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Noi

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Lo scherzo tormentoso inflitto a un fratellino minore, un frutto mangiato insieme al nonno sotto un albero di mandorle, l’intercalare di un padre – “picciotti mei!”; ma soprattutto un giorno dell’aprile 1967 in cui piove, Patty Pravo compie diciannove anni, a San Siro Burgnich segna il secondo gol contro il Bologna e un bimbo di cinque anni muore per una malattia che di lì a pochi mesi diventerà curabile. Ci sono nella vita infiniti momenti che scorrono senza che ne conserviamo memoria, e altri invece destinati a imprimersi nella mente in modo così vivido da renderli misteriosamente compresenti a ogni istante che verrà. Paolo Di Stefano – il fratello maggiore, colui che gioca in un’altra stanza mentre la morte arriva, il figlio condannato a vivere e ricordare – trova in queste pagine le parole per ciascun ricordo e insieme colma lacune, cerca ragioni, inscrive la storia di una famiglia nella Storia che ci coinvolge tutti. La Sicilia del Ventennio e poi dello sbarco alleato, un amore a Palermo, la Milano frenetica del boom, un uomo innamorato della letteratura che dalla luce accecante del sud giunge in Svizzera per cercare riscatto da un padre violento; donne dall’aspetto fragile ma dalla tempra di leonesse; il dialogo mai interrotto e mai compiuto con il fratello, la cui voce – rossa come le macchie sottocutanee della leucemia – è sottile e perentorio contrappasso a ogni momento di tregua; il futuro intravisto nelle curiosità di una figlia. Con emozione e misurata eleganza il narratore racchiude in questo romanzo il senso di un’esistenza intera, raccoglie le tracce di un universo di vite non illustri eppure notevoli per comporre il romanzo di una famiglia, di un “noi”: forse la sola dimensione che possa salvarci, perché in fondo, senza saperlo, insieme siamo stati felici.

608 pages, Paperback

First published March 1, 2020

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About the author

Paolo Di Stefano

53 books3 followers

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Displaying 1 - 3 of 3 reviews
Profile Image for Francesco.
Author 4 books86 followers
Read
May 25, 2020
Di questi tempi, così distratti e rapidi, tempestati da uscite editoriali a piè sospinto, la decisione di scrivere un memoir da seicento pagine è una grande scommessa, un vero e proprio atto di fede nel potere della pagina scritta. Soprattutto perché Noi, il libro del giornalista Paolo Di Stefano, nato ad Avola nel 1956, non è un fantasy o una distopia. Ma al lettore bastano poche pagine per immergersi ed essere avvolto dal flusso narrativo e questa epopea familiare che corre dalla Sicilia alla Svizzera, avanti e indietro di generazione in generazione, il viaggio a ritroso nella memoria intrapreso dall’autore, poteva essere compiuto in modo esaustivo soltanto così, tendendo per mano il lettore, invitandolo nel baule dei ricordi. Da qualche parte si deve pur cominciare e il filo rosso inizia a dipanarsi quando l’anziano padre, Vannuzzo, «un sabato mattina, 13 ottobre 2012», ormai prossimo agli ottantatré anni, si lanciò in «un insolito racconto fluviale della sua vita».

In Noi le donne hanno un ruolo importante, si fanno narratrici, incalzano l’autore ma il perno centrale della storia è il rapporto padri-figli, quel misto di tenerezza e rispetto che troviamo già quando il padre dell’autore rievoca il proprio genitore, «don Giovanni u Crocifissu», un femminaro senza requie, «violento e assatanato», che umiliava la moglie ricordandole che «il padrone maschio era sempre lui» e scatenando le ire del figlio in un rapporto di burrasca e però, anche d’amore. Profano sì, ma soprattutto sacro.

Di Stefano - dopo l’esordio con Baci da non ripetere (Feltrinelli, 1994), cui sono seguiti numerosi libri fra cui La catastròfa. Marcinelle 8 agosto 1956 (Sellerio, 2011), Giallo d’Avola (Sellerio, 2014) e La parrucchiera di Pizzutta (Bompiani, 2017, scritto con lo pseudonimo di Nino Motta) – ci consegna una struggente autobiografia in cui risalta anche Dina, la madre, con quel passato fra i fasti di Catania e la piccola Avola, una donna che ingoia ingiustizie senza mai fiatare. Era quella la vita che le era toccata in sorte, inutile opporvisi.

Di Stefano ha scelto una forma di racconto libero, spezzato da versi, poesie che sono come partiture musicali, intermezzi che scendono sulla pagina aprendo il respiro, allentando il ritmo del fluire dei ricordi, una pausa appena, un respiro lungo prima di tornare alle vicissitudini d’una famiglia a dir poco turbolenta in ogni sua generazione che per cercare fortuna lascia il Mezzogiorno verso il Nord d’Italia e infine, in Svizzera – ma continua a vagheggiare le bellezze d’Avola, «siamo in arrivo o forse in partenza. Siamo sempre in partenza, sempre» - affrontando sentimenti contrastanti, fra ira, gelosia e risentimenti, sempre sotto l’occhio altero dell’anziano patriarca che continua a dettar legge.

E c’è spazio, com’è giusto che sia, per il racconto del dolore - «oggi tutti scrivono ma il dolore nessuno lo fa sentire», lo incalza la madre – tanto che l’ultima parte di questa autobiografia intrisa di una brillante malinconia, è dedicata al fratello Claudio, prematuramente scomparso, nel ricordo d’una ferita che ancora sanguina.

Sì, questo memoir è come un fiume. Bisogna lasciarsi trasportare indietro e a spasso nel tempo dalla voce, dai ricordi dell’autore, rinunciando subito ad arginare l’io narrante, accogliendo le pause poetiche e i cambi di ritmo e scenario, da inizio secolo sino ai giorni nostri. In fondo, sin dalla notte dei tempi, non c’è nulla di nuovo sotto il sole - «è accaduto di tutto, cioè le solite cose. Difficile riparare la vita, ma non impossibile» - ma è proprio qui che risplende il potere delle storie e noi, fatalmente, siamo pronti ad ascoltare. «Che cosa resterà di tanta ostinazione?» si domanda Paolo Di Stefano. La risposta è sempre una: la vita.
Profile Image for Francesca Bado.
25 reviews
July 23, 2023
Un bel libro!
In certi punti è stato un po' difficoltoso procedere nella lettura, ma nel complesso la lettura è stata piacevole!
Profile Image for Giovanna Tomai.
405 reviews5 followers
July 6, 2020
Sarebbe 4 per lo stile, la capacità narrativa e anche per la storia, e 2 per la lungaggine.
Troppe minuzie, troppe elucubrazioni sulla sua, personale famiglia.
Too much, per cui 3.
Displaying 1 - 3 of 3 reviews

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