La nuova guida d’autore alla città più sorprendente d’Italia
Torino è una città diversa a seconda di chi la vive e la osserva, di modo che oltre alla mia c’è anche la vostra. O meglio: ci sono le nostre. Siamo poco meno di un milione da queste parti, perciò ci sono poco meno di un milione di città differenti.
«Torino, nel corso degli ultimi anni, ha davvero cambiato pelle e ha cominciato a scrollarsi di dosso gli stereotipi che un tempo saltavano fuori solo a nominarla: la‘grigia città industriale’, il ‘laboratorio’, la ‘culla dell’Azionismo’ capace di coniugare la ‘cultura operaia’ con il ‘catalogo Einaudi’. Più di ogni altra città italiana, Torino ha saputo rinnovarsi facendo un triplo salto mortale carpiato, e tra un’Olimpiade e una cementificaz… pardon, una riqualificazione urbana, si è magicamente trasformata nella ‘Città della Movida’. E allora Torino è casa miache ho scritto qualche anno fa aveva bisogno di qualcosa di più di una rinfrescata. Così mi sono detto: vale la pena riscriverlo daccapo.» Ritratto di un luogo fuori del comune, Torino è casa nostra racconta, tra momenti di comicità e spunti di riflessione, una città viva e piena di sorprese. Perché Torino è Torino, non è una città come un’altra.
Giuseppe Culicchia (Torino 1965), figlio di un barbiere siciliano e di un’operaia piemontese, cresce mangiando pane cunzato e leggendo l’enciclopedia Conoscere. Vince il torneo di calcio della scuola in qualità di riserva disputando solo uno splendido secondo tempo da ala sinistra nella partita contro i professori. Per tutte le superiori passa il tema in classe al compagno di banco in cambio del compito di matematica, esame di maturità compreso. All’università, abbozza storie in una biblioteca di Palazzo Nuovo e nelle sale del Caffè Fiorio a Torino. Tra i suoi eroi, Hem, Scott e Buk. Ormai ventiduenne, impara a nuotare. Poi finisce a fare l’aiuto-bibliotecario a Londra, e scrive i racconti pubblicati da Pier Vittorio Tondelli nell’antologia Papergang Under 25 III (1990). Dopodiché torna a Torino e dato che vuol continuare a scrivere cerca lavoro in una libreria, dove scopre che Thomas Bernhard ha dato alle stampe un romanzo di circa 500 pagine con un unico punto a capo, più o meno a metà. Commesso/edicolante/magazziniere/tuttofare per una decina d’anni, pubblica il long-seller Tutti giù per terra (1994, premio Montblanc e Premio Grinzane Cavour Autore Esordiente). Grazie al romanzo d’esordio finisce in copertina su L’Indice dei Libri del Mese, cosa che gli procura molti nemici e molto onore. Invitato più volte al Maurizio Costanzo Show, rifiuta di parteciparvi. Nel 1997 il suo primo romanzo diventa un film con Valerio Mastandrea per la regia di Davide Ferrario. Seguono Paso Doble (1995), Bla Bla Bla (1997), Ambarabà (2000), A spasso con Anselm (2001), Liberi tutti, quasi (2002), Il paese delle meraviglie (2004, premio Grinzane Cavour Francia) e Un’estate al mare (2007), tutti editi da Garzanti e tradotti in una decina di lingue. Nel frattempo, per sei mesi suona la batteria in un gruppo fantasma chiamato Ratones, che però si scioglie dopo che lui propone agli altri membri una canzone intitolata McChicken il cui testo sotto forma di haiku recita: “McChicken / McChicken / McChicken”. Comunque: con Laterza pubblica Torino è casa mia (2005) e Ecce Toro (2006). Da Einaudi, l’atto unico Ritorno a Torino dei Signori Tornio (2007). Da Feltrinelli, il memoir Sicilia, o cara. Un viaggio sentimentale (2010). Per Mondadori scrive i romanzi Brucia la città (2009), Ameni Inganni (2011) e Venere in Metrò (2012). Nel corso degli anni traduce tra gli altri Mark Twain, Francis Scott Fitzgerald e Bret Easton Ellis. Gli piacerebbe tradurre il caro vecchio Ernest, in particolare Fiesta, o al limite Festa Mobile, o anche solo l’ultimo capitolo di Morte nel Pomeriggio, o giusto il racconto Colline come Elefanti Bianchi, ma non gliel’hanno mai proposto. Purtroppo non conosce il norvegese, altrimenti avrebbe fatto di tutto pur di tradurre Knut Hamsun. Collabora o ha collaborato con i quotidiani La Stampa, La Repubblica e il manifesto, con i mensili GQ, Traveller e Linus, con il settimanale Gioia. Tifa per la squadra di calcio di Torino, il Toro. Ma, da vero sportivo, tifa anche per tutte le squadre che in tutte le serie e i tornei incontrano di volta in volta l’altra squadra cortesemente ospitata in città. Cos’altro? Ama giocare a calciobalilla, anche se non ha mai frequentato l’oratorio (e si vede). Ogni anno a Ferragosto guarda Il sorpasso. Desidera essere sepolto a Marsala. Non subito, però.
Personalmente, ho apprezzato davvero molto il primo libro, Torino è casa mia, una sorta di guida-nostalgico e romantico tra le strade di Torino, strade che nel bene o nel male sono rimaste sempre le stesse e danno un forte valore al volto della città. Purtroppo il filone rimane sempre uguale, stessa strategia, con proposte diverse, aggiungendo solo quello che è venuto dopo i giochi olimpici, con nostalgia sia ma con un occhio ancora troppo ancorato al passato. Alle volte quasi noioso. Avevo alte aspettative forse, non saprei.
La rappresentazione reale di un posto che sembrerebbe esistere solo nella nostra fantasia, ma che si chiama invece Torino ed esiste davvero. Culicchia riesce a farci vedere la città da un punto di vista diverso, si sentono gli odori e i sapori di una città in fermento, che solo chi la vive davvero sa apprezzare in modo profondo.
Ottimo libro, consigli mirati e straordinariamente originali.
Atto di amore per Torino e per le sue mille sfaccettature. Torino che è cambiata dopo le Olimpiadi del 2006 (cavolo son già passati 10 anni!!!), ma che aveva in sé i germogli del cambiamento e che è sempre stata bella, ma che teneva la sua bellezza celata agli occhi altrui. E' stato piacevole ripercorrere insieme all'acuta penna di Culicchia strade che conosco, incontrare qualche "personaggio" tipico del panorama sabaudo e appuntarsi qualche chicca nascosta da andare a scoprire.
Che nostalgia. Letto in preparazione alla gita a Torino con la quarta. Dopo 11 mesi che Anna me l'ha regalato. Mi è piaciuto tantissimo, mi ha fatto rivivere i luoghi a cui mi ero affezionato e che avevo imparato a conoscere. Sono anche stato fortunato, la maggior parte dei luoghi di cui l'autore parla sono proprio quelli che preferivo. Mi piace anche che abbia citato tanti posti che invece non conoscevo e per i quali ora ho voglia di andare; è da rileggere per segnarli tutti. Mi ha aiutato a capire quanto mi sia piaciuta Torino e quanto mi manchino alcune cose. Non mi è piaciuto che qualche volta sembra un po' troppo ancorato al passato. Non ho letto il libro precedente, cioè Torino è casa mia, ma viene citato così spesso che immagino che i due libri siano simili.
Regalato da Anna, nella panchina a destra di Piazzetta reale.
Stadtführer für Turin, ohne wirklich ein Stadtführer zu sein
Der Autor liebt seine Stadt (und seinen Verein) und nimmt dennoch kein Blatt vor dem Mund: bei einer Reise nach Turin habe ich fast alle Orte wiedererkannt und konnte Anekdoten erzählen, die sicher in keinem richtigen Reiseführer stehen.
It was the book that has taken me the longest to finish. It is a great journey across Turin’s history; known and unknown places and an intro to its people. The only reason why I am setting it as a 3 is because Italian is not my first language and I feel I missed a lot of the color of the descriptions.
Simpatico, molto scorrevole. Torino vista dagli occhi di Culicchia, divisa per ambienti (salotto, cucina, bagno e così via), in un seguito di Torino è casa mia, che però non ho letto. Piacevole distrazione, con qualche spunto interessante per conoscere meglio la città, soprattutto per chi ci vive.
Letto perché Culicchia che parla della sua città sembrava un'occasione da non perdere. Il libro nasce dal successo di Torino è casa mia a sua volta frutto della rubrica tenuta dall'autore su La Stampa e proprio dalla sua genesi derivano i limiti di questo volume. Lo scrittore si rivolge a chi ha già familiarità con i luoghi e la geografia della città, così se un autoctono è ben contento di non trovare pagine dedicate ad esempio alla Gran Madre perché la conosce benissimo, chi a Torino non c'è mai stato potrebbe perdersela se usasse questo libro come riferimento principale. Lo stesso discorso vale per le interviste inserite nel testo a persone che vivono e lavorano a Torino: se la testimonianza del responsabile della sicurezza della linea Sassi-Superga permette di parlare della Dentera, una delle peculiarità del trasporto torinese, quella all'ostetrica del Sant'Anna non risulta molto significativa se non per la rassicurazione scontata che a Torino esistono ospedali in cui partorire. Per il resto il libro presenta le fissazioni (o i difetti a seconda del grado di apprezzamento dell'autore) tipiche di Culicchia: le perifrasi per indicare la Juventus, le frecciate a Baricco (con cui condivide luogo di nascita, professione e fede calcistica) e l'inserimento di parole desuete che stonano con lo stile e il tono della narrazione (in questo caso vince a mani basse sesquipedale per indicare lunghissimo). Conclusa la lettura rimane tanta voglia di girare per Torino per scoprire alcuni luoghi descritti e la speranza di leggere presto il terzo volume della serie Torino è la casa del Toro alla conclusione dei lavori del Filadelfia.
I don't want to miss the chance to read Culicchia talking about his town. The book derives from the successful book Torino è casa mia and the author's column on La Stampa and this origin could be a limit. The writer talks to someone who already knows the town so if you haven't been in Turin before you shouldn't use this book as a travel book because you might miss some beautiful places like Gran Madre that isn't described in the book. The book contains some short interviews with people who work and live in Turin: some are very interesting like the one regarding the security manager of the Sassi–Superga tramway, one of the peculiarities of this city, whereas others aren't so captivating for people who don't live in the town such as the the one about an obstetrician working in the Sant'Anna hospital. The author shows all his usual quirks (or flaws depending on how much you like him) in the book: the circumlocutions used to avoid Juventus, the digs at Baricco (they share the same birthplace and job and are both Torino supporters) and the use, totally unnecessary, of highbrow words such as sesquipedale that means very long. When the book is over you want to visit Turin and you hope that soon a third chapter will be written at the end of the rebuilding of Filadelfia.
Dopo dieci anni da “Torino è casa mia”, Culicchia ci riprova. Peccato che questa riedizione della sua simpatica e fortunata guida alla città di Torino non sia nemmeno lontaneamente vicina alla qualità e alla simpatia della precedente. Vero è che in quella si poteva ancora credere alle “magnifiche sorti e progressive” della città presto olimpica, mentre ora la medesima città naviga nello sconcerto, nell’indigenza e nella mala amministrazione (alla quale Culicchia, giustamente, non fa sconti: cantieri aperti e abbandonati, buche nelle strade malamente rattoppate, servizi sempre di più alla riduzione e al ridimensionamento, eccetera). Ma il libro appare vistosamente raffazzonato; il tema di vedere la città come un appartamento si perde per strada, si salta di palo in frasca, ci sono ripetizioni, a volte anche contraddizioni ed errori (ad esempio: lo stadio dell’altra squadra non è a Venaria, è a Torino, per un pelo ma ancora Torino è); al più il tutto si riduce a un’elencazione di locali e di botteghe di tendenza messi in piedi da persone volenterose (io direi più che altro velleitarie, vista la velocità incredibile con cui i suddetti locali aprono e chiudono… fatto che vedo accadere di continuo, e mi interrogo su quanti soldi in termini di licenze, arredi, affitti e altro vengano bruciati nel tentativo di qualche illuso di “fare il botto”; soldi che spesso non sono manco i suoi...). Al tutto si aggiunge la parola data a qualche personaggio che fa lavori fuori dal comune, anche se magari per il Comune (spazzino navigante sul Po, verificatore della cremagliera Sassi-Superga, giardiniera addetta alle serre pubbliche, ecc.). Quindi, sostanzialmente un centone di storie e vicende piuttosto disorganiche. Con anche il sospetto che le frequentissime citazioni di locali e assimilati abbiano il sapore della marchetta. Tanto più che Culicchia, ad un certo punto, dice: questa non è una marchetta, questo locale mi piace veramente e il suo titolare mi è molto caro! Bene, questa no. Ma le altre, allora?
It's a new day new life for me, it's a new dawn And I'm feeling good
E' un libro che introduce subito il lettore nel mondo torinese (e piemontese anche più in generale)
Utilizzando il chiasmo mi piacerebbe (col tempo) creare un incrocio immaginario tra questo libro, atto d'amore verso la città di Torino e Palermo è una cipolla Entrambi hanno lo stesso obiettivo: non essere una guida, ma solo creare fascino.
A dieci anni da "Torino è casa mia", un nuovo libro, una nuova guida. La casa è cambiata un po' ma è sempre bellissima. Il mio consiglio: da leggere sui mezzi, sul 15 in direzione Sassi, sul 13 verso la bella Parella e, perché no, dopo aver timbrato sul 4
Non ho letto il precedente e questo per me è carino, sia nello stile sia nei suggerimenti che da su una Torino che non conosco. Abitandoci da poco abbastanza vicino un po' di voglia di conoscerla meglio mi è arrivata :).
Pieno di consigli interessanti e scritto con ironia, mi ha fatto scoprire una Torino nuova che da semplice studente forse non avrei mai conosciuto. Non vedo l'ora di poterla esplorare con calma.
Idea splendida, realizzazione nì Capisco le intenzioni dell'autore, ma moltissime interviste non danno nessun valore aggiunto e sembrano infilate nel libro solo per occupare spazio