Conversazione con la morte, Interrogatorio a Maria e Factum Est sono opere di vera poesia teatrale, nelle quali Giovanni Testori, il più forte e provocatorio drammaturgo italiano del Novecento, fai conti con il mistero della propria fede. Una poesia caratteristica e inconfondibile, in cui sofferenza umana e religiosità sono inseparabili, e lo sperimentalismo–nonsololinguistico–dello scrittore si mostra ormai maturo.
Nelle voci che genera in ognuna delle opere di questa “trilogia”, Testori concentra e rivisita tutta la sua vasta esperienza di artista e di uomo. E pone sotto spietata inchiesta la cultura oggi dominante, indagando la con la sua lucida visione, la sua sincerità. E con il senso drammatico della sua personale speranza.
Giovanni Testori, critico d'arte, poeta, autore teatrale e romanziere, è stato tra le personalità intellettuali più complesse del secondo Novecento. Negli anni Cinquanta ha raccontato la periferia milanese nel ciclo I segreti di Milano. Per il teatro, con la Trilogia degli scarrozzanti (L'Ambleto, Macbetto e Edipus), ha creato una personalissima lingua drammaturgica, proseguita con gli oratori di argomento sacro, quali Conversazione con la morte, Interrogatorio a Maria e Factum est, e culminata con la messa in scena del romanzo In exitu, uno dei suoi capolavori. La sua ultima opera, quasi un testamento fra teatro e poesia, è Tre lai.
La Trilogia degli Oratori, di Giovanni Testori, raccoglie tre scritti poetici e teatrali: Conversazione con la morte, Interrogatorio a Maria, Factum Est.
Non conoscevo questo autore. Ma giorni fa, camminando per le vie di Brescia, ho visto una locandina in cui si pubblicizzava Interrogatorio a Maria... e così, incuriosito, ho deciso di approfondire.
Devo dire che ho scoperto un drammaturgo e poeta da me molto distante ideologicamente. Ma ne devo comunque riconoscere il talento e l'ispirata voce poetica.
Testori era un uomo che potremmo definire contraddittorio, quasi ossimorico. Vicino al fascismo in gioventù, ma cattolico. Omosessuale, ma - appunto - vicino al fascismo (repetita iuvant) e cattolico (ripetiamo anche questo). Fu definito "blasfemo cristiano" e, anche, "deformato amante della forma". Insomma, una personalità complessa, comunque molto apprezzata dalla critica.
E devo dire che anche io ho potuto - in parte - gradire le sue opere: in modo particolare le prime due, "Conversazione con la Morte" e "Interrogatorio a Maria". Certo, non siamo davanti a Shakespeare o a Brecht, ma bisogna ammettere che il teatro poetico di Testori ha una sua personalità e peculiarità ben definita.
Il dialogo con la Morte, prima, e quello con Maria, poi cercano di riportare al centro del vissuto umano la fede e i valori ad essa legati. Queste cose potrebbero essere lontane da me come il Sole è lontano da Plutone (non totalmente, in realtà), ma le trovo comunque legittime. Come legittimo trovo l'aprirsi allo spettatore e offrirgli i tormenti della propria anima. L'errore è - semmai - ritenere universale la cura. Ad ogni modo, la centralità dell'idea della morte nella nostra vita e l'abbandonarsi alla volontà divina per salvare se stessi e il prossimo sono le tematiche affrontate da Giovanni Testori in questi due componimenti, pensati - cosa che trovo davvero stupenda - più per essere recitati nelle chiese che nei teatri. Tra l'altro, tutto ciò è fatto con un'ispirazione viva e sentita (benché, ripeto, i fenomeni sono altri).
Trovo comunque interessante e bello approcciarsi a un sentire diverso dal proprio... Poi, a me profano, piace tanto spiluccare nel sacro.
Ma devo dire - e qui arriviamo a Factum Est - che non tutto posso digerire. Lo scritto che chiude la Trilogia degli Oratori mi ha fatto storcere il naso. Non tanto per la sua posizione antiabortista (che di certo, dato il background dell'autore, non mi sorprende), ma per come è stato deciso di svilupparla... davvero poco cristianamente, secondo me.
"Factum est" mi è sembrato un pretesto per scagliare - poeticamente - ingiurie contro le donne e - più in generale - le coppie, che decidono di abortire. Ed è fatto nel modo più subdolo, secondo me, facendo parlare, sentire, disperare un feto che non può parlare, sentire e disperarsi, o capire. E poi è troppo chiaro che questo feto parlante è un pupazzo, uno strumento di attacco anche violento verso una donna che abortisce. Dov'è il cristianesimo in questo? Non penso proprio che basti dire "però ti perdono e ti amo", dopo averne dette di pesanti alla madre e al padre, coprotagonisti di Factum Est.
Quello che mi fa arrabbiare è la superficialità delle accuse e anche la superficialità della fede. Se credi, rispetti il libero arbitrio. Se credi, non temi la morte tua o degli altri. Se credi, non giudichi. Se credi, ami. E l'amore non ha condizioni. Ci si può autocondizionare, per amore. Ma non si impongono agli altri.
Detto questo, comunque, la Trilogia degli Oratori è stata una lettura di poesia di buona qualità e una interessante escursione in territori non propriamente miei.
Un piccolo libro da leggere tutto di un fiato con voce sommessa sfociante in grido finalmente. “Chi vi é appeso / l’hai tradito, / l’hai offeso, / l’hai finito. / Ma Lui solo / é redenzione; / Lui é sola / verità / Lui é sola / carità. / Non levarlo mai / dal cranio, / se la mente / da demente / vuoi portare / a chi / t’é Ente. / Lui ti ama, / Lui ti vuole, / Lui t’attende. / [...] / Urla sì / a Lui, / a Cristo! / [...]”Buono per la spiaggia, per le serate tra amici, per festeggiare la vittoria della vita e soprattutto per scuotere le coscienze. Accada quel che accada, la grande carità ci urge di proclamare che chi uccide invece muore. “Meretrice è lei / la Bestia, / che al niente / te prepara / se dall’Omega / e dall’Alfa / ti divide / e ti separa. / Eri amata, / eri cara; / esecrata / tu sarai. / I capelli / perderai, / labbra, / denti, / anche i seni / giù pendenti / come stracci. / Non più amore, / non più abbracci. / Sarai / chimica funzione, / assunzione d’astrazione. / [...]”