Che Simenon sia un prodigioso narratore è a tutti noto. Ma forse non tutti sanno che, in particolare fra il 1931 e il 1946, è stato un reporter non meno prodigioso – e singolare. Singolare perché, lungi dal considerarsi un inviato speciale, i suoi reportage li ha scritti per sé, per viaggiare, per finanziare la sua curiosità. Quella curiosità nei confronti dell’uomo che ha scoperto in sé sin da quando, giovanissimo, lavorava alla «Gazette de Liège»: «Ho sempre colto la differenza fra l’uomo vestito e l’uomo nudo» ha dichiarato. «Intendo dire l’uomo com’è davvero, e l’uomo come si mostra in pubblico, e anche come si vede allo specchio». Così, alla vigilia di ogni viaggio, Simenon andava da un amico caporedattore e gli diceva: «La settimana prossima parto. Le interessano dodici articoli?». Ma proprio perché concepiti in funzione dell’unica attività che gli stesse a cuore, la scrittura – non a caso ha voluto intitolare il volume che li raccoglie Mes apprentissages («Il mio apprendistato») –, i suoi pezzi giornalistici non fanno dunque che rivelarci un’altra faccia del Simenon romanziere. Lo dimostra questo resoconto di una crociera compiuta nel Mediterraneo – da Porquerolles alla Tunisia passando dall’Elba, Messina, Siracusa, Malta – a bordo di una goletta: una lunga crociera durante la quale Simenon, che si era ripromesso di capire e descrivere il Mare nostrum, non potrà che confermarsi nella sua vera vocazione, la stessa di Stevenson: raccontare storie.
Georges Joseph Christian Simenon (1903 – 1989) was a Belgian writer. A prolific author who published nearly 500 novels and numerous short works, Simenon is best known as the creator of the fictional detective Jules Maigret. Although he never resided in Belgium after 1922, he remained a Belgian citizen throughout his life.
Simenon was one of the most prolific writers of the twentieth century, capable of writing 60 to 80 pages per day. His oeuvre includes nearly 200 novels, over 150 novellas, several autobiographical works, numerous articles, and scores of pulp novels written under more than two dozen pseudonyms. Altogether, about 550 million copies of his works have been printed.
He is best known, however, for his 75 novels and 28 short stories featuring Commissaire Maigret. The first novel in the series, Pietr-le-Letton, appeared in 1931; the last one, Maigret et M. Charles, was published in 1972. The Maigret novels were translated into all major languages and several of them were turned into films and radio plays. Two television series (1960-63 and 1992-93) have been made in Great Britain.
During his "American" period, Simenon reached the height of his creative powers, and several novels of those years were inspired by the context in which they were written (Trois chambres à Manhattan (1946), Maigret à New York (1947), Maigret se fâche (1947)).
Simenon also wrote a large number of "psychological novels", such as La neige était sale (1948) or Le fils (1957), as well as several autobiographical works, in particular Je me souviens (1945), Pedigree (1948), Mémoires intimes (1981).
In 1966, Simenon was given the MWA's highest honor, the Grand Master Award.
In 2005 he was nominated for the title of De Grootste Belg (The Greatest Belgian). In the Flemish version he ended 77th place. In the Walloon version he ended 10th place.
È difficile, forse impossibile, provare a dare una definizione chiara e concisa di Mediterraneo, questo Mare Nostrum così affollato di Storia e storie, senza rischiare di perdersi in rivoli di pensieri e osservazioni filosofeggianti. Persino uno scrittore del calibro di Georges Simenon resta, come lui stesso confessa, “con la penna a mezz’aria, in seria difficoltà”, cercando per esso una definizione appropriata. Prende così avvio, con l’assorto tentativo di completare la frase “Il Mediterraneo è…”, questa nuova pubblicazione dell’Adelphi che intende inaugurare una serie di reportage del celebre autore belga; gli articoli racchiusi tra queste pagine risalgono al 1934, quando furono pubblicati su un settimanale francese durante l’estate del medesimo anno, a seguito di una crociera a bordo di una goletta italiana. È dunque un Simenon in un certo qual modo inedito – di certo, non troppo noto al grande pubblico – quello che qui si svela al lettore, sebbene, anche da cronista, egli non rinunci mai del tutto al suo ruolo di narratore.
“[…] vi prometto che d’ora in poi non mi dimenticherò mai più che il mio mestiere, come diceva Stevenson, è quello di «raccontatore di storie».”
E le storie, infatti, non mancano in questo suo affascinante andare per mare, come quella della donna senza cuore o, ancora, quella dei cugini; storie che viaggiano anch’esse attraverso i flutti correndo, spesso, di bocca in bocca tra i marinai; storie che emozionano, stupiscono, atterriscono a seconda dei casi, dipingendo un’umanità variegata, a volte stracciona e vagabonda in cerca di semplice sopravvivenza, a volte più ricca e organizzata a caccia di affari lungo le coste del Mediterraneo, piccolo mare, anzi “piccolissimo” , in cui si finisce per incontrare sempre le stesse imbarcazioni che “nell’incrociarsi, si fanno dei gran gesti di saluto.” Dalla costa francese alla Tunisia, dall’isola d’Elba a quella di Malta, ombelico mediterraneo, senza tralasciare Sicilia e Sardegna, la navigazione di Simenon è occasione per parlare di quei singoli luoghi e, allo stesso tempo, di tanti altri; ed è così che, miglio dopo miglio, porto dopo porto, si delinea ciò che è il Mediterraneo: il maestrale che tarda ad arrivare, "un campo di golfi” , un intreccio di profumi, colori e sapori, l’acqua limpida rischiarata dalla luce della luna, banchi di tonni e sardine inseguiti dai pescatori, l’illusione di un approdo che invece si allontana, isole che spuntano un po’ ovunque, l’amaro ricordo di chi è costretto a emigrare verso altri mari e sconfinati oceani… E tanto altro ancora. Una più che buona lettura, in particolar modo entusiasmante soprattutto nella prima parte, sostenuta da uno stile “narrativo” di alto livello che tratta con identica enfasi pescatori di murene, esche da pesca e bordelli, mentre la scrittura si colora spesso di fine ironia e si fa colloquiale in un tu per tu con chi legge che non può che renderla più coinvolgente. Corredato di un gran numero d’immagini che si devono alla Leica di Simenon, il libro testimonia anche la grande passione dell’autore per la fotografia, la quale per lui – come ben sottolinea Matteo Codignola nella sua interessante nota conclusiva – altro non era che “una prosecuzione della scrittura con altri mezzi” . In fin dei conti, il Mediterraneo, bizzarra somma delle più disparate cose, non è pur sempre uno o più scatti da conservare nell’album dei ricordi?
Breve saggio di un autore prolifico noto per aver creato il personaggio del Commisario Maigret impersonato da un grande Gino Cervi nella serie RAI in bianco e nero prodotta da Andrea Camilleri. Divertente, sarcastico al punto giusto e pungente. Lo spirito del Mediterraneo è lo stesso ovunque. Golfi e isole...Asini e pecore, peperoni e olive. Fatica e miseria ma anche il saper godersi la vita con poco. Molte riflessioni ancora attuali riguardo alla contrapposizione tra stili di vita nordico-occidentali frenetico-consumistici, irriguardosi di altre culture e quelli del Mare Nostrum permeato dalle influenze greche, medio-orientali e maghrebine dei colonizzatori delle nostre sponde. Molto belle le foto senza didascalie fatte dall'autore durante il viaggio in barca e incluse nel libro. Appassionato fotografo peraltro contribuì a portare alla ribalta Man Ray e Robert Doisneau segnalandoli per le copertine dei primi due Maigret. "La cultura latina è il Mediterraneo. Al punto in cui siamo si potrebbe dire che la cultura anglosassone è tutto il resto..."
Questo libro è il racconto, in immagini e parole, dei viaggi in goletta di Simenon, solcando le acque del mare Mediterraneo.
Simenon era anche un bravo fotografo e usava la macchina fotografica come incipit della sua narrazione o come, meglio, naturale prolungamento delle sue parole: dagli occhi alla mano, passando dal cervello e dal cuore, in un unicum armonico.
Simenon renderebbe avvincente anche la narrazione della lista della spesa.
Racconta Matteo Codignola nella postfazione:
“Dove è stato possibile, abbiamo accostato le immagini al passo del testo che descrive la stessa scena, o lo stesso soggetto. Non tanto per uno scrupolo di fedeltà, ma per dimostrare dal vivo quello che si diceva più sopra, cioè come per Simenon la fotografia fosse una prosecuzione della scrittura con altri mezzi – o, naturalmente, viceversa. E tuttavia, in questi scatti c’è anche qualcos’altro, di ancora più interessante. Qualcosa che è andato perduto un giorno del 1946, quando uno sconosciuto, in un luogo imprecisato degli Stati Uniti, aprì l’auto di Simenon, portandosi via la Leica comprata quindici anni prima su suggerimento di Oplatka, e con la quale erano state scattate tutte le foto che avete visto, così come quelle che vedrete. Da quel giorno in poi di quel qualcosa – che poi era semplicemente uno sguardo molto preciso, e inconfondibile – non esistono altre testimonianze dirette. Con uno degli scarti d’umore che erano un tratto decisivo del suo carattere, e che quasi sempre rifiutava di spiegare, Simenon rinunciò a sostituire la macchina. Continuò a pensare con gli occhi, questo sì, e nel 1950 progettò insieme a un giovanissimo fotografo, Nicolas Yantchevsky, le copertine per l’intera serie dei Maigret in uscita da un nuovo editore, Presses de la Cité. Ma non li accostò più, almeno che si sappia, a un mirino.”
Tradotto da Giuseppe Girimonti Greco e Maria Laura Vanorio, “Il Mediterraneo in barca” (Adelphi) è un reportage delizioso da leggere con parsimonia in cui Simenon si rivela contemporaneo - «esistono persone che vengono fatte rimbalzare da una frontiera all’altra come palline da ping-pong» - senza lesinare il suo acume da reporter, facendo notare ai lettori «il Mediterraneo è la gente che muore di fame alle pendici del Partenone e gli imbecilli che si suicidano a Montecarlo». In questo viaggio in barca a vela aspettando il vento, passando dall'Elba giunge sino in Sicilia a caccia di prelibatezze dopo giorni di bonaccia che avevano irritato tutta la ciurma: «ah, Messina! Come sarebbe bello mangiare una cassata!». E giù a mangiar gelati, dopo aver passato lo Stretto, «confine fra due mondi». Grande Georges.
"la cosa migliore che puoi dire a qualcuno sul Mediterraneo è di rileggersi l'Odissea"
Una mattina Georges Simenon apre la finestra e, stufo dell'immutabile cielo grigio come un blocco di granito che campeggia su Liegi ogni singolo giorno, telefona al suo capo editore e gli dice che se ne va ad affittare una goletta per farsi un giro sul Mediterraneo e recuperare vitamina D, e se vuole gli manderà articoli di viaggio, tanto è il padre di Maigret e se lo può permettere. Quindi manda a quel paese il Belgio e si rifugia al calore del Sud per qualche annetto.
Ora, le cose non saranno andate esattamente così (sono io che traslo il mio personale malessere per l'esilio brussellese su di lui), ma il risultato bene o male è quello: Georges Simenon negli anni '30 va a zonzo per porti, rade e calette mediterranee, con l'idea vaga di dare una qualche spiegazione su cosa sia esattamente questo Mediterraneo. Quello che invece ci capita tra le mani è un taccuini con pennellate e schizzi di viaggio, uno zibaldoncino di pensieri sulla vita a bordo, le genti di mare, impreziosito da bellissime foto scattate dall'autore stesso.
In particolare, emerge l'idea di un multiforme popolo mediterraneo che conserva tratti arcaici, astorici, eterni, che forma l'esatta antitesi del mondo contemporaneo costituito dalle "razze a sangue freddo" dei popoli del Nord Europa, impregnati fino al midollo della nuova etica capitalistica, funzionante, ricca, ma felice? Boh.
C'è un po' di romanticizzazione in questa visione statica e pre-moderna del Mediterraneo, ma non viene da una posizione di feticismo orientalistico (come invece fanno, soprattutto, gli inglesi, che Simenon si diverte a prendere ferocemente in giro - io ovviamente ho adorato ogni battuta anti-anglosassone). Piuttosto è affetto, quasi ammirazione, da parte di qualcuno che a questo mondo magico non appartiene, ma vi effettua fugaci incursioni, e forse in parte ne ha già nostalgia.
E' il ritratto di un Mediterraneo che non esiste più: forse è quel mondo che Pasolini rimpiange, travolto dal nuovo benessere dell'arrivo del boom economico, che ha totalmente snaturato le strutture fondamentali e antichissime che sottintendevano a quell'universo di scambi, storie e volti simili che è il cuore del Mar Mediterraneo.
Simenon nelle vesti di reporter e fotografo è sempre una gradita riscoperta, vorrei poter leggere sempre più dei suoi viaggi; acuto e disincantato, il racconto si svolge con fluidità, come sempre senza sconti per nessuno, in primis per se stesso.
“Comincio a conoscere un po’ questo mare in cui me ne vado alla deriva, fiducioso. Conosco tutti i popoli che vivono attorno a esso. Ieri ero in Italia e di recente ho fatto il giro delle isole greche. Ovunque, e fino in Asia Minore e alle Baleari, ho trovato gli stessi popoli indolenti, forse stanchi di aver scritto da soli, per secoli, la storia del mondo”.
Premessa: questo libro è il mio primo Simenon e non sarò dunque in grado di trovare collegamenti, atmosfere, passaggi e richiami ad altre opere più famose del prolifico scrittore e reporter instancabile.
Ho sempre amato leggere di viaggi e soprattutto di viaggi per mare, diari di bordo e resoconti di avventure: “Il Mediterraneo in barca” si è rivelato una lettura interessante, godibile e soddisfacente.
Il papà di Maigret e di tanti altri libri ha una prosa asciutta, senza ornamenti, ma va dritta al punto, è efficace e possiede a tratti qualche passaggio quasi evocativo. L’occasione di scrittura di questo libro non ha bisogno di particolari spiegazioni: è la prolificità stessa dell’autore a spiegarne la necessità di scrivere qualsiasi cosa, dai romanzi agli articoli, ai reportage. “Il Mediterraneo in barca” è una raccolta di scritti giornalistici e si presenta come un reportage pur mostrando anche riflessioni più o meno filosofiche sui popoli, su alcuni momenti storici e sull’uomo in generale. Nel 1934 Simenon a capo di una goletta fece il giro dei principali porti del mare nostrum guidato dal vento e provò a dare una definizione di Mediterraneo alla luce di questo viaggio.
“Il Mediterraneo è…”
Questa frase sospesa compare più volte nell’opera. È difficile dare una definizione del Mediterraneo, un mare così antico, crocevia allora, come anche adesso, di popoli, assomiglia proprio ad un corso, una strada maestra dove si incontrano tutti e ci si riconosce:
“Ed è un córso, ve lo garantisco, che assomiglia più di quanto possiate immaginare alla strada principale di una città di provincia. Quando ci si incrocia, ci si saluta. Diciamo buongiorno a Pierre e a Emma, ad Akrim bey o a Pepito. Un altro esempio: voi forse pensate che ci siano migliaia di imbarcazioni (…) Nel Mediterraneo ci si incontra sempre, che sia nella famosa taverna di Atene dove si mangiano i gamberetti arrosto, nel quartiere delle prostitute di Porto Said o negli ombrosi suk di Tunisi”
Lo stupore di chi non è mediterraneo è palese: Simenon non vede l’ora di raccontarci ciò che ha i visto, le storie che ha ascoltato e le esperienze che ha fatto, sia in mare, sia sulla terraferma. È colpito da come gli abitanti delle rive di questo mare conoscano l’arte di vivere alla giornata, sono poveri, ma sono felici, sanno godere della compagnia e della convivialità. Esemplare è la storia dei “cugini” di Angelino, il mozzo della sua goletta: non si tratta di suoi parenti, ma di compaesani senza lavoro fisso e senza fissa dimora che lui aiuta a far lavorare con lui in cambio di qualche ora di musica e di allegria. “Si va di qui, si va di là. Ovunque si vada, c’è un pezzo di famiglia. E ovunque ci sono una mano da dare, un sorso di vino bianco da bere, una scodella di minestra da mangiare”
Non ci sono personaggi principali, il protagonista è il Mediterraneo visto con gli occhi stupiti di un belga curioso. È difficile definire un mare così, non è il vento a definirlo, nonostante le immancabili bonacce e quelle spinte che gli hanno impedito più volte di lasciare definitivamente il tratto di mare da cui troneggia il Vesuvio per dirigersi verso Messina. Non sono i piatti di pasta italiani, non sono le canzoni, non sono solo i paesaggi e i monumenti. Mediterraneo è una combinazione unica di popoli e storia, sono questi che più di tutti gli altri fattori contribuiscono a rendere riconoscibile il nostro mare.
“Ebbene, qui siamo nella Bibbia, nel Vangelo. Centinaia di italiani, greci, turchi, siriani attraversano ogni giorno il Giordano in cerca della Terra promessa. Vanno dappertutto, in questo grande bacino, e non si sentono mai spaesati perché dappertutto è la stessa cosa”
L’edizione Adelphi contiene fotografie scattate dallo stesso Simenon che, come sostiene in appendice Matteo Codignola, considerava la fotografia “una prosecuzione della scrittura con altri mezzi – o, naturalmente, viceversa”.
Non è il mio genere di lettura, ma su alcune osservazioni ci sarebbe da riflettere ancora oggi. Una piacevole scoperta il rapporto di Simenon con la fotografia.
Libro leggero e ironico, piacevole soprattutto perché parla dell'Elba, isola sulla quale ero in ferie durante la lettura. In generale è però un libro invecchiato male: la teorizzazione di Simenon sui popoli del Mediterraneo è un po' inquietante e sfocia nel razzismo. E' la vecchia tesi dei popoli primitivi senza storia, che vivono in un eterno presente che ricorda il passato pre-moderno. Anche le sue riflessioni sul fascismo in Italia, ma anche sulle donne, sono veramente al limite dell'accettabile. Un libro che va adeguatamente storicizzato.
Vero è che si tratta di un reportage di viaggio, ma qui il mare Mediterraneo è al centro della narrazione e dell'attenzione di Simenon, che chiaramente amava il mare e la navigazione. La crociera è del 1934, quindi in piena crisi economica. Gli USA ne stavano uscendo, l'Europa ne era ancora immersa e di lì a qualche anno porterà alla seconda Guerra Mondiale. Le considerazioni che l'autore fa sul mare, su cosa vuol dire navigare, specialmente a vela, sulla gente di mare e sui porti sono estremamente pungenti e perspicaci. Altrettanto lo è tutta la discussione sulla differenza tra il tipo nordico e quello latino, e le considerazioni sui diversi modi di affrontare la "crisi". Io non sono d'accordo con Simenon su questo, ma non posso dire che abbia torto. Semplicemente sono due modi diversi (per come li descrive lui nel 1934) di affrontare la vita. Erano stereotipi già in passato, e Simenon questo lo sa, e ci gioca alla grande. Ne esce un quadro molto dettagliato in alcune parti, un poco meno in altre. 4 stelle
Un viaggio suggestivo in barca attraverso il mare nostrum, alla ricerca delle nostre origini e di una possibile definizione di Mediterraneo.
"Ci sono persone che vivono senza sapere di avere dei polmoni, che coltivano i loro campi senza conoscere le borse di Londra o di New York, che comprano asini senza preoccuparsi del loro rendimento in cavalli-vapore, che fabbricano vasi come al tempo dei Greci, senza sospettare di star creando dei capolavori [...]."
Serie di reportages sul Mediterraneo negli anni 1931-1946. Senza sorprese rispetto al personaggio di Siménon e in coerenza con la presentazione che ne dà Adelphi ("i suoi reportage li ha scritti per sé, per viaggiare, per finanziare la sua curiosità"), diventa presto raccapricciante per il punto di vista razzista e misogino dell'autore.
Un Simenon inaspettato. Un bellissimo reportage, scritto a metà degli anni ‘30 del secolo scorso, che racconta del vagabondare in barca per i porti del Mediterraneo, descrivendo situazioni, paesaggi e genti, i cui tratti sembrano frutto di un’istantanea scattata ai giorni nostri. Piacevolissimo, con tratti molto profondi in grado di fornirci interessanti spunti di riflessione sulle dinamiche del giorno d’oggi che si svolgono nel meraviglioso scenario del mare nostrum.
un reportage delizioso che mi ha fatto scoprire un Simenon -per me- inedito. Porti, paesaggi, personaggi del Mediterraneo: dalla Francia all’Africa, con riflessioni aneddoti e foto (fatte da lui) si legge con piacere e con gran divertimento
Un libro di storie che più che altro girano intorno all’egocentrismo di Simeon. Nulla di particolarmente interessante e nemmeno scritto cosi bene come uno si aspetterebbe.
Aneddoti spiritosi e politicamente scorretti che mettono in contrapposizione la proverbiale indolenza mediterranea con la grigia operosità dei popoli del Nord
Terminato - e amato - in una sola giornata, perché solcare il Mediterraneo con Simenon è un’esperienza da fare tutta d’un fiato.
Un Simenon inaspettato, un reporter di viaggio accurato e appassionato, oltre che un prodigioso narratore.
Questo resoconto di una crociera compiuta in goletta nel Mediterraneo mi ha regalato un’immagine poetica, attraverso lo sguardo di chi sa soffermarsi a restituire l’anima a luoghi e persone. Oltre le apparenze.
Ad accompagnare racconti, leggende e aneddoti, delle splendide foto scattate da Simenon stesso.
Il Mediterraneo in barca di Simenon è un omaggio al Mare Nostrum, attraverso l’incontro di sguardi, voci, profumi, sapori, colori e paesaggi da Porquerolles alla Tunisia, passando per l’Isola d’Elba, Napoli, Messina, Siracusa, Malta e Hammamet.
Questi reportage di Simenon, apparsi per la prima volta nel 1934, sono l’esempio di quanto il viaggio possa essere una filosofia di vita, guidata dalla voglia di decifrare ogni sguardo, ogni sussurro, ogni profumo.
Lo consiglio? Assolutamente sì. Come sempre lo trovate nella mia vetrina Amazon (link in bio) per acquistarlo senza spendere un centesimo in più, ma offrendomi un caffè virtuale. 😉
Questo è il primo libro che leggo di Simenon, che ovviamente già conoscevo per il suo personaggio più conosciuto, Maigret. Forse la mia inesperienza nei confronti di questo autore non mi hanno permessa di immergermi completamente nelle sue pagine. Ho avuto un po' di difficoltà a seguirlo e in alcuni punti mi sono persa tanto da dover rileggere più volte i passi. Questo è il primo di una serie che la casa editrice Adelphi ha deciso di pubblicare perché Simenon non è solo l'autore di Maigret ma un grande appassionato di viaggi e nei suoi articoli prova a fotografare momenti. Proverò a rileggerlo più avanti, cercherò qualche altro testo e chissà forse riuscirò a capire e a integrarmi con il testo.
Ho conosciuto Simmenon con uno dei suoi reportage… quello sull’America. Mi è piaciuto moltissimo e ho pensato di provare ad approfondire. Così ho comprato “Il mediterraneo in barca”; altro piccolo capolavoro, meno movimentato e dinamico, più prettamente di pensiero e filosofico. E Simmenon stesso lo ammette. Lo scrittore dipinge un’atmosfera arcaica e serena, di beata spensieratezza, in costante contrasto con il mondo anglofono-americano. Lo si nota a Malta, “l’ombelico del mediterraneo”, una contraddizione secondo Simmenon; l’isola è circondata da mura e cannoni e non c’è la spontanea e serafica serenità tipica invece dell’Italia o del Nord Africa. Lo scenario, peraltro, è genericamente sottratto all’ambito politico. Siamo negli anni trenta, ma della politica non si parla.
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Simenon lo si conosce per i gialli, ma oltre a questo, è stato un grande viaggiatore e tra le sue imprese c'è anche questo libro-racconto del suo viaggio in barca unito alle sue fotografie e riflessioni. Un gran bel libro che consiglio la lettura perchè edito da Adelphi e quindi un bel font e un libriccino piccolo, con copertina morbida e zigrinata ma che non sembra, ma regalano al lettore quel qualcosa in più. Poi il girovagare, le imprese e gli aneddoti, l'occhio attento e arguto di Simenon che rendono speciale la lettura. Davvero bello!
Non memorabile e a tratti invecchiato male. Il quadro che Simenon far quello di un mediterraneo che esisteva ai suoi tempi, e che sospetto fosse un po troppo carico anche all’epoca. Tre stelle e non due perché Simenon è sempre Simeon e non riesco ad essere oggettiva e perché comunque racconta la sua epoca e quello che la sua epoca si aspettava da un reportage del genere.
Edizione bellissima, bel soggetto, di cui sono innamorato, ma non mi è piaciuto lo stile narrativo. Simenon naviga il Mediterraneo da estraneo, nonostante lo conosca molto bene, e, a mio parere non riesce a riversarvi e riprodurne la poetica.
I racconti di viaggi nel mediterraneo, riportati in un lieve libro, poco pretenzioso, che mantiene tutto il fascino di Simenon. Bellissime le fotografie scattate dallo stesso Simenon, di cui il libro è pieno
Esiste il Simenon romanziere, il Simenon giallista e l'ultimo, il mio preferito, il Simenon reporter, dove sensazioni, emozioni, banali osservazioni quotidiane diventano veri e propri versi poetici. Questo libro lo si ama dalla prima a l'ultima pagina, sono 182 pagine d'amore.
Simenon che descrive il Mediterraneo e i suoi popoli, con il tipico sguardo orientalista e filo-anglosassone dei suoi odiati inglesi. Vergognoso nel 1930, imperdonabile al giorno d'oggi.