando studio insieme ai ragazzi), di trasmettere entusiasmo, comprensione e divertimento, più che regole desinenze e paradigmi. Come lei, anch’io ho più volte sbattuto il naso contro la totale inconsapevolezza degli studenti nei confronti della grammatica italiana e contro la loro purissima verginità nel campo dell’analisi logica.
Ho quindi affrontato questo libro con un piacevole fremito di attesa e condivisione. Ho trovato dei capitoli illuminanti, come quelli sull’aoristo, sul duale, sulla percezione dei colori, sull’ottativo (questa donna è un genio degli esempi, e la spiegazione della differenza tra eventualità e possibilità è geniale), ma ho avuto anche qualche delusione. Al capitolo sui casi, per dirne uno, mi è sembrato di rileggere i miei testi scolastici dei primi anni ’60, e non è un complimento: “Simmetrico al nominativo che esprime il soggetto, l’accusativo esprime il complemento oggetto, completando il senso della frase e rispondendo alla domanda chi? che cosa?: tèn naûn, la nave”. Un perfetto esempio di spiegazione che non chiarisce un bel nulla.
Insomma, un libro altalenante, di cui non è chiaro chi sia il destinatario. Sembra ora strizzare l’occhio ai vecchi compagni di scuola e di angoscia, ora cercar di incoraggiare gli studenti di oggi; ora divulga annotazioni dotte (vuole incuriosire nuovi adepti?), ora fa riferimento a testi normativi, annoiando così chi li conosce e spaventando chi deve ancora intraprendere lo studio. L’entusiasmo proclamato dall’autrice non si comunica spesso al lettore: sembra che le micce si bagnino prima dell’esplosione dei fuochi artificiali.
Tre stelline, facendo la media dell’altalena.
Profile Image for Romi.
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December 7, 2020
Este libro fue una grata sorpresa. Presentó algunos de los aspectos más interesantes del aprendizaje del griego, así como de la gramática y la historia de esta lengua, de forma muy clara y entretenida. Sin lugar a dudas es una obra muy personal que atrapa a los interesados por el griego clásico.

¿Se trata de un manual de teoría? No, en absoluto. ¿Es para cualquier curioso sobre la lengua griega clásica? Aquí tengo mis dudas, si bien no presenta ninguna dificultad en la lectura, no creo que alguien que no tiene nociones de gramática griega lo encuentre útil pero claro está que si hay curiosos de la lengua este es un buen libro.

Como punto de inicio en el aprendizaje de esta lengua es más que interesante, claro y supo esclarecer algunos conceptos teóricos. Además en cada capítulo también entregó datos curiosos que hacían disfrutar aún más la lectura.
Profile Image for Carlotta*.
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June 22, 2017
Questa non è una recensione, solo un sorridere alla casualità di aver letto - proprio il giorno dopo che è uscito Caproni alla prima prova della maturità 2017 - una frase di omaggio al poeta da parte dell'autrice, anche lei livornese.

«C'è una bella differenza tra leggere un autore e sentir parlare di un autore. Potrei essere la livornese più brava del mondo a raccontarvi Caproni, ma sarà sempre, appunto, un racconto: la bellezza delle sue poesie, così come il suo essere, sono custoditi nei versi».
Profile Image for Daniel A. Penagos-Betancur.
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July 9, 2020
De este libro tengo dos reseñas: una que hice cuando apenas comenzaba este oficio de reseñar lo leído y leí por primera vez el libro, la cual voy a dejar en la parte inferior de esta entrada y denominaré R1, y esta segunda llamada R2 luego de releer el libro, con apuntes a mano y señalando varios puntos que me han gustado bastante. Así que sin más rodeos, acá va la reseña.

R2
El mueble central de mi biblioteca está adornado con dos frases en griego: Διπλοῦν ὁρῶσιν οἱ μαθόντες γράμματα (Los que saben leer y escribir ven el doble) y Μανθάνων μη κάμνε (No te canses de aprender), así tal cual, en forma de custodios de lo que está más abajo, como guardias, como vigilantes; pero también como recuerdo, como mantra de lo que es una biblioteca. Cuando escogí las frases, lo hice con plena conciencia del asunto y basado en lo que me dejó este libro la primera vez que lo leí. Pues hoy, tantos años después, estoy más que convencido de que los griegos nos hablan todavía y nosotros tenemos mucho por aprender de ellos.

La lengua de los dioses no es una gramática del griego, ni un estudio a profundidad sobre la morfología de la lengua o algo del tipo. Es, sobre todo, un relato literario sobre algunas particularidades del griego. Es una invitación a intentar pensar en griego.

Andrea, que junto a Paolo Giordano hacen parte de las nuevas voces de la literatura italiana, desborda en cada página su conocimiento sobre los griegos, su cultura, su idioma y su historia. Lo hace de una forma maravillosa que mezcla cada tanto datos sobre la lengua, la historia y anécdotas personales con detalles de un humor bastante fino en el momento justo —cuando el discurso empieza a tornarse bastante alto y lejos del lector promedio—.

Como ya lo señalé, este libro no es una gramática; pero sí habla de la lengua griega, entonces ¿Cómo lo hace sin entrar a explicar cada categoría gramatical del griego? Pues Andrea ha logrado escribir este relato no convencional sobre el griego en forma de los buenos vinos: para tomarlo en pequeños tragos mientras se disfruta cada una de las ideas que expone. Creo que esta es justamente, una de las principales virtudes del libro, pues logra hacer muy ameno el viaje por la historia de una lengua tan maravillosa como lo es el griego, pero para la mayoría de los contemporáneos muda.
Andrea reconoce en varios apartados que el libro es, ante todo una reconciliación con su yo pasado, su yo de 15 o 16 años que en medio del Liceo clásico debía padecer la enseñanza de una lengua destinada solo a admirarse por su peso histórico y como parte del legado de la civilización actual, motivos que fuera de acercar a la gente, tienden a alejarla de ese pasado que se supone se debe perpetuar, una idea que solo contribuye a que el griego continúe como una lengua muda ante los humanos contemporáneos.

Todos los datos que el libro contiene sobre la gramática del griego —que por todo lo demás me parece espléndida y es una muestra de la manera en la que ellos concebían el mundo que los rodeaba— vienen acompañados por la historia de la lengua y del pueblo griego con el transcurso del tiempo; un complemento genial para ir entendiendo qué sucedía dentro de la lengua conforme los mismos griegos cambiaban como pueblo.

Hay dos asuntos que me llamaron profundamente la atención y que quiero dejar de manera explicita acá: A) los acentos y espíritus que hoy vemos en los textos en griego clásico no vienen de la época de Platón ni nada, son ayudas que los alejandrinos pusieron en sus transcripciones de los textos clásicos en un intento de que el griego no se perdiera con el paso del tiempo. La cuestión es que ellos sí sabían como sonaba el griego y entendían que significaba cada símbolo en cada posición, nosotros no; lo cual es una pena pues solo podemos imaginar como sonaban las palabras y tener un acercamiento muy tenue sobre el asunto. Una pena por completo. B) evolutivamente, el griego es una lengua bastante atípica, pues ha evolucionado con el pasar del tiempo dentro de ella misma sin convertirse en otra lengua —como sí le pasó al latín al convertirse en español, portugués, francés, italiano, etc.— una particularidad que me resulta increíble y que denota una fuerza enorme de los griegos como pueblo a la hora de conservar su identidad por encima de cualquier otra cosa, todo esto cimentado en su lengua, en su lengua genial, como atina a llamar Andrea al griego en el título original del libro.

La traducción en cuestión a veces peca de ser demasiado ibérica, sobre todo en los ejemplos coloquiales que los traductores presentan, en estos momentos he entendido mejor los ejemplos italianos que los “propios”. No me quiero imaginar el esfuerzo o el mutismo completo que pueda causar esto en un lector promedio de este lado del mar, pues los modismos, en definitiva, distan mucho de estar al alcance de cualquier hablante del español. Ahora me queda la tarea de leer el libro por tercera vez, esta vez en el italiano original.

Me gustaría que alguien que no tenga conocimiento ni del griego —lengua sobre la que versa el libro— ni sobre el italiano —de donde vienen muchos de los ejemplos y situaciones que plasma la autora— opinara sobre el libro, a ver si quizás, encuentra los mismos puntos interesantes que yo encontré. Porque he disfrutado mucho intentando balbucear alguna que otra palabra en griego de las muchas que están en el libro —hasta ahí llegan mis conocimientos sobre el asunto— y porque me encantaron cada uno de los ejemplos que recurrían al italiano.

A manera de colofón quiero dejar en el aire dos ideas: ¿Qué pasaría si, de la nada, de nosotros como hablantes del español solo quedara la lengua escrita, absolutamente nada más? ¿Sería alguien capaz de descifrar lo que decíamos? Por último: la enseñanza del griego clásico es una respuesta a la idea de qué de esta forma se conserva parte del patrimonio, costumbres e ideas que han moldeado la sociedad occidental actual. Nosotros: latinos por la conquista y americanos por derecho deberíamos de hacer lo mismo, no solo con el griego, sino también con al menos con alguna de las lenguas que se hablaban acá en el Tawantinsuyo antes de la llegada de Colón. Creo que esto nos daría una compresión enorme sobre el mundo y nuestro lugar en él.

Anécdota personal
Tuve la fortuna de conocer a Andrea en el 2018 acá en Medellín, Colombia durante la presentación del libro: una mujer bella, encantadora, que habla ese italiano del centro del país, ese toscano neutro que marca cada palabra con un ritmo que encanta. Cada vez que hablaba exhalaba ese sentimiento griego en sus palabras, ejemplos y experiencias. Este libro lo sentí como si de nuevo la tuviera frente a mí y tuviéramos una conversación larga y tendida sobre su amor por la lengua griega. Recuerdo que esa vez tuve la valentía de hacerle una pregunta al final de su intervención —antecedida de mis disculpas por si decía alguna barbaridad en italiano— sobre nuestro amor por una lengua diferente a la que nos han dado nuestros padres. Su respuesta fue: amamos una lengua, porque en ella encontramos una parte de nosotros mismos.

P.S.: La próxima vez que alguien me pregunte sobre si la edición en griego que tengo de The hobbit es en griego clásico o en griego moderno, solo responderé que es griego, a secas; porque el griego solo es uno y ha estado entre nosotros durante mucho más tiempo que cualquier otra lengua hablada en la actualidad.

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R1
Es un libro que muestra todo el amor que se puede tener por una lengua.
Creo que sólo los que amamos tanto una lengua extranjera como la propia somos capaces de sentir lo que la bellísima Andrea plasma y cuenta sobre el griego antiguo.
Un viaje lleno de nostalgia, de cosas lindas y que sirve para encontrar al griego, una lengua que creemos ajena y ya perdida, en todo lado, en las situaciones más coloquiales y llenas de magia.
Sin lugar a duda volveré a sus páginas
Profile Image for Jef.
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February 25, 2021
Een fijn boekje dat niet alleen aantoont hoe mooi, eerder nog dan geniaal, de Griekse taal is, met al haar muzikale en grammaticale subtiliteiten, maar mij ook dingen terug voor de geest bracht die door de steeds grover wordende mazen van mijn herinnering beginnen te glippen. Enerzijds was het heel toegankelijk en vlot geschreven, wat er soms toe leidde dat het naar mijn aanvoelen soms te veel naar drama overhelde (twintig jaar na datum nog paniekaanvallen over een Griekse tekst uit het secundair, really?); anderzijds was de passage over taalkundige eigenaardigheden van oudleerlingen Grieks - zoals het overdadig gebruik van ondergeschikte bijzinnen of structerende elementen in een tekst (‘niet alleen/maar ook’ en ‘enerzijds/anderzijds’) of het hardnekkige gebruik van het kommapunt - pijnlijk accuraat en confronterend.
Profile Image for Arianna Di Gregorio.
10 reviews4 followers
August 14, 2017
Sono stata d'accordo con molte delle cose dette dall'autrice, ma in generale mi ha lasciato un'impressione negativa. Partendo dal modo in cui è scritto, la Marcolongo stessa dice che il libro è il frutto di un collage di vari suoi scritti prodotti in diversi momenti della sua vita... e si vede. Avrei apprezzato una revisione più accurata che avesse giustapposto i pezzi in modo più armonioso e omogeneo, soprattutto dal momento che il libro è un'apologia della lingua, del linguaggio, del saper comunicare in generale. In un punto mi è sembrato addirittura contraddittorio (dove parla dell'aoristo)! Sempre per lo stesso motivo, l'uso sovrabbondante del corsivo mi è stato intollerabile. Nonostante sia presente il prevedibile attacco alle emoji delle moderne comunicazioni, che privano il linguaggio della sua essenza, vedere sulla pagina tutto questo corsivo non mi è sembrato tanto lontano dallo stesso concetto: ormai è diventata una moda, ma personalmente la vedo come un'incapacità diffusa nel saper sottolineare i concetti a parole.
Per quanto riguarda i contenuti, l'autrice mi sembra presa da una cieca passione per il greco antico, che la spinge a farcire le frasi di romanticismi inutili e quasi fuorvianti. Analisi superficiali, inesatte e poco approfondite. Avevo una professoressa di greco come lei, e ce ne sono tanti così, che si credono illuminati dalla vocazione che li guiderà nella vita, che hanno visto la vera essenza delle cose; una professoressa che sbagliava tutti gli accenti quando leggeva qualcosa in greco, tanto era presa dall'intensità della lingua (ironia alert). Perché i greci erano intensi, erano autentici, più vicini alla natura e a se stessi, erano semi dei! Così mi è parso li dipinga la Marcolongo. Ora, sicuramente avevavo un'altra visione del mondo rispetto alla nostra e magari anche più genuina e profonda, ma erano pur sempre uomini. Rimaniamo coi piedi per terra. In certi punti, il significato che l'autrice attribuisce ad alcune parole mi è sembrato forzato, atto solo a mostrare della poesia intrinseca inesistente. Posso dire che in un punto era anche sbagliato (oppure è stata imprecisa, perché, non so nel passato, ma oggigiorno 'more' in russo non significa 'lago' ma proprio 'mare', quando l'autrice dice esattamente il contrario).
Infine, quella tendenza all'elitarismo in cui si pongono molti di quelli che hanno fatto il classico (e ripeto, io l'ho fatto e andavo anche bene, dunque non ho astio represso da esternare qui). Prima di tutto, il fatto che le parole in greco non abbiano nessuna traslitterazione: ma non doveva essere un libro per tutti? Al di là del fatto che è importante che ognuno possa leggere quello che c'è scritto sulla pagina, inoltre alcune frasi erano logicamente strutturate basandosi sulla parola greca con connettori come "infatti", "è chiaro che" ecc. che la seguivano. Non è affatto chiaro se non posso leggere cosa è chiaro. Poi quel trafiletto sul fatto che i "classicisti" in sostanza hanno una marcia in più, che quasi vedono il mondo con altri occhi e altra mentalità... ancora una volta, non esageriamo. Lo trovo anche offensivo verso chi ha scelto un altro percorso di studi. Posso essere d'accordo sul fatto che conoscere il greco ti aiuti nelle etimologie dell'italiano, nostra lingua, e quindi a conoscere meglio anche noi stessi, perché la lingua siamo noi e viceversa; ma le categorie non esistono nella vita.
Credo che se la Marcolongo leggesse questa mia recensione, ribatterebbe ad ogni cosa dicendo che non intendeva quello che ho scritto, e io lo so che le sue intenzioni erano migliori di come io le ho descritte; ma l'idea che dà è questa. Io nella sostanza era generalmente d'accordo, ma la forma l'ho trovata inadeguata e soprattutto i contenuti mal espressi. Insistere troppo è sbagliato e non necessario, perché il greco rimane bello senza aggiungervi fronzoli.
Profile Image for ᛚᚨᚱᚲᚨ × ᚠᛖᚾᚱᛁᚱ (Semi hiatus).
412 reviews37 followers
April 3, 2017
Se potessi dare mezza stella a questo libro, lo farei!

Tralasciando alcune interessanti informazioni in esso contenute, è stata una lettura deludente e... irritante.
Lo stile dell'autrice è discutibile (anche se è anche una questione di gusti): all'inizio è molto colloquiale, cerca di invogliarti e di farti divertire (con numerose e controproducenti forzature), inserisce una battuta (che tale non è) a pagina.
Quello che mi ha fatto perdere interesse nell'argomento (non so come ho fatto a finirlo) e credibilità dell'autrice, è il fatto che la stessa quando spiega particolarità del greco le definisce sempre come uniche, superiori, intelligentissime dimenticando che alcune caratteristiche si possono invece ritrovare in altre lingue che vengono raramente menzionate (nonostante, quando lo siano, Marcolongo dimostra di intendersene), rendendo l'opera odiosa. Certo, se l'intento è quello di avvicinare chi non ha mai studiato il greco o di farlo rivalutare a chi invece l'ha conosciuto ed odiato, e se a farlo è una persona che lo studia (con successo) da quindici anni, non mi sarei aspettata altro se non "dichiarazioni d'amore"... ma non così cieche.
Arrivare a dire che una lingua come il greco non esiste da nessun'altra parte, che il suo essere unica (per alcuni aspetti, poi!) la pone in cima alla altre (e con esse il popolo che l'ha parlata), è un insulto per le altre lingue, che meritano lo stesso rispetto: ognuna riflette il carattere, la cultura, la storia di un popolo; non ci si può essere così boriosi, non si può velatamente insinuare (lezione che emerge da queste pagine) che il greco è la lingua superiore, la migliore, il resto è m*rda. Proprio no.

Fortuna che questo l'ho trovato alla fine

Del resto, anche per i Romani il greco era una lingua di prestigio, che si ostinavano ad imparare con lunghi soggiorni ad Atene - sotto sotto, il latino non smise mai di invidiare il greco, così come chi ha fatto il liceo scientifico sentirà sempre la mancanza di qualcosa.


perchè, insomma, l'ennesima punzecchiatura non si può leggere. Con che diritto esprimi in sentimento di un popolo che ha vissuto millenni fa, solo per lodare la lingua che ami? Con una lingua altrettanto importante per la nosta storia (qual è il latino), poi! Abbassiamo la cresta.

Insomma, se all'inizio mi ha avvicinata a questa lingua, alla fine la conclusione che ne ho tratta è: se rischio di diventare così snob e arrogante, meglio tenersene alla larga!
Profile Image for Veronica.
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March 5, 2018
Il greco antico mi affascina, il suo essere difficilmente accessibile a chi non ha seguito studi classici, mi ha sempre fatto rimpiangere la volta in cui ho scelto di frequentare il liceo scientifico. Il mio approccio alla lettura de La lingua geniale ė quindi stato estremamente entusiasta, ma purtroppo, per determinate caratteristiche di questo saggio, non sono riuscita ad apprezzare l'opera nel suo insieme.
Per cominciare, la scrittura non mi ha convinta: le parole greche che abbondano, le citazioni, molte parole chiave, i nomi di alcune opere sono tutti contrassegnati in corsivo; non so se si tratti di una scelta dell'editore o dell'autrice, ma il font ė grande fonte di disturbo visivo se non relativamente omogeneo (= ok il corsivo, ma non esageriamo). Stile di scrittura comunicativo, ricorrente uso della prima persona singolare sono caratteristiche che non ho apprezzato, in quanto, certi pensieri dell'autrice sembrano imporsi, quasi in modo preponderante, sul resto della narrazione nozionistica.
Per quanto riguarda il contenuto, devo ammettere che molti argomenti li ho ritenuti interessanti, ho apprezzato particolarmente le digressioni nei riquadri, tuttavia in alcuni punti il testo mi è parso ripetitivo o disconnesso, rasente dall'essere un'accozzaglia di concetti, talvolta nemmeno d'immediata comprensione.
Le parole greche prive di traslitterazione sono state, per me, una vera spina nel fianco, mi hanno fatta sentire esclusa dal coinvolgimento che l'autrice prometteva nella narrazione in italiano.
Trovo che questo saggio sia presentato da Andrea Marcolongo in modo errato, per il modo in cui è trattato in diverse sue parti non lo trovo d'aiuto per chi davvero desidera comprendere nozioni di greco ed è vergine in materia, come la sottoscritta.
Infine, vorrei porre l'attenzione di chi ha già potuto leggere La lingua geniale sulle affermazioni dell'autrice a pag. 120-121; non so voi, ma il tono mi è parso a dir poco visionario, capisco l'amore per il greco, ma non sono d'accordo sul fatto che "l'abilità alle cose umane" si apprenda solo attraverso lo studio del greco antico. Le culture e le discipline sono molteplici, ognuna ha in sé proprie ed uniche chiavi di lettura per l'interpretazione della realtà.
Segnalo infine un'errore geografico: Benevento, a differenza di quanto scritto, non si trova in Irpinia (pag. 77)! Leggendo altre recensioni ho constatato che vi sono altre imprecisazioni, soprattutto riguardanti la traduzione di alcune parole.
Consiglio una lettura attenta e critica a chi vuole approcciarsi a questo testo.
Profile Image for C.
8 reviews
July 16, 2021
Leer este libro probablemente me ha generado más sentimientos negativos que positivos, pero me ha gustado de todas maneras.
El contenido sobre griego antiguo me ha parecido educativo, al menos para personas que, como yo, no han aprendido nunca griego. No obstante la autora interrumpe continuamente las «lecciones» para introducir opiniones personales, comparaciones erróneas (incluso sobre áreas del conocimiento que evidentemente la autora no conoce en absoluto, como pone de manifiesto con sus atrevidas afirmaciones), datos falsos (sobre otras lenguas actuales, por ejemplo), anécdotas de su vida y frases vacías sobre su autopercepción. No pretendo meterme con la autora, simplemente creo que debería tener más en cuenta que los lectores no la conocen más que a través del libro y lo que ella deja ver en él. Trata de darle un tono personal y desenfadado, cercano, que no logra resultar natural (y a veces hace que la autora parezca pedante o incluso ignorante).
De todas formas eso no llega a impedir que el libro sea disfrutable: aunque la autora no consigue transmitir la emoción que ella siente por el griego (con frases que simplemente te afirman que ella la siente), el propio griego, o las pinceladas que ella te deja ver, sí pueden emocionarte por sí mismas.

Recomiendo este libro como una lectura ligera para aprender unas nociones muy básicas (generalidades) sobre griego antiguo. No se puede tomar todo al pie de la letra, pero resulta interesante.

También me gustaría resaltar la labor de los traductores al español, que me parece excelente. Sus notas eran muy pertinentes, y además hacía bastante que no leía un libro en mi lengua (traducido o no) con tan pocos fallos.
Profile Image for GONZA.
7,369 reviews124 followers
November 9, 2016
Libro interessante, peccato che non potessi leggere le parti in greco (sarebbe stato utile avere una trascrizione tra partentesi), mi sarebbe piaciuto perché almeno il 30% delle parole italiane (e non) ne deriva etimologicamente. Insomma, aver fatto lo scientifico é stato un errore da quasi tutti i punti di vista.
Profile Image for Sele85.
15 reviews2 followers
July 29, 2018
Questo libro ha il merito di avermi riavvicinata al greco antico dopo 15 anni ma l'ho trovato talvolta un po' prolisso e a volte con qualche inesattezza. Non è adatto per chi non ha mai studiato greco perché si danno molte cose per scontate, prima di tutto la traslitterazione delle parole scritte in alfabeto greco.
Comunque buon tentativo perché traspare l'amore dell'autrice per la lingua greca.
Profile Image for Daniela Rojas.
37 reviews9 followers
March 2, 2019
Este libro habla del amor al griego, a una forma tan especial de ver el mundo. Es una invitación a pensar de otra manera, porque pensar en griego antiguo es eso: meterse en un mundo totalmente diferente y hacerlo propio para comprenderlo.
También explica aspectos gramaticales, propios de la lengua griega, a modo de ensayo. Si alguna vez usted estuvo en una clase de griego antiguo, sabe lo importante que es que el profesor se tome la molestia de explicarle el sentido que comportan categorías como el aspecto y el modo, el sentido de los casos y de las inflexiones. Este libro le puede ayudar a comprender esto y más, desde la perspectiva de una amante del griego, como lo muestra ser Marcolongo.
Además de esto, a mi juico, este libro está escrito desde una perspectiva filosófica acerca de la manera en que el lenguaje moldea nuestro pensamiento. Aquí les comparto un par de frases que me parecieron interesantes: "La falta de curiosidad ante el mundo nos hace pasar por él como turistas" (p. 126); "Es terrible la situación de quien no entiende una cosa, pero le han dicho que debe amarla; enseguida la empieza a odiar" (p. 18); "hace falta que la extrañeza nos revele el significado de las cosas" (p. 39).
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