Rocco Schiavone, vicequestore ad Aosta, è ricoverato in ospedale. Un proiettile lo ha colpito in un conflitto a fuoco, ha perso un rene ma non per questo è meno ansioso di muoversi, meno inquieto. Negli stessi giorni, durante un intervento chirurgico analogo a quello da lui subito, un altro paziente ha perso la Roberto Sirchia, un ricco imprenditore che si è fatto da sé. Un errore imperdonabile, uno scandalo clamoroso. La vedova e il figlio di Sirchia, lei una scialba arricchita, lui, molto ambizioso, ma del tutto privo della energia del padre, puntano il dito contro la malasanità. Ma, una sacca da trasfusione con il gruppo sanguigno sbagliato, agli occhi di Rocco che si annoia e non può reprimere il suo istinto di sbirro, è una disattenzione troppo grossolana. Sente inoltre una profonda gratitudine verso chi sarebbe il responsabile numero uno dell’errore, cioè il primario dottor Negri; gli sembra una brava persona, un uomo malinconico e disincantato come lui. Nello stile brusco e dissacrante che è parte della sua identità, il vicequestore comincia a guidare l’indagine dai corridoi dell’ospedale che clandestinamente riempie di fumo di vario tipo. Se si tratta di delitto, deve esserci un movente, e va ricercato fuori dall’ospedale, nelle pieghe della vita della vittima. Dentro i riti ospedalieri, gli odori, il cibo immangiabile, i vicini molesti, Schiavone si sente come un leone in gabbia. Ma è un leone risulta faticoso raccogliere gli indizi, difficile dirigere a distanza i suoi uomini, non può che affidarsi all’intuito, alle impressioni sulle persone, ai dati sul funzionamento della macchina sanitaria. E l’autore concede molto spazio alla psicologia e alle atmosfere. Rocco Schiavone ha quasi cinquant’anni, certe durezze si attenuano, forse un amore si affaccia. Sullo sfondo prendono più rilievo le vicende private della squadra.E immancabilmente un’ombra, di quell’oscurità che mai lo lascia, osserva da un angolo della strada lì fuori.
Nice, nice, nice. When you've already read the previous 10 books in a series, you always have a great fear that the eleventh will disappoint you. And instead, this investigation by Rocco Schiavone was also a splendid journey. Schiavone's investigations are not just investigations; they are a journey through Humanity. Rocco is a Man, with all his flaws (and there are many); but they are the reason why Rocco is a man. He has his own vision of the law, of what is lawful to do and what is not. But I believe that each of us, after all, feels the same things and therefore I think that is why I like Rocco Schiavone: because his vision of life is very similar to mine. Rocco's investigation into the murder of entrepreneur Roberto Sirchia fascinated me, and I really liked the final twist, but I also loved seeing Rocco struggling with his hospitalization, after losing a kidney for a firefight. I liked his way of living that forced confinement, his way of relating to other patients, his relationship with hospital food and his rules (which Rocco obviously does not respect). Then there are the parallel stories of Italo, always struggling with his gambling habit; of Casella, who lives a love story a little bit old fashion; of Antonio, who instead lives a love story with 3 women, each one without knowing the others; of Cecilia and Gabriele, Rocco's strange roommates; the story that has just blossomed between the anatomopathologist Alberto Fumagalli and the Commissioner of the Scientific Police, Michela Gambino; and finally the story, which takes an unexpected turn, between Rocco and Sandra Buccellato, a journalist who in the past had given Rocco a hard time. In short, a small book like editor Sellerio's ones, but really full of adventures. A book that involves you on several levels and that in the end you are really sorry closing because it's finished. Bravo Manzini, and see you on Rocco's next investigation.
Rocco Schiavone is not your usual tough or quirky or clever policeman, and Antonio Manzini's novels are no regular crime investigation stories. The mystery is secondary. What makes these books memorable are the characters: tragic, rude and brilliant Rocco; his childhood friends (professional thieves); his colorful crew (simpletons D'Intino and Deruta, ladies man Schipioni, gambling Itallo, lonely Casella); and many other masterfully drawn characters that come to life on the page.
And of course, the world of these novels is the world of Italy, with all its many different accents, languages and cultures. It's a sheer pleasure to get a glimpse of this cultural richness and complexity.
I first met Rocco Schiavone in TV series, and started reading Antonio Manzini's books not without some trepidation: what if the perfection of the cinematic story is largely due to the effort of scriptwriters, director and actors who created a jewel out of a mediocre detective series? But the books are all the movies are and more (especially when Marco Gialini and other actors speak in your head as you read;)).
Some of the quotes which I couldn't help marking:
«Allora Schiavone, mi ha detto il dottor Negri che lei non mi mangia» fece il medico. «Se la mangiassi sarei un cannibale». Il giovane assistente fece una smorfia. «Non mangio perché qui dentro la roba fa schifo. Badi che non mi sto lamentando, infermiera, rispondo a una domanda».
«Credo che la gamba l’ho persa per autopunirmi della mia vigliaccheria». «Come l’hai persa?». «Incidente. Ormai sono passati vent’anni. Ogni tanto, soprattutto la mattina appena sveglio, mi sembra di avere ancora il piede attaccato». «A me succede con le persone» rispose Schiavone, «quelle che ho perso. Come se ci fossero ancora».
«Niente. Vede, non ho un cazzo da fare, quindi penso». «Mi va sul cartesiano?». «Più complesso. Giro ad mentula canis ergo cogito ergo sum».
«Vede, ho una personale classificazione delle rotture di coglioni che la vita nella sua indifferenza mi propina giornalmente. Si va dal sesto livello fino al decimo. C’è un po’di tutto, i tabaccai chiusi, Radio Maria, i calzini che al posto dell’elastico hanno un laccio emostatico, D’Intino, che è un mio agente, battesimi, comunioni, matrimoni, Natale e Capodanno. Ma al decimo livello c’è una sola, solitaria regina, padrona indiscussa del mio destino. E sa qual è?».
Il caso sul groppone. È la più grande rottura di coglioni che esista perché lo devo risolvere. Non è sete di giustizia la mia, mi creda, è che non mi piace essere preso in giro. Solo che per capire mi devo trasformare».
«Dicevo omicidio. Solita domanda. Cui prodest?
«Lei ha la delicatezza di un trattore, lo sa?». «Lo so». «Mi stupisce come riesca a trovare sempre compagnie femminili pronte a dividere il letto con lei». «Perché gli lascio più della metà del materasso».
«Gli ha messo i suoi uomini addosso?». «Uomini è un po’ troppo. Diciamo un agente più o meno antropomorfo».
Taglia il tronco di un albero e puoi contare gli anelli, capire l’età, se la crescita è stata limitata da insetti, oppure se c’è stata scarsità d’acqua, se ha subito qualche trauma, qualche malattia. Seziona la vita di un essere umano e hai macchie indistinte, ombre, frammenti di ricordi ammucchiati, come oggetti vomitati dal mare sul bagnasciuga d’inverno.
«Dottor Baldi, questo è omicidio al 600 per cento, mi creda». «Non esiste». «Cosa?». «Il 600 per cento. Al massimo può dire 100 per cento». «Lo so, era un’iperbole». «Lo so che era un’iperbole, per questo le ho risposto con una tautologia».
«Ecco, tutti e due, sembrate due ragazzini di dieci anni. Giuliano, rientra in macchina, e lei, Rocco, a casa. Ma guarda te se a questa età dovete fa’ ancora i deficienti!». «Signora, Roma?» chiese Rocco. «E certo, San Giovanni. Lei?». «Trastevere».
Si incamminarono verso il centro della città. «Quant’è che manca da Roma, Carla?». «Dammi del tu. Saranno ventidue anni». «Be’, ormai ti sarai abituata». «No» rispose quella e scoppiarono a ridere.
La bellezza, quella oggettiva e insindacabile, davanti alla quale qualsiasi esteta non poteva che essere d’accordo nel definirla tale, lo aiutava, più potente di quel senso di sconfitta e di imbecillità umana che si portava dietro e che lo schiacciava; finiva per riportarlo in superficie, gli dava ristoro e consolazione. Tornavano a fiorire i pensieri migliori, perché se era vero che un uomo aveva appena tolto la vita a un altro e lui si era dovuto insozzare in quella melma di aberrazione per stanarlo, c’era anche stato un essere umano in grado di scolpire la Fontana dei Fiumi, di progettare Sant’Andrea della Valle, di ritrarre la Vocazione di San Matteo.
«È il più bel Capodanno della mia vita». Prese un sorso di spumante insieme a un pizzico di coraggio. «Cara Eugenia, è un po’che ti volevo parlare. È da tempo che aspettavo questo momento, da quella notte in cui scesi a difenderti, ricordi? Io provo per te un sentimento forte che mi spinge con questa mia a chiederti se vuoi provare a cominciare...». «Sembri una lettera di assunzione». Tutto il coraggio di Casella si sciolse scivolando giù per le tegole del tetto. «Come?». «Dico che parli come una lettera burocratica. Dillo con parole tue». La guardò negli occhi. Sulle lenti le si riflettevano i fuochi d’artificio alti nel cielo. Non sentiva più le esplosioni, e neanche il vento freddo. «Con parole mie?». «Sì, Ugo, con parole tue». Casella ingoiò un grumo di saliva. «J’t’voje tant béne ca t’strigness a mme e t’baciass fin’a duméne». «Non ho capito» disse Eugenia ridendo. «J’t’voje tant béne ca t’strigness a mme e t’baciass fin’a duméne» ripeté Casella aiutandosi con la mimica. «Lo so, l’avevo intuito già la prima volta». «Che l’avevo detto?». «No, che ti ho incontrato per le scale. Ci hai messo un sacco»
El ritmo es trepidante y atrevido, casi ni te deja parpadear, pero los nombres de los personajes en italiano y sus apodos me han enturbiado la lectura. Me encantaría leerla con la identificación correcta de personajes (nombres-apellidos-apodos-diminutivos), porque estoy segura de que este libro merece una mejor reseña que la que le he dado.
" Tutti abbiamo paura di essere abbandonati. Da un amico, dalla salute, dalla vita."
Ho cominciato la conoscenza del ruvido, maleducato, irresistibile Rocco Schiavone dall'inizio, con Pista nera e subito sono volata alla fine, con questa ultima avventura firmata Manzini. Adesso mi aspetta tutto quel che c'è nel mezzo.😊
(Ho letto qui giudizi tiepidi da parte di chi ha letto coerentemente tutta la serie...per me invece è tutto nuovo e devo dire che mi sono divertita parecchio).
Ah, l’amore, l’amore, fa combinare tante di quelle pazzie da sconvolgerci del tutto la vita! Lo sa bene Rocco Schiavone, e lo sanno bene anche i colleghi della sua squadra, qui persi in relazioni improbabili, fra tradimenti multipli, goffi approcci e tanta passione. E magari è proprio la morte la causa della morte di Roberto Sirchia, ricco imprenditore che viene operato proprio nello stesso momento in cui Rocco si trova in ospedale dopo una sparatoria (con la quale si era concluso il romanzo precedente, da me non ancora letto). Un errore, dicono. Ma Rocco non ci crede, e, fra le corsie dell’ospedale, inizia a indagare. Non ne voglio sapere di leggere le avventure di Schiavone in ordine: ho letto le prime due, poi sono passata a “7-7-2007”, il quinto romanzo, per poi balzare a questo, il nono. Ma questo non mi ha impedito di apprezzarle e di continuare a voler bene a questo mascalzone di Rocco Schiavone, un burbero dal cuore tenero. Questa nona avventura mi ha coinvolta decisamente, un filo meno di "7-7-2007” ma più delle prime due. Il merito va alla naturalezza, alla fresca ironia, alla spontaneità delle disavventure amorose dei personaggi, che da sole a mio avviso valgono più dell’intreccio giallo: vi ho visto gli impacci e le debolezze degli uomini di oggi, la loro titubanza nel fare il primo passo, la loro pigrizia, i loro dubbi, anche la loro codardia. Ma tutti sono accomunati dallo stesso bisogno: quello di amare e di essere amati. Che dire se non che non smetterò di leggere Manzini?
Ehi Rocco, va bene così, una storia moscia ci può stare, d'altra parte ti hanno sparato, ti hanno tolto un rene, sei stanco... Però facciamo che dalla prossima volta torni come prima ok?
Rocco Schiavone è tornato. Lo ritroviamo redivivo dopo essere stato colpito da un colpo di pistola sulle pagine finali di "Rien ne va plus".
È ricoverato in ospedale, reduce da un intervento di asportazione del rene, e, nonostante febbre, malessere e giramenti di testa, resta il solito "cazzaro":quello che ti fa amare perdutamente o odiare il suo personaggio, senza via di mezzo.
E io lo amo e leggo ancora volentieri le sue vicende: qui è alle prese con un caso di apparente malasanità. Ma ben presto Rocco sentirà odore di omicidio e darà vita all'indagine.
purtroppo la nuova avventura di Schiavone conferma l’inesorabile declino della serie. Sembra una sceneggiatura della fiction, senza suspence ne’ colpi di scena..anzi, la soluzione del caso è del tutto prevedibile dalle prime pagine. Le vicende di contorno quasi grottesche, tra il collega che ha tre amanti contemporaneamente - due sorelle e una cugina! - e gli altri impelagati in situazioni da commedia stile Banfi o dramma nazional popolare..da fiction, proprio. mah. io lascio qui, mi spiace perché la serie mi piaceva, ma ormai, per me, non ha più niente da dire.
Letto tutto di un fiato come solo Manzini si fa leggere. Sta perdendo smalto il vice questore Schiavone. Il libro rege il ritmo ma ha un finale un po' soap e natalizio che non mi aspettavo e lascia la bocca impastata dall'eccesso di luogo comune e melassa....
Purtroppo non ci siamo proprio. Già dall'ultimo libro si sentiva odore di stantio. Sembra che Manzini non abbia piu idee forti e trascini le avventure del vicequestore Rocco Schiavone giusto per proseguire la serie televisiva. Rocco Schiavone si trova nuovamente in modalità smart working. Nel precedente romanzo stava a casa per febbre e conduceva l'inchiesta per via telefonica, lo stesso piu o meno avviene in questa occasione. Dopo che gli hanno sparato si trova senza un rene in ospedale e guarda caso proprio in quell'ospedale avviene un omicidio cosi Schiavone può lavorare nuovamente in tutta calma senza dover andare in Questura.
Ci sono poi punti deboli nella trama:
1-Sebastiano, l'uomo nero che fuma di notte sotto le sue finestre e che passa a salutarlo solo l'ultimo giorno e a cui magicamente sono spariti tutti i rancori nei confronti di Rocco.
2-l'inchiesta un pò debole, si capiva dall'inizio l'assassino anche se fino alla fine non si sa la motivazione, anche questa un pò debole.
3-la scena di sesso con Sandra Buccellato (la giornalista) e la descrizione del suo castello. Ma perché???
Non so. È già il secondo volume che non mi convince per nulla. La storia di Rocco Schiavone era partita molto bene. Un poliziotto sui generis, che fuma canne, un pò scorretto e un pò inserito nella malavita con una storia molto triste e anche molto bella dietro che però sta degenerando nella rappresentazione della sua macchietta. Esasperate le sue incazzature, i suoi modi bruschi. La storia di Baiocchi non prosegue più, non se ne sa nulla da due volumi, si sa solo che è scappato e che Seba lo insegue. Boh? Mi sembra solo di leggere un autore stanco, partito molto bene ma che ora si sta trascinando, come ho già detto, solo per necessità televisive.
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Sembra ricamato su misura per Giallini & Co. O forse è il contrario, ma poco importa. L'ho trovato scorrevole e divertente, solo un po' meno "noir" rispetto ai precedenti. Giusta secondo me, giunti all'undicesimo libro, la scelta di farci meglio conoscere alcuni personaggi secondari diversi da Italo. Schiavone è sempre una lettura piacevole e anche questo episodio non delude.
Nessuno era responsabile della bellezza di un albero, semmai poteva essere il motivo per cui quell’albero era stato tagliato.
Giallo dalla trama discreta, anche se un po’ dimessa, però - per spirito - ho quasi ritrovato il Rocco delle prime indagini. Ma non c’è solo l’indagine, c’è molto di più in questo romanzo: c’e tanto spazio per il lato umano, per la storia di alcuni personaggi e per il rapporto che ognuno di loro instaura con quella brutta bestia che è l’amore. Complicazioni? Non poche...
Tutti abbiamo paura di essere abbandonati. Da un amico, dalla salute, dalla vita.
Io non ti abbandono... A presto Rocco!
#iorestoacasaeleggo
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Continuano le avventure di Rocco Schiavone (che, ahimè, a questo punto mi tocca interrompere, proprio come tutti gli altri suoi ammiratori, in attesa della prossima uscita - se si esclude il racconto gratuito a favore dello Spallanzani che Manzini ha pubblicato in questi giorni), con le indagini che questa volta si svolgono nell'ambito della sanità (una supposta mala-sanità che non è mala-sanità, ma un vero e proprio omicidio) mentre il vicequestore si trova in ospedale dopo gli accadimenti del precedente romanzo, in seguito ai quali ha perso un rene. Continuano le storie dolci-amare dei componenti della Questura di Aosta, anche se mi manca un po' Caterina... spero che ricompaia nei prossimi romanzi. E l'assassin* lo avevo individuat*, come credo parecchi lettori, anche se il movente non era chiaro.
Eccolo! Il nuovo Manzini con il suo Rocco Schiavone, antipatico come una soca (penso che sia come uno zoccolo di legno mal tagliato), espressione tipica piemontese, ma è tutta difesa. Come al soliti si inoltra nelle turpitudini dell’animo e delle umane azioni. Come al solito il genere umano non esce proprio bene anche se c’è poi sempre qualcuno da salvare. Dire di più? Per carità! Si griderebbe al tradimento e all’indebito svelamento di trama. Quindi mi fermo qui. Buona lettura!
Quattro stelle per l’affetto che nutro per questa serie ma sono molto perplessa. Un libro decisamente sottotono: il caso è piatto, privo di colpi di scena e poco interessante; il filo rosso che lega i libri non viene trattato, quindi non si va avanti con la storia; come iniziato nei libri precedenti, anche qui Manzini continua a dare spazio anche agli altri personaggi. Da un lato mi viene da pensare che sia tutta un’operazione commerciale, un libro già bello pronto per la serie tv, che allunga un po’ il brodo e permette di fare un’altra puntata. Dall’altro voglio dare il beneficio del dubbio a Manzini, pensare che abbia la necessità di dare spazio anche agli altri personaggi perché dopo tanti libri è anche giusto e perché la storia non può continuare a reggersi solo su Schiavone. Pensare che questo libro sia volutamente così perché rispecchia lo scivolare di Rocco verso un baratro, lo sgretolarsi della sua vita. Spero che il prossimo sia una risalita in tutti i sensi.
Completamente soddisfatto. Come pure penso sia l'autore, che credo si sia molto divertito a scrivere questo ennesimo bel libro. La lettura corre veloce, anche troppo, che si vorrebbe rallentarne lo scorrere per non finire in fretta il piacere di ritrovarsi in compagnia degli amici e colleghi del poliziotto romano più conosciuto. La storia, come sempre, anche se ben raccontata, è un pretesto per farci riflettere sulla vita. Non voglio guastare la lettura con spoiling, consiglio di godervela.....
Ho trovato questo episodio oltre che patetico pure penoso. Schiavone sempre più Superman, ma, molto più sboccato e sbruffone. Penso che questo sarà l'ultimo che leggo. Tutto troppo grottesco.
Avevamo lasciato il vicequestore ferito senza sapere cosa sarebbe successo. Ecco che in questa storia pubblicata, Rocco è in ospedale e da qui si acquisce ulteriormente la sua insofferenza verso il genere umano. La sua capacità invece di indagare nel marcio della natura dell'uomo, gli consentirà di dirigere l'indagine in corso proprio dall'ospedale, visto che il principale indagato è lo stesso medico che lo ha curato. Il fatto in questione riguarda la morte di un imprenditore del posto, tale Roberto Sirchia che doveva subire una nefrectomia radicale presso l’ospedale cittadino, quando una crisi improvvisa causata probabilmente da un errore trasfusionale, lo ha stroncato in sala operatoria. I parenti minacciano una denuncia all’équipe del professor Filippo Negri, primario del reparto e chirurgo incriminato. Si parla di malasanità per un’operazione andata male, è già successo in Italia, ma non si può pensare che in sala operatoria un solo errore costi la vita di una persona. Si discute anche del fatto che la funzione dei primari è sempre più manageriale e sempre meno medica, oberati da problemi di taglio costi che li costringono a stravolgere la loro professione, dimenticando che dovrebbero salvare vite e non amministrare denaro. Rocco ha conosciuto il dottor Negri e anche se lui non è un medico e non ha conoscenze mediche, dai fatti raccontati, ritiene che ci debba essere qualcos'altro, non può essere stato un errore umano. Nel suo letto di ospedale, ha tutto il tempo che vuole per dedicare le sue riflessioni sull'accaduto. Rocco Schiavone non cambia, non si ammorbidisce per niente quando deve cercare un assassino. Anche in questa indagine andrà incontro claudicante all'ennesimo schifo del genere umanoe. Rocco non si sbaglia sulle persone ed è l'aspetto che ho preferito, ma non è una sorpresa, è solo la conferma che il personaggio di Manzini rappresenta un po' quello che vorremmo essere, anche se i suoi tormenti fanno male, anche se lui si reputa una pessima persona e spesso è sgradevole e maleducato, c'è qualcosa in Rocco che rappresenta una giusta onestà, fuori dagli stereotipi e dalle convenzioni. Chi dice la verità risulta sempre antipatico, se questo succede nella finzione invece questo qualcuno diventa un valoroso esempio. Lui sa perfettamente che legge e giustizia non viaggiano sullo stesso binario e quindi cerca la giustizia da solo, il che ovviamente in democrazia non va bene, ma è quello che vorremmo che succedesse anche nella realtà. L'indagine mi è piaciuta meno del solito, forse è dovuto al fatto che il vicequestore era fuori forma fisica, quindi non ha potuto muoversi come succede normalmente. Nel finale c'è un fatto tragicomico che sorprenderà. Ci sono dialoghi che lasceranno dubbi sul futuro di alcuni componenti della squadra della questura di Aosta, questo indizio non fa altro che creare attese per il nuovo capitolo della saga.
Nel precedente romanzo Manzini ci aveva lasciato con il vice-questore più morto che vivo e con un sacco di domande su possibili sviluppi che ci accompagnavano dai primissimi libri. E allora lui cosa fa? Se ne frega, mette in pausa e riparte dalle basi, confezionando un ottimo giallo. Quando una serie riesce a mantenere alta la qualità, dando spazio a nuovi personaggi e tralasciando al contempo linee narrative che tenevano in piedi la baracca, vuol dire che è pensata, e scritta, benissimo. E non è (solo) merito del gigantesco protagonista, un Rocco Schiavone mai così umano, ma di tutto l'insieme, dalla parte prettamente investigativa alle varie trame orizzontali dei comprimari. Ah l'amore l'amore è prima di tutto un bellissimo romanzo e solo poi la perfetta continuazione di una serie.
Un'indagine noiosa, condita da aneddoti romantici del tutto evitabili (parlo sia della storyline di Antonio, personaggio a mio avviso molto più valido di come lo vediamo qui, che della liaison assolutamente senza senso tra Rocco e Sandra) e il solito stallo, per non dire immobilità, della trama orizzontale. E meno male che quello precedente mi era sembrato un volume "di passaggio"; questo qui sa proprio di brusca fermata...
Manzini si diverte e la sua passione si trasmette al lettore. Rocco Schiavone è sempre più burbero con i sottoposti e stanco di perdere pezzi di cuore ma la sua idea di giustizia piace e come sempre le sue disavventure personali ci piacciono molto di più delle indagini, in secondo piano rispetto alla lista delle rotture, Caterina, Marina e i suoi fratelli lasciati a Roma. Godibilissimo.
Ho trovato questa indagine di Schiavone piuttosto interlocutoria, quasi un riempitivo in attesa dei fuochi d'artificio veri e propri. Dopo Rien ne va plus, mi aspettavo qualche risposta alle tante domande emerse, cosa che non avviene. Del resto, è difficile mantenere alti livelli di narrazione in ogni episodio. In ogni caso, ancora una buona prova di Manzini. Da leggere.
Un altro bellissimo romanzo che vede come protagonista Rocco Schiavone. Sempre una garanzia leggere i romanzi di Manzini, ma stavolta ho un appunto da fare: ormai, ci sono tanti interrogativi che vengono portati avanti da diversi libri e le risposte continuano a non arrivare, se non con brevi accenni. Quando si comincerà a scogliere qualche nodo?
Vorrei dare 3 stelle e 1/2.... Il Lato giallo si fa , sconfortantemente, sempre più di lato, la "rudezza" di Rocco si addolcisce al freddo delle montagne... il finale è perfetto per una puntata Natalizia TV...