El hermano Jacob (1860) se inicia con una cita de La Fontaine que advierte contra los falsarios y usurpadores: a través de la peripecia de David Faux (que, de aprendiz de pastelero, aspira a ser un gran personaje en las Indias Occidentales, adonde emigra tras robarle los ahorros a su madre) y de su hermano, el idiota Jacob (que, de pura gratitud, se erige en su imprevista Némesis), se erige una fábula recta e hilarante a la que se aplican con brillantez los amplios recursos de la técnica realista.
Mary Ann Evans, known by her pen name George Eliot, was an English novelist, poet, journalist, translator, and one of the leading writers of the Victorian era. She wrote seven novels: Adam Bede (1859), The Mill on the Floss (1860), Silas Marner (1861), Romola (1862–1863), Felix Holt, the Radical (1866), Middlemarch (1871–1872) and Daniel Deronda (1876). Like Charles Dickens and Thomas Hardy, she emerged from provincial England; most of her works are set there. Her works are known for their realism, psychological insight, sense of place and detailed depiction of the countryside. Middlemarch was described by the novelist Virginia Woolf as "one of the few English novels written for grown-up people" and by Martin Amis and Julian Barnes as the greatest novel in the English language.
Another Virago! This is Eliot’s shortest offering, barely a novella, and only three chapters. It is a fable and a morality tale with a central role for Nemesis. The main character (and very unlikeable he is) is David Faux. He comes from fairly humble origins. He finds himself fascinated with confectionary as a child and of course the sweetness of sugar. He grows up to be a less than pleasant young man. He decides to leave home, taking with him his mother’s life savings (twenty guineas). The process of leaving is complicated by his brother Jacob who has a learning disability. Jacob also has a sweet tooth and David’s attempts to bribe him lead to difficulties. David goes to Jamaica for several years, where he ends up as a cook, despite expecting to make his fortune. Again this is significant as Jamaica is linked to the production of sugar and to slavery. After several years David returns to Britain under a new name, Edward Freely. He opens a confectioner’s shop some distance from his home town and purports to be middle class with an admiral in his lineage. His sweets and cakes are a hit and he becomes a hit with the local ladies. He sets his eyes on the daughter of the local squire. However this is about nemesis and it is called Brother Jacob. This has the obvious problems linked to shorter works, particularly character development and the ending is pretty obvious. The introduction of Jamaica adds the spectre of imperialism and colonialism: there is a cultural resonance given when it was written (1864, during the American Civil War). The links between sugar and slavery are too obvious to ignore, as is the unlikeability of the main character. Quite a good deal has been made of this. It is unusual for Eliot as it is written as a fable, but the symbols are clear: “How is the son of a British yeoman, who has been fed principally on salt pork and yeast dumplings, to know that there is satiety for the human stomach even in a paradise of glass jars full of sugared almonds and pink lozenges. . . . David chose his line without a moment's hesitation; and, with a rashness inspired by a sweet tooth.” David’s thought process is significant: “David's imagination circled round and round the utmost limits of his geographical knowledge, in search of a country where a young gentleman of pasty visage, lipless mouth, and stumpy hair, would be likely to be received with the hospitable enthusiasm which he had a right to expect. Having a general idea of America as a country where the population was chiefly black, it appeared to him the most propitious destination for an emigrant who, to begin with, had the broad and easily recognizable merit of whiteness.” Then we have the issue of Jacob and learning disability and the management of that particular trope: “David did not entirely lose his presence of mind . . . and if he had had any lips they would have been pale; but his mental activity, instead of being paralysed, was stimulated. While he was inwardly praying . . . he was thrusting his hand into his pocket in search of a box of yellow lozenges, which he had brought . . . as a means of conciliating Jacob . . . . Not one of these delicacies had he ever offered to poor Jacob, for David was not a young man to waste his jujubes and barley-sugar in giving pleasure to people from whom he expected nothing. But an idiot with equivocal intentions and a pitchfork is as well worth flattering and cajoling as if he were Louis Napoleon. So David . . . drew out his box of yellow lozenges, lifted the lid, and performed a pantomime with his mouth and fingers, which was meant to imply that he was delighted to see his dear “Brother Jacob,” and seized the opportunity of making him a small present, which he would find particularly agreeable to the taste.” This was the part of the fable I found most difficult: the management of this particular trope. I prefer Eliot in long form.
I read this book for an English class as a parodic and satirical examination of whiteness, connecting the piece’s sharp disdain for the confectioner’s profession with the Blood Sugar trope popular in antislavery circles at the time. George Elliot is really funny, specifically in the last chapter of this story. This is interesting and worth a read.
Breve racconto di George Eliot, Jacob e suo fratello racconta la storia di David Faux, aspirante pasticcere molto ambizioso, ma poco volenteroso, che vuole andare in cerca di fortuna oltreoceano. Desideroso di farsi largo nella società vuole andare, in gran segreto, nelle Indie Occidentali non prima, però, di essersi impossessato di una cospicua somma di denaro che gli servirà per fare carriera in quel continente. La somma di denaro necessaria per realizzare il suo sogno la ruba alla madre, che la nasconde in un cassetto tra la biancheria della casa; il tutto sotto gli occhi di suo fratello Jacob, il fratello idiota, che vede David nascondere le monete. Quest'ultimo temendo che il fratello possa riferire quello che ha visto ai genitori lo ingannerà per assicurarsene il silenzio. Per David, purtroppo, le cose non andranno come desiderava; infatti, dopo qualche anno, senza aver realizzato il suo sogno di successo, torna in patria sotto falso nome e si stabilisce in una cittadina dove nessuno conosce lui e il suo passato. Gli abitanti di questa piccola cittadina sono molto diffidenti nei confronti del nuovo arrivato, ma l'ambizioso David, pur con qualche difficoltà, riuscirà ad affermarsi come pasticcere e a conquistare la fiducia di suoi nuovi concittadini, guadagnandosene la stima e compiendo una grandiosa scalata sociale tanto da essere accettato tra le famiglie più altolocate del piccolo paese e a conquistare la mano di un'ingenua ragazza di buona famiglia. Un bel giorno però, proprio quando la data del matrimonio è stata fissata, il passato torna a bussare alla sua porta, un passato che si presenta nelle sembianze del suo affezionatissimo fratello Jacob.
Un racconto breve, scorrevole, scritto con insolita ironia e vivacità dall'autrice inglese, dove però non mancano alcune sue tipiche caratteristiche presenti e riconoscibili nei suoi romanzi più conosciuti e importanti, quali: l'eleganza del lessico, l'abilità narrativa e la meravigliosa prosa. Una vicenda, quella raccontata, scanzonata, leggera e permeata di ironia dalla prima all'ultima riga, che più di una volta riesce a strappare una risata. Sembra essere molto diversa dalle altre opere che ha scritto la Eliot ma, invece, anche qui non manca l'inequivocabile intento morale, che non sfocia mai in pedanteria, e la denuncia sociale nei confronti della società del periodo; una società quella provinciale inglese permeata dalle convenzioni sociali, dalla ristrettezza mentale e politica delle classi sociali dominanti. La critica sociale presente non risparmia niente e nessuno; non è solo nei confronti dei personaggi, soprattutto del protagonista del racconto ma anche della società nel suo insieme, ben rappresentata dalla descrizione della cittadina di Grimworth, prototipo dell'ipocrisia della provincia inglese ai tempi della prima rivoluzione industriale, dove l'arrivo di un estraneo non viene visto di buon occhio perché può portare alla rottura dell'equilibrio economico della cittadina. Solo quando è ormai ricco viene, però, ammesso nel santa sanctorum della cittadina, cioè nel club sociale, nell'amministrazione della parrocchia e fra le famiglie più altolocate della cittadina. Il protagonista del racconto è il prototipo dell'inglese dell'epoca che ha formato la sua cultura e il suo sapere solo su alcuni romanzi della biblioteca circolante. David Faux, il cui cognome rispecchia totalmente il suo essere e ha un doppio significato cioè quello di falso e volpe, è un ragazzo che ha più difetti che pregi: è meschino, bugiardo, astuto, non è brillante, non è bello fisicamente e neanche tanto simpatico. Figlio di una famiglia di contadini divenuto pasticcere è un ambizioso arrivista, a cui interessa solo il proprio tornaconto personale. Ha basato il suo sapere solo su un libro dal titolo Inkle e Yarico, un romanzo d'appendice molto popolare in Inghilterra in quel periodo, che racconta la storia d'amore tra un'indiana delle Indie Occidentali e un giovane colono inglese, che in seguito la rivenderà come schiava. É proprio grazie a questa storia, in cui David si immedesima nei panni del colono inglese, che fa nascere in lui il desiderio di trasferirsi nelle Indie Occidentali per realizzare il suo sogno di diventare ricco e famoso. Un personaggio che ho trovato davvero meschino e odioso che pur di realizzare il sogno di una vita non guarda in faccia a nessuno; è disposto a mentire, rubare e imbrogliare chiunque, ma avrà quel che si merita proprio nel momento in cui sta per realizzare il suo sogno di ricchezza e fama grazie proprio a colui che ha imbrogliato in maniera così vile. Un finale del tipo “chi la fa l'aspetti” e che forse potrà sembrare un po' prevedibile ma non per questo è meno soddisfacente.
Complimenti alla casa editrice Marsilio per la cura, la traduzione e l'interessante prefazione di questo libro.
A simple, but satisfying, story about retributive justice. Davy Faux (I found the name extremely well suited) is a duplicitous character who thinks he has escaped answering for his crimes, but is brought to justice in an ironic and fitting way.
Very quick read, with the obvious style that George Eliot brings to all her works. A moral tale, without an ounce of preaching.
Una novela corta que nos invita a reflexionar acerca de qué seríamos capaces de hacer por alcanzar nuestros sueños. David Faux es un joven ambicioso y con un ego tan elevado que piensa que si emigra a América, podrá destacar rápidamente entre sus habitantes y conseguir todo lo que el cree merecer. Su código de ética personal además es bastante cuestionable porque piensa que en ciertas circunstancias robar no sería un delito.
Cómo afectarán sus planes la aparición en los momentos menos oportunos de su hermano Jacob, quién padece de algún trastorno mental que no se especifica? . La autora con un tono bastante sarcástico que saca bastantes sonrisas, hace una crítica social en lo referente a la “posición” de cada persona y el rol de las amas de casa. . “El negocio de la pastelería era tan nuevo que todavía no se había determinado que puesto ocupaba en la escala social”. . “El progreso de la civilización en Grimworth solo se manifestó en el empobrecimiento de los hombres, la ociosidad chismosa de las mujeres y el incremento de la prosperidad del señor Edward Freely (el dueño de la pastelería)”
Well, I can't tell that I enjoyed it as much as Middlemarch (one of my favourites). I also didn't feel fully comfortable with how Jacob's mental disabilities were shown.
Nonetheless, I found in here Eliot's wit and honest criticism of society (middle class) and humans. Moreover, I accept that the author lived in other times than I and her attitude to mental disability was simply different.
Not my favorite George Eliot, but better than The Lifted Veil. It still feels rather Victorian and moral, but it contains some humorous moments that show why Eliot's longer works remain such treasures.
It didn't age particularly well but the conclusion still feels satisfying.
He quedat encantat amb la traducció de Maria Callís, és perfecta per al text de George Eliot.
«Va tornar amb la grata il·lusió que un pastisser per força havia de ser el més feliç i el més destacat dels homes, perquè les coses que feia no eren només les més boniques de contemplar, sinó també les més bones de menjar»
Brother Jacob is George Eliot’s shortest and most obscure work.
I’m pleased that Virago reissued it back in the day – if they hadn’t it probably would have passed me by.
My edition runs to just 74 pages, but it contains a fable, a morality tale in four acts:
Act 1: On a visit to town young David Faux sees a high class confectioner’s shop. It leads him to believe that confectioners must be the happiest and most popular of tradesmen, and so when it comes to the time for him to take up a trade he becomes a confectionery. But when David finds that the realitly of life as a confectioner has more work and less status than he imagined, he decides that his future lies elsewhere.
The prose in this section is rich and lovely. George Eliot must have had a sweet tooth! But David’s discontent stops things getting sickly and sets the real story in motion.
Act 2: David decides that his future lies in the West Indies, But how does he get there? Easy! He tricks his slow-witted brother Jacob so that he can steal his mother’s life savings. And then, of course, he vanishes.
A swift change to a much darker style and tone. Interesting, well executed and things play out well. But not so easy to engage. David is unpleasant and Jacob is dull. No heroes here!
Act 3: Some years later and some miles away a new confectioner’s shop opens. The proprietor, Edward Freely, establishes himself in society and is clearly set to make a great match with the local squire’s daughter.
A lovely portrait of a community. Of course, with the short format, it is reasonably clear who Edward Freely must be and what is likely to happen next. After all, the title is “Brother Jacob”.
Act 4: Sure enough, Jacob arrives. He, quite disingenuously, identifies the confectioner as his brother David Faux. Not a gentleman merchant, but a working class thief and cheat. The confectioner disappears, never to be heard from again.
A tidy ending, but a little downbeat.
Brother Jacob has a few flaws common in short works. There is little room for character development and the story quickly becomes predictable. But it is engaging and very readable.
The core idea wouldn’t have been enough to sustain a novel, but does provide a sound basis for this little volume.
Not essential, but very interesting.
This entire review has been hidden because of spoilers.
Did I really like this book? On the whole, not really. Another one where its length works as an advantage, Brother Jacob is not, overall, particularly good. Overall, it's a passable - mostly predictable - parable soup made with a generous helping of Nemesis and a dash of retard. I can't even say I recommend the whole thing.
But. But. There's just this one part that's so damn good - just a few pages, nothing major - about how opening a pastry shop single-handedly caused a slow and steady demoralization of the entire town. No one can capture community psychology like Eliot: the rumors, the imputation, the knowing nods...and getting to experience just a little bit of that again teeters the whole thing just barely into the "like" range. Brother Jacob is mostly a slight and (surprisingly) inoffensive re-telling of the whole "coming back to haunt you" thing that we've seen everywhere. But there's that one totally killer excerpt that would make me feel guilty had I not thrown an extra star at it. The first passage I ever highlighted on a Kindle. Take that, technology!
I think this is only my second work by George Eliot (the first being The Lifted Veil), and I didn’t find it as compelling as that novella. It’s basically a bit of a morality tale, as far as I can see: don’t be like this guy who pretended to be someone he wasn’t, because it will come back to you. And don’t fuck around with your family’s affections.
Overall, it’s more a little character sketch than a story, with predictable consequences. George Eliot’s writing doesn’t particularly shine here, and I can’t say I’m encouraged to read other books by Eliot.
Inizio la conoscenza di George Eliot, grande autrice dell'800 inglese, non dalla lettura di uno dei suoi celebrati romanzi, ma da un'opera minore, una novella pubblicata poco meno di vent'anni fa da Marsilio con la consueta cura, ancora fortunatamente disponibile. Jacob e suo fratello fu scritto dalla quarantenne Mary Ann Evans nel 1860, a cavallo di due delle sue opere più importanti, Il mulino sulla Floss e Silas Marner, e riprende, sotto forma quasi di apologo satirico, le tematiche di critica sociale che caratterizzano la sua letteratura. Il protagonista della vicenda è David Faux, un giovane che vive nella campagna inglese nei primi decenni dell'800. È pasticcere, ma progetta di andare nelle Americhe convinto di potere fare fortuna, influenzato com'è dalla descrizione delle Indie Occidentali come paese del bengodi che trova nelle sue scarse letture. Approfittando dell'assenza da casa di genitori e fratelli, ruba alla madre 20 ghinee che questa teneva nascoste nell'angolo di un cassetto della biancheria, andandole a nasconderle nel bosco, da cui intende recuperarle il giorno dopo, partendo senza attirare sospetti. Purtroppo, mentre sta nascondendo le monete nella cavità di un albero giunge Jacob, uno dei suoi fratelli, che è idiota ma vede le monete di cui potrebbe sicuramente riferire ai genitori. David mantiene il suo sangue freddo e convince il fratello che lasciando le ghinee nascoste queste si trasformeranno in caramelle (Jacob è particolarmente ghiotto di dolci), ottenendo il suo silenzio. La mattina dopo David lascia la casa prima dell'alba, ma nel bosco trova Jacob che sta controllando se la trasformazione in caramelle sia già avvenuta. Dicendogli che è troppo presto e che bisogna trovare un altro posto David riesce infine a far ubriacare Jacob e, lasciatolo addormentato in una locanda, parte per Liverpool. Circa sei anni dopo questi fatti giunge nella piccola e arretrata cittadina di Grimworth uno sconosciuto, Edward Freely, il quale affitta una casa sulla piazza del mercato e apre un esercizio che, visto il gusto inglese dell'epoca, oggi definiremmo una rosticceria con pasticceria. La nuova attività è accolta inizialmente con diffidenza dalle famiglie bene di Grimworth, le cui signore sono abituate a preparare in casa i piatti per la cena; inoltre Freely, di cui si comincia a sapere che ha viaggiato molto per mare, non è visto di buon occhio dai notabili della comunità, sia per la sua professione piccolo-borghese sia per il suo oscuro passato. Dopo poco, però, qualche signora rompe gli indugi e inizia ad acquistare i piatti e i dolci preparati da Freely, che alla prova dei fatti piacciono molto. In breve Freely inizia a fare buoni affari e il velo di diffidenza nei suoi confronti si dissolve, anche perché si rivela abile nell'adulazione, nel vantare conoscenza del mondo e nell'attribuirsi le migliori virtù morali e religiose. Diviene quindi membro della ristretta buona società di Grimworth, e mette gli occhi su Penelope (Penny) Palfrey, una ragazza carina ma soprattutto figlia della famiglia più ricca e nobile di Grimworth. Per poter essere accolto in famiglia come un pari, tuttavia, deve inventarsi nobili ascendenze ed eredità in arrivo da uno zio d'America: grazie a queste menzogne può fidanzarsi ufficialmente con Penny. Poco prima delle nozze legge sul giornale che David Faux (che è lui, naturalmente) è ricercato perché il padre è morto e gli lascia una piccola eredità… il seguito al piacere della lettura. Una novella quindi apparentemente leggera, scanzonata, ma che alla lettura rivela una notevole dose di critica, estremamente circostanziata, nei confronti della società inglese del tempo dell'autrice, delle sue convenzioni, della ristrettezza culturale e politica della provincia e delle sue classi dominanti, dei meccanismi del progresso sociale ed economico in cui l'Inghilterra era immersa nei primi decenni del XIX secolo. In un certo qual modo di quella società George Eliot è stata vittima. Come noto, infatti, la scelta di uno pseudonimo maschile era stata obbligata, per la sua condizione – quantomeno complicata in epoca vittoriana - di intellettuale donna e per di più di compagna di un uomo sposato, e quando – per difendere i suoi diritti d'autore – fu costretta a rivelare la sua vera identità, all'ostracismo sociale per la donna si aggiunse, da parte di molti, la sufficienza per la scrittrice. In questa novella, nella quale non esistono di fatto personaggi positivi, George Eliot si toglie anche alcuni sassolini di carattere personale, perché il suo aspetto fisico, considerato all'epoca non rispondente ai canoni della bellezza, le procurò parecchi dolori, in particolare al tempo del suo amore non corrisposto per il filosofo Herbert Spencer, che la rifiutò proprio per la sua non avvenenza, come ci ricorda Enrica Villari nella prefazione al testo, sulla quale tornerò. Se mi posso permettere un inciso, con il senno di poi credo sia stato un bene per Mary Ann Evans non convolare a nozze con il teorico del darwinismo sociale, che oltre ad essere il maldestro costruttore della sovrastruttura filosofica necessaria a giustificare il capitalismo liberista, colonialista e imperialista che avrebbe portato in pochi decenni alla immane tragedia della prima guerra mondiale, era una sorta di ipocondriaco compulsivo e certo (almeno a giudicare dalla fotografie pervenuteci) quanto meno poco legittimato ad esprimere giudizi di ordine estetico sulle persone. La critica sociale insita in Jacob e suo fratello come detto non risparmia praticamente niente e nessuno. Il protagonista, David Faux è di fatto un ambizioso arrivista, la cui morale contempla solo il suo tornaconto personale. Non è però un arrivista spietato: ha spesso ipocritamente bisogno di ammantare le sue azioni di motivazioni etiche, ed in genere le sue scelte derivano da un attento calcolo di quale sia l'opzione meno rischiosa. Ad esempio, quando ha bisogno di soldi in vista della partenza per l'America, prende in considerazione l'idea di rubarli al suo principale, ma considerando la possibilità di essere denunciato per furto ripiega su un crimine moralmente peggiore ma per lui più sicuro, cioè rubare alla madre. È quindi un personaggio meschino, che George Eliot caratterizza in tal modo anche fisicamente, descrivendocelo come ”un giovane gentiluomo dal viso pallido, [in seguito diverrà giallastro N.d.R.] con la bocca senza labbra e i capelli radi”; la sua meschinità crescerà e in qualche modo diverrà sistematica quando entrerà a far parte della società di Grimworth per mettere le mani sulla dote di Penny Palfrey. L'autrice gioca scopertamente con i due cognomi che David assume nella vicenda, visto che Faux in francese significa “falso” (ma si pronuncia in inglese come “fox”) e Freely in inglese può significare anche “generosamente”, “gratuitamente”. Oltre che come tipo di arrivista meschino David viene caratterizzato anche dalla sua incultura: ha letto solo pochi libri presi in prestito dalla biblioteca circolante, e la sua conoscenza delle Americhe gli deriva da Inkle e Yarico - una storia d'appendice popolare nell'Inghilterra di quei decenni, che narra l'amore tra una indiana e un giovane mercante bianco che poi però la rivende come schiava – nella quale peraltro David si identifica con il fedifrago. Qui l'autrice lascia partire una bordata tremenda contro il milieu letterario dei suoi tempi, dicendo che qualora ”fosse vissuto oggi, e avesse avuto il privilegio di frequentare un Istituto di arti applicate, si sarebbe sicuramente dedicato alla letteratura e avrebbe scritto recensioni [dedicato a noi blogger N.d.R.]… se solo ortografia e dizione fossero state un po' meno anticonformiste”. Ma se il personaggio di David è sicuramente quello che, in una vicenda come quella narrata, deve essere negativo, gli strali di George Eliot si abbattono anche e soprattutto sul piccolo, gretto e chiuso microcosmo di Grimworth, paradigma della società inglese di provincia che stava vivendo la prima rivoluzione industriale. Le due pagine in cui l'autrice ci descrive la cittadina all'arrivo di Freely/Faux sono esemplari per come rappresentano la modernità che irrompe sulla scena della storia con le nuove esigenze del commercio, e denotano una conoscenza non banale di testi di economia (viene evocata persino la divisione del lavoro). David è l'elemento di disturbo di un ambiente ripiegato su sé stesso, nel quale ”gli anglicani avevano il proprio droghiere e il proprio merciaio. I dissidenti avevano i loro.” L'arrivo del nuovo pasticcere viene visto con sospetto innanzitutto perché può rompere i consolidati equilibri economici della cittadina, indurre nuovi bisogni e portare in prospettiva a fare acquisti nella città vicina, dove la scelta è maggiore e i prezzi più vantaggiosi. Questo clima di ostracismo, rotto inizialmente come detto da alcune mogli che hanno il coraggio di spendere un po' di più a fronte della comodità di non preparare il cibo, è anche socialmente basato su solidi presupposti economici. La confidenza di David con i notabili di Grimworth cresce infatti di pari passo con il successo del suo negozio, solo quando è passabilmente ricco viene ammesso nel club locale e diviene amministratore della parrocchia; le diffidenze del padre di Penny, patriarca della famiglia più in vista, ”che era proprietario della terra che amministrava” cadono completamente nel momento in cui David millanta tenute di famiglia e eredità in arrivo. Si può qui notare una particolare perfidia dell'autrice nei confronti di Mr. Palfrey e della sua famiglia che, letteralmente accecati dalla prospettiva di un matrimonio vantaggioso per la figlia, non si accorgono neppure che il ritratto che David ha appeso alla parete come quello di un prozio ammiraglio rappresenta in realtà Nelson, personaggio notissimo in quel periodo in Inghilterra. I Palfrey non sono solo quindi gretti, ma sono anche stupidi, tutti, compresa la piccola Penny, che si lascia abbindolare – quale novella Desdemona – dalle roboanti ed esotiche narrazioni di David, dai suoi bigliettini pieni di versi d'amore copiati, ma soprattutto – anche lei – dai suoi millantati beni. Anche Penny, del resto, come sua madre, come tutta Grimworth, è incolta: ha frequentato solo un anno di collegio e la sua unica lettura è stata un sussidiario. Questa insistenza sull'incultura dei personaggi principali è uno dei tratti distintivi della novella, ed è a mio avviso il segno dell'importanza che l'autrice attribuiva alla cultura per lo sviluppo di una piena umanità, dotata di sufficiente spirito critico. In questo quadro un personaggio in qualche modo positivo c'è, anche se ne ho giocoforza parlato poco: si tratta di Jacob, il fratello idiota di David, che riapparirà nel finale e che non a caso da il titolo al libro. Con la sua forzosa ingenuità è coerente nelle sue azioni, e per questo diventerà, come dice la chiosa della novella, ”un mirabile esempio delle forme inattese in cui la grande Nemesi cela le sue vie”. Un piccolo apologo sociale, quindi, nel quale però come detto George Eliot non rinuncia a prendersi anche qualche rivincita personale. La più mirabilmente acida, invero da me interpretabile solo grazie alla prefazione di Enrica Villari, è quella rivolta a Spencer, sua antica fiamma: di David infatti ella ad un certo punto dice: ”… non solo aveva viaggiato, ma aveva anche le gambe storte e un viso pallido dai lineamenti piccoli, cosicché la natura stessa lo aveva destinato ad essere uno schizzinoso intenditore di donne. Devo però tornare sulla prefazione di Villari perché, se da un lato contribuisce ad esaltare l'importanza di questo volume, che propone – come usuale in questa collana della benemerita Marsilio - il testo originale a fronte e un imponente apparato di note, dall'altro mi sembra pecchi di parzialità d'analisi. La traduttrice e curatrice, infatti, pur dando conto dell'importanza della componente di critica sociale e al capitalismo presente nella novella, tende a privilegiare gli aspetti satirici legati alle esperienze personali dell'autrice, basandosi su differenze che si possono riscontrare tra il personaggio di David Faux e i personaggi negativi dei suoi romanzi maggiori, cui George Eliot concede sempre qualche tratto di umanità che nega invece a David. Come detto, non ho ancora letto i romanzi di George Eliot, ma la lettura di questa novella mi ha fatto apparire evidente come non si tratti anche di un apologo sociale, ma soprattutto di un apologo sociale, nel quale l'autrice si è perfidamente divertita ad inserire richiami alle sue esperienze private. Un ottimo racconto, quindi, che si legge in una sera ma che ci può accompagnare per sempre.
The story of David Faux, confectionery, as he has dreams of going to the West Indies after stealing money from his mother. He has to trick his mentally handicapped brother in order to get away then we see Faux's exploits in the West Indies and other "adventures".
I enjoyed Brother Jacob himself as he provided some comic relief from Faux's poor decisions.
È opinione diffusa che per conoscere davvero un autore sia necessario cimentarsi innanzitutto nella lettura delle sue opere imprescindibili, vale a dire quei romanzi o racconti che in virtù della loro grandezza e notorietà ne hanno sancito l'imperitura popolarità. L'esperienza, però, mi insegna che quando si desidera comprendere nel profondo uno scrittore e il suo mondo, niente può rivelarsi tanto illuminante quanto andare ad esplorarne i così detti scritti minori: quella produzione spesso relegata nell'oblio, attraverso cui è in realtà possibile scorgere sfumature e peculiarità, sia del pensiero che dello stile letterario, generalmente ignorate anche dagli estimatori più entusiasti. Ne è un perfetto esempio Jacob e suo fratello, breve racconto di George Eliot dai toni leggeri, in cui si narra la storia del giovane David Faux, un aspirante pasticcere assai ambizioso ma poco incline al lavoro. Costui, desideroso di farsi una posizione nell'alta società, decide di partire in segreto per le Indie Occidentali, non prima però di essersi impossessato di una cospicua somma di denaro appertenente a sua madre; il tutto sotto lo sguardo innocente di Jacob, il fratello idiota, da lui prontamente circuito con un inganno al fine di assicurarsene il silenzio. Purtroppo per David, le cose non andranno come aveva sperato, e qualche anno più tardi, senza aver ottenuto il successo tanto ambito, egli fa ritorno in patria sotto falso nome, stabilendosi in un tranquillo villaggio dove tutti ignorano la sua vera identità, e dove, non senza qualche difficoltà, riuscirà ad affermarsi come pasticcere, guadagnando la stima della gente, e conquistando infine il cuore di un'ingenua ragazza di buona famiglia. Un bel giorno, però, il passato, nelle sembianze dell'affezionato Jacob, bussa di nuovo alla sua porta.
È una Eliot insolitamente vivace quella che, con un piglio per certi versi dickensiano (si noti la caratterizzazione dei personaggi o l'allusivo cognome affibbiato al malcapitato protagonista) intesse questa trama semplice ma tutt'altro che banale. Siamo certamente distanti dallo spessore dei vari Middlemarch e The Mill on the Floss, ma la ricercatezza lessicale, la vividezza della prosa e la singolare perizia narrativa sono facilmente riconoscibili. A colpire più di tutto, però, è la spiccata - e godibilissima - vena ironica che permea sensibilmente il racconto dalla prima all'ultima riga, senza peraltro rinunciare all'inequivocabile intento morale che, come tipico dell'autrice, non sfocia mai nel moralismo o nella pedanteria, riservandoci un finale forse prevedibile ma non per questo meno soddisfacente.
Un plauso speciale va inoltre all'edizione Marsilio, impreziosita, oltre che dalla presenza del testo originale a fronte, anche da un ricco apparato di note esplicative utilissime per cogliere appieno i riferimenti culturali di un'autrice dotta e raffinata come la Eliot.
I’ve been looking forward to reading this short story for two reasons. I am not familiar with the works of George Elliott and found the books in the Art of the Novella series a good way to ease into the works of a brilliant writer.
Brother Elliott is a lovely short story. Given that the central character Elliott is a small time schnook, the tone of the book could have been preachy or downbeat. Instead, one can almost see the author smiling as she (Mary Ann Evans a.k.a. George Elliott) uses a light style to tell a small scale dark story. The contrast between her storytelling in the plot is critical to keeping us interested as we await the comeuppance we know is due the main character.
For those of you who wish a plot summary ; Brother Elliott is story of a man who has the skills to be a successful confectioner, but engages in a variety of small-scale and unnecessary cheats hoping to push himself beyond what could’ve been a money making tradesman’s station. So simple is the story line, that this could be a children’s book. It certainly teaches a life lesson and does so without being either didactic or utilizing some grand – scale tragedy.
This is barely a novella, about a morning’s read. Besides readers who are looking for a brief introduction to George Elliott, this is good selection for anyone who enjoys good writing or for someone looking for an appropriate, inoffensive book for a young reader.
El hermano Jacob es una novela corta escrita por George Eliot (seudónimo de Mary Ann Evans) en 1860. David era un joven que deseaba destacar y ser reconocido, para lo cual toma decisiones cuestionables. Sin embargo, no contaba con que su hermano Jacob, que había nacido con discapacidad mental pero gran fuerza física, se interpondría en su camino. OPINIÓN: Tenía muchas ganas de leer a esta autora y esta novela corta ha sido una buena forma de conocerla. Un estilo pícaro que recuerda un poco el sarcasmo de Jane Austen hace la lectura entretenida y la trama genera interés. El final me ha parecido un poco abrupto y me faltaron detalles de lo que pasó después con el protagonista, aunque quizás la intención de la autora no iba por ese lado, ya que su énfasis estaba más en la historia y en las consecuencias de nuestros actos más que en contar sobre los personajes. Estoy segura que no debe ser la mejor obra de la autora pero vale la pena, las 100 páginas me las leí de corrido y quedé con ganas de conocer más libros de George Eliot.
George Eliot's other short story (or novella, take your pick), the companion piece to "The Lifted Veil," is also an odd duck. Though "Brother Jacob" is written in her usual third person, it's filled with rare but relentless humor. Whether the comedy is sardonic, sarcastic, ironic, satiric, or cynical I'm not altogether certain, but it's there in spades. After a while it gets a little wearying, but Eliot has the good sense to tone down the tone and let the situation become comic. Her writing is always informed by her massive awareness and intelligence, so even this slight piece has moments of pure gold, just not a lot. "Brother Jacob" reads a bit like a fable and is sternly moral: one's sins will return to stab like a pitchfork. So don't sin. Even a little. Unfortunately, I was cheering on the rogue.
This short story is a lesson in morality, a cautionary tale that tells you that can't hide from your past, and if you try it will probably catch up to you in the end. It's not exceptional or anything of that sort. I think I wouldn't recommend it unless you're looking for something that can be read in an hour. There was however one section where Eliot captures human behaviour in a perfect way, where the contradictory nature of society gets torn between self-serving comfort and gossip. I wish Eliot could have had the chance to flesh this out and finish it completely but it is what it is and solely because of her sharp eye for baseness, I have afforded it three stars.
Una historia sencilla sobre un hombre que tiene unos planes, pero también tiene un hermano calificado de "idiota" que sin la más mínima maldad, pero armado siempre con una horca, se interpondrá en su camino.
Aunque a veces tuve la impresión de que la historia podría haber dado más de sí (durante un rato tuve flotando sobre mi mente De ratones y hombres) creo que el objetivo de la obra era divertir y conmigo lo ha conseguido.
Es lo primero que leo de George Eliot y no me esperaba este sentido del humor en ella. Volveré a la autora.
George Eliot's two novellas are odd - The Lifted Veil being an attempt at supernatural suspense and Brother Jacob at a lighthearted moral tale. Her consciously overserious examination of the confectionary business and its adverse affect on the mind of the confectioner and soul of the community is... actually pretty funny. I wouldn't call this a Great novella but it was enjoyable to read, at least for her tone.
George Eliot's Brother Jacob is a small gem of a book. The anti-hero, David Faux, is deftly drawn, and his brother Jacob embodies the self-destruction of little minds and weak characters. The book is funny, and the ending satisfying.
Due fratelli di cui uno, Jacob, è affetto da un ritardo mentale. David, il più scaltro, escogita un modo per rubare i soldi della madre, fuggire nelle Indie Occidentali, cambiare nome e poi aprirsi una pasticceria a Grimworth. Superata una prima iniziale diffidenza, il negozio inizia ad essere un vero punto di perdizione per le donne che tacciono ai rispettivi mariti la provenienza dei piatti succulenti. I piani di David sembrano iniziare a realizzarsi, punta anche gli occhi su una ragazza di buona famiglia e riesce quasi a sposarla. Sarà la sua cupidigia a riaprire la porta al suo oscuro passato che si presenterà sotto le sembianze del fratello Jacob ingordo di tutto ciò che custodisce il suo negozio. Ad un passo dal coronare i suoi sogni di grandezza, anche se leggermente ridimensionati, il cialtrone verrà smascherato e allontanato dal paese.
Una bella edizione con testo originale a fronte, un racconto breve, ironico ma piuttosto distaccato, una lettura che non può minimamente essere paragonata ai capolavori dell'autrice.
Quick read, mercifully, about a young man who thinks himself charming enough as to not have to work for a living, that somewhere, someone (a foreign princess perchance) will love him as much as he loves himself, and hand over what riches he needs to live comfortably and be the envy of those he looks down upon. He steals his mother's guineas, rationalizing that she wouldn't turn him in, and heads off to foreign lands so as to find his fortune. He returns to England older, more sallow, but still intent on finding someone who will wait on him--a wife, surely. He almost succeeds, but his dim-witted brother Jacob clumbers in and brushes away the false name and stories about rich uncles overseas. David Faux (should be "fox"), in his "sugar lair (confectionary) has to revoke his assumed name (Edward Freely) to claim his small inheritance when his father passes, thus providing Jacob with his whereabouts and bringing about his undoing, being "expelled from his own Garden" [Beryl Gray, 1988 Afterword].
Sated on hefty dramas such as Adam Bede and The Mill on the Floss, at around the same time Mary Ann Evans indulged her sweet tooth with this little tale up a crafty confectioners comeuppance.
David Faux doesn't have a whole lot going for him on the face of it, but he fancies himself cut out for something better than a confectioner's assistant. So he plans to steal his mother's stash and head off for a life of luxury in the West Indies.
If only he can evade the attentions of his hulking idiot brother Jacob. Easier said than done that: 'he had yet to learn that it is a dreadful thing to make an idiot fond of you, when you yourself are not of an affectionate disposition: especially an idiot with a pitchfork'.
Eliot proves in spades that she can do satire as well as drama, laying the irony on pretty thick and having lots of fun dishing up some just deserts.
I mean, it was fine – I'm surprised that (at least on this site) it seems so unilaterally disliked (one of the lowest ratings I've seen out of the things I've read?)
I mean, it wasn't all that deep, and was somewhat predictable, but so are many books, right? As predictable as any classic tale of tragedy. And it wasn't /badly/ told, and had some bits of society commentary – other people found these to be the good bits; I found them just okay, possibly even detracting from the overall atmosphere/feel of the text.
At any rate, I thought it was a fine short story, even if not that memorable.