«Canto il corpo elettrico / le schiere di quelli che amo mi abbracciano e io li abbraccio / non mi lasceranno sinché non andrà con loro, non risponderà loro / e li purificherà, li caricherà in pieno con il carico dell’anima». Così Walt Whitman racconta il corpo umano in Foglie d’Erba: inizio e limite di ogni nostra azione, primo confine dell’universo. Oggi il corpo messo al centro del dibattito nella società contemporanea è quello della donna, che si fa terreno simbolico, campo sui cui combattono forze diverse e in contrapposizione. In ll corpo elettrico Jennifer Guerra traccia un percorso che parte dall’autocoscienza del corpo femminile e arriva fino ai gender studies contemporanei, per recuperare i concetti e le lotte femministe e adattarle al nuovo millennio: il personale che è politico, l’autocoscienza che passa dal desiderio e la Sorellanza, attraverso l’educazione sessuale e l’inclusione delle persone trans e non binarie. Al centro di questo percorso il corpo ribelle e desiderante, il Soggetto da cui dovremmo ripartire, l’unico bene che nessuno può toglierci.
Jennifer Guerra è nata nel 1995 in provincia di Brescia. Attualmente vive in provincia di Treviso. Giornalista professionista, i suoi scritti sono apparsi su L’Espresso, Sette, La Stampa e The Vision, dove ha lavorato come redattrice. Per questa testata ha curato anche il podcast a tema femminista AntiCorpi. Si interessa di tematiche di genere, femminismi e diritti LGBTQ+. Per Edizioni Tlon ha scritto Il corpo elettrico. Il desiderio nel femminismo che verrà (2020) e per Bompiani Il capitale amoroso. Manifesto per un Eros politico e rivoluzionario (2021). È una grande appassionata di Ernest Hemingway.
RICETTA:⠀ 📖 “Il corpo elettrico”⠀ di Jennifer Guerra (Tlön, 2020)⠀ ⠀ 📝 INGREDIENTI: Femminismo, donne, parità, patriarcato, corpo⠀ ⠀ ⏱ TEMPO DI COTTURA: 3 ore⠀ ⠀ 🟢 DIFFICOLTÀ: 149 pagine⠀ ⠀ 💰 COSTO: Medio⠀ ⠀ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~⠀ ⠀ 🥣 PREPARAZIONE:⠀ ⠀ Quando ho intervistato Jennifer Guerra qualche mese fa ero certo che mi sarei trovato a chiacchierare con una ragazza determinata e sicura nei messaggi che, non solo online, cerca di divulgare.⠀ Quello che però, in lontanissima parte, ha rischiato d’essere un mio pregiudizio verso una coetanea (stai a vedere che sono vittima di quel patriarcato che io stesso combatto...), è stato il fatto che dietro alla giovanissima autrice ci fosse l’ennesima rivendicazione pop 2.0, per quanto utilissima, senza eccessivi contenuti specifici o approfondimenti di tipo, mi verrebbe da dire, accademico. Per fortuna non è stato così.⠀ ⠀ Ma accendiamo i fornelli... 🔥⠀ ⠀ Jennifer parla di corporeità, di fisicità sociale e politica, di autodeterminazione, ma soprattutto di tangibilità: diritti e doveri, esistente che si dispiega attraverso ciò che possiamo toccare fisicamente di noi stessi. E lo fa con una preparazione incredibile, rendendo accessibile a tutti una bibliografia niente male che può essere fonte di ulteriori approfondimenti.⠀ Oggi più che mai occorre scardinare quelle logiche che per decenni hanno tenuto sotto scacco tutta la società, ingessata dal mancato coraggio di dare voce a chi stava semplicemente prendendo coscienza del proprio empowerment.⠀ ⠀ ⭐️ CONCLUSIONI:⠀ ⠀ Jennifer Guerra ha realizzato qualcosa di giusto e necessario, per tutti, soprattutto per chi non è abituato a masticare l’argomento, magari con la presunzione che non lo riguardi direttamente (non necessariamente per il genere biologico).⠀ Necessario perché aiuta a prendere coscienza circa una realtà precisa, che poi è un problema di tutti: quello di una società ancora impregnata del patriarcato, limitante delle libertà altrui.⠀ Tutto questo in una chiave perfettamente digeribile e fluida, mai superficiale o approssimativa, pesante o noiosa. Con l’adulta consapevolezza di chi sa cosa rivendica, che se qualcosa non ce l’ha trova il modo di prenderselo.
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🍽 ABBINAMENTI CONSIGLIATI:
🍵 Vellutata di zucca 🎙 “Four Women” (Nina Simone) 🎬 “Salt of the Heart” (Herbert J. Biberman) 🎨 “Les Demoiselles d’Avignon” (Picasso) ⠀ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~
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Personalmente non mi ha dato nuovi spunti sul tema, lo consiglierei a chi vuole approcciarsi al tema dei femminismi per una prospettiva generale su determinati argomenti. Si legge bene.
“Non aspiro a universalizzare quello che non è altro che personale, ma questo è un libro che parla anche di autocoscienza, e spero che possa essere d’aiuto nel riconoscersi in una narrazione. [...] Così, ho tradotto al meglio che ho potuto la mia coscienza privata per farne coscienza politica.”
“Il nostro corpo fa parte di un meccanismo politico più grande di noi che ci condiziona, ma che noi stesse – con la nostra coscienza – possiamo condizionare a nostra volta.”
“Ripartiamo dal desiderio personale e trasformiamolo in desiderio politico. [...] Un corpo da solo non va molto lontano. Un corpo politico invece va anche più lontano della luna.”
La narrazione del femminile, e di tutto ciò che il femminile rappresenta all’interno della società, non può fare a meno di passare dal corpo. Sono molte le teorie e le idee su cosa sia davvero il corpo di una donna, su come funzioni, su cosa rappresenti; per millenni, però, a dare forma a questo grande mistero sono stati le parole degli uomini, riducendo al silenzio le donne e impedendo loro di comprendere sé stesse in maniera autonoma e indipendente.
Il corpo femminile, dunque, nasce e muore attraverso lo sguardo maschile, capace di renderlo oggetto di desiderio o di disprezzo con un solo battito di ciglia. Attraverso questo sguardo scopriamo noi stesse, le nostre fragilità, il pericolo di esporsi, il peso che comporta essere una donna in una società patriarcale.
Anche quando pensiamo di essere sole con il nostro corpo, c’è sempre qualcosa che interferisce, quella misoginia interiorizzata che ci rende schiave dell’apparenza, del peso, di quell’ideale di bellezza e perfezione così inavvicinabile da essere incomprensibile, da costringerci a continui e infruttuosi sforzi per essere ciò che non saremo mai.
Riappropriarci del nostro corpo, del nostro sguardo, è dunque un atto politico: non c’è, infatti, distinzione tra personale e politico per una donna o per qualsiasi persona che faccia parte di una minoranza. Ogni nostro gesto ha un peso specifico, deve avere un significato, deve rispondere a una lotta concreta per raggiungere quella parità che ancora oggi ci appare lontana.
Quanto questa responsabiltà pesi poi su ognuno di noi è difficile da misurare: l’unico metro possibile, forse, sono i sensi di colpa e i dubbi che attanagliano ognuno di noi quando ci chiediamo se non siamo stati abbastanza femministi, se non siamo stati abbastanza arrabbiati, se avremmo dovuto far sentire di più la nostra voce per difendere chi magari non poteva parlare.
The armies of those I love engirth me and I engirth them, They will not let me off till I go with them, respond to them, And discorrupt them, and charge them full with the charge of the soul.
Was it doubted that those who corrupt their own bodies conceal themselves?
And if those who defile the living are as bad as they who defile the dead?
And if the body does not do fully as much as the soul?
And if the body were not the soul, what is the soul?”
W. Whitman, I Sing the Body Electric , 1855
Questa giovane scrittrice bresciana in questo saggio ripercorre la storia del femminismo, offrendo tanti spunti di riflessione sua agli uomini sia alle donne su come ciascuno dei due generi vede la donna.
Quanto è difficile scardinare la mentalità patriarcale e quanto è difficile per una donna affermarsi nei vari campi a predominanza maschile.
“Sfruttare la nostra repressione per cavalcare l’onda del privilegio o trasformarla in potere collettivo? “Uguaglianza” e “parità” sono due concetti che si intersecano, ma che non sono sovrapponibili. Confondere le due cose è stato l’errore del passato: ci siamo illuse che saremmo potute diventare uguali agli uomini, e abbiamo scelto come punto di partenza quella differenza sessuale che tanto sembrava renderci speciali. Il primo femminismo, quello della fine dell’Ottocento, si era per necessità concentrato sull’uguaglianza, perché la parità non era contemplabile in un ambiente in cui le donne erano praticamente invisibili: le donne – che non avevano diritti civili, politici o anche solo umani – volevano essere e si ritenevano uguali agli uomini. D’altronde vivevano all’alba dello Stato moderno, dove sembrava che la società non si sarebbe più strutturata sulle differenze tra gli uomini, ma sulla loro uguaglianza.”
La società patriarcale ha inculcato la cura esagerata dei corpi femminili che sono stati equiparati a dei contenitori. E ahimè le stesse donne hanno l’obiettivo di piacere ad ogni costo.
A partire da questo, Jennifer Guerra investiga anche il territorio liquido queer.
“il genere non è […] un demone astratto, ma è qualcosa di vero e vivo: il “gender” non esiste, ma il genere esiste eccome. Condiziona le nostre vite, le modella, si può incarnare in schemi di comportamento, bias culturali. Leghiamo la nostra identità al genere, sia esso corrispondente o meno al nostro sesso biologico. Questo può scatenare dei conflitti non indifferenti in chi non si identifica nel genere assegnato alla nascita, in entrambi i generi, o ancora in nessun genere. Ma nessuno vuole imporre attraverso chissà quale complotto l’annullamento di ogni differenza. L’unica differenza che vuole essere abolita – ma dai regimi oppressivi del corpo e non da chi lo vuole liberare – è quella tra sesso e genere.”
Questo saggio ha l’intento di scardinare secoli di patriarcato, restituendo alla donna il posto che le spetta
“Caro patriarcato, le colpe che ci attribuisci non sono del nostro corpo. Hai sbagliato tutto. Non siamo arrabbiate perché abbiamo “le nostre cose”, perché siamo isteriche, o perché non scopiamo abbastanza. Non sono gli “istinti misteriosi” a guidarci, né i nostri ormoni. Come diceva Simone de Beauvoir, non siamo nate donne, lo siamo diventate: se siamo arrabbiate, è perché abbiamo scelto di esserlo. Siamo arrabbiate perché le nostre vite traboccano di desiderio, un desiderio che viene costantemente represso. Così cerchiamo spazi, occasioni, una voce per esprimerlo. Caro patriarcato, ci dici in continuazione che dovremmo essere contente di come stanno le cose, che noi stiamo esagerando. Ci sono le quote rosa, i sussidi di maternità, le leggi di tutela. Ma questo non ci basta: «Vogliamo il pane, ma anche le rose». E non le chiediamo a te, ce le prendiamo da sole.”
Un libro veloce e interessante, scritto bene e molto chiaro. Mi verrebbe da dire che è un libro imprescindibile per ogni donna. Invece no. È un libro imprescindibile (soprattutto il secondo capitolo) per ogni uomo.
Chiedo alla mia giovane libraia un libro attuale sul femminismo, cosa scrivono le ragazze di oggi, senza che sia un post pubblicato in rete e rimbalzato ovunque. Mi consiglia questo breve saggio scritto da una giovane giornalista. Io ho una certa età, quindi molti dei concetti espressi mi sono sembrati una via di mezzo tra il banalotto e il naif. Ma c'è un ma. Alcune riflessioni, semplici, mai troppo approfondite, chiare e dirette come - temo - sia questo tipo di saggistica, mi hanno fatto riflettere su alcune cose della mia generazione, dei nostri corpi e delle nostre percezioni. Quindi non tutto è da buttare.
Sono comunque alla ricerca di saggi sul femminismo attuale che mi aiutino a capire un po' di più del nuovo mondo ma non riesco a trovare nulla che non mi annoi dopo poche pagine. Qualcuno che mi sappia dare dei buoni consigli?
Molto carino, mi è piaciuto. Lo metto assolutamente nella la mia lista di libri per "imparare" il femminismo. Seguendo Guerra sui social da tanto forse mi aspettavo un pochino di più, ho apprezzato il capitolo dedicato alle persone trans, ma poi non ho capito perché quando parla di vagine o di mestruazioni dice "noi donne" escludendo chi vagina e mestruazioni non le ha, ma si definisce comunque donna, l'ho trovato un leggero controsenso. A parte questo, è molto scorrevole, di stampo giornalistico, si legge bene. Personalmente preferisco i saggi con qualche aneddoto personale in più, ma questo è mio gusto.
"Noi donne". Cosa sai tu del mio modo di essere donna, Jennifer Guerra? Soprattutto: cosa e' una donna per te ? Qual e' la definizione che usi? Confuso, retorico, un po' liberal e un po' anti-capitalista. Non convince per niente.
Un saggio semplice e accessibile che apre a tante riflessioni. Guerra sollecita la necessità di un movimento mirato all'autocoscienza delle donne: del proprio rapporto con il mondo e ancora prima della propria identità, finisca innanzitutto (il primo capitolo centrato sul corpo è a mio avviso il meglio riuscito). Questa coscienza di sé va piano piano costruita attraverso una nuova narrazione delle donne. Né vittime schiacciate dal patriarcato e da ruoli che inchiodano a posizioni passive, né tantomeno le donne iperforti, cazzute, la cui narrazione pop dilaga e acchiappa. Donne nuove, quindi, capaci di rivendicare con rabbia (che è sorella del desiderio) più spazio, e anche di prenderselo.
OUR ELECTRIC BODIES, OURSELVES Un bel libro che consiglio a tutti, soprattutto a chi non è completamente a digiuno di femminismo e lotta alla disparità di genere. Come recita il titolo di un pamphlet della scrittrice nigeriana Chimamanda Ngozi Adichie, “dovremmo essere tutti femministi” , cioè dovremmo essere tutti consapevoli che la strada per la legittima parità di genere è ancora tutta da percorrere, anche negli Stati tecnologicamente avanzati “il male gaze” , lo sguardo maschile, continua ad essere dominante. La giovane giornalista Jennifer Guerra in questo libro, il cui titolo è una citazione della poesia di W.Whitman, affronta varie tematiche che ruotano attorno alla donna, per la precisione, al corpo della donna, e ai suoi diritti, che sono anche i diritti del proprio corpo, partendo da un interessante paragrafo intitolato “il personale è politico” che ho letto e riletto, talmente ho trovato interessante. Perché proprio il corpo? Ma perché è il nostro corpo che fa da “tramite tra noi e il mondo”, è anch’esso linguaggio, un linguaggio da ascoltare con rispetto e di cui essere pienamente e correttamente consapevoli. In questo capitolo, la scrittrice delinea velocemente la storia del femminismo, dalla prima “ondata”, definita “storica” fino a quelle più recenti, sostenendo che, sì, il femminismo storico ha permesso alle donne di ingaggiare una lotta contro il sistema patriarcale e paternalistico che per millenni e secoli ha imposto alle donne un ruolo marginale di silenzio e subalternità, ma poi è stata presa una strada sbagliata. Nell’ondata immediatamente successiva al movimento femminista storico è stato fatto un passo falso: abbiamo permesso al corpo di depoliticizzarsi, siamo passati dal personale all’individuale, siamo volute diventare come gli uomini, siamo entrate nella loro trappola rimarcando le differenze sessuali e il “nostro personale” è diventato egoismo, individualità. In altre parole: è venuta a mancare la parola, la condivisione e la collaborazione tra donne per continuare quel percorso di autocoscienza femminile, dove femminile, occorre specificarlo, non è legato esclusivamente alla presenza dell’utero e degli organi sessuali femminili della nascita. Sarebbe auspicabile, infatti, che il femminismo contemporaneo assorbisse anche le tutte le identità femminili e quel gender fluid , quella categoria “queer” di cui aveva parlato Judith Butler. Perchè donne lo si diventa, diceva la grande Simone De Beauvoir , gli organi genitali non ci danno “il patentino di donna”. A Jennifer Guerra interessa, nel libro, porre l’accento sulla necessità di riprendere la parola condivisa da parte delle donne, dare la parola al nostro “straripante” desiderio di autoaffermarci, di emanciparci definitivamente dai ruoli tradizionali, realizzare tutte le nostre potenzialità e renderle manifeste nel pubblico. Internet, dice Jennifer Guerra, al di là di tutte le immagini falsate, “ultranarcisistiche del sé”, potrebbe rivelarsi un “nuovo speculum”, lo strumento che ha permesso alle donne di conoscere meglio il proprio corpo, di creare circoli di aiuto e sostegno, di creare una vera “sorellanza” e ridare valenza politica al corpo femminile. Non basta tutto questo, occorre una rivoluzione culturale che cominci già dall’educazione delle bambine, dall’insegnamento dell’educazione sessuale nelle scuole, dalla lotta all’hate speech (che stranamente sembra passare inosservato dai colossi dei social network che invece bannano il profilo di una celebre scrittrice indiana che posta una sua foto in cui i vestiti son sporchi di sangue mestruale), scardinando quella cultura dominante che spesso vittimizza le donne. Il libro tocca tanti argomenti, l’hate speech, la cultura dello stupro, la bellezza della morte di una donna, il tabù delle mestruazioni, l’oggettificazione del corpo femminile. Da leggere e far leggere anche ai giovani.
Saggio interessante che riflette sulla donna e sulla sua dimensione di "corpo" nella società. La prosa è scorrevole e gli argomenti trattati sono interessanti e alla portata di chiunque abbia un minimo di conoscenza di terminologie e tematiche femministe, ma niente di trascendentale.
Mi aspettavo di meglio, non sono partita prevenuta anche perchè non conosco l'autrice ma dal successo di questo libro mi aspettavo qualcosa di più completo o almeno non così confuso. Sono rimasta davvero perplessa nel capitolo "Lo si diventa", parte transfemminista e piena di contraddizioni e inesattezze. Prima di tutto non definisce cos'è il genere, lo tratta come materia mistica e indefinibile; inizio a pensare che il transfemminismo sia parecchio confuso e forse basato su un cambiamento che è solo una riconferma delle norme di genere. La domanda a cui non riesco a trovare risposta è: in questa ottica che significa essere una donna? Sentirsi e esprimersi come una donna? Mettere la gonna e truccarsi? Oppure avere un carattere sensibile e mite? A mio parere questo si chiama stereotipo e il riconoscere il genere è un rafforzamento dei ruoli di genere e come lei stessa dice:
"il genere è anche un dispositivo politico. Lo è nelle mani degli uomini, che per secoli l'hanno usato per far andare avanti il sistema patriarcale"
Questo capitolo è stato decisamente un flop, mentre il resto del libro è sembrato un lungo tweet piuttosto che un saggio. Ormai ho imparato che di libri del genere ce ne sono tanti, sicuramente è un ottima cosa perchè crea coscienza del problema ma per differenziarsi dalla "massa" deve fornire qualcosa in più e in un centinaio di pagine ritrovo solo temi presi da altri libri e annacquati.
Almeno ha riportato tutti i testi da cui prendeva i concetti, sicuramente un ottima bibliografia peccato che è un mero copia e incolla da altri (seppur grandi) libri. Probabilmente potrebbe essere adatto a chi vuole una lettura estremamente leggera sul femminismo? Bah, mi sembra troppo confuso, soprattutto sul tema del genere, senz'altro un tema complesso ma che sta alla base del femminismo.
Jennifer Guerra è una voce essenziale, e tra le mie preferite, nel panorama femminista in Italia. Mi ha aperto la mente su molte cose su cui non avevo ancora riflettuto (es: la pillola anticoncezionale, il monitoraggio abituale del corpo) che per me sono tasselli, magari anche piccoli, essenziali per costruire la mia coscienza politica e decostruire la me assoggetta al patriarcato. Grazie Guerra!
Se ci si vuole fare un'idea su quali sono i dibattiti e le idee attorno al femminismo della quarta ondata questo è un libro da leggere: un'introduzione breve e chiara, ma appassionata e militante, che lascia addosso tante domande e la voglia di approfondire.
Ho apprezzato moltissimo il capitolo "questo é il mio sangue", probabilmente l'apice di un saggio che, per essere il primo di Guerra, é davvero ben strutturato e ben sviluppato.
«Canto il corpo elettrico / le schiere di quelli che amo mi abbracciano e io li abbraccio / non mi lasceranno sinché non andrà con loro, non risponderà loro / e li purificherà, li caricherà in pieno con il carico dell'anima». Così Walt Whitman racconta il corpo umano in "Foglie d'Erba": inizio e limite di ogni nostra azione, primo confine dell'universo. Oggi il corpo messo al centro del dibattito nella società contemporanea è quello della donna, che si fa terreno simbolico, campo sui cui combattono forze diverse e in contrapposizione. In "Il corpo elettrico" Jennifer Guerra traccia un percorso che parte dall'autocoscienza del corpo femminile e arriva fino ai gender studies contemporanei, per recuperare i concetti e le lotte femministe e adattarle al nuovo millennio: il personale che è politico, l'autocoscienza che passa dal desiderio e la Sorellanza, attraverso l'educazione sessuale e l'inclusione delle persone trans e non binarie. Al centro di questo percorso il corpo ribelle e desiderante, il Soggetto da cui dovremmo ripartire, l'unico bene che nessuno può toglierci.
Un bel libro che consiglio a tutti, soprattutto a chi non è completamente a digiuno di femminismo e lotta alla disparità di genere. Come recita il titolo di un pamphlet della scrittrice nigeriana Chimamanda Ngozi Adichie, “dovremmo essere tutti femministi” , cioè dovremmo essere tutti consapevoli che la strada per la legittima parità di genere è ancora tutta da percorrere, anche negli Stati tecnologicamente avanzati “il male gaze” , lo sguardo maschile, continua ad essere dominante. La giovane giornalista Jennifer Guerra in questo libro, il cui titolo è una citazione della poesia di W.Whitman, affronta varie tematiche che ruotano attorno alla donna, per la precisione, al corpo della donna, e ai suoi diritti, che sono anche i diritti del proprio corpo, partendo da un interessante paragrafo intitolato “il personale è politico” che ho letto e riletto, talmente ho trovato interessante. Perché proprio il corpo?
Ma perché è il nostro corpo che fa da “tramite tra noi e il mondo”, è anch’esso linguaggio, un linguaggio da ascoltare con rispetto e di cui essere pienamente e correttamente consapevoli. In questo capitolo, la scrittrice delinea velocemente la storia del femminismo, dalla prima “ondata”, definita “storica” fino a quelle più recenti, sostenendo che, sì, il femminismo storico ha permesso alle donne di ingaggiare una lotta contro il sistema patriarcale e paternalistico che per millenni e secoli ha imposto alle donne un ruolo marginale di silenzio e subalternità, ma poi è stata presa una strada sbagliata. Nell’ondata immediatamente successiva al movimento femminista storico è stato fatto un passo falso: abbiamo permesso al corpo di depoliticizzarsi, siamo passati dal personale all’individuale, abbiamo voluto diventare come gli uomini, siamo entrate nella loro trappola rimarcando le differenze sessuali e il “nostro personale” è diventato egoismo, individualità. In altre parole: è venuta a mancare la parola, la condivisione e la collaborazione tra donne per continuare quel percorso di autocoscienza femminile, dove l’aggettivo femminile, occorre specificarlo, non è legato esclusivamente alla presenza dell’utero e degli organi sessuali femminili della nascita. Sarebbe auspicabile, infatti, che il femminismo contemporaneo assorbisse anche le tutte le identità femminili e quel gender fluid , quella categoria “queer” di cui aveva parlato Judith Butler. Perchè donne lo si diventa, diceva la grande Simone De Beauvoir , gli organi genitali non ci danno “il patentino di donna”. A Jennifer Guerra interessa, nel libro, porre l’accento sulla necessità di riprendere la parola condivisa da parte delle donne, dare la parola al nostro “straripante” desiderio di autoaffermarci, di emanciparci definitivamente dai ruoli tradizionali, realizzare tutte le nostre potenzialità e renderle manifeste nel pubblico. Internet, dice Jennifer Guerra, al di là di tutte le immagini falsate, “ultranarcisistiche del sé”, potrebbe rivelarsi un “nuovo speculum”, lo strumento che ha permesso alle donne di conoscere meglio il proprio corpo, di creare circoli di aiuto e sostegno, di creare una vera “sorellanza” e ridare valenza politica al corpo femminile.
Non basta tutto questo, occorre una rivoluzione culturale che cominci già dall’educazione delle bambine, dall’insegnamento dell’educazione sessuale nelle scuole, dalla lotta all’hate speech (che stranamente sembra passare inosservato dai colossi dei social network che invece bannano il profilo di una celebre scrittrice indiana che posta una sua foto in cui i vestiti son sporchi di sangue mestruale), scardinando quella cultura dominante che spesso vittimizza le donne. Il libro tocca tanti argomenti, l’hate speech, la cultura dello stupro, la bellezza della morte di una donna, il tabù delle mestruazioni, l’oggettificazione del corpo femminile. Da leggere e far leggere anche ai giovani.
Un manifesto femminista scritto in modo impeccabile. Jennifer Guerra è una scrittrice perfetta, esprime i concetti in maniera chiarissima e diretta e il libro non stufa mai, anche se dovesse essere l’ennesimo libro sul femminismo che leggete. Super consigliato
Chapter 3 is a personal favourite that I may have highlighted in all entirety. I have also loved the last two chapters. Small, but kind of comprehensive, enthralling, well-written.
libro divorato in circa due ore e mezza. lo consiglio fortemente soprattutto a chi si sta avvicinando alle letture femministe per la prima volta, ogni termine viene spiegato bene nei dettagli e si parla di una buona parte dei temi delle lotte femministe. buona lettura a tutti🫶🏻
Un ottimo saggio, ben scritto, puntuale e più approfondito dei saggi femministi fin ora letti, che sono stati molto belli, ma in parte superficiali e un po' banali. Qui invece ho piacevolmente apprezzato la bibliografia a fine libro e i molti spunti su cui riflettere. Mi ha particolarmente colpito il tema della pillola e delle mestruazioni che non avevo mai considerato sotto quest'ottica. E' uno strumento molto utile, da leggere assolutamente per andare più a fondo del grande femminismo mainstream da frasette fatte e banalotto. Ciò che emerge è che il primo passo che dobbiamo fare è innanzitutto quello di liberare il nostro corpo dalle costrizioni che noi stesse abbiamo interiorizzato (che non vuol dire necessariamente non mettere il reggiseno in pubblico e non depilarsi le ascelle) e riflettere meglio su tanti gesti automatici che ogni giorno compiamo quasi inconsapevolmente.
Questo breve ma intenso saggio femminista ha accompagnato la fine del mio 2020 ed è stato un ottimo inizio per il mio 2021.
“Il corpo elettrico” compie un’impresa importante, ovvero riaprire un discorso che parta dal corpo nel suo senso politico. Perché «i nostri corpi non sono semplicemente nostri: c’è sempre un’autorità con cui dobbiamo fare i conti. Sono esposti, regolamentati, sfruttati, ingabbiati, scherniti, giudicati, toccati» e a partire da questi, nella rivalutazione delle differenze, possiamo creare unione e forza: «un corpo da solo non va molto lontano. Un corpo politico invece va anche più lontano della luna».
Avevo molto bisogno di leggere nero su bianco riflessioni che io stessa compio ma approfondite, puntuali ed esplicative. Con il pregio di mantenere un approccio che dove può cerca di non essere “binario” e di avere in considerazione la molteplicità del genere e dell’orientamento esistenti, nonché dell’intersezione delle oppressioni.
Jennifer Guerra tocca tutti i temi che hanno come focus il corpo femminile, in maniera chiara, brillante ed interessante. Il saggio è ricco di spunti, idee e opere che si ha poi voglia di approfondire.
Dalla storia del femminismo come riappropriazione politica del “desiderio” all’impatto dei queer studies e della decostruzione del genere; dal female gaze come strumento di liberazione dall’oggettificazione e dallo sguardo maschile che ci mette in competizione al ruolo dell’educazione nel perpetrare il patriarcato; dall’esistenza di corpi “indecorosi” che confondono la “norma” alla cancellazione sociale delle mestruazioni, dalla pervasività della cultura dello stupro alla forza della rabbia femminile. Quest’opera è un manifesto che invita a ricominciare ad agire insieme nella ricerca di parità, non uguaglianza, di opportunità e non di oppressione, come forza collettiva, non individuale.
«Caro patriarcato, le colpe che ci attribuisci non sono del nostro corpo. Hai sbagliato tutto. Non siamo arrabbiate perché abbiamo “le nostre cose”, perché siamo isteriche, o perché non scopiamo abbastanza. Non sono gli “istinti misteriosi” a guidarci, né i nostri ormoni. Come diceva Simone de Beauvoir, non siamo nate donne, lo siamo diventate: se siamo arrabbiate, è perché abbiamo scelto di esserlo. Siamo arrabbiate perché le nostre vite traboccano di desiderio, un desiderio che viene costantemente represso. Così cerchiamo spazi, occasioni, una voce per esprimerlo. Caro patriarcato, ci dici in continuazione che dovremmo essere contente di come stanno le cose, che noi stiamo esagerando. Ci sono le quote rosa, i sussidi di maternità, le leggi di tutela. Ma questo non ci basta: «Vogliamo il pane, ma anche le rose». E non le chiediamo a te, ce le prendiamo da sole.»
“Il corpo elettrico. Il desiderio nel femminismo che verrà” è il primo libro di Jennifer Guerra, giornalista nata nel 1995, cresciuta in Val Trompia ed attualmente penna del seguitissimo sito web di informazione The Vision. Pubblicato a giugno 2020 da Edizioni Tlon, punto di riferimento dei cosiddetti “Millennial” (e non solo) in campo filosofico, e già oggetto di una seconda edizione, il libro di Jennifer Guerra è un saggio che si inserisce a pieno titolo nel dibattito contemporaneo sulla condizione femminile mettendo in luce, in maniera chiara ed efficace, molti degli elementi necessari per comprendere quanto un approccio femminista sia ancora quanto mai necessario e per intravederne le evoluzioni future.
Brescia si legge ha intervistato Jennifer Guerra per conoscere la genesi del libro e per capire se (e come) il fatto di essere nata e cresciuta a Brescia abbia influenzato la sua visione ed il suo interesse per queste tematiche fino a farla diventare una delle più brillanti voci femministe della sua generazione.
Uno dei libri sul femminismo più belli tra quelli letti quest'anno.
"Caro patriarcato, le colpe che ci attribuisci non sono del nostro corpo. Hai sbagliato tutto. Non siamo arrabbiate perchè abbiamo "le nostre cose", perché siamo isteriche, o perché non scopiamo abbastanza. Non sono gli "istinti misteriosi" a guidarci, né i nostri ormoni. [...] Siamo arrabbiate perché le noste vite traboccano di desiderio, un desiderio che viene costantemente represso. Così cerchiamo spazi, occasioni, una voce per esprimerlo. Caro patriarcato, ci dici in continuazione che dovremmo essere contente di come stanno le cose, che noi stiamo esagerando. Ci sono le quote rosa, i sussidi di maternitá, le leggi di tutela. Ma questo non ci basta: "Vogliamo il pane, ma anche le rose". E non le chiediamo a te, ce le prendiamo da sole."
Può una ventiquattrenne che arriva al femminismo oggi avere qualcosa da dire a proposito di femminismo? Se è preparata e in grado di approfondirlo come ha fatto Jennifer, assolutamente sì. Un libro come questo serve a chiunque. Anche a chi di anni ne ha 45 e all'età di Jennifer era convinta che il femminismo non servisse più. Serve, serve che ne parli chi è giovane, serve parlare del corpo della donna come ne parla lei. Ehi, serve pure agli uomini. Come sempre.
Ho apprezzato la scrittura scorrevole, che accompagna nella comprensione di concetti complessi spiegati in maniera semplice ed esaustiva. Ho adorato la presenza costante della scrittrice, sempre pronta a portare esempi anche personali per essere molto chiara sul suo punto di vista. ogni cosa è ben costruita ma anche ricostruita, grazie alla citazione delle tappe storiche del femminismo ed alla citazione di diverse fonti molto interessanti, che andrò sicuramente ad approfondire.
Tra i migliori saggi femministi che abbia letto. Il corpo delle donne si rivela un campo di battaglia su cui tuttx, tranne chi lo possiede, dicono la loro. Guerra analizza diversi temi che riguardano il corpo, da quelli più pubblici a quelli "privati", che privati poi non sono, e lo fa tenendo conto della propria esperienza, di tanti studi e soprattutto di diverse voci che rendono questo testo un buon risultato di una ricerca di intersezionalità.