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160 pages, Paperback
First published August 1, 2016

Volge le spalle agli alberi bassi del bosco artificiale e guarda giù dalla montagna, verso il villaggio, che è azzurro nella notte d’agosto, e le pecore, simili a pietre nell’erba mossa dal vento. Più in là dorme il mare. Il fiordo di Vág è calmo, l’azzurro si confonde con quello del cielo sull’orizzonte dritto, teso tra le terre emerse, un filo su cui possono camminare solo creature mitiche e fantasmi.

La migrazione si compie in tre generazioni. La prima avverte il bisogno e porta in sé la volontà, l’ostinazione: una pietra pesante che si sposta con le proprie forze. L’incomprensibile in questo. Si sbarca da qualche parte, o si prende una nave da una colonia, si arrotola la rete di radici intorno alle caviglie e si comincia a sgobbare a testa bassa. […] La generazione successiva forse sta a gambe divaricate sulla distanza, finché qualcosa s’incrina e allora si sente doppiamente sbagliata, senza nessuna lingua, doppiamente sola. Oppure corre veloce il doppio, espande l’attività, versa l’anticipo per il garage, si laurea in medicina. […] L’impulso brutale della pietra, onwards and upwards, la spinta, deformata e ripiegata su se stessa, a diventare qualcosa, guadagnarsi l’inclusione. Questa generazione sta ancora pagando il viaggio.
Poi arriva la terza. Il frutto di tutto questo processo. […] La generazione povero-me, sono-solo. La generazione né-né. La terza è una generazione invisibile, teorica, la cui pelle si confonde con la tappezzeria, e che lo sappia o no, si porta dentro il viaggio come una perdita.
