Il razzismo è un fenomeno diffuso e insinuante, che si incarna in forme sempre nuove, più o meno gravi, nei diversi contesti storici, sociali e culturali. I pregiudizi, le esclusioni, l’odio e la paura dell’altro sembrano essere una costante del comportamento umano. Il primo gesto della costruzione dell’identità sembra essere quello di tracciare una linea tra «Noi» e gli «Altri», classificando chi va separato ed eventualmente rifiutato. Il volume affronta questa complessa questione da angolazioni diverse, ripercorrendo dapprima le molteplici forme storiche di razzismo nel contesto europeo, per poi adottare una prospettiva più ampiamente antropologica, utile a individuare il confine, incerto e mobile, che separa quelle che possono essere considerate forme autentiche da altri tipi di avversione verso l’altro. Infine, l’autore intreccia queste due prospettive con quella della politica, per spiegare le nuove declinazioni del razzismo contemporaneo, figlio di quello passato, ma forte di caratteristiche inedite e sfuggenti, adattate ai tempi attuali, quando le costruzioni identitarie, basate su un principio di autoctonia, vengono sempre piú strumentalizzate e tradotte in azioni xenofobe violente.
Premetto che il testo è stato utilizzato per un esame universitario - ciò non viene meno però alla recensione. Un libro che per essere uscito nel 2020 mostra solamente un riassunto abbastanza blando di nozioni che con una semplice ricerca internet possiamo già acquisire. Il mio problema con il libro, però, si ritrova nell’utilizzo del termine n-word ripetutamente come se nulla fosse. Visto l’argomento del libro, mi aspettavo un libro che accademicamente non cadesse in un errore così banalotto - ripetuto non so quante volte. Il problema sta che l’utilizzo di suddetta parola non è solo usata in misura storica, citando autori/biologi del passato che classificarono per primi le “razze”, ma l’utilizzo di tale termine avviene più volte nei ragionamenti prettamente dell’autore stesso.
Inoltre per un fattore più universitario, questo volume ha solo da invidiare a tutta la teoria sul razzismo scritta da autori e autrici afroamericanə nel corso degli anni, dagli anni sessanta ad oggi. Le chiavi di lettura più interessanti che escono sono solamente tratte dalle citazioni che si mostrano di autori esterni.
Aime ci porta in una grandissima lezione di antropologia, toccando tutti gli aspetti possibili riguardanti il razzismo e l'etnocentrismo. La spiegazione dell'origine e lo sviluppo di tali fenomeni sono trattati molto bene con un lessico tecnico, ma allo stesso tempo di facile comprensione. La seconda parte del libro si concentra su elementi più contemporanei. Unico appunto: in certi momenti alcuni concetti sono ripetuti più volte, dilungandosi più del dovuto. Sarebbe una valutazione da 3.5/5, ma voglio dare fiducia all'autore.
Presenta delle idee su cui riflettere molto attuali e valide. L'ho trovato stimolante, arricchente e soprattutto utile per chiarire il quadro contemporaneo. È una lettura da consigliare anche a tutti gli "accondiscendenti silenziosi e gli indifferenti" che non si ritengono razzisti, ma...
Oh gesu, mi pare di leggere questo libro da duecento anni. Non è che non dica cosa degne di essere dette in merito a razzismo in Italia e in Europa, è che non c'è una cosa che non sapessi già. Mi ha annoiato tantissimo
La seconda metà del libro rappresenta un buon punto di riflessione per comprendere l'evoluzione della società contemporanea e delle sue espressioni; seppur sia molto caotica.
Il primo capitolo è un'interessante disamina, quasi una genealogia di varie forme di pregiudizio, dall'etnocentrismo al razzismo. Dal secondo capitolo invece si parte in una trita e banale lamentela sul neoliberismo e il populismo, temini degni delle medie.