Assenze, presenze, arrivi, partenze. 10 storie brevi, una sola uscita. Da una stanza, da una casa, dalla scena. Ci sono porte, al centro o sullo sfondo, che nascondono spettri, sigillano vecchi mondi, si aprono su nuove dimensioni. Rimanendo, in un modo o nell’altro, punti di origine del cambiamento, malinconiche ma imperdibili vie di fuga, dove l’unica luce è un EXIT che lampeggia.
Francesca è una scrittrice matura nella misura in cui sa gestire la sintassi, la struttura della sua opera. Conoscendo il suo percorso di formazione e di letture, rivedo lei nel sapore letterario delle descrizioni, negli scatti d'azione che non sono mai bruschi, "mozzafiato", ma sempre diluiti da una penna morbida, che dalle prime righe mi è sembrato di poter definire quasi crepuscolare: questi scorci su cui pende una malinconia indefinita mi sono piaciuti un mondo (e del resto, una persona che stravede per Van Gogh non resta indifferente ai campi biondi dove si muovono i due protagonisti del primo racconto!). C'è spazio per più livelli di lettura, un'ambivalenza che dà spessore ad un genere di per sé non facile (o almeno immagino, non essendo un'esperta). Da leggere in silenzio, nella propria stanza, preferibilmente in un quartiere di periferia com'è successo a me (se avete i postumi da febbre è ancora meglio!).
Una raccolta di racconti intrisa di malinconia, sentimento e poesia. In queste dieci storie, scritte magistralmente, ho riscontrato tantissimi richiami a Carver e ai quadri di Hopper, pittore tanto caro alla scrittrice. I racconti che mi hanno più colpito sono stati: La casa, Un posto dove sto, Anche il caffè è finito e I lupi ( che ha un qualcosa degli Uomini bassi in soprabito giallo di King).
Dieci racconti brevi portano al lettore il vantaggio di potersi immergere senza interruzioni nella storia dietro ognuno dei mondi narrati dall'autrice, trovare i tratti in comune che rendono questa pubblicazione un must. Posso sicuramente ascriverlo al genere del perturbante, del weird (a seconda della declinazione più ricercata al momento) ma dietro ogni spettro e la forte malinconia caratterizzanti la raccolta vi è un profondo affetto, una mano tesa a qualcosa o qualcuno che inevitabilmente raggiungerà chi ha Exit tra le mani. Assecondando le nostre letture passate troveremo senz'altro dove affondano le radici dell'immaginario di Francesca Fichera, ma è nel cuore che le storie dimostrano di essere figlie di una scrittrice il cui senso, obiettivo e desiderio è lontano dal volere essere una citazione né un omaggio a chissà chi. Sono dieci racconti di una persona che vive e metabolizza la propria vita attraverso storie scritte con talento e una grande capacità di catturare le immagini e i sentimenti con le parole.
L'autrice del libro ha un modo di scrivere spiazzante. Sviscerante, profondo, introspettivo. La sua scrittura è leggera e fluida, ma lascia neri macigni addosso. Lascia paure, angosce e speranze. Ti lascia perso, poi interdetto, poi incosciente e alla fine di nuovo cosciente. Francesca Fichera ha la capacità di prendere la vita intera, tutta, e di farla a pezzettini, ognuno col suo peso, ognuno con un suo posto preciso. Come un puzzle perfetto di cui non si conosce la fine. La descrizione dei dettagli è la cosa che colpisce di più: si riescono ad immaginare -e poi a vedere- luoghi e volti, stanze e case, strade e porte, provando nel frattempo emozioni vorticose. La sensazione è di sentirsi come sospesi, in apnea, in attesa che qualcosa accada. Il respiro si interrompe, poi riprende, poi accelera il suo ritmo ed infine si placa alla scoperta che una via d'uscita alla fine c'è sempre. Consiglio vivamente la lettura di questa piccola, ma preziosa raccolta con la cosapevolezza che il mondo, con la penna dell'autrice, sarebbe sicuramente un posto migliore.
Libro che si divora e ti divora con la sua inquietudine. La scrittura è fluida e ricca di dettagli che aiutano nell'immedesimazione. Ci si sente catapultati nei 10 racconti, si diventa parte delle emozioni provate dai protagonisti. Si ha paura, ansia e sollievo mentre scorrono le pagine. Ogni storia ha bisogno di essere metabolizzata, per essere capita al meglio. Un libro sulla paura di essere rinchiusi in una gabbia, ma un libro pieno di speranza. Perché c'è sempre una via d'uscita per ogni situazione. Insomma, consiglio caldamente l'acquisto e non vedo l'ora di leggere il prossimo lavoro della talentuosa scrittrice.
"Dieci storie, una sola uscita" è la breve descrizione di questa raccolta. E la scritta "Exit", che campeggia in copertina, è evidentemente il tratto che unisce storie spesso molto diverse tra loro. A volte siamo ai confini di un onirico realismo magico, ma ci sono anche pennellate d'orrore psicologico e fantascienza apocalittica. E ci sono storie ordinarie di solitudine e arroccamento, di porte che appaiono o scompaiono, di ricerca di "un qui diverso" per trovarsi in una "dimensione intuibile dai savi". C'è sangue e sacrificio, ci sono bagliori e ricordi, fughe e ricerca di libertà.
Questi racconti vanno assaporati lentamente perché bisogna lasciarsi attraversare dalla prosa poetica di Francesca Fichera e farsi condurre per mano nelle sue diverse realtà, toccarne i muri e intuire i fantasmi che le popolano. Sembra di essere nelle stanze di un Hotel California ("you can check out any time you like, but you can never leave") ma le note che risuonano sono quelle free jazz del piano di Hiromi Uehara. E, allora, il percorso da seguire è quello della propria consapevolezza per scoprire che l'uscita è dentro di te. E non è sbagliata.