La gioia fa parecchio rumore è un romanzo tempestoso che ubbidisce a una sola regola: dire la vita con tutta l’energia che ci si ritrova addosso. C’è un io e c’è un noi: anzi, un noantri. E c’è un bambino che impara a vivere dalle persone che gli stanno intorno: «gente che non si tiene niente nel cuore», allegra, chiassosa, abituata ad amare anche nei momenti più bui, e ad amare senza misura. Bonvissuto canta la Roma, ma canta soprattutto un amore assoluto, fulminante, che si accende nell’animo per trasformarlo.
Mescolando alto e basso a ogni riga, divagazioni e scene formidabili, il nuovo libro di Bonvissuto parte come un trattatello filosofico sull’amore per diventare a poco a poco un romanzo corale di grande forza. A differenza di molte passioni, quella calcistica dura una vita intera e arde sempre, nel bene e soprattutto nel male: «Forse il calcio è l’unica cosa al mondo che è più bella quando la fanno gli altri, quelli con quella maglia però. Che comunque ce l’hanno solo in prestito, perché la maglia della Roma è la mia. Potrebbero anche averla rubata. E l’amore forse è questo: correre appresso a un ladro che ci ha rubato qualcosa». Attorno a questa fiamma si condensa un microcosmo di padri, nonni, zii, fratelli di fede giallorossa, una comunità vera e propria, allegra, sterminata, capace d’iniziarti alla vita. La condivisione delle sconfitte, il divano da cui tutta la famiglia «guarda» la radio, l’epica costruzione della bandiera da portare allo stadio insieme ai panini con la frittata, le trasferte su quel pulmino lentissimo che profuma di mandarini, e le partite, certo, viste con occhi bambini ancora allergici a date, nomi, tecnicismi, ma capaci di vedere pure l’invisibile. Poi c’è Barabba, che vive in una roulotte lungo la ferrovia: spetterà a lui svelare al bambino la quantità di universi concentrati in una sola maglia di calcio. La numero cinque. La indossa un brasiliano atipico, un centrocampista che arriva in punta di piedi e realizza il sogno proibito di tutti i tifosi, l’innominabile parola che inizia con la s… La gioia fa parecchio rumore è uno di quei libri che ti fanno immergere totalmente nel mondo che raccontano. E che te lo fanno rimpiangere, alla fine, come se fosse il tuo.
«Quando vinci sei di tutti, quando perdi sei solo mia»
Avete presente Febbre a 90 di Nick Hornby? La gioia fa parecchio rumore di Sandro Bonvissuto è assai meglio e potete leggerlo se non sapete niente di calcio e avete qualche nozione, seppur vaga, dell’amore. Se poi siete appassionati di calcio, nati negli anni 70, avete letto l’arte di amare di Erich Fromm quasi sicuramente lo apprezzerete maggiormente. Come si fa a scrivere un libro sul calcio senza parlarne? Si evitano i riferimenti alle date e agli incontri, si omettono i nomi e cognomi dei giocatori, si evita il taglio giornalistico a favore della descrizione del calcio come metafora di vita, se ne estraggono i sentimenti che suscita e si interfacciano con una quelli di una famiglia e di una comunità che l’autore chiama “noantri”. Non pensiate che stia cercando de rifilavve ‘na sola, so che la maggior parte dei lettori nutrono per il calcio lo stesso interesse che nutro per io per il baseball: vi dico che in questo libro potrete leggere un’allegoria vestita in maglia e calzoncini. Bonvissuto usa l’alternanza dei registri linguistici con una sagacia; Il nonno che filosofeggia in romanesco è il personaggio più divertente del libro, tutti gli intermezzi in romanesco sono pertinenti e pregnanti ed è la loro amalgama con passi come
Tutto il tempo precedente al giorno in cui si comincia ad amare, dunque, non si può calcolare come vita vera. Piuttosto come un’attesa di qualcosa, un’attesa inconsapevole, visto che non sai cosa stai aspettando, e non ti rendi nemmeno conto di essere lí ad aspettarlo. Possibile pure che la vita vissuta prima di amare serva semplicemente per farci arrivare vivi al momento di amare.
a farne un romanzo particolare. Vogliamo poi parlare della capacità che hanno i romani di descrivere la loro città? È una capacità che mi aveva già sbalordito in D’annunzio e affascinato in Piperno
E Roma ha una sua luce. Nei pomeriggi di luglio, fra il Palatino e l’Aventino, c’è come un fiume di fotoni che da Caracalla camminano verso il Campo Boario, in quella direzione dove abita il giorno che non conosce notte. È come se il sole andando a casa sua passasse da qui, da duemila anni e piú, trascinando dietro di sé il suo mantello d’oro, quello che indossa ogni sovrano, un lungo tappeto abbagliante, un prato di grazia e di scintille che lascia nell’aria un riverbero di qualcosa che nessuno sa definire. Se provi a guardarlo ti trafigge il cuore, ti chiude lo stomaco come un’emozione. È qualcosa che s’ingoia e che si respira con gli occhi.
Non sarà forse che per questi scrittori è sufficiente aprire la finestra o fare una passeggiata, mentre per la maggior parte di quelli che abitano altrove occorrono enormi sforzi d’immaginazione? O sarà che io riconosco a questa città una grande bellezza e mi ritrovo in qualsiasi cosa la esalti? Sto esagerando, rischio davero de rifilavve il libro che ho letto io e non un libro che racconta (pur nominandola il meno possibile) dell’A.S. ROMA e del suo secondo scudetto, quando l’autore aveva dodici anni e lo visse come un’esperienza totalizzante.
In questo nuovo romanzo, Sandro Bonvissuto affronta un tema più "leggero", rispetto al suo romanzo precendente "Dentro". E lo fa, al suo solito, con una scrittura magnetica, in cui dissemina qui e là piccole perle di saggezza.
Tra i ricordi di bambino, l'inizio e l'iniziazione alla fede calcistica, da parte di suo padre e suo Zio (che poi in realtà non è uno zio biologico). Una squadra di calcio: la Roma. Una città: Roma. Una maglia: il numero 5. Tema trasversale: l'Amore.
E sgrossando il romanzo dal tifo per la Roma, ciò che resta è l'Amore, infatti nei brani che riporto, Sandro Bonvissuto enuncia delle leggi che non hanno niente a che fare con il calcio, ma parlano di cosa accade a un uomo (o una donna) quando inizia ad amare: "La vita non inizia quando uno nasce, la vita inizia nel momento in cui si comincia ad amare. Ma se si nasce solo nel momento in cui si comincia ad amare, al termine dei nostri giorni moriremo avendo vissuto meno di quello che ci è sembrato."
"Tutto il tempo precedente al giorno in cui si comincia ad amare, dunque, non si può calcolare come vita vera. Piuttosto come un’attesa di qualcosa, un’attesa inconsapevole, visto che non sai cosa stai aspettando, e non ti rendi nemmeno conto di essere lí ad aspettarlo. Possibile pure che la vita vissuta prima di amare serva semplicemente per farci arrivare vivi al momento di amare."
"Cominciare ad amare è come rompere qualcosa che prima funzionava, è disobbedire all’ordine precedente, smettere di subire l’amore per esercitarlo. È disobbedienza, sí. La vita si trasforma per il sopraggiungere dell’amore, e non è solo passare da un senza a un con, ma da un prima a un dopo, al punto che poi, a ripensarci, forse non è piú nemmeno corretto continuare a chiamare l’esistenza con lo stesso nome di un tempo."
"È questo che protegge l’amore: entra nella nostra vita mentre siamo una cosa, ci trasforma in un’altra, e poi, se vogliamo cacciarlo via, non ritroviamo piú la porta da cui è entrato. Eppure quella porta l’abbiamo aperta noi."
"Arriva un momento in cui, per fare posto al tuo amore, devi prendere tutto quell’amore altrui e buttarlo fuori, e spingerlo cosí forte che se tutto va bene esci da te stesso pure tu."
"Perché l’amore è come l’aria ma è anche come l’acqua delle alluvioni: un posto glielo devi trovare, se no se lo trova da solo."
"Io volevo solo amare, e amare per me era dimostrare appartenenza, e non nel senso che l’oggetto di quell’amore era mio, ma che io ero suo. Quelli che amano vogliono questo: appartenenza, e se ce l’hanno già ne vogliono di piú. Io ne volevo di piú. Quando il sentimento diventa incontenibile ti devi dilatare, un po’ come fa chi affitta una casa piú grande perché gli si è allargata la famiglia. Vedevo bene che nel mondo agivano solo due forze invisibili e contrastanti: una di unione, l’altra di divisione.
Sandro Bonvissuto si serve del calcio, per parlare anche della Bellezza, quella dalla quale Roma è impregnata.
Bel libro sull'amore in senso completo,sulla vita e sulla gioia. L'amore di un ragazzino per la squadra del cuore, in questo caso la Roma, che porta all'amore per la vita, la famiglia in cui cresci, la fede ad un colore ed ad una maglietta, metafora del rumore che fa la gioia quando è vissuta appieno. Un libro che ti fa immergere completamente nella situazione vissuta, e ti pare di essere seduto sul divano insieme a tutta la famiglia, su quel divano a "guardare" la radio che trasmette la partita. O ancora ti fa immaginare di essere su quel pulmino lentissimo che ti porta alla partita in trasferta e senti il profumo di mandarini e panini alla frittata preparati dalla mamma. Senza dimenticare la magia del numero cinque, da cui parte tutta una storia su numeri e lezioni di matematica impartite al bambino da uno strano amico che sa tutto. Consigliato.
"La vita non inizia quando uno nasce, la vita inizia nel momento in cui si comincia ad amare. Ma se si nasce solo nel momento in cui si comincia ad amare, al termine dei nostri giorni moriremo avendo vissuto meno di quello che ci è sembrato. Per questo sarebbe bello che ci fosse ancora altra vita dopo la morte. Anzi, a voler essere precisi, sarebbe addirittura giusto. E non è una protesta contro la morte, sia ben chiaro: parlare con la morte è una cosa sciocca e inutile, che si muoia dobbiamo metterlo in conto da subito; io personalmente l'ho già fatto. Me lo ha insegnato la mia famiglia, perché a questo serve una famiglia, e la mia, a me, ha insegnato tanto. Tutto ciò che doveva. Anche a non preoccuparmi della morte e a non parlare mai di lei senza che ce ne fosse motivo". [https://lastanzadiantonio.blogspot.co...]
«Quando parlavano della Roma vedevo persone che erano semplicemente vive e felici».
Un romanzo per tutti gli appassionati di calcio, ma non solo. Perché in realtà è un romanzo che parla pochissimo di calcio e molto d'amore, al punto che i calciatori non vengono mai nominati, nemmeno il 'divino' dal tiro micidiale in copertina. Anche i personaggi non hanno nome e così il cerchio si chiude intorno a noi che leggiamo, offrendoci un'esperienza di vita vera.
Come tutti gli scrittori di Roma e dintorni, Bonvissuto dà il meglio di sé nel raccontare lo stare a tavola. E quindi lo stare al mondo (è un concetto che ribadisco ogni volta che posso perché, credetemi, è importante. Mangiare in buona compagnia deve restare al centro della nostra esistenza).
«A tavola a un certo punto rimanevano solo le donne a tenere insieme la festa. A parlare, a sorridere; che strane che erano: volgevamo sempre il viso a chi chiacchierava con loro come i fiori col sole. Nonno diceva che l'errore più grande dell'umanità era stato credere che le donne fossero la femmina dell'uomo, mentre erano proprio altri animali. Del tutto autonomi. Un'altra specie.»
«L'osteria sembrava un locale del secolo scorso, con loro avrei mangiato ogni volta in posti del genere, antichi e mai moderni. A tavola c'erano bicchieri di vetro consumati, e di forchette non ce ne stavano due uguali nemmeno a cercarle. Nessuno ordinò da mangiare, non bisognava proprio farlo; quando arrivava il cameriere non lo fecero nemmeno parlare, dissero solo: - Manna, - e arrivarono fiori di zucca fritti, pomodori col riso, pollo coi peperoni, e per contorno due zucchine ripiene che da noi si chiamano cucuzze.»
Mai giudicare una persona al primo incontro...ho conosciuto Sandro Bonvissuto in un evento letterario, non durante la presentazione, aveva vinto un premio per il suo libro Dentro, ma dopo, a cena. Romanissimo, terra a terra.Pochi giorni dopo ho ''divorato'' il suo libro. Aspettavo il prossimo ed é arrivato Scena padre, piccolo, scritto insieme ad altri 7 scrittori e quando é arrivato questo non potevo fare a meno di leggerlo. Calcio, filosofia? ma si lo leggo....e di nuovo una piacevolissima sorpresa, finalmente un libro con protagonista un bambino e tutta la filosofia che gli sta a torno ma filosofia da bambino non da adulto come tanti scrittori fanno. I suoi libri arrivano con il contagocce ma va bene così perchè sono sempre bellissimi. Al prossimo!!!!!
Parla di un ragazzino, parla d'amore, parla di vita, parla di Roma. Roma città, Roma squadra. Sandro Bonvissuto, con la sua scrittura scorrevole, a tratti poetica e a tratti ironica, riesce a far appassionare ad una storia che parla di calcio anche chi di calcio non capisce niente. Perché non parla nei suoi termini, ma in termini d'amore.
La copertina trae un po' in inganno. Chiunque come me sia un patito di calcio e soprattutto come me abbia esattamente la stessa età di Bonvissuto non può non riconoscere in quel 5 che salta, il mitico Paulo Roberto Falcao, l'ottavo re di Roma. Quindi mi aspettavo un libro sulla Roma e il "romanismo" e invece ho trovato solo quest'ultimo aspetto. Il racconto è sicuramente molto piacevole ed è il racconto di come il tifo e la fede calcistica siano entrati in questo bambino. Nel suo caso è stata la Roma, nel mio il Milan ma è così che si diventa tifosi, patiti della squadra del cuore. Però la Roma sta sullo sfondo. Si intuiscono Rocca e il suo ginocchio di cristallo, il goleador Pruzzo, la super ala Bruno Conti, la zona di Liedholm e soprattutto l'avvento di Falcao, l'uomo che ha trascinato la Roma di quel periodo da Rometta a vice campione d'Europa. Peccato, si potevano sviluppare entrambi gli aspetti senza concentrarsi solamente sulle emozioni del bambino che si affaccia al tifo e ne viene posseduto, pur con tutta la tenerezza che mi ha suscitato. Comunque molto ben scritto.
Il libro è scritto bene ed è scorrevole. Non è solo per appassionati di calcio, anche se è particolarmente adatto per i tifosi della Roma. Per quanto mi riguarda (ma è un giudizio molto personale) un qualsiasi libro su una qualsiasi stagione del Torino regala molte più emozioni anche ai non granata, ma sono di parte. In ogni caso niente male.
Le trovate stilistiche dell’anonimato e del riferimento vago immergono la vicenda terrena in una dimensione mitica e poetica molto potente. Mi resta la curiosità di capire se una storia del genere sia ricevibile per lettori neutrali o tifosi di altre squadre.
Tifosi della Roma, fatevi un favore: leggete questo libro. Non perché racconta la storia del CUCS o di Falcao, quanto piuttosto perché in poche frasi riesce a descrivere quello che tutti noi, autore compreso, abbiamo sempre sentito, ma ritenuto di non poter spiegare a voartri. Per molti, ma non per tutti.
Eravamo megalomani e romantici. Eravamo romanisti" Questa é una storia d'amore quindi può essere la storia di una vita perché "la vita inizia nel momento in cui si comincia ad amare". E questo libro é la storia di un amore di tutta una vita e l'oggetto dell'amore non é necessariamente una donna o un uomo. Del resto "La prima cosa che ho amato, come l'ultima, d'altronde, é la mia squadra di calcio del cuore. Il suo nome é A.S. Roma", che é anche l'unico personaggio del libro ad avere un nome, oltre al divano Augusto. Perché papà é papà, o mio padre; mamma é mamma o mia madre; Zio é Zio, anche se forse non lo é realmente; e nonno é nonno. Neanche il numero 5 venuto da lontano ha un nome: é il centrocampista brasiliano, é "ddoppio", quando si materializza improvvisamente nell'area di rigore avversaria per concludere in gol un'azione da lui iniziata nell'area opposta, é il "volante", che, in verità, é un cognome che é diventato un ruolo. Il libro é questo e tanto altro. E' un piccolo trattato filosofico sull'amore e sui suoi misteri, sul significato dei numeri, é uno spaccato della periferia romana tra la fine degli anni '70 e i primi '80; una Roma che chi non l’ha conosciuta probabilmente non può capire. Al di là di quale sia la squadra del cuore.
C’è parecchio amore in questo libro di Sandro buonvissuto ed anche tanta ironia, sarcasmo e gioia come appunto dal titolo . Un testo scritto benissimo con uno stile ed una musicalità che ci cattura, ci accarezza e ci conduce con mano alla scoperta di una roma proletaria e di borgata che si riscatta nel tifo anzi nell’amore per la Roma. Il tifo a volte sembra un pretesto per giustificare la biografia dell’autore a volte invece è in primo piano e sembra prevalere su tutto su ogni cosa su ogni evento ed istante della vita dei protagonisti.
Sono romana e Romanista. Ho vissuto tutto quello che racconta Sandro Bonvissuto attraverso i racconti di mia madre che non c'è più. So cosa si prova, l'ho sentito e lo sento ogni giorno. Perché è vero che ti tifa Roma non perde mai.
Iniziare un figlio all'amore per la Roma è una grossa responsabilità. Devi essere consapevole che lo stai consegnando a una passione che non sarà ricambiata da soddisfazioni continue, ma da fragorose rare gioie. Ero bambina negli anni '70. So cosa vuol dire.
"Trattenevo il respiro, ero morto. Dopo un quarto d'ora d'apnea, pareggiammo. Precisamente a un'ora e un minuto di gioco. Grazie al nostro centravanti, e non saprei dire di più perché in quel momento successe qualunque cosa. A casa mia si abbracciavano tutti, anche certe zie che non si parlavano da prima che nascessi, e un parente che doveva centomila lire a un altro da tre anni, anche loro due si abbracciavano. Entrarono con le bandiere altri inquilini che stavano a pigione nello stabile, e qualcuno disse che non importava, che tanto <>."
Mio padre, le poche volte che è andato all'Olimpico, portava mio fratello e non me, "che sono femmina", lasciandomi a casa a fare i compiti con la radiolina accesa su "Tutto il calcio minuto per minuto" e una schedina del Totocalcio, dove annotavo via via i risultati aggiornati (chissà perché). In camera avevo attaccata al muro la maglia numero 5 di Falcao. L'aveva regalata la Barilla, nostro sponsor. Ma arrivò il 14 giugno 1986 e il mio fidanzato 17enne Andrea mi portò (in moto ma non diciamolo forte) alla finale di Coppa Italia. Roma-Sampdoria 2-0 e trofeo a noi. Io e Andrea ci lasciammo poco dopo, anzi lui mi lasciò, ma quella sera è per me indimenticabile. I cori, i tamburi e quel prato verde sotto le luci, quell'amore collettivo così forte, ogni volta che torno allo stadio mi rimonta dentro quell'emozione, come fosse la prima volta. Come la sera con Andrea.
Tre anni fa ho portato mio figlio grande, per il suo battesimo da lupacchiotto, De Rossi dava l'addio al suo popolo,Mister Ranieri allenava e sotto una pioggia leggera il prato era lucente.Ho la responsabilità di aver passato a mio figlio un amore cui sarà fedele, perché a nulla si è fedeli come la squadra del cuore, che lo farà soffrire, lo deluderà e lo riprenderà da un pozzo di delusione per portarlo improvvisamente sulle stelle.
C'è tutto questo nel libro di Bonvissuto, ci sono io che ho sorriso ed ero in ogni pagina, io che festeggio ogni anno il 21 aprile e faccio gli auguri di compleanno alla Regina delle città, io che ieri mattina (cabala!!) ho finito di leggerlo, ma non ho scritto il post prima della finale di ieri sera, perché la scaramanzia è importante.
"Il vantaggio di essere romano, forse l'unico, è il diverso rapporto che si ha con la bellezza: nella vita degli uomini inciampare nella bellezza è un evento assolutamente straordinario e miracoloso, ma per chi è nato qui la bellezza è qualcosa di familiare, di consueto. Anche banale. Siamo immuni dalla sindrome di Stendhal..."
Ogni tifoso di ogni squadra credo ci si possa ritrovare, ma poche squadre generano amori così irragionevoli, laceranti e fedeli. Gioie tanto fragorose, forse perché non scontate. Per noi il successo è la scalata del K2, non la passeggiata sul prato. Ma vuoi mettere guardare da lassù?
Quando do un giudizio ad un libro, do molto peso alla scorrevolezza e a quanto riesce a prendermi, coinvolgermi.
Da tifoso (non della Roma), le quattro stelle date sono il minimo. Anche se la copertina suggeriva il voto massimo con la maglia del noto brasiliano mai menzionato: Non è solo calcio, come detto in altre recensioni presenti sul web. È amore, ossessione per i colori di una squadra. Riti scaramantici e situazioni che solo i veri tifosi riescono a percepire. Mio padre dice sempre "Roma caput mundi, Trasagâs par secundi", riferendosi al nostro luogo d'origine. Ecco, sostituirei il mio paese con "Udinese" in questo suo detto. Perché seppur i colori cambiano, noto molta similitudine e proprio questo aspetto mi ha fatto amare il libro. Basta pensare ai nostri anni disastrosi o di come chiunque, in quanto friulani a prescindere del grado di tifoseria, esce spontanea quella speranzosa domanda "Ha vinciût l'Udin?", Lasciandosi andare a un "Atu sintût? I vin vint, îr!!" Che mi ricorda molto sia mia nonna quanto mio padre e il loro attaccamento alla squadra che ci rappresenta nella massima serie. O a quella "colonna di destra" ai tempi del televideo e di come (citando il libro il libro) "Per affrontare la sconfitta ci vuole un amore incrollabile, una comunità di gente più o meno come noi e un divano per sedersi quando il peso degli eventi ti prova della posizione eretta".
Ho apprezzato al 100% l'idea di non menzionare i giocatori descritti. Questo si aggrappa a un mio comandamento da tifoso che ripeto sempre ad amici e conoscenti: Si tifa la maglia, i colori e la città che rappresenta. Non il cognome stampato dietro (anche se questo "nuovo" calcio fatto di scambi come figurine e privo di bandiere -inteso come giocatori rappresentativi alla Totti, Di Natale, Maldini, Bergomi etc...- è riuscito letteralmente a farmi spegnere, purtroppo, la fiamma del tifo. E vale per qualsiasi sport...ora è tutto un merchandising).
Storia d'amore per una squadra. Una storia vissuta ancor prima dei social, dei commenti provocatori verso pagine rivali o di troll e presunzione da parte di altri. Un calcio (a distanza di una decade, in quanto sono del 1984) che mi appartiene e che si sente la mancanza. Non tanto per la partita o il risultato in se, ma per l'aria che si respirava.
Era da tempo che non leggevo un libro con il sorriso da ebete stampato sulla faccia, poche volte mi sono sentito così romano e romanista nella mia vita. Il modo in cui Bonvissuto racconta la magia, il ruolo e l'importanza della Roma nella sua vita è un insieme di genialità, ilarità e follia: ma cos'e l'amore sennò? È sorprendente come lo scrittore riesca a "buttare lì" metafore ed idee semplicemnte geniali. Il nome che sceglie per il saggio che si farà carico di spiegare al piccolo romanista chi sia questo Numero 5, per colui che sara cosi zelota nell'istruirlo nelle pratiche della fede, Barabba. L'affiancare il fiume alla sua saggezza, degno del migliore Siddhartha. Il suo presentare disagi esistenziali non come legati alla condizione umana, ma attribuibili alla squadra del cuore. Massime del tipo "L'incubo dei calci di rigore..emblema di una sorte svogliata che non ha avuto desiderio d'intervenire.. un evento che celebra solo la drammatica fragilità della condizione umana". Il tutto in uno sfondo di suspense Conradiana...pazzesco!
Un libro semplicemente poetico. Riesce a fare dei chiari riferimenti storico-calcistici senza mai citare nomi, date o fatti specifici. Serve conoscerli? Sicuramente un minimo aiuta, ma non toglie nulla al piacere della lettura. La Roma, intesa come squadra di calcio, è al centro del romanzo e si sovrappone come un timbro, una filigrana stampata a fuoco su Roma città. Queste si permeano indissolubilmente l'una all'altra avvolgendo in modo totalizzante la vita di quartiere (una città nella città) del ragazzo protagonista e della sua famiglia. E poi c'è lui, l'eroe tanto atteso e idealizzato, l'unico capace di infondere in un popolo intero, la speranza di cambiare, per una volta nella vita, la propria storia fatta di vittorie mancate. Ero in trepidante attesa del finale, curioso di capire come avrebbe affrontato il ragazzo il momento del rifiuto, il rigore mancato, la caduto del Divino che esplode e si manifesta in tutta la sua umanità...peccato.
Un racconto di una passione, il calcio e la Roma, il numero 5 che diventa simbolo di una concezione della vita, un mondo in cui famiglie e quartieri sono ancora una grande comunità. L'arrivo all'aeroporto del divino brasiliano, lo scudetto, le partite ma soprattutto personaggi, il padre e lo zio, Barabba e gli altri, le piccole e grandi vicende che dispongono anche il tragitto dell'educazione sentimentale del piccolo protagonista, attraverso i cui occhi scopriamo una umanità profonda e vera, descritta con partecipe e affettuosa ironia.
Bonvissuto - la gioia fa parecchio rumore 8 - la storia dell’inizio della mia passione per l’as roma, raccontata da Sandro bonvissuto. Troppe cose in comune e tanta e troppa roba quella Roma per non entrare per sempre nella testa di un ragazzino. E ti entra dentro indipendentemente dalle sconfitte, una malattia da cui non si Guarisce. Mai. Divino, come Falcao.
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L'amore per lo sport, in particolare per la squadra del cuore spiegato in un libro. Se siete degli appassionati di sport e in particolare di calcio, questo libro fa al caso vostro!
Quando vinci sei di tutti, quando perdi sei solo mia… L’autore riesce a spiegare cosa si prova per la propria squadra ( nel suo e nel mio caso la roma) come meglio non si potrebbe fare.