È il 9 gennaio 1956 quando Oriana Fallaci, inviata de "L'Europeo", giunge per la prima volta a Hollywood per comprenderne i meccanismi nascosti e raccontare senza filtri il mondo del cinema e i suoi segreti. Negli anni seguenti Oriana torna nuovamente negli Stati Uniti, va a visitare le dimore degli attori, entra negli studios e partecipa a feste esclusive, illuminando ipocrisie, ambizioni e rimpianti delle star in interviste appassionate e franche. Seguendo il filo dei sette peccati capitali, la Fallaci conduce la sua inchiesta con ironia e profonda comprensione umana, consapevole che, dietro la facciata, "la storia di Hollywood è tutta qui. Vi hanno sempre dominato i più energici, i più aggressivi, i più fortunati, quelli che sono spinti da un'avidità molto forte di 'fare' e di guadagnare. E ciò impedisce a Hollywood di finire. A ogni crisi, la ragazza-platino, il sistema nuovo di produzione, lo schermo gigante, la medicina dei vincitori. E costoro, rimettendo in moto questa pazzesca macchina di illusioni e di quattrini, non fanno che mantenere Hollywood come è sempre coi suoi miti e i suoi peccati... A Hollywood, non si muore mai". Prefazione di Maria Luisa Agnese.
Oriana Fallaci was born in Florence, Italy. During World War II, she joined the resistance despite her youth, in the democratic armed group "Giustizia e Libertà". Her father Edoardo Fallaci, a cabinet maker in Florence, was a political activist struggling to put an end to the dictatorship of Italian fascist leader Benito Mussolini. It was during this period that Fallaci was first exposed to the atrocities of war.
Fallaci began her journalistic career in her teens, becoming a special correspondent for the Italian paper Il mattino dell'Italia centrale in 1946. Since 1967 she worked as a war correspondent, in Vietnam, for the Indo-Pakistani War, in the Middle East and in South America. For many years, Fallaci was a special correspondent for the political magazine L'Europeo and wrote for a number of leading newspapers and Epoca magazine. During the 1968 Tlatelolco massacre prior to the 1968 Summer Olympics, Fallaci was shot three times, dragged down stairs by her hair, and left for dead by Mexican forces. According to The New Yorker, her former support of the student activists "devolved into a dislike of Mexicans":
The demonstrations by immigrants in the United States these past few months "disgust" her, especially when protesters displayed the Mexican flag. "I don't love the Mexicans," Fallaci said, invoking her nasty treatment at the hands of Mexican police in 1968. "If you hold a gun and say, 'Choose who is worse between the Muslims and the Mexicans,' I have a moment of hesitation. Then I choose the Muslims, because they have broken my balls."
In the late 1970s, she had an affair with the subject of one of her interviews, Alexandros Panagoulis, who had been a solitary figure in the Greek resistance against the 1967 dictatorship, having been captured, heavily tortured and imprisoned for his (unsuccessful) assassination attempt against dictator and ex-Colonel Georgios Papadopoulos. Panagoulis died in 1976, under controversial circumstances, in a road accident. Fallaci maintained that Panagoulis was assassinated by remnants of the Greek military junta and her book Un Uomo (A Man) was inspired by the life of Panagoulis.
During her 1972 interview with Henry Kissinger, Kissinger agreed that the Vietnam War was a "useless war" and compared himself to "the cowboy who leads the wagon train by riding ahead alone on his horse".Kissinger later wrote that it was "the single most disastrous conversation I have ever had with any member of the press."
She has written several novels uncomfortably close to raw reality which have been bestsellers in Italy and widely translated. Fallaci, a fully emancipated and successful woman in the man's world of international political and battlefront journalism, has antagonized many feminists by her outright individualism, her championship of motherhood, and her idolization of heroic manhood. In journalism, her critics have felt that she has outraged the conventions of interviewing and reporting. As a novelist, she shatters the invisible diaphragm of literariness, and is accused of betraying, or simply failing literature.
Fallaci has twice received the St. Vincent Prize for journalism, as well as the Bancarella Prize (1971) for Nothing, and So Be It; Viareggio Prize (1979), for Un uomo: Romanzo; and Prix Antibes, 1993, for Inshallah. She received a D.Litt. from Columbia College (Chicago). She has lectured at the University of Chicago, Yale University, Harvard University, and Columbia University. Fallaci’s writings have been translated into 21 languages including English, Spanish, French, Dutch, German, Greek, Swedish, Polish, Croatian and Slovenian.
Fallaci was a life-long heavy smoker. She died on September 15, 2006 in her native Florence from breast cancer.
«Senta,» dissi a Miller «ma è proprio sicuro che sua moglie esista?» Mi guardò con stupore. Si apre così questo libro, con una indispettita giovane Oriana Fallaci e uno sbalordito Arthur Miller. Ancora una volta la tanto agognata intervista con Marilyn Monroe è saltata. Un buco nell'acqua, un nuovo fallimento. Eppure, l'intervista mancata e il destino beffardo che ha impedito l'incontro tra l'agguerrita toscana e la più grande icona del cinema americano, faranno in un certo senso la fortuna della Fallaci in America. Sì, perché nel 1956 tutti a New York e Los Angeles parlavano della giornalista italiana che seguiva come un segugio le tracce della Monroe. Una celebrità che le spalancherà più tardi le porte di quel mondo frivolo e patinato che è Hollywood. Una Hollywood che assume oggi il sapore del mito, il profumo dei tempi andati, una Hollywood che forse non esiste più ma che a distanza di tanti anni è un piacere riscoprire negli aneddoti e nelle descrizioni di Oriana Fallaci. I sette peccati di Hollywood è un libretto agile (circa 200 pagine) che si legge tutto d'un fiato. La Fallaci guida il lettore alla scoperta di quel luogo magico che ha dato i natali al cinema come oggi lo conosciamo. Ci fa entrare nelle case dei divi, nei meandri degli studios, ci descrive i bagni di folla, le feste esclusive, gli scandali e i fallimenti, le gioie e i dolori di quei divi tanto ammirati e tanto amati. Il tutto con un'ironia mordace, disarmante, che strappa molti sorrisi e che mette a nudo le mille contraddizioni di quel mondo di celluloide:come tutti i luoghi nati dalla speculazione, alimentati dal troppo denaro e abitati da gente che ieri non aveva nulla e oggi ha tutto, Hollywood è dunque la più strana tra le combinazioni di contrasti. Facciamo così la conoscenza di Daeida Hartell Wilcox, bigotta pioniera del Middle West che darà suo malgrado i natali al sobborgo di Los Angeles più noto come Hollywood, incontriamo le columnist mondane Louella Parsons, Hedda Hopper e Sheila Graham, vezzeggiate e temute da stelle e stelline di ieri e di oggi, visitiamo gli studios che fabbricano celebrità come i tecnici della Lockheed costruiscono un aeroplano o i cuochi preparano un soufflé di formaggio e ci commuoviamo dinanzi alle tragiche parabole di attrici quali Judy Garland e Gene Tierney.
Niente sfugge all'occhio di questa turista straordinaria che è Oriana Fallaci. E devo dire che mi sono divertita non poco a seguirla su e giù per il Sunset Boulevard alle prese con il capriccioso Frank Sinatra o l'irreprensibile Gregory Peck, mentre intervista Kim Novak o la straordinaria Jayne Mansfield o ancora mentre si interroga sui quei nuovi divi, belli e dannati, che sono James Dean e Marlon Brando. Un mirabile affresco della Hollywood dei tempi d'oro che è stato un piacere scoprire e riscoprire attraverso la penna affilata eppure straordinariamente elegante di Oriana Fallaci.
Cine spune Hollywood se gândește imediat la Marilyn Monroe. Dar în van veți căuta în această cărțulie vreun portret oarecare sau un interviu cu Marilyn Monroe. Nu există. Am fost la Hollywood nu o dată, am rămas acolo o lungă și insuportabilă vară, am intrat în casele vedetelor, am mâncat cu ele, am făcut baie în piscinele lor. Le-am suportat lacrimile, minciunile și aroganța, dar niciodată, repet, niciodată n-am vorbit între patru ochi cu domnișoara Jean Mortenson, cunoscută în lumea artei ca Marilyn Monroe. Și, la urma urmei, nu-mi pare rău, deși mulți naivi mă compătimesc. În realitate, aventura mea cu Monroe, care durează de trei ani de-acum, un soi de pariu sau blestem, e chestia cea mai absurdă care i se poate întâmpla unei jurnaliste.
Una raccolta di episodi del periodo in cui Oriana Fallaci scriveva la serie a puntate «Hollywood dal buco della serratura» per «L'Europeo» vengono rielaborati per arrivare al libro I sette peccati di Hollywood, edito da Longanesi nel 1958, che è stato ripubblicato da Rizzoli nel 2010 nella collana con tutte le opere della scrittrice. Mi ha colpito particolarmente la sua non-intervista a Marilyn Monroe che apre il volume, una serie di coincidenze, autentici scherzi del destino, da sembrare più un racconto di fiction che realtà.
Un libro che è un'insieme di esperienze e interviste ad Hollywood della Fallaci. Molto interessante se volete scoprire qualcosa "dietro le quinte" del '56
Oriana ci racconta come inizia uno dei suoi tanti viaggi in America per andare a intervistare la grande Marilyn Monroe. Ha vari agganci dei giornali, conosce anche molti italiani all'estero e questo le permette di avere un grosso vantaggio sul "ritrovamento" della super star che non cessa di trasferirsi ogni mese per non essere assillata dai giornalisti. Vuole decisamente allontanarsi dal mondo dello spettacolo e avere ruoli migliori per la sua carriera, si sposa con un marito alquanto stravagante che Oriana riesce ad incontrare e che dopo grande impazienza le annuncia che la diva del cinema non verrà all'intervista per un ulteriore inevenienza. Ad ogni modo, Oriana è amareggiata e vuole tornare presto in Italia. Nel suo secondo viaggio si evince come la macchina abbia un ruolo primario nella vita degli americani e che solo camminare a piedi comporterebbe l'interesse della polizia che si fermerebbe per chiedere cosa state facendo e come mai siete a piedi indicandovi la prima fermata del bus o un taxi. Racconta anche la storia di una coppia che trasferitasi ad Hollywood impazzisce e vuole incontrare personaggi famosi, dunque decide di passare le serate nei locali piu' costosi della città ma non avranno mai l'opportunità di vedere qualche star e questo dopo 3 anni, li porterà alla rovina. Questo libro è una schietta narrazione di cio' che avviene negli Stati Uniti, di come le star vivono e condizionano il loro ambiente ma anche come sono condizionate dal pubblico e dai giornalisti, dal loro lavoro e dalla loro fama. Oriana ha sempre grande umorismo nel narrare le vicende e non mi stanco mai di leggerla anche se questo argomento non è il migliore fra i suoi libri perché vi è troppo malessere sparso fra i vip e questo si denota dalle precisazioni sul loro stato d'animo, dalle visite dallo psicoanalista e dai differenti tipi di pillole che ingurgitano per reggere il loro gioco.
La parti migliori:
Era amica delle donne, capiva la comune fatica, ma per pudore non lo manifestava se non a tratti, con piccoli messaggi molto discreti, d'altra parte per tutta la vita aveva lottato per affermarsi secondo un modello di femminismo forse troppo potentemente individuale, ma non ancora liquidabile e da mettere in soffitta, perché ricorda anche alle donne che «Yes, we can». Intro -- Perché lei donna di talento e di temperamento, richiedeva tanto a se stessa, ma pretendeva anche - e molto - dagli Altri. -- «Quando lavoro dimagrisco, divento isterica» si lamentava «perché sono una scrittrice molto lenta, e riscrivo ossessivamente». Fu forse quel suo bisogno primario e ostinato di serietà - virtù al fondo ormai inconsueta - che contribuì a creare leggende sul suo carattere. Era capace di stare ore a limare non soltanto un passaggio di un libro o di un pezzo, ma anche una didascalia (sapeva che spesso è letta più dell'articolo, fatto di cui ogni buon giornalista dovrebbe esser consapevole). Lavorava furiosamente sulle bozze, correggendo a mano, scrivendo e riscrivendo. E alla fine, non contenta, rileggeva ad alta voce, per sentire se le parole erano abbastanza armoniose, poi, non ancora paga, ricominciava a leggere, virgole comprese. Se all'ultima lettura non suonavano bene, ripartiva daccapo. -- Colpiva quella civettuola femminilità che emergeva dietro la facciata della giornalista con l'elmetto. In tutto, anche nel coltivare arti come la cucina, il cucito, il ricamo, metteva lo stesso estenuato impegno che metteva nel lavoro.
Ok nulla da dire: la Fallaci scrive molto molto bene.
Il libro è uno sguardo globale sulla Hollywood degli anni 50-60, distaccato, critico, ma non banalmente critico.
Concordo col fatto che sia datato, ma forse è interessante proprio per questo, perché è uno spaccato temporale che si può confrontare con quello che divennero i personaggi e i luoghi che vengono raccontati.
Molto interessante la descrizione, molto nuova per allora, di come il mondo cinematografico costruisce i divi: quasi chiunque, con la giusta ristrutturazione fisica, ottimi tecnici della cinematografia e un buon lancio pubblicitario, poteva diventare un divo. Cosa che oggi è abbastanza nota, ma allora era qualcosa di veramente nuovo. Scopriamo che, a parte la montagna di soldi, i divi conducono delle vite miserevoli, terrorizzati dal declino fisico e dell’interesse da parte del sistema.
Personalmente non amo i libri giornalistici, manca una struttura narrativa. Il libro è per la maggior parte dominato da un elenco di personaggi luoghi.
Oriana aveva 25 anni, aveva iniziato a fare la giornalista da poco quando è stata inviata a Hollywood a fare interviste. Cosa di cui non aveva alcuna voglia: non le interessava l'argomento e su Hollywood era già stato scritto tanto. Eppure sforna una serie di interviste acute che la preparano per le sue, quelle "toste". Sicuramente non più attuale ma sempre molto interessante. E divertente.
"Hollywood è un camposanto dove i morti respirano." (Orson Welles)
Una (grande) scrittrice "prestata" al giornalismo, ma proprio per questo il suo, quello di Oriana, è un giornalismo di altissimo profilo, non a caso testi come "Intervista con la storia" o "Niente e così sia" sono studiati nelle facoltà di giornalismo americane. "I sette peccati di Hollywood" non è il suo miglior libro, ma è evidente già da questo suo primo approccio che Oriana sia nata per scrivere. Già da qui è riconoscibilissimo il suo personale stile, caustico e privo di compromessi. Da precisare che questa non è una raccolta di interviste o quantomeno non solo quello. I sette peccati di Hollywood è soprattutto narrazione, qualcosa di più vicino al lavoro proprio del romanziere che a quello del giornalista.
Quella narrata da Oriana non è la solita Hollywood vista al cinegiornale o alla televisione, ovviamente "La perpetua nebbia di sogno". Ad esempio: Hollywood era piena zeppa di topi, dappertutto. Qualcosa di tremendamente antiestetico. In tal senso la Fallaci descrive una città non dissimile a quell'episodio de "Il dottor Zivago" di Pasternak, la scena in cui il dottor Zivago distrutto dalla stanchezza chiude la porta della stanza di casa di Lara e si stende sul letto, ormai incapace di muoversi per il gran spossamento, mentre all'esterno si ode l'inquietante rumore dei topi che spingono contro la porta nel tentativo di entrare... Hollywood nacque come alternativa a New York dove la produzione cinematografica era in mano alla Motion Pictures Patents Company e chi all'epoca volesse fare cinema non poteva prescindere da tale monopolio più o meno legale. "Let us go to West" fu il motto di chi decise di scommettere su una stalla è un granaio: "c'era un paesaggio che sembrava inventato per loro: mare, laghi, colline, boschi, deserti, e soprattutto spazio a disposizione. (...) In un sobborgo chiamato Hollywood, i contadini cedevano le stalle per nulla." Duecento dollari questo fu il prezzo per iniziare quell'avventura che va sotto il nome di Hollywood. E l'uomo che tutto iniziò fu un improvvisato, "un drammaturgo fallito", un uomo che non aveva mai svolto mansioni cinematografiche, né tantomeno era mai stato un regista: Cecil B. DeMille. Hollywood si trasformò immediatamente in una fabbrica dove venivano assemblate le nuove stelle del cinema. Del resto il cinema è mistificazione, l'eroe, la leggenda, è frutto della più spudorata fantasia, oserei dire "bugia". La differenza che passa fra sogno e bugia qui è molto sottile, e al pubblico non interessavano tali sottigliezze. L'industria cinematografica vendeva sogni, lo ha sempre fatto, lo fa ancora, e tutto o quasi è sacrificabile a tale imperativo. Il pubblico non desiderava il cervello o la poesia, e come affermava la stessa Jayne Mansfield "per conquistare l'America una ragazza non deve adoperare il cervello." All'inizio Oriana alle feste organizzate per i divi del cinema veniva percepita come corpo estraneo, qualcosa di pericoloso da tenere lontano, evitare. La reputazione a Hollywood era fondamentale per poter lavorare. Oriana scrisse "I sette peccati di Hollywood" nel 1956, quindi quando il maccartismo stava per esaurirsi, era in declino, ma il clima ad Hollywood era ancora perbenista e sostanzialmente bigotto. Erano malvisti sia il divorzio che il tradimento in costanza di matrimonio. Tali "errori" potevano costare la carriera. Oriana ha reso umani queste divinità create dalla celluloide, ne ha raccontato i vizi e le virtù, soprattutto i vizi. Non ha lesinato colpi bassi, attraverso un narrare frutto di confidenze e sussurri da camerino. La Fallaci nel descrivere la carriera di Kim Novak fu quasi brutale, diceva della sua intelligenza: "aveva diciannove bagagli e l'ignoranza più profonda di un pozzo di petrolio." Non meno brutale fu Hollywood nel crearla. La poverina fu costretta a mangiare per mesi sedano e succo di pomodoro. Poi dovette essere sottoposta ad una ricostruzione estetica. Dopodiché la fase successiva consistette nel trasformarla in una leggenda da vendere al pubblico. Kim Novak fu trasformata in un "prodotto commerciale" e in commercio tutto è funzionale al denaro. Altro caso emblematico è quello di Judy Garland, scritturata da bambina e per una vita intera dovette fare i conti con le regole di Hollywood. Un canarino prigioniero in una gabbia d'oro: niente dolci, niente cibi grassi, sorvegliata da quella che avrebbe dovuto essere la sua migliore amica. Per essere magra prendeva delle pillole, per poter dormire prendeva delle pillole, per poter svegliarsi prendeva altre pillole, e poi pillole per l'ansia e l'inevitabile depressione.Tutto ciò le creò ripetutamente crolli del sistema nervoso con relativi ricoveri in strutture psichiatriche.
Concludo con una citazione che è sintesi generalmente comica su cosa dovesse essere un/a divo/a del cinema: Cocteau a Yul Brynner: "Ricordati, mon cher, che quando sarai un divo il pubblico non deve pensare che vai al gabinetto."
La giovane Oriana Fallaci lavora presso l’Europeo e le viene commissionata prima una intervista a Marilyn Monroe che non si realizzerà mai, e successivamente una serie di articoli sul mondo di Hollywood, da cui poi si arriverà all’elaborazione di questo libro, il vero esordio come scrittrice della Fallaci. La scrittrice dalla cui scrittura si percepisce la forza, il Senso critico, la determinazione e il suo essere granitica alle difficoltà incontra, analizza, tutta una serie di personaggi chiavi della realtà hollywoodiana dei tardi anni ‘50, incontra divi, alcuni li demolisce, altri vengono studiati, tutti analizzati e soprattutto assistiamo ad una descrizione molto interessante del Sistema Hollywood quello che creava star dal nulla, portava al Successo e fagocitava altre. Un libro che consiglio a tutti gli amanti del cinema.
Libro troppo anacronistico. Per leggerlo oggi ci vuole davvero uno sforzo mentale, che io no sono riuscita a fare, per vedere le stranezze e i vizi così come sarebbero apparsi ad un lettore dell'epoca. Al contrario anche di quello che ho letto in molti post, non sono riuscita neanche a riconoscere la scrittura graffiante che sarebbe stata poi tipica delle opere della Fallaci: sinceramente non riesco, neanche lontanamente, paragonare questo libro allo stile di "Intervista con la Storia". Piuttosto ho ritrovato il suo carattere ostinato e caparbio, che l'ha sempre contraddistinta in ogni sua opera. Le due stelle infatti sono proprio per questo...
La particolarità di questo libro, rispetto a tanti altri che ho letto sullo stesso argomento, è che è contemporaneo ai fatti di cui parla. È quindi scevro di tutta quell’empatia che si viene a creare quando una persona è ormai dipartita. Oriana è distaccata e osserva lo star system con obiettività e non risparmia critiche argute.
Che dire, l’Oriana va sempre letta, di qualunque cosa scriva: donne, uomini, guerra, pace, politica, spazio... e anche cinema. Questo è il suo primissimo libro, nato dalla sua esperienza di inviata a Hollywood, che racconta senza ipocrisie come funzionava la grande macchina degli Studios negli anni ‘50-‘60 e chi erano i divi che andavano per la maggiore. Interessante anche l’articolo sulla censura da lei scritto per l’Europeo, che in questa edizione la Bur inserisce a fine libro.
Nemmeno la scrittura di Oriana Fallaci riesce a farmi essere un minimo interessata alla tematica. Però gli angoli di Oriana Fallaci sono sempre interessanti, più interessanti del normale. Ho adorato la prima parte sulla disavventura con Marilyn Monroe, per il resto un po' di noia, perchè la tematica non mi ha catturata per niente.
Letto, riletto. Oriana è stato uno dei miei entusiasmi giovanili. Sui suoi libri ho provato emozioni forti, ho pianto, soprattutto in Niente e così sia .. (il mio preferito). Nella sua scrittura ho trovato una direzione che non sempre da giovani è facile trovare. Anche nel suo primo libro c’è già un Oriana contestatrice e senza peli sulla lingua. Ti amo.!
Le sedicenti "giornaliste" alla Selvaggia Lucarelli dovrebbero leggere questo libro per capire cosa è lo stile e cosa è becero gossip. Intelligente, ben scritto asciutto e molto interessante. Fotografia di un mondo che non c'è piu' ma che che tutt'ora ritorna.
“Vivi e lascia credere”: questo è il motto di Hollywood e il fil rouge di tutto il libro che svela i segreti e le contraddizioni del mondo cinematografico. Bella penna quella della Fallaci, non vedo l’ora di leggere altro!
Classico caso in cui si direbbe “non è lui, sono io”. Non sono riuscita a entrare nelle storie narrate, probabilmente perché mi avrebbe richiesto molta più ricerca storica di quella che ero disposta a fare in questo momento.
Per gli appassionati della Old Hollywood fine anni '50 del secolo scorso. Infatti la lettura è gustosa se si conoscono divi e dive, produttori, film e gossip relativi alla "Fabbrica dei Sogni" di quell'epoca.
Spunti interessanti sulla storia di Hollywood ma troppo specifico su personaggi che non conosco degli anni in cui è stato scritto il libro. Non l'ho capito e non l'ho finito
Divertente come Oriana racconti con un filo di ironia l'isterismo dovuto alla volontà di intervistare Merylin. Interessante la parte della creazione di una star che mi ha sorpreso ma non troppo. Oriana dipinge una Hollywood con statue di cera, la maggior parte di loro senza talento, costruite nei vivai delle case cinematografiche. Uomini e donne spesso con gravi nevrosi, bruciati dalla smania di essere una "Star". Scritto negli anni '50 ma credo che ora non sia molto diverso.
A very interesting report showing the vices of Hollywood back in the 1958s. I would often think that the same vices are widespread all over the world now, but it must have been very shocking for the Italian readers of that time to read about these actors' private life.
Questo libro porta alla scoperta della Fallaci prima della Fallaci, immersa nel mondo del glamour hollywoodiano degli anni '50, di cui va alla scoperta con occhi disincantati, senza esserne travolta.
Ottima scrittrice con neanche trent'anni. Imperdibile il "Preludio" in cui racconta della sua non intervista a Marilyn a New York. E poi tutte le storie di Hollywood, procedendo per tematiche e personaggi. Molto divertente e (credo) affidabile.